Avvertimento
1: è una storia a rating verde, verdissimo, ma
all’inizio viene detta qualche
parolaccia per necessità di personaggio.
Avvertimento
2: è altresì una storia scemetta ma con risvolti
spero affettuosi senza scadere
nel lezioso, con il semplice intento di commemorare un pairing che
avrà sempre
il mio affetto.
Le mirabolanti
avventure pasquali di un
assistente sfruttato e del suo esasperato ragazzo
La
sigaretta appoggiata sul posacenere bruciava lenta: la cenere avanzava
sino a
crollare sulla pila di mozziconi accumulati che emanavano un odore di
nicotina
stantia. Le pale del ventilatore installato sul soffitto giravano
altrettanto
lente, mentre la luce incastonata come un gioiello ogni tanto
traballava, quasi
la lampadina al suo interno tentasse in tutti i modi di non spegnersi
definitivamente.
“Non
puoi chiedermi questo” fu l’unica voce che si
udì nella stanza non troppo
grande, resa soffocante da imponenti scaffali metallici con accumulate
miriadi
di fascicoli e cartelline.
“Oh,
beh – il suo interlocutore sorrise, un sorriso quasi felino,
poi scrollò la
sigaretta e se la mise in bocca, espirando il fumo che
fluttò verso l’alto come
catturato dal ventilatore – si dà il caso che
l’ho appena fatto: la tua reperibilità
totale a Pasqua. Vai dove cazzo vuoi, anche a Timbuctù per
quanto mi riguarda,
la cosa importante è che ovunque tu sia se io chiamo,
rispondi. Soprattutto: se
quegli inquilini parassiti della società che ho in affitto
chiamano perché è
esplosa loro una tubatura dell’acqua, tu cosa fai?”
Naruto
Uzumaki, con addosso da oltre dieci ore la camicia che ormai avrebbe
puzzato
inevitabilmente di fumo e di essenza di petroliera, distese le mani sul
tavolino e rispose scandendo le parole nel tentativo di contenere la
rabbia:
“Rispondo.”
Dall’altra
parte ci fu il sorriso compiaciuto del suo datore di lavoro,
proprietario di
intere palazzine date in affitto principalmente a studenti –
da lui menzionati
appunto come parassiti della società
– ancora poco scafati nel mondo e,
soprattutto, disperati nel trovare una casa che non li costringesse a
un
salasso mensile; in effetti gli appartamenti
dell’imprenditore avevano un
canone piuttosto economico, peccato una serie di clausole non
sempre
espresse nei contratti.
“Bravo,
vedo che...” fece per dire Madara Uchiha, nonché
suddetto proprietario
immobiliare, imprenditore e disprezzatore di studenti, appoggiando la
sigaretta
al posacenere.
“E
rispondo anche di andarsi a cercare casa da un’altra parte,
se non vogliono
trovarsi seppelliti da macerie di tetti mai riparati, o inondati
d’acqua che
scende fino alle scale, oppure con gli scarafaggi che spostano i
cassonetti al
posto loro! O, ehi, che ne dici di trovarsi ricoperti di escrementi
fino alla
testa siccome non è mai stato pagato lo spurgo della fossa
biologica?”
“Quei
figli di puttana degli spurghi non sono... –
replicò Madara alla sfuriata
improvvisa di Naruto, per poi bloccarsi, sbattere una mano sul tavolo e
cambiare discorso – non perdiamo tempo con queste stronzate e
con la tua rabbia
da uomo in andropausa precoce! Quegli abbozzi di esseri adulti che tu
chiami
studenti universitari per quanto mi riguarda possono anche fare salto
olimpionico nelle loro feci, l’unica cosa che conta
è che paghino il canone.
Canone che io tengo basso apposta per gente come loro che scrocca soldi
e linfa
vitale ai genitori e sta a cazzeggio tredici mesi su dodici
all’anno, quindi
dovrebbero pure ringraziarmi. E tu, Naruto, sei da me pagato anche coi
loro
soldi per continuare non solo a far sì che questo chiaro e
semplice sistema
funzioni, ma oltretutto per levare a me tutte le rotture di coglioni
che questi
parameci asessuati mi darebbero. Chiaro fin qui, capelli di
paglia?”
Naruto
rimase un istante immobile, guardando il suo capo con una sorta di
smorfia che
avrebbe voluto essere indifferente, invece temette che in quelle
circostanze – complice
il lavoro straordinario del sabato e la stronzaggine di Madara
– risultasse più
un incrocio tra un post-sbornia e l’attimo prima di assestare
un bello spunto
dritto in faccia. Si umettò dunque le labbra, sbattendo una
volta le ciglia per
replicare: “Tutto chiaro, Madara. Sai essere molto esplicito
e diretto,
credimi. Quindi, fammi capire, visto che siamo in tema:
perché a Pasqua gli
inquilini dovrebbero in qualche forma chiamare, con tutti i giorni in
cui
potrebbero essere a casa?”
