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Autore: lmpaoli94    16/04/2020    0 recensioni
Trent’anni di pace prima della grande guerra.
Trent’anni dove l’egemonia e la voglia di vivere è più forte di qualsiasi altra cosa.
Ma in ogni periodo storico c’è sempre un inizio e una fine, soprattutto quando dopo il brusco risveglio la vita di tutti cambierà per sempre.
Tre punti fondamentali per descrivere due controversie (inventate e non) che porteranno allo scoppio della Prima guerra Mondiale
Genere: Avventura, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
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La Belle époque  è un periodo storico, culturale e artistico che va alla fine dell’Ottocento e si conclude una trentina d’anni dopo con lo scoppio della 1° guerra mondiale
 
L’espressione Belle époque (L’epoca bella, I bei tempi) nacque in Francia prima della 1° guerra mondiale per definire il periodo immediatamente anteriore (1885 – 1914). Essa nasce in parte da una realtà storica (fu davvero un periodo di sviluppo, spensieratezza, fede nel progresso) e in parte da un sentimento di nostalgia. Il trauma della guerra aveva infatti portato a idealizzare la realtà.
 
Dalla fine dell’Ottocento in poi le invenzioni e progressi della tecnica erano stati all’ordine del giorno. I benefici Che queste scoperte avevano portato nella vita delle persone erano diventate sempre più visibili: l’energia elettrica, i servizi igienici, la minore paura le malattie e l’ignoto. Tutto questo aveva determinato un profondo ottimismo sulle possibilità dell’uomo, a cui niente sembrava recluso.
 
In questa descrizione c’è un fondo di verità e una parte di nostalgia. La realtà era in effetti stata abbellita anche per non risentire troppo dei traumi postbellici. Ma, senza meno, questo periodo in Francia ricordato come un passato che fu ridotto in frantumi dallo scoppio della guerra.
 
All’alba del ventesimo secolo, il mondo occidentale guardava con fiducia e ottimismo al futuro, sicuro che progresso, benessere e pace avrebbero continuato a guidare i suoi passi verso conquiste sempre nuove. Queste aspettative sembravano per il primo quindicennio del nuovo secolo, un periodo di grandi speranze che da molti fu poi ricordato con nostalgia come la Belle époque.
In effetti all’inizio del Novecento il mondo occidentale aveva molte ragioni d’orgoglio: debellata la maggior parte delle epidemie e ridotta notevolmente la mortalità infantile, gli abitanti del pianeta toccavano ormai il miliardo e mezzo.
Alla crescita demografica fece riscontro un impressionante aumento della produzione industriale e del commercio mondiale, che tra il 1896 e il 1913 raddoppiarono. I passaporti non erano ancora stati inventati, e la sterlina era il solidissimo riferimento economico.
Nello stesso 1913 la rete ferroviaria del globo aveva raggiunto un milione di km e le automobili cominciarono ad affollare le strade delle metropoli americane ed europee. Parlando di trasporti, la corsa alla costruzione dei nuovi enormi e sfarzosi transatlantici costituiva il lato più grandiosi quest’epoca tecnologicamente avanzata ma ancora legata a certi sentimenti romantici e utopisti. Non a caso, l’affondamento della nave più potente del mondo (il Titanic avvenuto il15 aprile 1912) è stato considerato come il più bel sogno infranto della Belle époque.
 
Dopo la grande depressione (1870 - 1896), la Francia entrò in un periodo di crescita economica alquanto sostenuta che si può far derivare dalla seconda rivoluzione industriale. Nacquero il cabaret, il cancan, il cinema, nuove invenzioni resero la vita più facili a tutti i ceti e livelli sociali, la scena culturale prosperava, e l’arte prendeva nuove forme con l’impressionismo e l’art nouveau. Il termine Belle époque può anche descrivere, infatti, visto il fiorire di nuovi stili e modi, l’arte e l’architettura di questo periodo in altri Stati.
La borghesia celebrava i risultati raggiunti in pochi decenni di egemonia con Esposizioni universali, in cui si esibivano le ultime strabilianti meraviglie della tecnica; con conferenze di esplorazioni, missionari, ufficiali, che raccontavano le grandezze e le miserie di mondi lontani, il cui contrasto con l’Occidente inorgogliva gli ascoltatori e li confermava nella loro certezza di appartenere a un mondo superiore, che nulla mai avrebbe potuto incrinare. Tra le potenze europee ogni accordo sembrava possibile, pur di conservare un benessere tanto evidente.
L’aristocrazia russa era in questo periodo storico sempre in prima linea; da un lato per il livello e la quantità degli acquisti, allo stesso modo in cui saranno tre quarti di secolo dopo gli emiri, d’altro canto per la qualità degli artisti che da lì provenivano, soprattutto musicisti e ballerini o coreografi. È ironico che la fortuna russa nella belle époque si basasse sui mutui e prestiti concessi a gran parte della popolazione francese.
Affrontare la vita con questo spirito significava caratterizzarlo in modo spensierato e positivo. Gli delle città avevano scoperto il piacere di uscire, anche e soprattutto dopo cena, di recarsi a chiacchierare nei caffè e assistere a spettacoli teatrali. Le vie e le strade cittadine erano piene di colori: manifesti pubblicitari, vetrine con merci di ogni tipo, eleganti magazzini.
 
