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Autore: alichino    09/08/2009    0 recensioni
David è tormentato da un conflitto interiore e Colby dai suoi incubi...attraverso le loro debolezze, una sorta di compromesso.
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Colby Granger, David Sinclair
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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David non lo sapeva più. Si sentiva come intontito, e non sapeva più bene cosa provava. Ed era molto incazzato, l’atmosfera di incertezza che si sentiva addosso e intorno, anche fuori la pelle, come un alone. Lo faceva cadere nell’ira più profonda, tanto che Don non mancò di accorgersene. Gli chiese cosa avesse, un giorno, e David –indispettito e odioso – alzò lo sguardo dal suo computer al suo capo senza mutare espressione, lentamente, come se tra Don e la macchina sulla sua scrivania non ci fosse alcuna differenza se non l’altezza cui guardare.
-    Niente –gli disse –sto bene. Sono solo stanco.
Quella piccola frase funzionava sempre. Solitamente, anche perché era vera, il più delle volte; ma Don non ne era convinto. Conosceva David quand’era stanco e quand’era iroso e anche quand’era allegro, così non gli credette. Se non vuoi che ti aiuti, ok, Disse. E aggiunse che però sapeva dove trovarlo se voleva parlare, poi se ne andò. E David pensò che era tutto così facile con Don e per Don, o almeno così sembrava. In quel momento arrivò Colby. E David riscoprì con più forza nel suo io quello che era lì già da tempo ormai e di cui l’uomo era conscio perfettamente. Si era già chiesto Rinnegarlo? Negarlo? E si era anche detto Sforzo inutile! David non era mai stato avaro nei suoi sentimenti e non ne aveva mai avuto paura. Ma ora tutta l’incertezza sua si concentrava su di una contraddizione in sé; c’era qualcosa in Colby che glielo rendeva caro e amabile, una certa gentilezza dei modi, la sua cortesia e la sua fragilità nascosta e inarrivabile che David percepiva, la sua sensibilità. Amava di lui la sua tristezza e i suoi occhi ridenti, che si stringevano quando sorrideva. Eppure una parte di David odiava Colby e lo trovava insopportabile, dispotico, lo odiava per via del suo tradimento prima –per il fatto che aveva gettato una parte della loro amicizia nell’incertezza più totale, anzi nel nulla –e poi per il suo ritorno e perché in verità non l’aveva mai tradito. Aveva un rimorso verso di lui che non riusciva ad esprimere, che in lui –oltre a tutto –non era nemmeno così chiaro come pensava. E a complicare le cose c’era un non meglio definito senso di colpa, una sensazione proprio che fosse tutta un’enorme mancanza di David, il sentimento che se lui fosse riuscito a stare più vicino a Colby, niente sarebbe successo, nonostante tutto. Questa era pressappoco la situazione nel cervello e nelle viscere di David quando l’oggetto lì delle sue elucubrazioni gli si presentò davanti nel suo completo nero, la giacca nera aperta e la camicia bianca che spiccava nello scuro della sua figura. Pensò che fosse affascinate e che se fosse stato una donna gli sarebbe saltato addosso. Ma non lo era, e in ogni caso, avrebbe lasciato passare ancora un po’ di tempo prima di farlo. Così cercò qualcosa di stupido da dirgli, più stupido e inconsistente di ‘Sei molto affascinante oggi’. Colby lo salutò e gli concesse un sorriso, un sorriso carino, e l’altro lo odiò per avergli fatto pensare alla sua avvenenza. Egli faceva sorgere in lui una crudeltà tenace, ma non riusciva a staccarsene, non voleva, perché aveva quel sorriso cordiale e ‘carino’  ed era tanto fragile –gli piaceva pensarla così. Se Colby avesse sentito i suoi pensieri! Gli avrebbe di sicuro spaccato la mascella con un destro. E a David sarebbe andato bene perché era feroce anche verso se stesso in quel sentimento per il suo partner.
-    Non hai la cravatta –disse a Colby, senza alcuna particolare inflessione.
E subito si maledisse per averlo detto, poiché pensò a come sarebbe stato annodare una cravatta al collo di Colby, e sentire il suo respiro sul proprio e la pelle del suo collo sotto le dita. Avrebbe anche potuto strozzarlo. E si accorse in quel momento che voleva toccarlo. Si riscosse. No, disse fra sé, No. Non c’era in lui negazione omosessuale, si era stancato di vederla così. Colby gli piaceva. Colby era un uomo. Punto, non c’era altro. E quel Colby non gli rispose ma gli lanciò un sorrisetto sarcastico. Lo odiava, ma voluttuosamente e con una passione dolce e amara, ironica. Lo amava anche. Questa era la sua incertezza.
Colby non aveva dormito la notte e l’altro se ne rese conto quando a metà giornata, il suo partner si addormentò sulla scrivania dietro le spalle di David e quest’ultimo –quando si girò per offrirgli del caffè –non poté trattenere il sorriso che gli affiorò sul volto. Riusciva a scorgere le spalle di Colby, la loro linea sotto la camicia pulita e senza pieghe. Si figurò l’altro uomo da solo, a casa sua, che in mutande, stirava le sue camicie bianche. E quell’immagine lo eccitò un poco; avrebbe potuto scoparselo sulla sua asse da stiro, con indosso una delle sue camicie profumate di lui. Ah, gli sarebbe proprio piaciuto. Ristette, crogiolandosi nella sua fantasia, poi, improvvisamente, si alzò e andò vicino a lui per osservargli il viso concentrato come se stesse tentando di capire una qualche spiegazione di Charlie, anche nel sonno. Era proprio una bella figura. Don, dal suo ufficio, vide la strana scena di David che si chinava su di un Colby addormentato e che stava lì, ad osservarlo. Stava per andare a controllare quando –in uno scatto nervoso ,quasi –David artigliò la spalla di Colby. Don potè vedere quest’ultimo guardare stranito l’altro, poi dirgli qualcosa che non capì. –Don? –Charlie interruppe i suoi pensieri –mi stai ascoltando?
-No –disse Don –guardavo Colby e David. Sentì Charlie sporgersi da dietro la sua spalla, sentì i suoi capelli solleticargli il collo e sorrise tra sé, senza motivo, mentre l’altro diceva Colby è un po’ strano oggi. Don annuì pensieroso e tornò a dedicare la sua attenzione al fratello.
   
 
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