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Autore: cut_wing    03/05/2020    1 recensioni
Quando Tyelkormo si svegliò c’era il sole.
E non aveva importanza che fosse un sole corvino, scompigliato e ancora mezzo addormentato; c’era, e tanto bastava.
(...)
Quando Curufinwë crollò vide il sole.
Lo vide attraverso le dita che teneva ben premute sugli occhi, dopo una notte tormentata durante la quale né lui né i suoi fratelli avevano chiuso occhio.
-Ascolta, non c’è niente di cui preoccuparsi. È successo così con ciascuno di voi, ed è sempre andata bene. Pensa ai gemelli!
-Non ti starai augurando che siano gemelli, vero?
(...)
Quando Tyelkormo si ruppe, e le sue schegge ferirono Curufinwë, non ci fu il sole.
-Ti supplico, è stata colpa mia. Non punire lui per qualcosa che…
-Era una sua scelta! Non era tenuto a seguirti, ma a fermarti!
Calò il silenzio, rotto solo dal respiro leggermente accelerato di Telperinquar.
-Zio… perché gli hai lasciato fare una cosa del genere?
-Mi dispiace, Tyelpe…
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Celebrimbor, Celegorm, Curufin
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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IL MIO SOLE
 

Quando Tyelkormo si svegliò c’era il sole.

E non aveva importanza che fosse un sole corvino, scompigliato e ancora mezzo addormentato; c’era, e tanto bastava.

-Buongiorno, dormiglione. – sorrise, dando una cuscinata in testa all’elfo che riposava al suo fianco con una ciocca dei suoi capelli infilata poco elegantemente in bocca.

Curufinwë borbottò qualcosa in risposta, sputacchiando e guardando prima lui e poi i suoi capelli con aria schifata.

-...ma legarteli quando dormi? – furono le uniche parole che riuscì ad afferrare prima che il fratello si riprendesse il cuscino e se lo appiccicasse alla faccia con la chiara intenzione di non alzarsi prima di un’altra oretta.

Curufinwë li aveva sempre legati -preferibilmente in una treccia- anche mentre dormiva, e Tyelkormo proprio non riusciva a capire come facesse a stare comodo con quel groviglio sotto alla schiena.

-Ah sì? E con cosa, visto che la fascia me l’hai rubata tu? – rise, strappandogli il cuscino dal viso e tirando via anche quello che aveva sotto alla testa, per sicurezza.

Curufinwë sospirò pesantemente e alzò gli occhi al cielo.

-Con la tua lingua.

-Credo che la tua sarebbe più lunga.

-Poi però ti mancherebbe sentirmi parlare.

Il minore si sedette sul bordo del materasso, strizzando gli occhi contro la luce abbagliante che filtrava tra i rami dell’albero dinanzi alla finestra della sua camera.

-Che ore sono? – mormorò.

-Ora che ti alzi e che esci da qui. E non per andare alla forgia.

Tyelkormo gli lanciò una tunica e un paio di pantaloni, che afferrò al volo con una smorfia.
Si cambiarono velocemente, e Curufinwë non ebbe nemmeno il tempo di rifarsi la treccia poiché il fratello lo trascinò letteralmente giù per le scale, diretto verso le cucine.

-Cosa hai in mente di fare? – gli chiese, quando il maggiore ebbe riempito un paio di sacche con borracce e pezzi di pane.

-Non è ovvio?

Tyelkormo si volse verso di lui, i capelli scompigliati che assomigliavano più a una criniera che a qualsiasi altra cosa a cui Curufinwë riuscisse a pensare in quel momento.

-Fammi indovinare… caccia?

-Sei sempre stato molto arguto, fratellino.

-E tu molto prevedibile.

Tuttavia al moro occorse tutto il suo autocontrollo per non mostrare la sua sorpresa quando Tyelkormo, armi alla mano e cavalli sellati, ordinò a Huan di rimanere dov’era (cioè sdraiato un cumulo di fieno davanti alle stalle).
 

-Quindi… siamo solo noi due? – si azzardò a chiedere quando, dopo qualche minuto di cavalcata, si girò senza vedere la familiare figura grigia seguirli a distanza. Forse gli tremò un po’ la voce per lo choc, ma sperò di esserselo immaginato.

L’altro gli sorrise come a scusarsi.

-Mamma ha bisogno di stare tranquilla; i gemelli in questo periodo non la lasciano riposare più di cinque ore di fila, e sappiamo benissimo che le uniche persone che potrebbero dare fastidio oltre a loro due siamo noi.

-Tu, vorrai dire.

-Ah, certo, non sia mai che il cocco di papà faccia qualcosa di sbagliato.

Curufinwë storse un po’ le labbra a quelle parole, ma non replicò.

-In ogni caso, tu hai bisogno di rilassarti un po’. – continuò Tyelkormo, stringendo appena le redini.

Sapeva quanto quella preferenza del padre si facesse pesare sul fratello minore, e come lui ci stesse male ogni volta che qualcuno gliela rinfacciava. Tuttavia, Tyelkormo era troppo orgoglioso per chiedere scusa.

