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Autore: Parselmouth    27/04/2020    2 recensioni
E ogni volta gli faceva la stessa domanda.
“Di che colore è la tua giornata oggi?”
E George non rispondeva mai.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Angelina Johnson, George Weasley | Coppie: Angelina/George
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Il tuo colore



Di che colore è la tua giornata oggi?”

La prima volta che gli era stata fatta quella domanda non ne aveva capito il senso. In realtà non molto aveva più avuto senso negli ultimi tempi. Tutto gli continuava a passare davanti come se non avesse alcun motivo di essere percepito. Le giornate si erano susseguite come un lento e insopportabile susseguirsi di eventi.

Il negozio era sceso in un lento declino, nonostante gli aiuti che la sua famiglia aveva provato a dargli e il supporto dei suoi fratelli. Ma lui se n’era a malapena accorto, nonostante avesse passato la maggior parte del suo tempo proprio dentro a quel negozio.

Non incontrava nessuno, non vedeva nessuno, non parlava con nessuno, se ne stava nel laboratorio senza riuscire a fare nient’altro. Senza neanche riuscire a inventare niente di nuovo.

Mai.

Non aveva avuto il cuore di toccare nulla, di spostare niente, di lasciare che altri ricordi si sovrapponessero a quelli che teneva così preziosamente custoditi dentro di lui. Il laboratorio, che una volta era stato così pieno di vita e di buono spirito, era ormai un museo immacolato immerso nel silenzio, interrotto solo dal suono del suo respiro.

Era stato in quel periodo, poche settimane dopo il funerale, che aveva ricevuto una visita inaspettata.

Angelina era venuta a trovarlo in negozio, praticamente sfondando la porta del laboratorio. Nessuno era più riuscito ad aprirla da quando si era rinchiuso lì dentro, se fosse perché non riuscivano a guardarlo in quelle condizioni o non riuscissero a abbattere le difese che aveva eretto, non lo sapeva.

Non c’era luce che entrava dalle finestre, le serrande completamente chiuse e bloccate. Non si ricordava neanche da quanto tempo era che non mangiava e l’unica cosa che aveva ingerito in quei giorni era mezzo litro d’acqua che si era portato. O almeno pensava. Aveva la barba incolta, il volto scavato, le occhiaie prominenti, i capelli ormai lunghi e aggrovigliati. Ma riusciva solo ad immaginarlo, visto che non si era più guardato allo specchio. Non dall’ultima volta che l’aveva mandato in mille pezzi alla Tana, la sua casa, che non sentiva più come tale.

Si era guardato, non vedendo altro che una mera imitazione della sua metà mancante. Una versione sciupata e spenta di quello che aveva sempre amato.

Non aveva avuto più bisogno di guardarsi. L’immagine del suo viso era stampata sul retro dei suoi occhi e non ne voleva sapere di andarsene. Il suo viso, così identico a quello che continuava a perseguitarlo. Pensava che se non l’avesse più visto, se ne sarebbe liberato prima o poi.

Invece non era successo.

Angelina non aveva cercato di avvicinarsi. L’aveva guardato per qualche secondo, completamente immobile. Poi si era avvicinata lentamente ad una finestra e aveva agitato la bacchetta per togliere una delle travi che ci aveva inchiodato.

Lo aveva fatto a mano, pensando che quel gesto così violento avrebbe alleviato un po’ della rabbia che aveva sentito. Ma non aveva funzionato, l’unica cosa che gli aveva lasciato era altra rabbia che non sapeva come sfogare, che non poteva sfogare su niente che si trovasse in quella stanza. Sulla stanza che doveva rimanere tale e quale a come la ricordava.

La ragazza però aveva tolto le travi con l’aiuto della bacchetta, senza neanche sfiorarle, e poi aveva spalancato la finestra. Un rivolo di aria fresca gli era arrivato alle narici e la luce lo aveva schiaffeggiato forte tanto quanto avrebbe fatto uno schiaffo vero. Aveva piegato la testa e assottigliato gli occhi, cercando di mantenere quel poco di oscurità che si era guadagnato in quei giorni.

