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Autore: Adversa    01/05/2020    1 recensioni
AU ambientata nel 2020 in cui i personaggi del mondo di Tolkien vivono una quarantena proprio come la nostra, in un paese non ben definito ma in cui la lotta contro l’oscurità vive ancora.
Tra ricordi, vite spezzate e ricomposte, drammi familiari e storie d’amore messe alla prova… cosa sarà della loro capacità di ritrovare sempre la speranza?
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Carissimi, 

Innanzitutto siate clementi perché non scrivo fanfiction da molto tempo. 

In secondo luogo: lo scrivere in sé in questo momento per me è difficile. Per questa ragione ho scelto di confrontarmi con questo tema così doloroso per tutti tornando a vivere in un mondo a cui sono molto affezionata, quello della Terra-di-Mezzo, un po’ per esorcizzare l’assurdità di questo momento, un po’ (che è la mia speranza segreta) per aiutare altri a farlo. 

Che dire, spero che possiate apprezzare. Il primo capitolo è venuto fuori molto serio, spero più avanti di raccontare anche un po’ di leggerezza. 

Con ciò non è assolutamente mia intenzione romanticizzare quanto sta accadendo. Mi verrebbe di citare (vado a memoria, correggetemi se lo ritenete) Italo Calvino a proposito della leggerezza, quando sostiene che la letteratura fantastica è come lo scudo a specchio di Perseo, consente di sconfiggere la Medusa senza guardarla direttamente negli occhi, sfuggendo al suo sguardo che pietrifica. 

Infine: questo è soltanto un esperimento, penso che continuerò solamente se il primo capitolo verrà apprezzato. Perciò attendo vostri feedback. 

 

Auguro una meravigliosa giornata a tutti voi. 

 

§§§

Aragorn viveva da solo da molto tempo. Giusto un mese prima della quarantena nazionale aveva dovuto lasciare il suo vecchio appartamento e si era trasferito in un’abitazione più modesta. 

Per le prime due settimane, ancora scombussolato dagli ultimi eventi – la lettera minatoria, il licenziamento – si era dedicato al trasloco. La casa era arredata e pronta ma c’erano scatoloni da svuotare, piccole riparazioni, tante pulizie e soprattutto tanto tanto ordine da fare, dopo un trasferimento effettuato in fretta e furia. 

Gli ultimi pacchi se li era fatti spedire da Legolas e Gimli, dato che ormai ogni spostamento da un comune all’altro era proibito. I suoi migliori amici avevano cessato di discutere con lui del trasferimento, dopotutto da quando il virus aveva iniziato a diffondersi c’era ben altro di cui occuparsi. Ma Aragorn sapeva che in circostanze normali una buona tirata d’orecchi non gliel’avrebbe levata nessuno. Gli sembrava quasi di sentire e vedere i borbottii di Gimli e lo sguardo accusatore di Legolas. Sicuramente Aragorn non gli avrebbe impedito di dire la loro. Ma una cosa era certa: non potevano capire. 

L’ultima cosa che mise in ordine furono i suoi libri di studio. Li sollevò, spolverò e allineò con gesti stanchi, ormai senza pazienza. Li guardò a stento mentre li passava in rassegna, e gli ultimi li abbandonò in torri pericolanti sulla scrivania o sul pavimento. Ormai aveva finito, ma ormai non aveva voglia di mettersi a lavorare. Pensieri cupi ingombravano la sua mente. Così si mise a fumare la pipa in balcone. Era il tramonto. 

Certo Brea non era nient’altro che un villaggetto. Nemmeno il panorama era granché, ma la vista dei boschi sulle Montagne Nebbiose – oltre la tangenziale e le ultime strade di periferia – era piacevole. In una serata come quella gli sarebbe venuta voglia di telefonare a Gandalf. Che grandi chiacchierate avevano fatto! Parlavano e fumavano fino a notte fonda, a volte semplicemente si facevano compagnia in silenzio. 

Il pensiero del suo amico di una vita che era scomparso nel nulla lo incupì ancora di più. Era da Gennaio che nessuno ne aveva avuto l’ombra di una notizia. Elrond era quello che più di tutti era dentro quella faccenda, ma la situazione negli ospedali era critica persino a Gran Burrone. Non era tempo di occuparsi di un vecchio balordo scomparso nel nulla. 

Il cielo era ormai color indaco quando il cellulare di Aragorn vibrò nella sua tasca. Lui lo ignorò; ma  dopo pochi minuti il cellulare vibrò ancora. Svogliato, Aragorn diede un’occhiata veloce ai messaggi. Sospirò. Era Arwen. 

Prima di rispondere attese qualche minuto. Osservò le strade sempre più deserte sprofondare nell’ombra, i campi, i boschi in lontananza, il centro commerciale con il parcheggio, il Puledro Impennato e il McDrive con l’insegna illuminata. Pensò al suo lavoro, alla sua carriera finita, alle parole del ministro Saruman che erano finite su tutti i giornali. 

Per il momento si costrinse a non pensarci: Arwen aspettava una sua risposta.

Che cosa vuol dire?, gli aveva scritto, e: non ignorarmi, sai?

Aragorn sorrise allo schermo. 

È il Kalenda Maya le rispose non l’hai riconosciuto? 

Arwen rispose dopo due minuti. 

Certo che l’ho riconosciuto. Poco dopo: è una poesia bellissima. Ma queste cose vorrei sentirle dalla tua voce. 