“Perché
sono poveri, più poveri di te che sputtani i tuoi soldi in
fumetti e pupazzetti
del cazzo. E il massimo della grigliata che potranno permettersi
sarà sul
balcone in quelle loro comuni da hippie che hanno perso per strada il
’68 con i
fiori annessi. O, peggio ancora, magari in uno stadio evolutivo
inferiore cercano
di usare i fornelli. Questo vuol dire fuoco incontrollato e fuoco
incontrollato
significa che se mi bruciano gli appartamenti li vengo a cercare fin
nell’inferno dove stanno ancora rosolando e me li mangio come
grigliata di
Pasquetta. Voglio evitare tutto questo casino, così come
scomodarmi a scendere
negli Inferi: non mi piacerebbe ripetere l’esperienza
dell’anno scorso in cui
hanno lanciato la brace nel cortile e incendiato la spazzatura di una
settimana.”
Schiacciò
il mozzicone come per sigillare il discorso. Naruto per un attimo
immaginò al
di sotto del mozzicone la testa dello studente che aveva avuto la
brillante
idea di fare gara di tiro alle braci, o... beh, forse era la propria
testa, perché
all’epoca non aveva ancora trovato qualcuno disposto a venire
sottopagato per
buttare settimanalmente la spazzatura.
Senza
essersi fatto passare alcun tipo di frustrazione e incazzatura per
lavorare per
quel sociopatico stronzo, Naruto tentò comunque il tutto e
per tutto; almeno una
volta rientrato a casa – se avesse mai avuto ancora gli arti
per farlo – avrebbe
potuto dire al suo compagno di aver comunque lottato con onore:
“Il
fatto è che, sai, domenica avrei questa grigliata
che...”
“Sì?
Prego, continua” lo incoraggiò Madara con un gesto
della mano quasi lezioso.
Naruto lo fissò un istante, poi ancora più
determinato proseguì: “Insomma, con
tutta la mia famiglia. E Sasuke verrebbe con me, quindi è un
evento più unico
che raro, capisci, non posso mollarlo lì in mezzo.”
Avrebbe
voluto descrivere l’evento in maniera più epica e
meno disperata, ma a conti
fatti era disperato, perché
già si trattava di una coincidenza astrale
rara quanto un incrocio interplanetario il fatto che Sasuke avesse
accettato –
seppur con esterrefatta incazzatura – di andare in quello che
aveva definito un
covo di Uzumaki sempre troppo allegri e casinisti,
figurarsi se avrebbe
anche tollerato l’idea di rimanerci lì da solo,
giusto perché a un certo punto
il suo compagno si era dovuto precipitare a salvare dei ragazzini
inondati di
cacca.
“Mi
uccide” mormorò, quasi una contastazione, per poi
elaborare una sorta di
sorriso rivolto verso Madara, forse nel surreale tentativo di trovare
in un
uomo dal cuore atrofizzato e nero come petrolio una sorta di
complicità.
“Ah-ah”
fu infatti la sua risposta laconica.
Nella
stanza tornò il silenzio; senza udire un fiato da parte del
suo interlocutore,
l’Uchiha si accese con la dovuta calma una nuova sigaretta e
proseguì: “E,
dimmi, com’è che dovrebbe interessarmi quello che
accade tra te e quel
prototipo di battiparole malriuscito di mio nipote Sasuke? Poi
– accennò una
specie di risata secca – com’era quel detto? Natale
con i tuoi, Pasqua con chi
vuoi? Cos’è, ti hanno regalato un calendario che
segna sempre dicembre?”
“Madara,
alla voce ‘simpatia’ del vocabolario ci
dev’essere il tuo nome – Uzumaki fece
una smorfia, poi con un certo orgoglio e profonda determinazione
specificò,
guardando negli occhi il suo capo – tra pochi giorni
sarà il compleanno di mia
mamma ma quest’anno lo festeggiamo a Pasqua, con la scusa che
per una volta ci
siamo davvero tutti. Per questo stavolta non partecipo alle esilaranti
grigliate universitarie con lancio di carbonella e invece vado dai
parenti”
concluse il tutto con un sorriso, come per accentuare il sarcasmo di
fondo.
A
quel punto Madara roteò gli occhi, ma nel profondo lo
colpì il suo sguardo di
persona straordinariamente testarda e allo stesso tempo legata agli
affetti, in
una maniera che lui invece non avrebbe mai potuto concepire; per questo
dopo
qualche istante decretò apparentemente irritato:
“Quasi
ti preferivo a fare il coglione con gli universitari fuoricorso. Va
bene,
niente reperibilità, goditi questa tortura che tu chiami
Pasqua e il compleanno
di chi ha avuto il coraggio di metterti al mondo, ma appena rientri a
lavoro se
ci sono casini voglio che li risolvi prima ancora di pensare di
respirare,
pisciare o mangiarti il ramen che ti piace tanto. Chiaro?”
L’assistente
sgranò appena gli occhi, stupito dell’esito di una
simile conversazione, specie
se il suo interlocutore era Madara, che quanto a inumanità
era l’Hannibal
Lecter del settore immobilare. Immaginò che anche lui nel
suo piccolo, ma
proprio piccolo, sotto la coltre di cinismo, sarcasmo e misantropia
avesse un
po’ di gentilezza ed empatia.
“Chiarissimo!
– esclamò scattando in piedi, decisamente
più euforico – perfetto, grazie,
vedrai che risolverò ogni casino prima ancora che tu possa
immaginare ce ne sia
uno. Bene, allora io andrei visto che oggi sarebbe stato il mio giorno
libero
e... beh, buona Pasqua, Madara.”
