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Autore: Baudelaire    22/04/2020    8 recensioni
Di nuovo i pensieri di Abel, dal momento in cui, arrivato a Londra, finalmente ritrova Georgie a casa dei Barnes, fino all'agghiacciante scoperta del suo amore per Lowell.
Pensieri gonfi di amore ma anche angoscia, odio, desiderio di vendetta.
Il mio Abel è ispirato alle pagine del manga.
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Abel Butman, Elisa Dangering, Georgie Gerald, Lowell Gray
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sei su quell’albero, splendida, eterea, evanescente.
Sei un sogno? Un frutto della mia fantasia angosciata, devastata da tutti quei mesi in mare, trascorsi a lavorare duramente, il pensiero di te fisso e costante come una stella immutabile nel firmamento?
O sei viva, reale, tangibile? Posso toccarti davvero, o se lo facessi svaniresti nel nulla, come le immagini sovrapposte di te affollate nella mia mente pazza, durante quelle notti cullate dal rollio della nave, i suoni sfacciati e gutturali dei compagni di viaggio addormentati attorno a me, perduti nei loro sogni?
Allunghi un braccio, nel pallido tentativo di sfiorare Deegery-Doo.
Ma lui è veloce, non te lo permette, e torna a posarsi sulla mia spalla fidata.
Ed ecco, finalmente, i tuoi occhi di giada incontrano i miei, amore mio bellissimo e dannato.
Sussurri il mio nome, lacrime cocenti ti solcano le guance.
È un attimo, e ti getti su di me.
Spalanco le braccia, ti accolgo come sogno di fare da mesi, da quando mi sono imbarcato su quella nave, solo per raggiungerti, solo per vivere questo momento.
Oh, stringimi, amore mio, stringimi e non lasciarmi!
Mai più!
Io non lo farò. Insieme per l’eternità, finchè questo cuore palpiterà nel petto.
Fatti guardare. È così strano questo abito. Tu, anima semplice, non hai mai indossato niente del genere.
Ma sei tu. Ti guardo, sei tu.
Ora sono qui, non devi temere più nulla. Lavorerò, costruirò un rifugio solo per noi. Salperemo, solcheremo i mari, mi sarai accanto. Vivremo, tesoro mio, assaporeremo ogni istante di questa vita, dono incommensurabile.
Ma che c’è?
Cos’è quell’ombra che oscura il tuo volto?
Cosa vuoi dirmi?
Parla.
La tua bocca si apre, condannando la mia anima ad un eterno tormento.
“Amo un altro. In autunno mi sposo.”
Avresti potuto trafiggermi con la spada, non avrei sofferto allo stesso modo.
Che dici?
Che vai farneticando?
Bugie, sporche, luride bugie.
Non ti credo, non può essere vero.
Tutta questa strada, per te, solo per te… e il tuo cuore appartiene ad un altro?
Lo ucciderei con le mie stesse mani. Mi basta un nome, e potrei compiere il misfatto.
Ci pensa lei, l’aristocratica impertinente, a svelarmi la verità. La stessa serpe velenosa che costrinse Arthur ad inginocchiarsi. Meriterebbe di assaggiare la mia vendetta, per quel comportamento increscioso, e per le parole dure che pronuncia qui, davanti a te.
E comprendo.
Dunque, di lui ti sei invaghita, il suo promesso sposo.
Buffo, si sposeranno tra un mese. Non dicevi che in autunno saresti stata sua moglie?
Ora come la metti, amore mio?
Non lo senti come batte furioso il mio cuore?
Non senti come vorrei fare a pezzi tutto, in questa stanza elegante e lussuosa, per la rabbia che mi incendia le vene?
Che ci facciamo qui?
Che ci facciamo, noi, vissuti nella terra selvaggia, correndo liberi nella prateria, inseguendo emù, carezzando il pelo ispido dei koala, respirando aria pura e dissetandoci alle acque limpide dei torrenti vicino casa?
Che ci facciamo?
Dammi la mano, scappa con me.
Obbedisci al mio richiamo, ti getti fuori da queste mura soffocanti, ma sei libera, ignori la mia mano tesa, e corri, corri a perdifiato, come facevi scalza sull’erba rorida di rugiada del primo mattino.
“Fermati!” – grido, e riesco ad afferrare la tua mano tremante e a trascinarti nella serra.
Fa caldo, un caldo tremendo.
Taci, ora. Il silenzio ci avvolge, come il profumo dei fiori.
Un’altalena.
Mi avvicino, la tocco, mi siedo e chiudo gli occhi, ricordando quella che costruimmo per te. Oh, come ti spingeva, Arthur! Già allora era fuoco nei suoi occhi, identico al mio, fratelli di sangue. Persi per te, amore dolce, persi per quella sorellina incantevole che aveva già stregato i nostri cuori.
Riapro gli occhi. Che ne è stato di quel tempo?
Svanito, perduto.
Io sono qui, ma tu ami un altro.
Sono qui, e non mi vedi.
Dio, fammi morire in questo stesso istante!
“Parlami.”
La tua voce è una carezza, che mi riporta bruscamente all’atroce realtà.
Ti guardo e ancora una volta mi perdo in quel verde senza fine.
Sono rosa le tue labbra. Dio, quanto vorrei assaggiarle adesso, e farti sentire come bacia un uomo che ama follemente.
Mi parli di lui, e io tremo.
Come posso accettarlo?
Come puoi tu stessa accettare un amore a metà? Non è nient’altro che questo. Se davvero ti amasse, ti avrebbe portata via, subito.
Ma, ancora una volta, la realtà mi sorprende.
Giunge una carrozza, è lui.
Il damerino biondo scende e un odio profondo e devastante mi percuote l’anima. È lui, il maledetto che ti porterà via da me.
Non permetterglielo, Georgie!
Ma voli fra le sue braccia, lasciandomi annientato, solo, sconfitto.
Siamo tutti qui, di fronte a voi, ed è plateale il modo in cui rompe il fidanzamento mentre decanta ad alta voce, quasi fosse poeta, il suo grande amore per te.
Mi viene da vomitare.
Osa perfino chiedere la mia benedizione, il bastardo.
“Le mie condoglianze, vorrai dire.” – rispondo senza pietà.
Lampo di sgomento nel suo sguardo color cielo.
Lampo di furia nel blu oceano dei miei occhi.
Georgie è sull’orlo delle lacrime, ma non provo più nulla.
È quel che volevi. Vattene, sparisci dalla mia vista.
Ed è quel che fai. Sali in carrozza e te ne vai.
Resto a guardare, inerme.
Non è un addio.
Resterò.
Resterò per proteggerti.
Tu non lo sai, ma hai bisogno di me.
Odo parole taglienti dall’aristocratica arrogante.
Mi volto. “Qualunque uomo fuggirebbe da te, principessina.”
Sono le mie ultime, gelide parole.
Freme di rabbia e io sorrido.
Una piccola vendetta, per quel gesto che Arthur compì al posto mio.
La verità è che nessun essere umano dovrebbe mai inginocchiarsi di fronte ad un altro, che questo ti sia chiaro, lurida principessa.
Mi stringo nel mantello, è inverno a Londra, come nel mio cuore.
Lontana l’Australia, lontani i giorni in cui ridevamo spensierati, quando l’unica preoccupazione era rincasare per tempo per trovare la zuppa ancora calda, sì da non far arrabbiare mamma.
Giorni sperduti, sbiaditi.
Giorni che non torneranno.
Volto le spalle a questi nobili, con i quali nulla ho da spartire, e mi incammino.
Non è un addio, Georgie.
Tornerai da me.
Sarai mia.
   
 
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