E poi un altro messaggio, dato che Aragorn non rispondeva: vorrei che me le dicessi, invece di scriverle. 

Lo so, rispose lui in fretta. 

Posso telefonarti?

Certo. 

Aragorn rispose anticipando il primo squillo. 

 «Buonasera, meleth nín.»

 «Buonasera Elessar.» 

Rimasero in silenzio entrambi. Sapevano che stavano sorridendo. 

 «Non lavori, stasera» disse Arwen. 

 «Preferisco parlare con te.» 

Una risata argentina. «Quale onore!»

Ma quando Arwen parlò di nuovo era più seria: «Stai lavorando a qualcosa, vero?» 

Aragorn non trattenne un verso di sconforto. 

 «E a che servirebbe? Nessuno tra Gondor, Arnor e Mordor avrà più bisogno di me.» 

 «Sai benissimo che quelle menzogne sono state dette per rovinarti. Sauron pensa di metterti fuori gioco ma si sbaglia!» disse Arwen con enfasi. 

 «Non ha senso parlarne ora. Sauron è stato colto di sorpresa dall’epidemia tanto quanto noi.» 

 «Non vuol dire che non bisogna reagire» insistette Arwen «quando tutto questo sarà finito li porteremo in tribunale.» 

Aragorn non rispose. 

 «Ci sono novità da tuo padre?» 

 «Le solite. Si impone per far rispettare le norme. I contagi aumentano di giorno in giorno. È molto preoccupato… lo vedo soltanto la sera, ma cerco comunque di mantenere un’atmosfera serena in casa.» 

 «Fai benissimo.» 

 «Non vedo l’ora di rivederti» sussurrò Arwen. 

Quella frase colse Aragorn alla sprovvista e gli lacerò il cuore. 

 «È lo stesso per me.» 

 «Pensa se vivessimo insieme… non sarebbe così dura, no?» 

 «Sai quanto lo vorrei… ma non andrà così, epidemia o no» rispose, malinconico ma perentorio «Ricordi? Tu stai per laurearti e tuo padre pretende che tu ti trasferisca all’estero. Ed io non posso certo biasimarlo. In questo paese non c’è scampo dalla corruzione e dalla criminalità.» 

 «Aragorn…» esclamò Arwen «che succede? Non mi sembri più te stesso. Non è da te essere così senza speranza.» 

 «Cerco solo di guardare in faccia la realtà.» 

 «E io invece voglio farti riflettere. Non sappiamo che società verrà fuori da questa catastrofe. Ma una cosa è certa: la guerra contro Sauron continuerà e continua tuttora.» 

 «Lo so fin troppo bene.» 

 «E allora scrivi.» 

Un ennesimo sospiro. 

 «Che cosa?» 

 «Un articolo.» 

Aragorn si portò la mano libera alla tempia e chinò la fronte. 

 «Arwen… è da tutta la vita che scrivo articoli che nessuno legge.» 

 «Allora lascia pure che tutti i popoli liberi si informino al giornale di Minas Morghul.» 

 «Nessuno mi pubblicherà dopo quello che hanno scritto!» Esplose Aragorn. Si alzò in piedi di scatto e afferrò la ringhiera del balcone, senza fiato e quasi piegato in due per la rabbia e l’indignazione. Non aveva mai davvero tirato fuori tutte quelle emozioni, anche se era passato quasi un mese. 

 «Scusami» disse subito dopo «non so che mi è preso.» 

 «Ce l’hai sempre fatta finora, Elessar.» 

Aragorn tacque per lunghi istanti. Sentì un’ondata d’amore nei confronti di quella che era e sarebbe sempre stata la donna della sua vita. 

 «Scusami. La tua famiglia ha già troppe preoccupazioni perché tu debba sostenere anche le mie.» 

 «Allora è per questo che non mi scrivi?» 

Il rimprovero era esplicito nelle parole di Arwen. Aragorn si prese di nuovo del tempo per pensare. 

 «Sì. Sembrerebbe questa la ragione. Ma la verità è che questa sospensione atroce in cui siamo rinchiusi mi fa rendere conto sempre di più di come… questo… io e te… forse… forse tuo padre ha ragione quando dice che non sono adatto a te» concluse, ingarbugliandosi. 

 «Mio padre sa bene che io non voglio nessun altro. E lo sai anche tu.» 

 «Lo so» mormorò Aragorn. La sua voce era di nuovo vibrante di tenerezza e desiderio. 

Arwen rise di nuovo e fu come una cascata di pioggia celeste. 

 «Devo andare ora. Mio padre rientrerà da un momento all’altro. Ti chiamo domani.» 

 «Sì, certo» replicò Aragorn distratto e sognante. 

 «Hai ricevuto? Ti-chiamo-domani. Ci sarai?» 

 «Ogni giorno, se vuoi.»

 «Ogni giorno.» 

 «Quando mi telefoni, sali sulla terrazza e guarda le Montagne Nebbiose.» 

 «Le vedi anche tu?» 

 «Sì.» 

Aragorn strinse gli occhi ma il profilo della catena montuosa non era che un bagliore bianco e rossastro in mezzo a un blu che virava sempre più verso il nero. Da qualche parte, in una valle celata alla sua vista, si ergeva Gran Burrone. La città in cui era cresciuto. 

 «Ti guarderò sempre, Arwen.» 

 «Hai scelto questa casa apposta?» 

 «Può darsi.» 

Si dissero Ti amo in un sussurro, quasi nello stesso momento. Poi si salutarono. 

 

 

   
 
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