Anime & Manga > Detective Conan
Segui la storia  |       
Autore: Me91    10/08/2009    3 recensioni
Shinichi è tornato; si ripresenta nel suo vero aspetto, come se nulla fosse. Di ciò che è accaduto, da quando ha incontrato gli uomini in nero per la prima volta, non ricorda niente. Unico suo ricordo, tra tutto quel vuoto, sembra proprio essere Ai, che pare sia in pericolo. Heiji, deciso a fargli tornare la memoria, si allea quindi a lui per ritrovare la scienziata scomparsa. Man mano che Shinichi ricomincia a ricordare, emergono fatti agghiaccianti accaduti in quei giorni... Ai va ritrovata al più presto!
Un misto di azione e mistero, con una punta di romanticismo... Come reagirà Ran di fronte a un Shinichi che nemmeno ricorda di averla abbandonata tutti quei mesi?
[...] ... Heiji domandò:
«Il nome Conan Edogawa ti dice nulla?»
Altro silenzio.
Poi Shinichi parlò:
«Non so chi sia.»
Genere: Romantico, Azione, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Morti e feriti

“Accidenti, sono tremendamente preoccupato...”
Erano ore, ormai, che il professor Agasa girava intorno nella stanza, con mille pensieri in testa.
“Che fine hanno fatto quei due?” si chiese per l’ennesima volta, lanciando uno sguardo ad una sveglia digitale.
Le 22 e 30.
«Cavolo, Shinichi, almeno potevi telefonare per dirmi come va!» si arrabbiò, parecchio in ansia.
In quel momento lo squillo del telefono lo fece sobbalzare.
«Saranno Heiji e Shinichi!» sperò, correndo ad afferrare la cornetta ed attivare la comunicazione.
«Si può sapere dove diavolo siete?!» esclamò, agitato «E che cos’è successo? Allora?»
«Ehm... Professore? Sono io, Ran.» annunciò la voce dall’altro capo del telefono.
Agasa sobbalzò, sbrigandosi a dire in imbarazzo:
«Oh, cielo! Ran, scusami! Pensavo fosse qualcun altro...»
«Sì, sì... l’ho notato.» ridacchiò un attimo la ragazza, poi tornò a chiedere:
«Ho chiamato per sapere di Conan... Come sta? Me lo puoi passare?»
«Come? Conan?» il professore iniziò a sudare freddo «Perché... perché vuoi parlare con lui?»
«Ormai è una settimana che è lì con te, professore, e non ho mai avuto modo di sentire come sta oppure farmi raccontare come sta passando questi giorni... si sta divertendo? Sei sicuro che non sia un peso, professore?»
«Ma sì, Ran, te l’ho detto!» rise Agasa, a disagio «E’ un vero angioletto! E ora... ora sta dormendo, purtroppo, per questo non posso passartelo... Sai com’è... i bambini...» rimase sul vago, non sapendo che altro dire.
«Capisco... Beh, allora vorrà dire che passerò domani a trovarlo.»
«No!» esclamò Agasa, allarmato.
Ran rimase ammutolita, spaventata dagli strani modi dell’altro.
E il professore si sbrigò subito a rimediare, dicendo la prima cosa che gli venne in mente:
«No... sai, domani non c’è! Shinichi gli ha promesso di portarlo a fare un giro al parco! Eh, eh... Sono grandi amici!»
«Ah... Shinichi.» fece Ran con uno strano tono.
Agasa si diede un colpo sulla fronte, maledicendosi per la propria stupidità. Perché aveva fatto il nome di Shinichi? Non era mai un buon argomento da trattare con quella ragazza...
«Shinichi è passato da te?» chiese Ran inaspettatamente, con un tono piatto.
Il professore si riscosse e rispose con cautela:
«Beh... sì... Pochi minuti, per salutare...»
«Ah.» si limitò a dire la ragazza.
«Non temere, Ran, sono certo che domani ti farà una visitina...» disse il professore, cercando di salvare la situazione.
