Anime & Manga > Demon Slayer/Kimetsu no Yaiba
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Autore: Wolfgirl93    15/04/2020    0 recensioni
Scritta per la #sixfanfiction Challenge
Prompt: Soulmate Au Fandom: Demon Slayer
Tanjiro era sempre stato affascinato dalla leggende delle anime gemelle, ogni giorno si faceva raccontare la storia dai suoi genitori e ogni volta controllava se sul proprio polso fosse apparso il nome di qualcuno. Quando però compì vent'anni la sua passione per quella leggenda svanì lasciandogli solo un segno di inadeguatezza che probabilmente non sarebbe mai andato via... Forse.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Giyuu Tomioka, Inosuke Hashibira, Tanjirou Kamado, Zenitsu Agatsuma
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per Tanjiro l’idea di avere un’anima gemella aveva sempre entusiasmato, gli occhi gli brillavano ogni volta che sua madre gli mostrava il polso dove spiccava in una bella grafia un tatuaggio indelebile con il nome di suo padre. I primi tempi controllava il proprio polso ogni ora, sperava che quel fatidico nome apparisse designandogli chi fosse la sua anima gemella ma con il passare degli anni quella speranza si era preso tramutata in disperazione.
Aveva compito 20 anni da pochi giorni e il suo polso era ancora immacolato, ‘è normale’ gli aveva detto sua madre con un sorriso, ‘non perdere la speranza’ lo aveva rincuorato suo padre mentre gli accarezzava i capelli, però nessuna di quelle parole poteva colmare il senso di vuoto che il ragazzo sentiva.
Tutti al mondo nascevano con un’anima gemella e quei pochi che vivevano la loro vita senza mai conoscere la propria si diceva che vivessero una vita a metà, una vita né bella, né brutta ma incompleta; fu quello che continuava a pensare Tanjiro mentre si dirigeva a lavoro, entrò nel cafè dove lavorava e salutò Zenitsu e Inosuke, i suoi due amici nonché colleghi.
“Sempre quella faccia lunga, che succede? Hai paura che anche stamani io riesca a batterti nel fare più velocemente i caffè?!” Lo prese in giro Inosuke, il moro era sempre fin troppo esuberante e questo un po' aiutava Tanjiro a fuggire dalla realtà che lo tormentava.
“Ho solo dormito male, tutto qui.” Disse prima di sorridere verso i due, andò a cambiarsi e dopo aver indossato la sua divisa si mise a pulire la macchina del caffè; il giovedì era un giorno particolare, c’era sempre fermento al cafè e ogni volta che una ragazza faceva il suo ingresso nel locale Zenitsu partiva alla carica chiedendo a ogni cliente se voleva essere la sua anima gemella, sì perché anche il biondo e Inosuke erano come lui, anche loro non erano ancora riusciti a trovare la loro anima gemella, ma per qualche motivo non sembravano così preoccupati come Tanjiro.

 

La mattina passò lenta, i clienti arrivavano, ordinavano e uscivano, era una routine che il castano era abituato a vedere ma tutto sembrò cambiare quando degli schiamazzi fecero voltare tutti e tre i ragazzi.
Fuori dal cafè vi era una massa di ragazze urlanti che lentamente si divisero per far entrare nel locale un ragazzo dai lunghi capelli neri raccolti in una coda, Tanjiro lo guardò quasi ammaliato, non gli era mai successo di sentirsi così nel vedere qualcuno; si portò una mano al cuore e si stupì nel sentire quanto battesse veloce, doveva calmarsi o gli sarebbe venuto un infarto.
“Salve, vorrei ordinare.” La voce del ragazzo appena entrato era profonda ma melodica come se ogni parola fosse stava sussurrata in modo dolce e cadenzato.
Tanjiro alzò gli occhi alla disperata ricerca di Zenitsu o Inosuke ma i due erano impegnati a servire altre clienti quindi toccò a lui servire lo sconosciuto.
“S-Sì, mi dica. Cosa vorrebbe ordinare?” Chiese cortesemente alzando la mano a indicare i grossi pannelli con su scritti i loro vari tipi di caffè e cioccolate calde.
Il ragazzo alzò lo sguardo verso i pannelli per poi parlare subito. “Vorrei un americano da portare via, per favore.” Disse riportando subito lo sguardo su Tanjiro che divenne rosso dalla vergogna.
“Gli-Glielo preparo subito!” Pigolò il castano prima di preparare il caffè, le mani gli tremavano e il suo cuore non accennava a diminuire il suo forsennato battito, quando finì mise un piccolo coperchio con beccuccio sul bicchiere di carta e guardò il ragazzo.
“Sono tre dollari e potrebbe dirmi il suo nome? E’ un nostro marchio di fabbrica, con le bevande da asporto scriviamo il nome di chi la berrà.” Pronunciò quella frase di rito come se fosse un automa, il pennarello nella sua mano tremava e Tanjiro sperò di non sbagliare a scrivere vista l’agitazione che lo aveva colto da quando quello sconosciuto era entrato.
“Tomioka Giyuu, tu invece ti chiami Tanjiro?” Chiese Giyuu osservando la targhetta che Tanjiro aveva sul petto.
Il castano annuì arrossendo prima di scrivere il nome del moro, gli porse il suo bicchiere e solo in quel momento notò qualcosa di nuovo: nell’allungare il braccio la manica della sua divisa era salita mostrando il polso nudo e su di esso adesso appariva qualcosa, la calligrafia era un po’ scoordinata ma comunque leggibile ‘Giyuu Tomioka’, il bicchiere cadde dalla mano di Tanjiro ma Giyuu fu più veloce e riuscì ad afferrare il caffè prima che cadesse e si rovesciasse.
La mente di Tanjiro era in subbuglio, ogni pensiero razionale era stato surclassato da pensieri sconnessi e supposizioni, solo quando alzò lo sguardo verso Giyuu notò che gli stava sventolando una mano davanti al viso.
“Stai bene? Sei pallido.” Disse mentre continuava a muovere la mano di fronte a lui facendogli un po’ d’aria.
La mano di Tanjiro fu veloce, afferrò il polso del moro e osservò la scritta sul suo polso, le linee erano armoniche e ben delineate e quel nome lo conosceva fin troppo bene.
“So che può sembrare strano ma è nuovo anche per me.” Borbottò Giyuu distogliendo lo sguardo senza però ritratte il braccio.
“Pensavo che non avrei mai avuto un’anima gemella...” Sfuggì dalle labbra di Tanjiro mentre accarezzare il suo nome scritto sul polso del più grande.
La mano libera del moro gli accarezzò i capelli, gli alzò leggermente il viso così che potessero guardarsi negli occhi poi fece un lieve sorriso. “Ora ce l’hai...”

 

   
 
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