Questi
lo liquidò con un cenno della mano:
“Sì, sì, buona Pasqua, blabla, vai
prima
che cambi idea.”
Uzumaki
saltellò fuori dalla stanza per poi afferrare il casco, il
gilet, la giacca
vicino alla sua scrivania e correre verso la moto, incastrata come
sempre in
maniera artistica perché trovare parcheggio in centro era
un’impresa titanica
quanto far sganciare soldi a Madara.
Prima
di uscire dall’edificio però lanciò
un’occhiata al telefono aziendale, dove
ogni tre per due gli inquilini lamentosi e disperati – un
po’ come lo era stato
lui per ottenere la Pasqua libera – lo chiamavano in cerca di
aiuto o per
esprimere lo sdegno di avere ancora infissi dell’anteguerra
che facevano
passare spifferi capaci di ricreare una galleria del vento domestica.
Sospirò e
nonostante l’incertezza iniziale afferrò il
telefono, mettendoselo in tasca.
Massì
– si disse – cosa mai potrebbe andare
storto?
Il
foglio bianco di Word restituiva quasi riflessi perlacei negli occhi un
po’
affossati dello scrittore Sasuke Uchiha, il quale da diverse ore
cercava di
trovare l’ispirazione per il capitolo da mandare alla sua
nemmeno troppo
paziente editor.
“Sakura
mi uccide” mormorò, stropicciandosi gli occhi dopo
aver poggiato gli occhiali
da riposo sulla scrivania, affollata di bozze, appunti e idee
scribacchiate nel
cuore della notte. Guardò la data sul calendario e,
rendendosi conto di essere
a meno di una settimana dalla scadenza prefissata per la consegna del
pezzo,
provò una specie di moto di fastidio all’idea di
dover spendere una preziosa
domenica di scrittura incastrato in un’infinita grigliata
Uzumaki. Detta così
sembrava quasi facessero braciole di Uzumaki, ma purtroppo ognuno dei
chiassosi
parenti di Naruto sarebbe stato anche troppo vivo per essere messo
sulla
griglia.
Scosse
la testa, ridacchiando in maniera silenziosa alla sadica idea di poter
passare
alla fiamma anche Shisui, con buona pace di Itachi, infine
sospirò e in un
ritorno alla triste razionalità convenne di non aver proprio
alcun diritto di
lamentarsi: aveva avuto settimane intere per consegnare il capitolo, il
fatto
che si fosse ridotto all’ultimo nel completarlo era un
problema solo suo.
“Non
certo di Naruto che è più a lavoro che a casa in
questi giorni” borbottò, in
uno dei suoi vaghi commenti in solitudine.
Forse
fu proprio il potere mistico del nome, ma dopo aver pronunciato quel Naruto
il biondo Uzumaki in questione aprì la porta di casa,
già preannunciandosi senza
volerlo lungo le scale antestanti l’ingresso: in sequenza gli
erano infatti
cadute prima le chiavi e poi qualcosa di decisamente più
corposo, anche sulla
base del conseguente sproloquio arrabbiato.
Dalla
stanzetta usata come studio, Sasuke si affacciò alla soglia
della porta che
dava sul corridoio, appoggiando un gomito allo stipite. Aveva deciso di
mantenere la sua faccia quasi scettica per accogliere in maniera
caustica
Naruto e tutto il caos che si era portato dietro, ma nel vederlo
finalmente
dopo tutte quelle ore, con i capelli scombinati, il volto accaldato e
tanti
sacchetti in mano gli scappò un sorriso affettuoso. Scosse
la testa sospirando,
poi commentò:
“Sei
andato a fare una rapina o era più Madara ad averti reso
vittima di sequestro
di persona?”
Naruto
guardò un istante la sua copiosa spesa e replicò,
sollevando le spalle senza
riuscire a trattenere una mezza risata: “Beh, sai
com’è, prima il sequestro. Madara
sembra quasi essersi affezionato a me al punto da non poter far a meno
della
mia persona. Poi, baby, la rapina: braciole, costine, salsicce,
bistecche...
non hai la bavetta solo a pensarci? Ah, e ho preso anche il regalo per
mamma,
ovviamente.”
“Interessanti
le priorità tra bistecche e il regalo” lo prese in
giro Sasuke fingendosi
serio, per poi andargli incontro e afferrare al volo uno dei sacchetti
prima
che cadesse anche quello rovinosamente a terra.
“Oh,
grazie amore, ce l’avrei fatta anche da solo con la mia
proverbiale forza e
coordinazione, ma vederti correre da me è stato comunque
emozionante” scherzò a
sua volta Naruto, con un sorriso complice che mise in adorabile
imbarazzo
Sasuke, già emotivamente provato da quell’amore
seppure goliardico. Compiaciuto,
Naruto lo lasciò così andare verso la cucina con
alcune delle buste che,
assieme a quella in procinto di cadere, l’altro gli aveva
preso a forza col
pretesto di aiutarlo perché il compagno aveva le mani dalla
presa inesistente. Uzumaki
infatti in quel modo poteva contemplarlo un istante, ammirando il fatto
che Sasuke
riuscisse a essere affascinante e in qualche modo misterioso anche in
tuta da
ginnastica e maglietta slargata di un vecchio concerto metal a cui
erano
andati.