In campo medico ed in campo tecnologico l’umanità aveva fatto passi da gigante, si videro le prime automobili, aerei, treni, che poi nella prima guerra mondiale divennero armi belliche, l’automobile fu blindata creando il carro armato, l’aereo fu reso da combattimento, i treni servivano per il trasporto di materiale bellico e di truppe, anche le navi servirono per scopi militari.
Quando iniziò il nuovo secolo, Parigi volle celebrarlo con un incredibile mostra nella quale venivano esposte tutte le innovazioni più recenti: l’esposizione universale (o ”Exposition Universelle”). Per assistere a questa gigantesca fiera, nel 1900 persone da tutto il mondo sbarcavano in Francia per prendervi parte. La gente ne visitava ogni angolo e ne ammirava tutti gli aspetti: scale mobili dette “Tapis roulant”, tram elettrici, si assaggiavano le cento varietà di tè importato dall’India. L’Europa era in pace da trent’anni (1870 circa ), cioè da quando la Germania aveva inaugurato un’industrializzazione e sviluppo che venivano garantite da una nuova politica di equilibrio. Nessuno pensava più, quindi, che la guerra potesse devastare ancora il mondo; perciò nel 1896 ebbero luogo le prime Olimpiadi, che da allora si svolsero ogni 4 anni. Quindi il periodo che va al 1890 al 1914 fu caratterizzato di euforia e frivolezza, denominato “Belle époque”.
 
UNA SOCIETA’ DI CONSUMATORI
Il progresso aveva un prezzo: il benessere di alcuni si basava sul disagio di molti altri; innanzitutto dei popoli colonizzati, secondariamente del proletariato operaio e contadino. Quest’ultimo tuttavia, soprattutto quello operaio, durante la Belle èpoque cominciò a godere di qualche vantaggio, non solo grazie alle proprie durissime lotte, ma grazie anche alla logica stessa dell’economia del mercato.
In base a questa logica infatti se si vuole guadagnare di più bisogna produrre e vendere di più. Ma per aumentare le vendite è necessario che masse sempre più estese abbiano sempre più denaro per comprare. Gli imprenditori, quindi, man mano che la produzione scendeva, accettarono di concedere aumenti dei salari, facendo salire il reddito pro capite nei paesi sviluppati.
Dopo aver creato nuovi mercati nelle colonie, costringendole ad acquistare dall’Occidente i prodotti lavorativi, quindi, misero anche in moto una crescita esponenziale dei loro mercati interni, ponendo le basi per una vera e propria società di consumatori. Per realizzare compiutamente questo allargamento del mercato si provvide anche rapidamente alla crescita della distribuzione; beni di consumo come abiti, calzature, mobili, utensili domestici, che prima erano prodotti artigianalmente e venduti da piccoli commercianti al dettaglio cominciarono a essere offerti da una rete commerciale sempre più ampia. 
Si moltiplicarono i grandi magazzini, furono incrementate la vendita a domicilio e per corrispondenza, furono trovate nuove forme per il pagamento rateale, che indebitava le famiglie, ma nel contempo rendeva accessibili ai meno abbienti una quantità prima impensabile di prodotti costosi. In appoggio a questa massiccia strategia di vendita nasceva la pubblicità, che cominciava ormai a riempire i muri delle città e le pagine dei giornali.
Molti lavoratori persero il lavoro proprio a causa delle lotte e degli scioperi per ottenere piccoli vantaggi, mentre altri venivano ancora sfruttati, insieme a donne e bambini.
   
 
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