“Già, sempre che sia ancora vivo...” gli venne da pensare istintivamente.
«Sinceramente non m’interessa.» la risposta della ragazza lo fece stupire.
«Ran... Avete litigato, per caso?» chiese Agasa «Cos’è accaduto tra voi due? Eravate ottimi amici.»
«Il fatto è, professore, che Shinichi... Shinichi non è bravo a stringere buone relazioni con le altre persone.» iniziò a dire Ran, con un tono stranamente calmo e neutro «E’ troppo egoista. Credo non abbia capito che la base fondamentale di ogni amicizia è la fiducia reciproca. Ma non ce l’ho con lui; credo semplicemente che non sia in grado di capire. Lui vive solamente nel suo mondo fatto di romanzi gialli e omicidi; non penso abbia tempo per imparare veramente a vivere un vita reale. E’ rimasto bambino, ecco. Perciò non si preoccupi, professore... io...» fece una pausa, poi riprese con lo stesso tono distaccato «A me non interessa.»
Ad Agasa venne da sospirare.
“Poverina...” pensò “E povero Shinichi, che non sa che casino ha involontariamente causato. Eh... Ran... se tu davvero sapessi cosa prova lui per te...”
«Scusami  per il disturbo, professore.» disse Ran «Magari richiamo domani all’ora di pranzo.»
«Oh... sì, sì... D’accordo.» rispose Agasa, sperando di trovare una soluzione per domani.
Ran riagganciò.
Il professore sospirò sonoramente e si lasciò cadere seduto sul divano.
«Ma guarda te...» commentò, accendendo intanto il televisore su un canale a caso.
Apparvero delle immagini di un edificio in fiamme sul molo.
«... Ancora ignote, quindi, le dinamiche dell’incidente. Secondo alcune voci, si pensa possa essere opera di terroristi, ma questa ipotesi non è stata ancora confermata.» stava dicendo un inviato a bordo di un elicottero che stava rumorosamente sorvolando la zona.
«Ehi, aspetta un po’!» fece Agasa, alzando il volume con preoccupazione «Ma è successo al porto! E’ lì che sono andati Shinichi e Heiji!»
Si portò le mani tra i capelli, osservando ancora l’immagini del grande magazzino lambito dalle fiamme, mentre il giornalista proseguiva:
«Forse sono gli stessi responsabili dell’esplosione che meno di un’ora fa ha fatto saltare in aria un’imbarcazione al largo delle nostre coste. Ancora nessun ferito o vittima accertata.»
«Oh mio Dio! Ragazzi!» esclamò il professore, balzando in piedi «Non ditemi che siete morti!» 

Ran sospirò, posando il telefono e avviandosi in camera sua, passando accanto al padre che russava, completamente ubriaco, seduto scompostamente sul divano.
La ragazza, giunta in camera, si mise supina sul letto, fissando pensierosa il soffitto.
Sospirò di nuovo, con un’aria malinconica. Poi però scosse forte il capo, tornando impassibile e affermando ad alta voce:
«Non m’interessa più. Shinichi non m’interessa più.»
Rimase in silenzio a guardare in su, poi si mise di fianco, portando una mano sotto il cuscino e giocherellando con una ciocca di capelli con l’altra.
Fissando il vuoto, le venne da chiedersi:
«Chissà dov’è adesso... Magari è tornato a casa sua...»
Storse un po’ le labbra, infastidita.
«O magari ora si sta divertendo con gli amici.» sbottò. 

La polizia era a circa cinque minuti dal magazzino esploso. Il suono delle sirene si faceva sempre più vicino.
Il fumo riempiva l’aria, togliendo il respiro. Come un manto, ricopriva gran parte del molo e si alzava fino il cielo nero.
Tossendo, Shinichi riuscì faticosamente a spostare alcuni pezzi di legno e qualche pesce puzzolente da sopra di sé, per poi mettersi seduto. Si portò una mano alla bocca, tossendo ancora per via del fumo che aveva inalato. Era ricoperto di cenere nera e aveva qualche graffio sul viso; anche i vestiti si erano rovinati. Scosse un po’ la testa per riprendere lucidità; della cenere cadde a terra dai suoi capelli arruffati. Si voltò poi indietro, cercando con lo sguardo l’amico.
