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Autore: unsensoaquestonome    25/04/2020    0 recensioni
Grace Barlow ha diciannove anni quando si arruola come infermiera dell'esercito per amore della patria e per, diciamocelo, scappare dalla sua famiglia. Quella che le si prospetta è una vita di servizio semplice e tranquilla, ed è esattamente quello che Grace si aspetta: non ha mai sognato in grande, ma tra i suoi piani ci sono un bel marito e la possibilità di invecchiare insieme a lui. Ma la vita non le ha mai chiesto cosa voleva. Siamo negli anni '40: la guerra in Europa si espande e, presto o tardi, questa piomberà sulla vita di Grace, mettendola davanti ad una realtà più grande di lei, davanti alla morte, alla vita, alla famiglia, all'amore.
Genere: Drammatico, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1

Guardo il paesaggio che mi scorre davanti dal finestrino: che simpatica metafora! E' come se vedessi tutta la mia vita, come se la stessi vivendo una seconda volta. Mi viene quasi da ridere pensando al fatto che ho solo diciannove anni: quale vita? mi chiedo. Sono cresciuta nella stessa casa in cui i miei genitori si sono sposati ed hanno avuto i miei fratelli: non ho mai viaggiato, mai visto una città diversa dalla mia New Orleans. Ma adesso, da questo finestrino un po' polveroso, rivedo le dolci campagne del Missouri, il luogo in cui sono nata. Rivedo la fattoria dei miei nonni, i genitori di mia madre, che si staglia tra i campi di grano giallo, le lunghe file di ulivi e i vari alberi da frutto. Da piccola adoravo quando mia madre mi raccontava la storia di come sono nata e a pensarci mi scappa un sorriso spontaneo. Mi sforzo di ricordare la sua voce e le esatte parole che usava, ma non ci riesco, eppure non c'è stato un giorno in cui non me l'abbia raccontata. Sono sicura che in quel giorno non sia successo niente di speciale, ma, non so come, mia madre è stata capace di creare un alone di magia intorno alla mia storia. Incominciava sempre con la solita solfa: "Era una sera buia e tempestosa..." e lo era davvero! La pioggia finalmente aveva deciso di inondare la campagna dopo un'estate di siccità, ed era giunta con tanta furia. Era un giorno di inizio ottobre, il dieci per precisare, cosa a cui mio nonno faceva tanta attenzione, dato che il cattivo tempo aveva interrotto la sua raccolta delle olive e il vento violento rischiava di farle cadere sulla terra fangosa, mandando in fumo mesi di lavoro e attesa. Il tutto fu molto veloce: la levatrice mi teneva tra le braccia dopo solo mezz'ora dal suo arrivo. In un attimo in tutta la casa calò il silenzio: la pioggia era cessata, mia madre, dopo i suoi sforzi, mi cullava tra le braccia stringendomi teneramente, persino i miei nonni avevano smesso di agitarsi in solotto. La pace era calata su tutta la campagna: non una singola persona fiatava e la tempesta? Dove era finita? "In quel momento ho capito che tu, bambina mia, eri speciale. La quiete dopo la tempesta", è così che mia madre finiva la sua storia. Da piccola la adoravo: mi sentivo destinata a qualcosa, come se avessi un dono. Adesso però non riesco a coglierne il senso: d'altra parte non c'è un senso, è solo una storia molto forzata che mia madre usava per farmi sentire una bambina particolare. Un altro sorriso mi sfugge dalle labbra che reprimo non appena vedo un giovane ragazzo sedersi davanti a me: mi rendo conto che potrei sembrare una pazza che sorride da sola. Questo pensiero non fa altro che strapparmi una piccola risata, ma mi nascondo girando il viso al finestrino. Da qui riesco a vedere il riflesso del giovane che si è messo a leggere un giornale: il titolo in prima pagina scritto in grassetto non mi sfugge e riesco perfettamente a leggerlo "Continua la guerra in Europa". Con la mente ritorno improvvisamente al presente e alla realtà.
"Mi scusi, posso?" chiedo indicando il giornale non appena il ragazzo lo posa sul tavolino che ci divide.
Mi guarda attentamente e con un sorriso cordiale me lo porge. "Dopo Tokyo, vengono ufficialmente annullati anche i Giochi Olimpici di Helsinki, in Finlandia... La guerra non si ferma e continua a travolgere l'Europa... Il contingente britannico combatte sopra i cieli di Londra nel tentativo disperato di difendere il paese dal Reich di Hitler. E qual è il ruolo degli Stati Uniti d'America in tutto questo? Quando il nostro paese prenderà una posizione decisiva in questa guerra?". Le parole scorrono veloci mentre leggo la prima pagina del giornale: è surreale, ma non credo di rendirmi veramente conto della situazione. E' una realtà così lontana da me ma così reale che certe volte mi chiedo se tutto questo verrà mai a piombarci addosso. Ne ho abbastanza.
"Grazie" dico rivolta all'uomo davanti a me, appoggiando il giornale sul tavolino.
"Che situazione surreale, eh?" mi dice notando il mio sguardo pieno di apprensione.
"Speriamo di non vivere mai quello che stanno provando dall'altra parte del mondo" rispondo con una vena di preoccupazione.
"Già... mi perdoni, non mi sono presentato: mi chiamo Finn" dice porgendomi la mano. Rispondo con un sorriso accettando la sua stretta di mano.
"Grace, piacere di conoscerla".
"Posso chiederle dove è diretta Grace?" 
"Certo, scendo alla prossima: Washington. Lei?" rispondo gentilmente. Mi chiedo dove voglia arrivare. Non che sia una di quelle ragazze totalmente diffidente, ma preferisco tenere le distanze dai giovani sconosciuti. Oh, mia madre sarebbe così fiera.
"Anch'io. Mi scusi se sono troppo sfacciato, ma spero di poterla incontrare in giro" bingo! Lo sapevo. Mi dispiace caro, ma ci vuole molto di più per attirare la mia attenzione: sono pur sempre una signorina rispettabile. Mi viene quasi da ridere al suo tentativo disperato di fare colpo. 
"E' una città così grande. Crede davvero che possa esserci una possibilità di incontrarci?" dico quasi ridendo.
"Beh, perchè no? Se è destino, forse..." risponde con un sorriso sfacciato stampato in viso. Ragazzo, sto per infangere i tuoi deboli tentativi.
"Signor Finn, lei è così sfrontato... non sono in viaggio per piacere, devo lavorare" dico severa, cercando di reprimere il sorriso divertito che mi spunta tra le labbra.
"Oh anch'io... più o meno" dice grattandosi la testa. Ora sembra quasi impacciato. E' così divertente questa situazione.
"Quel più o meno significa che sfrutterà quest'opportunità anche per altri... motivi?" chiedo, con un finto tono sconvolto.
"Ora è lei quella sfacciata signorina Grace. Cosa intende dire?" ribatte.
"Non faccio nessuna supposizione" rispondo quasi timidamente. Non sembrerebbe ma non sono abituata a questo tipo di attenzioni, tantomeno sono abituata a questo tipo di risposte. Da dove arriva tutta questa fiducia? Non lo so, ma è divertente ogni tanto lasciarsi andare. Nel frattempo il treno ha cominciato la sua frenata, fino ad arrestarsi del tutto. Finn si affaccia verso il finestrino e guarda la banchina avvicinarsi.
"Arrivederla, Grace" dice alzandosi frettolosamente e voltandosi per andare verso la porta. Mi affretto anch'io prima che il treno riparta. Che curioso incontro. Una volta arrivata alla banchina, faccio di tutto pur di non far divagare lo sguardo alla ricerca dell'affascinante uomo che ho appena conosciuto. Odio ammetterlo, ma alla fine cedo e mi lancio qualche sguardo intorno. Sembra essere scomparso, all'improvviso, così come è apparso. 