Posò
a sua volta le buste rimanenti in cucina, poi finalmente si tolse il
casco
dall’avambraccio in cui era appeso, ringraziando mentalmente
che la moto avesse
bisacce abbastanza capienti da ospitare tutta quella roba.
Sì, in effetti si
era un po’ fatto prendere la mano, ma... che poteva farci,
era l’incarnazione
dell’entusiasmo in quel momento.
Si
cambiò e dette una sciacquata, per poi ritornare nella
cucinetta, dove Sasuke
aveva tirato fuori qualche fetta d’avanzo di pizza surgelata
tempo addietro,
una certezza per tutti quei pranzi o cene fatti totalmente fuori orario
e con
ancora meno voglia di cucinare.
“Com’è
andata stamattina?”
“Fino
a un certo punto ho scritto trascinato dal flusso. Poi niente, era da
mezz’ora
che fissavo la pagina vuota. In un certo senso forse questa pausa mi
serviva”
commentò Sasuke attivando il microonde.
“Vedrai
che oggi pomeriggio ritornerà l’ispirazione alla
grande!” lo incoraggiò
l’altro, per poi iniziare a stipare nel frigo la carne e le
birre che
miracolosamente non erano nel sacchetto caduto a terra.
Sasuke
lo guardò un istante e sospirò, distendendo il
volto prima vagamente
accigliato. Anche con poche parole, seppur ogni tanto da estrapolare
nel mezzo
di mille altre dette a casaccio, Naruto sapeva come incoraggiarlo con
quel
calore genuino che lo faceva star bene. Certo non
gliel’avrebbe mai detto, ma temeva
che persino quello stupido del suo ragazzo fosse arrivato alla
conclusione di
quanto fosse per lui terapeutica la propria presenza. Dopo un istante
incrociò
le braccia, appoggiando le natiche sul bancone per poi domandare:
“Cos’hai
preso di regalo per Kushina? Ovviamente partecipo anche io, anzi, scusa
se non
ci ho pensato prima” deviò lo sguardo con il
pretesto di controllare la cottura
della pizza.
Sorpreso,
Naruto si bloccò, specie dopo aver pensato che la prima
domanda sarebbe stata A
che ora ci tocca essere lì per cominciare la tortura?
– domanda a cui
effettivamente Sasuke aveva pensato ma, a differenza di Madara, stando
con
Naruto aveva imparato a gestire meglio le tempistiche degli
atteggiamenti
inopportuni.
“Sarà
da parte di entrambi, ci ho già riflettuto su –
rispose Naruto, chiudendo il
frigo con un artistico colpo d’anca – grazie per
avermelo detto e chiesto,
Sasuke. Comunque il regalo è un viaggio da fare con
papà, ma... beh, non ti dico
per dove. Una sorpresa diciamo.”
“A
Creta?” buttò lì Sasuke, quasi con aria
di sfida.
Naruto
assottigliò gli occhi. Si zittì, poi
riaprì la bocca ma replicò solo dopo
qualche secondo: “Co... come facevi a saperlo?”
“Uso
due cose che tu a quanto pare lasci da parte per tempi migliori:
memoria e
attenzione – rispose l’altro, a quel punto senza
nascondere un sorrisetto
trionfante come ogni volta che batteva colui che era sì il
suo compagno di
vita, ma anche il suo più grande rivale – lo
ricordavo da quando tua mamma
aveva parlato del suo viaggio in Grecia e di come desiderasse vedere
anche
Creta. Mi stupisco comunque che tu non abbia chiesto a me per fartelo
presente,
sono commosso” lo prese in giro con ironica provocazione,
sebbene il sorriso si
fosse ammorbidito istintivamente.
“Puh,
col cavolo, piuttosto che chiedere a te suggerimenti per il regalo di
mia madre
non glielo faccio affatto” replicò Naruto,
orgoglioso e testardo, facendogli la
linguaccia anche se finì per ridere a sua volta.
Continuarono
a prendersi in giro a vicenda, intervallando il tutto con qualche
pizzicotto
che passò a essere morso giocoso e poi bacio, in
quell’altalenante scambio di
affetto e battute taglienti che manifestavano con tanta
spontaneità,
soprattutto tra le mura di casa. Quando finalmente il tavolino nel
semplice soggiorno
fu allestito e la pizza scongelata sistemata nei piatti, prima di
sedersi
Naruto specificò:
“Domani
non staremo lì a lungo, promesso. So quanto per te il tempo
sia importante e ti
ringrazio per aver voluto passare la Pasqua con tutta la mia
– rise – chiassosa
famiglia.”
Come
sempre preso in contropiede da quelle dichiarazioni spontanee e tanto
cariche
di affetto, Sasuke per un attimo non rispose, poi scosse la testa
replicando in
tono neutro: “Il tempo è ancora più
importante per te, schiavo di quello che,
purtroppo, è mio zio Madara, quindi va bene così,
anche passare Pasqua in
famiglia in fondo non è troppo male.”