«Heiji?» poi tossì di nuovo «Heiji? Stai bene?»
Non riusciva a vedere un granché a causa della fuliggine e del calore del fuoco a pochi metri che gli facevano lacrimare gli occhi.
Poi sentì dei colpi di tosse e infine anche Heiji riuscì a riemergere tra i frammenti di quelle casse di pesce.
«Caspita che puzza...» commentò il giovane di Osaka, poi tossì per la mancanza di aria fresca.
«Allontaniamoci.» decise Shinichi, riuscendo a mettersi in piedi. Offrì poi una mano all’amico, che si alzò con più fatica.
«Non sto molto bene...» confessò Heiji, portandosi una mano sulla schiena e contraendo il viso in una smorfia di dolore «Ho male un po’ ovunque.»
«Coraggio, ti porto io.» si offrì l’amico, cingendolo con un braccio.
Heiji, sorreggendosi a Shinichi, si allontanò con lui da quell’inferno.
Passarono lungo il molo, finché non raggiunsero un punto riparato dove riprendere bene fiato.
La polizia giunse in quel momento, con i vigili del fuoco che iniziarono il loro lavoro, mentre i poliziotti si davano da fare con la perquisizione.
Shinichi lanciò uno sguardo a Heiji, appoggiato ad un muro di spalle con il respiro un po’ pesante, poi si lasciò scappare un piccolo sorriso, dicendo:
«Ti dona quell’acconciatura.» alludendo ai capelli in disordine dell’amico.
Heiji lo guardò storto, commentando:
«Senti chi parla.»
Shinichi tornò serio e si diede un’occhiata intorno.
«Non dovremmo farci trovare dalla polizia... Ci sarebbero troppe cose da spiegare e... Finiremo solamente nei guai, ecco.» ragionò il detective, portandosi una mano al mento. Poi aggiunse, incupendosi:
«Inoltre devo trovare Ai... Forse siamo ancora in tempo.»
«Non siamo nella condizione di fare niente.» gli fece notare Heiji «Non sappiamo nemmeno dove sia andata quella bionda...» si interruppe, guardando davanti a sé.
Anche Shinichi si voltò a guardare.
A parecchi metri di distanza, Stella stava facendo sciogliere ad Ai gli ormeggi di un rapido motoscafo, tenendola sotto tiro che la sua arma.
«Intende scappare per via mare prima che la polizia blocchi tutta la zona!» capì Shinichi, muovendosi d’istinto in quella direzione.
Heiji lo fermò, esclamando:
«Aspetta! Cosa vuoi fare?»
L’altro si voltò verso di lui, con un’aria decisa.
«Heiji... prendi.» si mise una mano in tasca e gli tirò un oggetto.
L’amico lo prese al volo, confuso. Era un cellulare e sembrava funzionasse ancora.
«E’ un regalo del dottor Agasa...» spiegò Shinichi «Resistente all’acqua e praticamente indistruttibile.»
«Cosa vuoi che ci faccia? Avverto la polizia?» chiese Heiji, capendoci sempre meno.
Shinichi lo guardò con un’espressione cupa, dicendo:
«Chiama Agasa. Chiedigli di venirti a prendere in fondo al molo... Dirigiti lì, intanto; la polizia è troppo occupata a controllare i dintorni del magazzino per accerchiare del tutto il porto. Da laggiù potrai andartene indisturbato.»
«Frena, frena!» fece Heiji, stupito «E tu che diamine vorresti fare?»
L’amico abbassò lievemente lo sguardo.
«Questa è davvero la mia ultima occasione.» mormorò «Vado da Ai.»
«Shinichi, è una follia!» esclamò Heiji, allarmato, ma l’altro, ignorandolo, partì di corsa verso Stella e la scienziata «Aspetta!»