Poi Angelina aveva annullato lo spazio che lo separava da lui e gli si era messa davanti. Ma nella sua posizione non c’era un minimo di aggressività. Gli si era messa davanti con le braccia abbandonate lungo i fianchi e lui aveva continuato a guardare il vuoto, senza darle segno di averla notata. Eppure i suoi occhi avevano sentito il cambio di luce.

L’unico cambiamento che aveva vissuto in quei giorni di reclusione auto forzata.

Non si era aspettato niente e allo stesso tempo si era immaginato di sentire le stesse parole che ogni persona gli aveva ripetuto, da quando… da quando.

Ma Angelina non aveva detto niente del genere. Era rimasta ferma e aveva sussurrato poche parole, che non avevano avuto alcun senso per lui.

Di che colore è la tua giornata oggi?”

Era rimasto imbambolato a guardare il vuoto, senza sapere cosa rispondere, se avesse capito quello che gli stava chiedendo, chiedendosi se il suo cervello riuscisse ancora a intendere e volere.

Per me è verde.”

Angelina aveva continuato, senza curarsi di non aver ricevuto una risposta, e poi aveva ripetuto.

Di che colore è la tua giornata oggi?”

A quel punto George aveva alzato lo sguardo, la bocca ancora semi aperta e gli occhi opachi.

Non aveva risposto quella volta.


 

Era tornata il giorno dopo e quello dopo ancora e tutti i giorni seguenti. Entrava e toglieva le travi alle pareti senza dire una parola. Alla fine George aveva rinunciato a richiuderle. Aveva iniziato a lasciarle così, anche quando la notte era troppo fredda per tenerla aperta, anche quando il vento era forte e la pioggia inzuppava il pavimento.

L’aveva lasciata così, perché il giorno dopo lei l’avrebbe comunque aperta.

L’aveva fatto più per non sprecare energie inutili, si era detto, come quando non rifaceva il letto la mattina, perché tanto la sera stessa avrebbe comunque dovuto disfarlo. Non che facesse molto durante il giorno, ma l’idea di rimettere le travi non lo aveva più sfiorato dopo un po’.

E Angelina tornava ogni giorno, senza perderne uno, sempre in momenti diversi. E ogni volta gli portava qualcosa. Un dolce fatto in casa, un oggetto, un libro, una penna, una pergamena, una zuppa. Ogni volta c’era qualcosa che riusciva a portare, immancabilmente.

E ogni volta gli faceva la stessa domanda.

Di che colore è la tua giornata oggi?”

E George non rispondeva mai.


 

Era stato un giorno come un altro, una visita come un’altra, un oggetto come un altro che Angelina gli aveva portato. Come tutti i giorni.

Eppure quella volta, quando poggiò il piccolo oggetto sul tavolo del laboratorio, George lo guardò con interesse, una scintilla accesa.

La piccola statuina di una iena.

Per qualcun altro avrebbe potuto essere niente, sarebbe potuta passare inosservata. Ma il ricordo di quella forma era bene impressa nella sua mente. Un ricordo sfavillante si era risvegliato in lui, una iena a mezz’aria, eterea, piena di quei ricordi che lui non avrebbe mai più avuto.

Gli occhi gli si erano improvvisamente riempiti di lacrime, lacrime che non avevano voluto saperne di cadere.

Aveva allungato una mano, con lo sguardo di Angelina incollato addosso. Nient’altro. Aveva preso quella piccola statuina tra le mani e l’aveva stretta con tutte le sue forze.

Romano.”

Aveva detto solo quello.

E sapeva che non era un colore e che lei non gli aveva domandato niente ancora, sapeva che non era la risposta giusta a quella domanda che ogni volta gli faceva. Ma lui non era riuscito a vedere nessun colore, solo l’eco di quella battuta, una delle tante che avevano condiviso, e il viso sorridente di Fred.

