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Autore: Eurus91    19/04/2020    1 recensioni
[MacGyver 2016]
“Jack...”
La voce ridotta ad un sussurro debole e roco. “Credi usciremo mai da qui?”
Genere: Angst, Fluff, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Fandom: MacGyver (TV 2016)
Characters: Jack Dalton (MacGyver TV 2016) Angus MacGyver (MacGyver TV 2016)
Additional Tags: Worried Jack, Hurt/Comfort, Angst, Hurt!Mac, not graphic Mention of torture, Fluff
 
Hurry up and Save Me
 
Notes:
La storia  prende parte all’ Advent Calendar Challenge sul gruppo hurt/comfort- fanfiction & fanart
https://www.facebook.com/groups/534054389951425/
48. Stella cadente
Il titolo è preso dalla canzone di Tiffany Giardina

“Jack...”
La voce ridotta ad un sussurro debole e roco. “Credi usciremo mai da qui?”
L’uomo forzó un sorriso, mentre gli occhi si riempivano di lacrime alla vista del suo partner. “Ne sono sicuro Mac. Devi solo resistere un altro po’.”
Gli occhi di Mac si stavano chiudendo pericolosamente scatenando il panico di Jack. “Mi hai sentito Mac? Resisti.”
Un mugugno fu l’unica risposta.


Jack si era appena appisolato quando dei rumori attirarono la sua attenzione, destandolo. In una cella due per tre non c’era molto da fare, inoltre era sicuro che i suoi rapitori non sarebbero venuti tanto presto quel giorno, quindi si era lasciato andare, cullato dal peso familiare di Mac sulla sua spalla e dal suo respiro un po’ troppo superficiale.
Il cuore prese a martellargli nel petto, dilaniato tra la speranza che fossero i soccorsi e la paura che i cattivi fossero tornati per loro. Temeva per Mac, il suo compagno era stremato anche se quest’ultimo cercava di nasconderlo in tutti i modi.

I rumori si fecero più forti e Jack istintivamente strinse più forte a sè il ragazzo, che non si mosse di un millimetro.
L’ex Delta non era il tipo d’uomo che si arrendeva, ma tre giorni nelle mani di quegli uomini lo avevano abbattuto più di quanto gli piacesse ammettere e se fossero tornati per un altro giro di waterboarding o diavolo chissà cosa altro, voleva assicurarsi che questa volta il bersaglio fosse lui e non Mac.
Contro il bambino si erano accaniti fin troppo, per i gusti di Jack.
Gli uomini aprirono la porta rinforzata e Jack quasi pianse di sollievo, quando riconobbe la squadra, la sua sua squadra, in tenuta TAC.
“Portate qui un medico.”
Disse solamente, sollevando Mac dal suolo freddo.

Seppur restio, Jack consegnó Mac ai medici. Dovette usare tutta la sua forza di volontà e autocontrollo per lasciarlo fuori dalla sua vista per quello che erano quanti? Dieci minuti. Il tempo per i paramedici di iniziare una flebo contenente liquidi e poggiare sul suo viso una maschera per l’ossigeno. La difficoltà respiratoria di Mac era piuttosto evidente e Jack aveva colto qualcosa, tra i sussurri dei paramedici; parlavano di una possibile polmonite.
Stava ancora osservando il petto di Mac alzarsi e sollevarsi, in attesa che i paramedici e la squadra Tac dessero il via per partire, quando un telefono venne premuto contro il suo orecchio.
Il suo cervello impastato e stanco ci mise qualche secondo più del normale a riconoscere la voce che proveniva dall’altra parte del dispositivo.
“Jack.” Finalmente una voce familiare. Finalmente una voce amica e Jack improvvisamente si sentì stanco e sopraffatto.
“Matty. Ci avete messo tanto.”
Nella sua voce non c’era rimprovero o altro. Era un dato di fatto.
“Scusaci Jack. Abbiamo fatto il possibile con i mezzi che avevamo. La situazione?”
“Io sto bene, un po’ ammaccato.”
“Mac?”
Jack si passó una mano sul viso e sospiró. Attese qualche secondo prima di parlare, non fidandosi della sua stessa voce. “Mac, Mac non sta bene Matty. Ora devo lasciarti, il nostro ragazzo si sta agitando un po’.”
Silenzio. Matty stava assimilando la risposta di Jack e le sue implicazioni. “Riportalo a casa Jack.”

