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Autore: heartbreakerz    26/04/2020    2 recensioni
[ Germania & Prussia, death!fic ]
Dal testo: Gilbert non muore. Gilbert appassisce.
Lentamente, come una quercia lasciata a essiccare, costretta a nutrirsi delle povere sostanze che restano nelle radici marce. Ma quel poco nutrimento non basta, e il suo corpo si indebolisce.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Germania/Ludwig, Prussia/Gilbert Beilschmidt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Storia scritta per la settimana 4 del COW-T 9 con prompt “Dimenticarsi di qualcosa/qualcuno”.
ATTENZIONE: questa storia contiene la morte di un personaggio.


Vergiß mich nicht, Bruder

 

Gilbert non muore. Gilbert appassisce.

Lentamente, come una quercia lasciata a essiccare, costretta a nutrirsi delle povere sostanze che restano nelle radici marce. Ma quel poco nutrimento non basta, e il suo corpo si indebolisce.

 

La prima volta che se ne accorge è per puro caso. Un attimo di distrazione in cucina, un coltello che penetra a fondo nel suo braccio. Ne sfugge una goccia di sangue, piena come ambra, e ad essa ne segue un’altra, un’altra, e un’altra ancora, finché il suo braccio non è cosparso da lacrime rosse e amare.

Quella sera, la pelle del suo braccio è lacerata e scorticata, cade a pezzi in più punti, come una corteccia disidratata. E proprio come una corteccia mostra lo strato che vi riposa sotto, una distesa di carne arrossata, di sangue grumoso come resina.

Persino con le bende la ferita continua a sgorgare. Ancora. E ancora. È fortunato, pensa Gilbert, perché almeno non è umano. Altrimenti sarebbe già morto.

 

La seconda volta è già troppo tardi. Gilbert sta scrivendo, trascrivendo le memorie di un’altra semplice giornata. Colazione con West. Passeggiata coi cani. Incontro diplomatico con Francis, incontro terrificante e meno diplomatico con Ivan. Poi cena, con Feliciano. Come si scrive “Feliciano”? F-E-L-I-C—

La sua mano si impiglia sulla C, gli esce troppo tonda, simile ad un’altra lettera. Quale lettera? Non la ricorda, sembra un cerchio. Come si pronuncia? Il suono nella sua testa è il vago richiamo di un uccello notturno, l’ululare tra rami secchi e appassiti.

Gilbert ritorna sui suoi passi. Rilegge il paragrafo precedente. E poi quello precedente ancora. Sfoglia tutto il suo diario, una, due, tre volte, e alla fine lo sbatte a terra.

Si alza dalla sedia e se ne va, abbandonando lo studio in disordine. La sedia a terra, vicino al diario, la penna scappucciata, l’inchiostro colante. Si lascia dietro una macchia sul tavolo, una cicatrice di infamia.

Quella sera, Gilbert si addormenta contando i numeri.

Li ricorda ancora. Per ora.

 

La terza volta è anche l’ultima. Mentre Ludwig è via di casa, Gilbert sente un rapido bisogno sorgere dentro di lui. Indossa la sua divisa, quella blu dei tempi d’oro, e si guarda allo specchio. Sorride. Ha il vago ricordo di alcuni complimenti, della mano calda di Fritz sulla sua spalla.

Poi, si chiede: chi è Fritz?

Qualcosa si spezza dentro di lui. Gli lascia pochi attimi, e Gilbert corre, inciampa, apre il diario, scarabocchia quattro parole. Non è sicuro di averle scritte bene. Non è sicuro di essere riuscito a scrivere. La sua mente non sa più leggere; il suo braccio è freddo, ancora sanguina.

Ed è così che Gilbert muore: appassendo. In ginocchio davanti alla sua scrivania, da solo, senza forze. Si lascia dietro solo una divisa militare blu, tinta di ceneri putride e odore di muffa.

 

*

 

Ludwig ritorna tardi, in una casa fredda e silenziosa, accalorata solo da un camino acceso – da chi? – e dall’abbaiare inquieto dei suoi cani. Quando Ludwig si piega per accarezzarli, loro gli mordono la mano e gli fanno cenno di seguirli.

Viene trascinato lontano, lontano dal salotto, lontano dalle camera da letto, in una stanza abbandonata, che nessuno, se non le donne delle pulizie, tocca da secoli. Eppure, al suo interno, è disordinata: c’è una divisa a terra, una divisa sporca di polvere e sangue.

Ludwig rabbrividisce.

È il caso di andarsene, si dice; lasciare il tutto intatto e chiamare le autorità competenti. Eppure, qualcosa dentro di lui lo spinge a fare un passo avanti, due passi avanti, fino ad arrivare alla scrivania.

Lì vi è un quaderno rilegato, aperto su una pagina bianca, unta solo dal graffio di una stilografica. Le parole sono illeggibili – un insieme di lettere confuse, disegnate l’una sull’altra. Ludwig riconosce solo una scharfes S, un paio di H, una R finale. E mentre pensa di aver risolto l’enigma, esso stesso scompare – svanisce sotto i suoi occhi, lasciandosi dietro una pagina bianca, bagnata da lacrime che Ludwig non sapeva di poter piangere.


   
 
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