Naruto
allora sorrise e lo baciò, prima sulla guancia, poi sulla
bocca, infine lo
baciò ancora e ancora, anche se l’altro cercava in
una sorta di ringhio burbero
di ritrarsi: “Sasuke – gli strofinò il
naso sulla guancia arrossata dalle
recenti torture – cos’è successo
stamattina mentre ero via? Chi è entrato nel
tuo corpo spargendo così tanta dolcezza e comprensione?
Fammi approfittare del
momento per estorcerti un altro po’ di sentimenti!”
Ma
lo scrittore lo allontanò, protestando: “Piantala
di fare l’appiccicoso, sei
inquietante oltre che molesto al punto che preferirei quasi la
compagnia di
Shisui. E questo è grave da dire”
precisò puntandogli il dito contro.
“Gravissimo”
ribatté l’altro con finta compassata
serietà.
Poi
rise, grattandosi spensierato il naso mentre aiutava il compagno a
sparecchiare. Si offrì di lavare i piatti così
che Sasuke potesse rimettersi a
scrivere e questi suo malgrado accettò, ammettendo con finto
disinteresse:
“Credo mi sia tornata l’ispirazione. Non certo per
merito tuo, lo preciso
giusto prima che tu ti faccia qualche strana idea!”
“Va
bene, va bene – acconsentì Naruto con eccessiva
arrendevolezza – tanto... beh,
so che modestamente è così” aggiunse
replicando la linguaccia di prima, alla
quale per tutta risposta Sasuke reagì roteando gli occhi e
fingendo di
ignorarlo mentre ritornava alla scrivania. Fischiettando con una certa
soddisfazione, Naruto fece per lavare i piatti con
l’accompagnamento musicale di
una delle playlist salvate sul cellulare, salvo poi ricordarsi del
telefono
aziendale preso all’ultimo prima di andare via dallo studio.
Si
morse un labbro, pensoso, poi risolse nella sua testa di aver fatto una
stupidaggine: Madara gli aveva dato il via libera, di sicuro non si
sarebbe
portato dietro quell’aggeggio con il rischio che magari
qualche inquilino
chiamasse, disturbando la sua Specialissima Pasqua del Secolo. Mai, il
cellulare aziendale poteva stare dove doveva: a casa.
Ovviamente,
Naruto portò il cellulare aziendale con sé alla
Specialissima Pasqua del Secolo.
Nella
sua testa era estremamente convinto che non l’avrebbe fatto,
invece qualcosa la
mattina successiva era cambiato: forse era l’inquietudine
nell’aria, dovuta al
fatto che la maggior parte dei ragazzi in quegli appartamenti
l’unica cosa che
aveva messo a bollire era l’acqua e spesso facendolo pure
male? O forse era un
semplice scrupolo di sopravvivenza, dettato dalla consapevolezza che se
quel
giorno fosse successo qualcosa e lui non lo risolveva ne avrebbe subito
le
conseguenze per i prossimi tragici mesi, indipendentemente dallo
pseudo-buoncuore di Madara?
Fatto
stava che dopo aver guardato il pericoloso telefono, al momento senza
notifiche
in tutto il suo candido silenzio della metà mattinata, gli
dette un bacio sullo
schermo per poi mormorare: “Fa’ che nessuno chiami,
ti prego, fa’ che nessuno
chiami. Sii un bravo telefono e taci per tutta la giornata.”
Scorgendolo
in quella posizione quasi contemplativa, Sasuke gli domandò:
“Tutto a posto?”
“Oh,
ehi, certo: pulivo lo schermo” buttò lì
l’altro, tirando fuori la prima cosa
che gli capitava.
“Non
è il tuo cellulare aziendale quello?”
Dannazione,
Sasuke, perché non puoi essere distratto come un normale
essere umano che pensa
solo a grigliare e sbevazzare il giorno di Pasqua?
“Ehr,
sì, in questi giorni il mio mi dava un po’ di
problemi, così ho pensato di
scroccare questo, sai, nel caso dovessi fare foto e cose
simili.”
Sasuke
lo fissò un istante, poi scrollò le spalle e si
limitò a dire: “Fa’ come vuoi.
Hai tutto pronto?”
Dentro
di sé Naruto tirò un profondo sospiro di sollievo
– non sapeva perché dovesse
reagire così, forse si sentiva un po’ stupido e un
po’ in colpa, anche se
Sasuke era il primo che, se solo avesse potuto, si sarebbe portato
dietro il
portatile anche al bagno pur continuare quello che stava facendo
– e annuì con
spirito di rinnovato entusiasmo:
“Prontissimo!
Carne: check. Birra: check. Salse, tovaglioli e robe di plastica:
check. Tutto
pensato per stare nelle bisacce della moto. Dai, metti giacca, guanti,
scladacollo e casco, la Normandy ci aspetta!”
Sasuke
allora concluse di vestirsi, provando comunque un moto di affetto
all’idea che
Naruto avesse ribattezzato la sua moto – una Virago dalle
linee bellissime – al
seguito della nave spaziale di Mass Effect; pur essendo Sasuke
l’appassionato
di fantascienza, Naruto lo era di videogiochi: con quel nome sembrava
aver
trovato la combinazione perfetta che racchiudeva le passioni di
entrambi.