-Alla forgia mi rilasso benissimo.

-Certo, come no… quando qualcosa non ti riesce bene ti sento da camera mia, da quanto sei rilassato.

Curufinwë non si preoccupò di chiedergli cosa intendesse con quelle parole; loro due avevano sempre avuto un legame particolare, e le emozioni di uno si ripercuotevano in qualche modo anche sull’altro.

Per lo stesso motivo non si era per niente stupito quando il fratello gli aveva chiesto di dormire con lui. Da quando erano nati i gemelli, appena pochi giorni prima, le stanze dei genitori erano diventate un luogo “auspicabilmente evitabile”, come diceva Makalaurë, se non si voleva rimanere per un po’ senza il senso dell’udito, e le stanze di Tyelkormo erano le più vicine alle loro.

“Come hai fatto quando sono nati tutti gli altri?” gli aveva chiesto, ma le uniche risposte che aveva avuto erano state una linguaccia e un “per fortuna tu non strillavi, ma poi hai imparato a parlare…”.

-Almeno hai avvisato gli altri?

Tyelkormo non rispose, ma sorrise e spronò la sua cavalcatura al trotto.

Curufinwë sospirò, abbastanza forte da farsi sentire dal fratello, e lo raggiunse con un piccolo broncio sul viso e un enorme sorriso nel cuore.
 

 
Quando Curufinwë crollò vide il sole.

Lo vide attraverso le dita che teneva ben premute sugli occhi, dopo una notte tormentata durante la quale né lui né i suoi fratelli avevano chiuso occhio.

-Curvo. – lo chiamò, accucciandosi davanti a lui e afferrandogli delicatamente i polsi.

-Ascolta, non c’è niente di cui preoccuparsi. È successo così con ciascuno di voi, ed è sempre andata bene. Pensa ai gemelli!

-Non ti starai augurando che siano gemelli, vero?

Tyelkormo rise, e un po’ della tensione scivolò via con il suono della sua risata.
-Credo che se gli Ambarussa fossero qui avrebbero qualcosa da ridire a riguardo.

In realtà erano solo loro due, in quel corridoio di fronte alla stanza dove la moglie di Curufinwë stava dando alla luce il suo primo figlio.

Gli altri erano rimasti con lui a turno, per poi allontanarsi quando la notte aveva cominciato a farsi più tarda; se non fosse stato così non si sarebbe permesso nemmeno di abbassare la testa. Ma con Tyelkormo… con lui era tutto diverso.

-Ti sei deciso sul nome?

Curufinwë fece un piccolo sbuffo.

-Non chiamerò mai mio figlio Huan.

-E se fosse una femmina?

-Non credo che lo sia.

-Ma se lo fosse?

Lo fulminò con lo sguardo e Tyelkormo sospirò.

-Non puoi scegliere come saranno i tuoi figli, Curvo. Puoi pianificare il nome, il ruolo, la data delle nozze, ma l’unica cosa che puoi fare è accettare ciò che ti capita. E, per quanto tu possa odiare questa cosa, non riuscirai comunque a gestirli per sempre.

Aveva ragione: Curufinwë odiava non avere ogni singola cosa sotto controllo.
Con il tempo aveva imparato a controllare le sue emozioni, la sua espressione, a godersi ciò che sentiva dovesse piacergli ed evitare ciò che trovava inopportuno, ma controllare gli altri era tutta un’altra storia.

-Forse... Come ha fatto papà con noi? Io non ricordo nulla…

Tyelkormo lesse la domanda implicita in quelle parole e gli strinse una spalla.

-Sarai un buon padre. Forse anche migliore di papà.

Sorrise intenerito all’espressione incredula del minore.

Curufinwë aveva sempre cercato di imitarlo, di dimostrarsene degno.
Superarlo? Non ci aveva mai nemmeno pensato. Eppure Tyelkormo era sicuro che lo avrebbe fatto.

 
In quel momento udirono la porta aprirsi, e Curufinwë scattò subito in piedi.

-Potete entrare. – li invitò una guaritrice, e Tyelkormo vide il fratello precipitarsi nella stanza con il sorriso sulle labbra.

Lo vide avvicinarsi quasi con naturalezza alla moglie, ma bloccarsi improvvisamente quando diede il primo sguardo alla creatura che lei teneva sul petto.

E Tyelkormo riuscì a vederla, la sua maschera che si spezzava, e lo vide aprire la bocca e spalancare gli occhi, come se di fronte a lui non ci fosse un neonato avvolto in una coperta, ma un Valar.

“Sarà difficile riprendere il controllo” pensò, allontanandosi e lasciandolo da solo a godersi quel piccolo miracolo.

Nel profondo, però, aveva paura che da quel momento in poi il suo sole non avrebbe più brillato per lui.
 

 
 
Quando Tyelkormo si ruppe, e le sue schegge ferirono Curufinwë, non ci fu il sole.