Jack avrebbe voluto dire che il viaggio in aereo per tornare a Los Angeles, era stato tranquillo e entrambi gli agenti erano riusciti a riposare, ma così non è stato.
Mac aveva ripreso conoscenza a sprazzi, i liquidi lo stavano aiutando certo, ma questo non aveva impedito alla sua febbre di aumentare.
Aveva toccato quasi i 39° e l’ex Delta si era ritrovato a pregare come poche volte aveva fatto nella sua vita.

“Ho visto una stella cadente!”
Mac alzó gli occhi al cielo. “Jack come...” Mac ridacchió, erano in Sud America a sorvegliare una fabbrica abbandonata. Non si poteva parlare di inquinamento atmosferico, ma il cielo non era esattamente limpido.
“Ti dico che l’ho vista!”
“Va bene, ti credo!” Mac alzó le mani in segno di resa. Litigare con Jack poteva diventare “rumoroso” e attualmente, con una missione di ricognizione in corso, i rumori erano l’ultima cosa che dovevano produrre.

“Sai cosa ho desiderato Mac?” Disse Jack dopo un po’, avvicinandosi a lui e toccandogli la spalla per attirarne l’attenzione.
“Una doccia.”
“Una doccia?” Ripetè Mac.
“Okay, ammesso che tu abbia visto davvero una stella cadente, ammesso che un frammento di un asteroide incendiato possa esaudire un desiderio, tu lo sprechi così? Devi rivedere le tue priorità Jack.”


Quando scesero dall’aereo, con un Mac incosciente, con una febbre talmente alta che minacciava di friggergli quel cervello geniale che si ritrovava, si maledì di non aver desiderato altro. La sicurezza di Mac per cominciare.

La diagnosi iniziale dei paramedici fu confermata, una volta che il team dinamico arrivó alla Fondazione e Mac sistemato in una delle camere dell’ala medica: Polmonite.
Jack, nonostante le proteste di tutto il team medico e di Matty stessa, si rifiutó di lasciare la stanza del biondo.
Aveva fatto una promessa tempo addietro e intendeva rispettarla, voleva essere lì quando Mac avrebbe riaperto gli occhi.
Per questo ci vollero due giorni interi. Bozer e Riley passavano a turno, portando qualcosa da mangiare a Jack, tazze di caffè o anche solo per controllare le condizioni del giovane agente.

“Ehi, guarda chi è tornato tra noi.”
La voce di Jack arrivó ovattata alle orecchie di Mac, che ronzavano ancora leggermente.
La stanza era piacevolmente illuminata e aprire gli occhi, dopo averli sbattuti un paio di volte, non fu uno sforzo eccessivo. O almeno così credeva.
“Fa con calma ragazzino, ho atteso due giorni per vedere quei baby blues posso attendere ancora un altro po’.”
Mac mugugnó qualcosa e il suo primo istinto fu quello di togliersi la cannula nasale, ma Jack lo fermó prontamente, afferrandogli delicatamente il polso libero dalla flebo.
“Quella sta al suo posto, ordine di Lancelot.”
“Cosa, cosa è successo?”
Biascicó non appena la sua mente si schiarì abbastanza da permettergli di fare un pensiero coerente. Cavolo, si sentiva uno schifo.
“Ti sei beccato la polmonite, ma suppongo sia prevedibile dopo quello che hai passato.”
“Abbiamo...” corresse automaticamente Mac, che con un certo sforzo cervava di mettersi seduto.
“Non sono io quello in un letto d’ospedale Mac.” La voce di Jack era gentile, ma nonostante tutta la roba che gli scorreva nelle vene che lo rendeva un po’ lento, aveva colto il leggero senso di colpa nelle parole del suo amico.
“Casa?”
Chiese speranzoso, decidendo di non essere abbastanza in forze per una discussione, sentendosi improvvisamente di nuovo stanco e abbattuto.
“Non prima di qualche giorno Mac. La tua febbre si è abbassata solo questa mattina, queste brave persone vogliono tenerti sotto controllo ancora qualche giorno.”
“M’Kai” biascicò, mentre sentiva gli occhi che si chiudevano contro la sua volontà per poi riaprirli di scatto, impaurito.
“Tu starai qui vero?”
Jack sorrise, rimboccando le coperte ad un Mac già profondamente addormentato.
“Dove vuoi che vada.”
   
 
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