Nonostante
tutte le passate riserve verso le festività in famiglia
– sua o quelle altrui,
la sua asocialità non discriminava nessuno –
Sasuke si ritrovò dunque quel
giorno ad andare alla fatidica grigliata con meno insofferenza del
solito. Forse
era il sole che illuminava senza scaldare troppo, forse era il
buonumore del
suo compagno che, per quanto esagitato, suo malgrado aveva il potere di
rendergli le cose migliori, persino le più indigeste.
Fu
infatti con una certa spensieratezza, questo addirittura con le
scadenze
prossime, che lo scrittore si godette il tragitto in moto, tenendosi
alla vita
di Naruto mentre questi decelerava, piegava e tornava ad accelerare,
con il
vento che passava attraverso la visiera apera del casco, regalando
odori di
gente che già aveva cominciato a grigliare, così
come del passaggio dalla città
con le strade deserte alle campagne in cui il verde primaverile
troneggiava
sino al ciglio della strada.
Gli
piaceva viaggiare in moto con Naruto e fu onorato di poter condividere
con lui
quella passione, di essere non solo un passeggero ma anche un compagno
di
strada, persino se tale strada si limitava ad andare nel paese dove
vivevano i
genitori del proprio ragazzo: ogni metro infatti era significativo,
così come unico
era il rumore del motore che sembrava gorgogliare con voce calda.
Fu
però un po’ meno spensierato quando, con ancora il
casco addosso e tutto
l’armamentario per andare in moto, venne accolto da
un’entusiasta Kushina;
quest’ultima nonostante l’età non
più giovanissima era ancora in forma
smagliante, anche per sgridare suo figlio che aveva decisamente preso
troppe
cose e, per logica conseguenza materna, se ne sarebbe dovute portare a
casa
ancora di più. Naruto gli lanciò
un’occhiata e un sorriso, al quale Sasuke
rispose roteando gli occhi rassegnato, per poi restituirgli una sorta
di
sorriso vagamente divertito.
Il
resto, fu una piena immersione in stile Uzumaki: caotica, frizzante e
soprattutto piena di gente che aveva il vizio di abbracciare, sorridere
e
scherzare anche quando non richiesto. E il fatto che in linea teorica
Sasuke
non richiedeva mai alcuna di queste tre cose non li
giustificava
comunque per la loro molesta socialità.
Ciononostante,
in fondo gli fece piacere vedere prima di tutto Naruto davvero felice,
di una
felicità quasi contagiosa che però non lo fermava
dal rispondere come sempre
alle provocazioni, anzi, forse con spirito ancora più
galvanizzato. In seconda
battuta fu bello vedere l’affetto che univa Naruto ai suoi
genitori, i quali
nonostante il temperamento focoso e un po’ irascibile di
Kushina riuscivano ad
equilibrarsi splendidamente, dimostrando che a volte prendersi poco sul
serio
aiutava a lasciar correre determinati atteggiamenti e a vivere
più sereni.
Dopo
ore di grigliata in cui si era mangiato ogni grammo di carne
disponibile –
compreso il sughetto, gli intingoli con il rosmarino, le salse e
qualsivoglia
accompagnamento possibile – e snobbato come si doveva una
buona parte delle
verdure grigliate, fu il momento di dare i regali alla festeggiata.
Sasuke
assistette in silenzio, ringraziando che almeno in quella circostanza
nessuno
si sarebbe rivolto a lui.
Questo
almeno fino a che Naruto presentò il loro regalo, senza
rinunciare ovviamente a
coinvolgere il proprio ragazzo che, per contro, avrebbe tanto voluto
fingere di
avere un improvviso conato di vomito – ma anche
così Sasuke dubitava che
sarebbe potuto scappare alla morsa Uzumaki. Forse, rfiletté,
con il passare
degli anni si era semplicemente ammorbidito troppo.
“Ragazzi,
non dovevate, è un regalone” mormorò
Kushina visibilmente commossa, per poi
toccarsi le labbra con una mano, mentre con l’altra reggeva
la presentazione del
viaggio stampata ad arte dall’agenzia.
Naruto
sorrise e minimizzò, per poi ricevere il suo abbraccio e
scorgere lo sguardo di
Sasuke – anche lui catturato nella presa materna della donna
– che valse come
oro per quel misto tipicamente sasukesco tra
disagio impacciato e
sorpresa gratitudine.
Si
sentì insomma perfettamente in pace con se stesso, felice
per quel pomeriggio
che si prospettava di relax nel tentativo di digerire la tonnellata di
cibo
ingerita senza dignità alcuna.
“C’è
un telefono che suona” fece presente all’improvviso
il prozio Ashina dal fondo
del tavolo: sordo quando gli conveniva, ma ci sentiva anche troppo bene
per
tutto il resto.
Calò
il silenzio, con alcuni che cominciavano a constatare: “No,
non è il mio.”
Naruto
iniziò a sudare freddo, lanciando poi a Sasuke
un’occhiata che sperò essere
convincente ma che questi ricambiò schioccando in un
caustico tsk la
lingua, per poi ipotizzare in un sussurro: “Il tuo cellulare
aziendale,
Naruto?”