Angelina lo aveva guardato senza parlare, posando una mano sulla statuina e sulla sua nel più leggero dei tocchi.


 

Di che colore è la tua giornata oggi?”

Quella volta aveva alzato lo sguardo su di lei e per la prima volta aveva risposto con un colore.

Nera.”

E lei aveva riso.


 

Di che colore è la tua giornata oggi?”

Glielo aveva chiesto quando aveva riaperto il negozio. Erano in piedi di fronte all’edificio che tanto tempo prima avevano rimesso a nuovo. Talmente tanto tempo nella sua testa, che sembrava passata una vita. George aveva incrociato il suo sguardo, per poi posarlo sulle pareti esterne, del colore che avevano scelto insieme quella prima volta lontana.

Blu, oggi è blu.”

Quella volta Angelina gli aveva preso una mano in silenzio, seguendo la direzione del suo sguardo.


 

Di che colore è la tua giornata oggi?”

Gli aveva chiesto da dietro il velo.

Bianco.”

Le aveva risposto con un sorriso sulle labbra, che lei aveva ricambiato con calore.

Non aveva visto nient’altro quella volta. Non i parenti, non il passato, non la famiglia, non la guerra, non la disperazione.

Solo il futuro.

Solo lei.


 

Di che colore è la tua giornata oggi?”

Era passato tanto tempo da quel giorno e questa volta ne era passato davvero. Dal giorno in cui aveva perso tutto, in cui tante cose erano cambiate.

Quella volta aveva messo una mano intorno alle spalle di Angelina, fissando la tomba che si stagliava grigia e impersonale davanti ai suoi occhi. L’incisione era l’unico tocco di colore in tutti quel posto.

Solo rosso.”

Il colore dell’incisione, tutto il grigio non era importante.


 

“Di che colore è la tua giornata oggi?”

Fu lui a chiederglielo questa volta, la prima volta che lo fece, con la testa reclinata leggermente di lato e lo sguardo che saettava sulle due teste che avevano di fianco. Fred e Roxanne lo guardarono con aria interrogativa, mente Angelina gli sorrise.

“Oggi è verde.”

“Come la prima volta.”

“Più verde della prima volta.”

E George sorrise, perdendosi nella profondità di quei occhi che gli avevano ridato così tanto. Quegli occhi che conosceva ormai così bene.

Fred si avvicinò, artigliandogli una manica per richiamare la sua attenzione. Alla fine distolse lo sguardo da quello di Angelina, per abbassarlo su suo figlio.

“Che vuol dire?”

George continuò a sorridere, mettendogli una mano sulla testa e reprimendo una risata davanti alla sua faccia offesa da undicenne.

“Vuol dire che è una giornata felice.”

Lo sguardo perplesso del figlio gli fece sfuggire un’altra risata.

Lo abbracciò, prima di lasciarlo salire sul treno, che tanti anni prima aveva preso anche lui, poi strinse a se la piccola Roxanne. Sapeva che col tempo avrebbe capito.

Il suo sguardo vagò sui vagoni, riportandogli alla mente una marea di ricordi. E lasciò che la sua mente vagasse, senza porgli freni.

Non avrebbero potuto sempre esserci giornate verdi nella sua vita, non sempre, ma tra tutti i colori che c’erano era quello che preferiva. I momenti neri sarebbero sempre rimasti, quello lo sapeva, ma non avrebbe più lasciato che oscurassero tutto il resto.

Alla fine la vita era un susseguirsi di colori. Il verde era solo un attimo infinito tra un colore e l’altro.

E lui voleva vivere per quel verde, conservando gelosamente le sue giornate nere.


 


 


 


 

Angolo di Pars:

Solo un flusso.

Solo per dire che anche se in questo momento può sembrare tutto nero, ad aspettarci c’è sempre del verde alla fine.

Sperando che riusciremo a superare questo momento difficile e in tutti i momenti difficili che verranno dopo. C’è sempre speranza, come c’è sempre equilibrio.

Nessuno è mai solo.

Love,
Parselmouth.

   
 
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