Heiji provò a seguirlo, ma non riusciva a correre, tremendamente indolenzito.
«Maledizione!» ringhiò a denti stretti, camminando più velocemente possibile.

«Ora sali.» ordinò Stella, indicando con un gesto il motoscafo.
Ai, che non aveva smesso un momento di piangere, obbedì lentamente, non riuscendo nemmeno a reagire da quant’era sconvolta.
Stella la seguì, impassibile.
«Qui.» la bionda afferrò la scienziata per una spalla e la fece sedere su un sedile, poi entrò nella piccola cabina per azionare il motore.
In quel momento, arrivò Shinichi. Il ragazzo si nascose, chinandosi basso, e si preparò a salire.
Ai alzò gli occhi in quella direzione e lo vide; involontariamente le uscì un singulto di felicità.
«Shini...» si interruppe subito, portandosi una mano alla bocca.
Il detective le fece segno di non parlare, mentre saliva sul motoscafo.
«Insomma, Sherry, piantala.» sospirò Stella, infastidita, inserendo le chiavi.
Shinichi si avvicinò furtivamente, ma andò a sbattere con il piede contro una piccola scatola di legno e quindi si fermò di colpo.
Stella, sentito il rumore e immaginando fosse Ai, si voltò indietro, dicendo:
«Ma che...?» si zittì, visto Shinichi, ed alzò velocemente la pistola contro di lui «Fermo lì!»
Shinichi si immobilizzò.
La bionda corrugò la fronte, alquanto irritata.
«Accidenti, ragazzino... Sei parecchio fastidioso.» commentò, avanzando verso di lui «Si può sapere quanto diavolo è dura la tua pellaccia? Non sei ancora morto?»
«Libera Ai, Stella.» le disse Shinichi, risoluto, mentre la scienziata, ancora seduta, si morse un labbro, preoccupata.
La bionda si lasciò andare ad una breve risata.
«Ah!» fece «Non credo tu sia nella posizione di dettar regole.» si rifece seria, raggiungendolo e afferrandogli un braccio, costringendolo così a voltarsi. Lo spinse quindi giù dal motoscafo e il ragazzo cadde a terra in ginocchio, ferendosi. Stella si posizionò sul bordo dell’imbarcazione, puntandogli contro l’arma, e dichiarò con un’aria gelida:
«Ti ammazzo qui, ora, così sono certa che non rispunterai una nuova volta.»
Shinichi si voltò indietro a guardarla, mentre la bionda si preparava a premere il grilletto; ma non fece in tempo. Ai, dietro di lei, si alzò di scatto e, con un urlo, la spinse giù dall’imbarcazione, facendola finire a terra, di fianco, sul cemento del molo. Shinichi si rialzò subito e le prese la pistola, per poi puntagliela contro.
Stella, lievemente affannata per il dolore della caduta, guardò prima Ai, ancora sopra il motoscafo, poi girò lo sguardo impassibile verso Shinichi ad un metro da lei con l’arma in mano.
«Beh? Che aspetti?» gli chiese la bionda freddamente «Perché non mi ammazzi? Hai paura?»
Shinichi tirò un po’ le labbra, esitante, mirando ancora contro la donna.
«Shinichi...» mormorò Ai, guardandolo.
Lui abbassò lentamente la pistola, rilassando i tratti del volto.
«Hai paura davvero, allora.» commentò Stella, dura.
«Già.» rispose Shinichi, gettando con calma la pistola in mare «Ho paura di diventare come te.»
Stella storse le labbra, torva, poi chiese bruscamente:
«Quindi cosa vuoi fare ora? Chiamare la polizia che sta setacciando questo porto? Mi fai arrestare? Con quale accusa? Non hai prove contro di me... Sono appena saltate in aria.» sorrise furbamente.
Shinichi si corrucciò, pensando a qualcosa da dire, quando notò i fari di una macchina farsi vicini.
Ai allora sussultò, dicendo allarmata:
«Shinichi! Shinichi... nascondiamoci!»
Lui alzò gli occhi verso la scienziata, non capendo.