Questi
borbottò piccato qualcosa e alla fine si arrese, andando di
corsa verso il
tavolino vicino alla griglia, dove effettivamente il suddetto cellulare
aziendale stava squillando, sepolto tra bicchieri di plastica, resti di
pane,
un contenitore vuoto di ketchup e qualche spiedino sparso. Lo
recuperò pulendo
alla buona qualche macchia d’unto, per poi rispondere sotto
gli occhi di tutti,
parenti e fidanzato dallo sguardo penetrante compreso:
“Sì,
pronto?”
“Naruto?”
No,
guarda, Pizza Express. Certo che sono io, chi vuoi che sia?
“Proprio
Naruto e tu sei... Shikadai?” cercò di indovinare
dal tono di voce, perché
ovviamente si trattava dell’ennesimo nuovo numero frutto,
come avrebbe detto
Madara, dell’altrettanto nuova offerta telefonica a cui gli
studenti
squattrinati aderivano per pagare meno.
“Già,
scusa il disturbo, so che è Pasqua, ma sai, credo ci sia
stato un problema
nell’applicazione pratica del principio della termodinamica e
– Naruto sentì un
urlo in sottofondo seguito dallo sbattere di qualcosa – ecco,
insomma, avremmo
abbastanza un’urgenza.”
“Principio
della...” mormorò l’altro,
allontanandosi per evitare di essere passato ai
raggi x dagli astanti incuriositi, per poi replicare spazientito con
tono più
forte: “Insomma, parla come mangi: che sta
succedendo?”
“Ok,
ok: in pratica è esplosa una tubatura del gas e... niente,
c’è stato un po’ di
fuoco ma siamo riusciti a spegnerlo. Per il momento.”
Tutto
sommato bisognava riconoscere che, nonostante la giovane età
e il rischio di
finire ridotto a carbonella umana, quel tipo era piuttosto tranquillo.
Naruto
invece sentiva le viscere scivolargli fin sotto i piedi, costine
comprese:
“Per
il momento? Che vuol dire per il momento?”
“Vuol
dire che non sono un tecnico del gas e che non so riparare perdite,
oltre al
fatto che questi tubi vecchi fanno schifo. Se magari puoi venire a
controllare...”
“Eh,
certo, perché io invece sono un tecnico qualificato
– sbottò Naruto per poi
roteare gli occhi, maledire se stesso, il giorno in cui aveva iniziato
a
lavorare per uno stronzo tirchio come Madara e anche la scelta di
portarsi
dietro il cellulare – spero vi rendiate conto che oggi
è Pasqua, che è stato un
caso fortuito e anche idiota che io abbia risposto e che... ah,
lasciamo stare.
Solo perché ho un cuore e, insomma, almeno io ho interesse
della vostra sorte.
Arrivo, cercate nel frattempo di, beh, di non esplodere.”
“Ok,
grazie bello!” replicò l’altro.
Grazie
bello sto ca...
“Naruto?”
Questi
si voltò e vide Sasuke che lo fissava, con le mani nella
tasca dei jeans e lo
sguardo di chi aveva già capito perfettamente la situazione.
“Io...
sono un idiota. Avevo detto che non mi sarei mai portato dietro il
telefono,
invece l’ho fatto e, sai, mi sentivo in colpa per quei
ragazzi, non pensavo che
sarebbe successo qualcosa, ma invece ovviamente doveva accadere. Mi
spiace,
cerco di sbrigarmi in fretta e se vuoi andare a casa sappi
che...”
“Ehi,
ehi. Stop. Fermati – lo bloccò Sasuke mettendogli
una mano sul petto – primo:
sì, sei un coglione e anche recidivo.”
“Beh,
Sasuke, ok che me lo meritavo ma...”
“Secondo,
sei anche buono e giusto. Forse
troppo per questo mondo, considerato persino quanto sei testardo.
Eppure –
ammise roteando gli occhi, per poi tornare a guardarlo con una sorta di
mezzo
sorriso – è anche per questo che sto con te. Sei
come sei, pure nella scelta
assurda di esserti portato lo stesso dietro quell’affare:
perché pensavi di
fare la cosa giusta.”
Gli
dette una pacca sulla spalla, dunque iniziò ad allontanarsi.
Basito, Naruto lo
guardò qualche istante, infine lo rincorse domandandogli:
“Sasuke? Stai bene?
Che... wow, davvero pensi tutto questo di me?”
“No,
guarda, per finta” lo prese in giro l’altro
continuando a camminare, estraendo
dalla tasca un paio di occhiali da sole, mentre Kushina li osservava
divertita
e gli altri parenti avevano ripreso a chiacchierare.
“Ma
dove stai andando?” gli domandò alla fine Naruto,
portandosi confuso una mano
dietro alla testa.
Fu
allora che il suo compagno si fermò e gli disse, sollevando
gli occhiali per
mostrare lo sguardo: “Non è ovvio? Dai: saluta i
tuoi, prendi quello che devi
del resto del cibo con cui ci nutriremo fino all’Apocalisse e
andiamo. Non
abbiamo degli studenti da salvare?”
Naruto scoppiò a ridere, genuinamente, e annuì,
asciugandosi una
lacrima dagli occhi con la risata che lentamente si smorzò:
“Va bene, va bene.