***

Scesa dal taxi cammino fino ad arrivare davanti ad un grande edificio bianco. Suono al campanello e, dopo aver sentito qualcuno scendere le scale velocemente, una faccia sorridente spunta davanti ai miei occhi.
"Grace, finalmente! Ti stavamo aspettando" la mia amica mi abbraccia mentre mi porta all'interno della casa, chiedendomi come è andato il viaggio.
"Ragazze, è arrivata Grace!" altre ragazze mi vengono incontro e mi stritolano tra le loro braccia. Sono le mie compagne, le mie amiche. Le ho conosciute tutte qualche mese fa, quando ho iniziato a lavorare a Chicago come infermiera. Lontana dalla mia casa e dalla mia famiglia, sono state un supporto per me, e ne sono profondamente grata.
"Piccola Grace, ancora non capisco perchè non hai fatto il viaggio con noi" mi chiede Barbara, con un finto ed esilarante sguardo da bambina.
"Ho deciso di passare qualche giorno a New Orleans con la mia famiglia, prima di venire qui"
"Oh, e dimmi, come stanno i tuoi fratelli?" mi chiede con un sorriso malizioso. Questa è la solita Barbara, senza peli sulla lingua. Non che mi dispiaccia, anzi, è una mia amica, è fatta così, le piace scherzare. Da una parte la colpa è anche mia: le ho raccontato molto dei miei fratelli e ogni volta che fa una delle sue battute, io le do corda. E' così divertente.
"David e Nathan vi salutano tutte ragazze" dico facendo finta di non aver sentito e trattenendo una risata.
"Avanti Grace, permettimi il lusso di fantasticare. E' troppo tempo che non ho a che fare con un bel maschione" una risata generale si alzò nella stanza. Come sarebbe noiosa questa casa senza la nostra Barbara!
"Allora penso proprio che domani i tuoi sogni si avvereranno, mia cara" le risponde Evelyn. 
"Ragazze mie che ci posso fare, se il governo vuole che assistiamo centinaia di uomini in mutande, io sono pronta ad adempiere al mio dovere" afferma solennemente Barbara. 
"Ed è per questo che dobbiamo andare a letto. Un sonno di bellezza per essere pronte a visitare tutti quegli uomini!" dice Elizabeth, la più grande del gruppo. Oserei dire la più seria anche, ma altrettanto simpatica. Ed ha ragione, così ci avviamo tutte verso la camerata che dividiamo con altre infermiere e ci mettiamo a letto. Domani abbiamo un importante appuntamento: più di cento persone, tra noi infermiere e altro personale medico, sono state chiamate a visitare e ad accertare le condizioni mediche degli uomini dell'esercito. E' per momenti come questo che mi sono arruolata come infermiera militare: per essere d'aiuto al mio paese, per contare qualcosa. La guerra non è ancora giunta a noi, ma sapere che posso contribuire alla sicurezza del mio paese mi rende fiera ed orgogliosa. Wow, che pensieri da persona grande e matura. Certe volte mi stupisco di me stessa. Ora basta, è ora di riposare Grace. Penso, mentre tutta la stanchezza dovuta al viaggio mi piomba addosso e mi fa addormentare in un batter d'occhio.
   
 
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