«Cosa?» chiese, confuso, mentre anche Stella voltava il capo per vedere chi si stesse avvicinando. Non sembrava una macchina della polizia...
Ai, ora veramente spaventata, corse dentro la cabina per nascondersi. Shinichi, preoccupato, le andò dietro.
«Ehi, Ai, aspetta!»
Una volta che l’ebbe raggiunta nella cabina, lei si sbrigò subito a chiudere la porta e a tirarlo giù, facendolo accucciare di fianco a lei. Stava tremando.
«Che cos’hai?» le domandò.
«Ssst!» Ai prese a tremare ancor di più «Ho... ho una brutta sensazione...» sussurrò «Dobbiamo... dobbiamo rimanere nascosti...»
Shinichi, sorpreso, alzò un po’ la testa per poter sbirciare dal finestrino della cabina.
«Attento!» bisbigliò Ai.
«Do solo un’occhiata...» la rassicurò lui, osservando con attenzione la macchina grigia metallizzata che si era appena fermata a qualche metro dal loro motoscafo.
Stella, ancora seduta a terra, si alzò lentamente, fissando con un’aria scura l’automobile.
Dall’auto, infine, scesero due uomini.
Shinichi si sentì raggelare.
«Gin e Vodka...» mormorò il ragazzo, e i battiti del suo cuore presero ad accelerare.
«Lo immaginavo...» Ai si portò le mani sui capelli, terrorizzata quanto Shinichi.  
Stella era rimasta immobile, con un’aria impassibile. Anche Gin e Vodka non si erano mossi, rimanendo vicino la macchina.
«Guarda un po’ chi si rivede...» commentò la bionda, glaciale.
«Come ti va, Stella?» esordì Gin, tranquillamente «E’ un bel pezzo che non ci vediamo...»
Lei rimase in silenzio qualche istante, poi domandò con calma:
«Come avete fatto a trovarmi?»
«E’ da un po’ che siamo sulle tue tracce.» rispose Vodka.
«E quando abbiamo sentito di questa strana esplosione...» continuò Gin «Non so... E’ stata come un’intuizione. Qualcosa mi diceva che dietro di tutto c’eri tu e così siamo venuti a controllare. Direi che ho buon fiuto per queste cose.»
«Già. Ottimo.» disse la bionda, neutra.
Dopo una breve pausa, Gin le domandò con noncuranza:
«Sai per cosa siamo venuti qui?»
Lei non mutò affatto la sua espressione, quando rispose con calma:
«Naturalmente. Non sono stupida.»
«Bene. Sarà tutto più semplice, allora.» affermò Gin. Dopo di che estrasse la pistola e sparò.
Stella fu colpita in pieno petto e, con un gemito soffocato di dolore, cadde all’indietro, finendo così in mare. Il suo corpo senza vita prese ad affondare nell’acqua scura.
Shinichi deglutì a fatica la gran quantità di saliva che aveva in bocca.
“Dannazione...” pensò, spaventato.
Poi Gin e Vodka si girarono in direzione del motoscafo.
Shinichi si sbrigò ad abbassarsi, tremando un po’, e Ai gli afferrò forte un braccio, terrorizzata a morte.
«Andiamo a vedere.» decise Gin, avanzando verso l’imbarcazione.
Vodka gli andò dietro.
Quando salirono sul motoscafo, Shinichi si sentì letteralmente il cuore in gola.
“Andate via, andate via, andate via...” si ripeté più volte, chiudendo con forza gli occhi e sudando freddo quanto Ai.
Gin allungò la mano verso la maniglia della cabina, pronto ad aprire la porta.
Si udirono delle voci sempre più vicine e un elicottero sorvolò la zona proprio in quell’attimo, illuminando i dintorni, poi si voltò, pronto a tornare indietro e fare luce su tutte le barche ormeggiate.
«Accidenti... la polizia.» sbottò Vodka, alzando gli occhi al cielo.
Gin abbassò la mano, allontanandola dalla maniglia, e alzò gli occhi a sua volta.