Sai... – ammise infine, diretto di natura –
è anche per questo che invece io
sto con te, Sasuke: perché nonostante il tuo caratteraccio
mi capisci e mi
incoraggi; con i tuoi personalissimi modi, è vero, ma... di
te amo tanto anche
quelli.”
Sasuke
deviò lo sguardo rimettendosi gli occhiali, schivo come
sempre di fronte ai
sentimenti anche se non riuscì a non sorridere. E,
perché no, a non sentire un
certo brivido d’avventura: con Naruto e la sua
imprevedibilità anche a lavoro,
la propria vita era diventata di conseguenza altrettanto imprevedibile
così; ne
era fiero, oltre che felice.
Dopo
i saluti di rito con parenti e genitori, seguirono le scuse di Naruto e
le
successive pacche sulla spalla sia da Minato che da Kushina, la quale
oltre a
raccomandarsi di fare attenzione gli disse che anche lei e il suo uomo
al loro
posto avrebbero fatto la stessa cosa. Solo allora i due intrepidi
avventurieri
salirono sul destriero a due ruote, con tanto di bisacce riempite di
razioni
per i giorni a venire e il cellulare dell’emergenza
pasquale in tasca.
Nonostante
tutto, Naruto era comunque certo che dopo il sopralluogo avrebbe
semplicemente
constatato la situazione disperata, chiamato il tecnico di fiducia
–
convincendolo che dopo quell’intervento Madara si sarebbe
finalmente deciso a
pagargli il resto delle fatture arretrate – e infine
tranquillizato la prole
studentesca già certa di saltare in aria.
Fortunatamente
le cose andarono proprio in quel preciso ordine e gli studenti non
esplosero,
per amor di completezza. Non si aspettò però il
caffè fuoriprogramma offerto a
lui e Sasuke dagli inquilini della palazzina accanto, sempre vittime
della
locazione di Madara, preso nel loro appartamento dove si erano
ritrovati con i
ragazzi artefici della fuga di gas, ospitati in attesa che il tecnico
arrivasse.
Entrambi
ingraziarono, ammirando la generosità spontanea e lo spirito
di condivisione di
quei giovani umani, gesti che anche da adulto con un lavoro e una casa
– anzi,
a maggior ragione in situazioni simili – lasciavano Naruto
più carico di
ottimismo, nonché felice di aver scelto di non fregarsene
del tutto di loro.
Nel
mezzo di quei pensieri, però, non mancò
ugualmente di contemplare Sasuke.
Già,
Sasuke che, vicino a lui, sorseggiava il caffè in silenzio
– Uzumaki ipotizzò
avesse esaurito del tutto i punti socialità; quando questi
ricambiò lo sguardo
con quel suo sorriso accennato, ma così tipico del suo modo
unico di dimostrare
amore, Naruto sorrise a sua volta provando un leggero tuffo al cuore.
Era fiero
una volta di più delle proprie scelte, tra le quali vivere
la vita con Sasuke
accettando gli alti e bassi di una relazione, perché sapeva
quanto fosse
speciale l’uomo che a sua volta lo aveva scelto.
Seduto
al tavolo un po’ usurato inspirò allora
l’odore del caffè, circondato da
giovani con i rispettivi sogni e sacrifici, mentre nell’aria
il profumo del
pranzo lentamente svaniva e il sole iniziava a tramontare, coi raggi
pigri che sembravano
quasi scivolare via dalla finestra. Sì, poteva dirsi... pienamente
felice.
Sproloqui
di una zucca
Sì,
sono una persona orribile perché non scrivo nel fandom da
eoni e dovrei come
sempre completare un sacco di altre cose. Ma anche questa volta il
gruppo
Naruto Fanfiction ha avuto la meglio su di me e mi ha riportato
all’ovile; il
che non so se sia per voi un bene o un male, ma
tant’è: spero abbiate gradito
non solo una storia ambientata nel fandom di Naruto ma anche con la
coppia di
cui per prima ho scritto, ovvero il SasuNaru (o NaruSasu, che dir si
voglia, ai
miei tempi *sputa con la dentiera* questa seconda opzione non era
nemmeno
lontanamente contemplata).
So
infine che il personaggio di Madara difficilmente sarebbe
così tirchio, però è
un po’ plasmato sulla figura della mia capa che... beh, ha un
modo tutto suo di
intendere il concetto di investimento, oltre a possedere per davvero un
sacco
di immobili. E io sono di conseguenza Naruto, suo sottoposto che deve
barcamenarsi tra studenti sul piede di guerra –
ahimé, effettivamente vivono in
appartamenti senza alcuna manutenzione da parte della mia capa
– e appunto la
mia datrice di lavoro che vuole fare valere le sue ragioni sempre e
comunque. In
ogni caso, nessuno studente è stato maltrattato durante la
stesura di questa
storia XD
Che
dire, in conclusione non mi stancherò mai del tutto di
scrivere di Sasuke e
Naruto, anche se si tratta di sciocchezzine come questa. Spero che
abbiate
gradito e che vi abbia strappato un sorriso, se anche
d’affetto mi rendereste
persino più felice.
Grazie
ad Alex per il prompt: Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi <3
Grazie
a chiunque abbia letto e per ogni eventuale commento a riguardo,
sentitevi pure
liberi di tirarmi addosso le braciole mai scongelate della grigliata
precedente!