-Ti supplico, è stata colpa mia. Non punire lui per qualcosa che…

-Era una sua scelta! Non era tenuto a seguirti, ma a fermarti!

Calò il silenzio, rotto solo dal respiro leggermente accelerato di Telperinquar.

-Zio… perché gli hai lasciato fare una cosa del genere?

-Mi dispiace, Tyelpe…

Tyelkormo trattenne l’impulso di piantarsi un pugnale nel petto; avrebbe fatto meno male.

-Mi avete deluso. Tutti e due.

Telperinquar fece un respiro più profondo, cercando di trattenere le lacrime e fallendo miseramente.

Lui non aveva la maschera di Curufinwë, e per un attimo Tyelkormo se ne rammaricò. Se l’avesse avuta sarebbe stato molto più semplice.

-Non voglio più avere niente a che fare con voi.

Il biondo scosse la testa, facendo un passo nella sua direzione e fermandosi di botto quando si rese conto che Telperinquar stava facendo di tutto per allontanarsi da lui.

-Non puoi fargli questo!

-E lui? Quando ha mai pensato a me? Eh?
Gridò e pianse, e Tyelkormo sentì gli ultimi pezzi del suo cuore tramutarsi in polvere nel suo petto.

-Ha pensato a me prima di seguirti? Prima di darti retta?

-Ma…

-Vattene. Ora.

Gli diede le spalle, portandosi le mani tremanti al petto.

-…ti prego…

Tyelkormo si avviò verso l’uscita della stanza, fermandosi quel tanto che bastava per sussurrare “eri tu il suo sole” e scivolare fuori, diretto alle stanze di suo fratello.

 
Lo trovò ad un passo dalla sottile linea che separava la stanza dal balcone, intento a guardare fuori. Pioveva.

-Lui ha detto che… non verrà.

Curufinwë non si girò.

-Ho provato a farlo riflettere, ma non ha voluto sentire ragioni.

Ancora nessuna risposta.
Gli si avvicinò e gli poggiò una mano sulla spalla.

-Curvo…

-Non chiamarmi così.

La sua voce lo fece sobbalzare, e ancora di più ciò che quelle parole significavano.

-Non avrei dovuto farlo. Ed è stata colpa tua.

Prese un cofanetto contenente alcune delle sue creazioni e afferrò una manciata di oggetti.

-Ho perso tutto! – gridò, gettandoli oltre la balaustra, e Tyelkormo li guardò con orrore mentre cadevano uno ad uno, come una pioggia di metallo.

-Mia moglie! Nostro padre! I nostri fratelli! E ora mio figlio…

Ad ogni parola, una nuova manciata di ninnoli veniva lanciata a terra.
Alla fine lo scrigno rimase vuoto.
Curufinwë glielo mostrò, mettendoglielo in mano con un movimento brusco e tornando a dargli le spalle per non fargli vedere le lacrime che avevano cominciato a rigargli le guance.

-Guardalo: io sono come lui. Per colpa tua.

Tyelkormo accarezzò il cofanetto, appoggiandolo sul letto con timore reverenziale, e aspettò.
Aspettò finché Curufinwë non si fu ripreso e fu riuscito a eliminare ogni traccia di pianto e dolore dal suo viso, guardandolo finalmente negli occhi con un sussurrato “mi sei rimasto solo tu”.

“Solo tu.”

Solo mio fratello.
Solo il mio traditore.
Solo il mio migliore amico.
Solo la persona che odio di più dopo me stesso.
Solo la parte mancante di me.
Non disse nessuna di quelle cose, ma Tyelkormo le percepì lo stesso.
 
“Solo il mio sole, tornato a brillare sotto alle nuvole solo per me.”



ANGOLINO DELL'AUTRICE

Buongiorno a tutti! Spero stiate bene e in salute!
Riguardo a questa storia, ho voluto mettere in luce le varie sfumature del rapporto fra Tyelko e Curvo in momenti diversi delle loro vite
.
Lo so che il "sole" non veniva chiamato così, e magari il "cuore di fuoco" non esisteva nemmeno durante la prima parte di questa storia, ma ho cominciato a scrivere questa One-shot ascoltando "Sun" di Sleeping At Last, e quindi...
Ho anche cambiato la dimensione del testo e aggiunto più spazi per renderlo più piacevole da leggere, fatemi sapere se ci sono riuscita!

Grazie mille a tutti coloro che stanno leggendo, e a chi vorrà recensire o commentare!!!

P.S. Questa è dedicata ad alcune persone che sono veramente importanti per me: mia cugina, che è sempre stata il mio punto di riferimento e sempre lo sarà; la mia migliore amica, che mi conosce da più anni di chiunque altro, che mi ha spronata a scrivere e che è come una sorella per me; tre mie amiche molto speciali, che conosco solo da otto mesi e che si sono riservate un posticino speciale nel mio cuore.

Grazie ancora a tutti e buona giornata!!!

 
   
 
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