«Andiamocene, prima che ci scoprano.» disse con calma.
Vodka annuì e si allontanò. Gin osservò per un ultimo istante la porta chiusa della cabina, poi se ne andò a sua volta.
Senza correre, la macchina attraversò il molo e si allontanò nel buio, indisturbata.
Shinichi poté tornare finalmente a respirare.
«Credo proprio di essere morta dalla paura...» confessò Ai, riprendendosi.
Shinichi allora si voltò a guardarla, sorridendole dolcemente.
Anche la ragazza alzò gli occhi su di lui, sorridendo a sua volta.
«Grazie di tutto.» disse Ai, con le lacrime agli occhi per la felicità.
«Non ti avrei mai abbandonata... Te l’avevo promesso.» annuì Shinichi.
Lei sorrise ancor di più e lo abbracciò con affetto.
«Shinichi...» mormorò dopo un po’, fissando il vuoto e continuando ad abbracciarlo.
«Sì?» lui voltò appena gli occhi verso di lei, senza muoversi.
«... Ricordi tutto?» chiese Ai.
Shinichi girò lo sguardo, puntandolo al pavimento. Sapeva bene a cosa stava alludendo.
«Sì.» rispose.
Lei non disse nulla per un po’, poi sussurrò con un’aria pensierosa:
«Ti prego... Non pensarci più. So bene quanto tieni a Ran e non voglio certo sostituirmi a lei.»
Il cuore del detective prese a battere più forte al pensiero di Ran.
«Ai, io...» provò a dire, ma lei si staccò dall’abbraccio per guardarlo in faccia con un’espressione serena.
«Va tutto bene. Davvero.» lo rassicurò.
Lui non seppe che dire.
A quel punto, sentirono una macchina fermarsi lì vicino. Per un attimo si allarmarono, temendo che fossero tornati Gin e Vodka, ma poi udirono delle voci famigliari.
«Shinichi! Ai! Dove siete?»
«Ehi, Shinichi, rispondi, insomma!»
Shinichi si alzò in piedi, rallegrato.
«Ma questi sono il dottor Agasa e Heiji!» capì.
Con Ai uscì fuori dalla cabina. Il dottore e Heiji li stavano chiamando sul molo.
«Siamo qui!» annunciò Ai, salutando con una mano per farsi vedere.
Fu il dottore a scorgerla per prima.
«Heiji, guarda! Eccoli!» indicò Agasa, felice.
Heiji si voltò verso i due che si stavano avvicinando e tirò quindi istintivamente un sospiro di sollievo.
«Ehilà, Heiji!» esclamò Shinichi, appena giunto «Quindi hai chiamato il professore! Bene, così potremo andarcene insieme.»
Appena l’amico gli fu abbastanza vicino, Heiji si mosse in avanti con uno scatto fulmineo, nonostante i muscoli doloranti e lividi, e afferrò Shinichi per la maglia, per poi rivolgergli uno sguardo accigliato.
«Tu sei pazzo, Shinichi!» inveii il giovane di Osaka «Credevo proprio non saremo mai riusciti a raggiungerti in tempo! Quando ho visto che non riuscivo a correre ho capito che non ti avrei mai raggiunto... per questo ho chiamato il professore. Ma credimi; ho davvero pensato che tu fossi morto.»
«Suvvia, non mi è capitato nulla.» lo calmò Shinichi, staccandogli la presa.
«Dov’è quella donna?» chiese Heiji, preoccupato.
Shinichi divenne serio e per Ai fu lo stesso. Fu proprio lei a rispondere:
«E’ morta.»
«Oddio, Shinichi, l’hai ammazzata tu?» domandò subito Agasa, allarmato «O magari tu, Ai?»
«E come, soprattutto?» aggiunse Heiji, senza parole.
«Non siamo stati noi.» li rassicurò il detective, poi disse subito:
«Vi spiegheremo tutto; non preoccupativi. Ma non qui; andiamocene.»
Agasa annuì, salendo in macchina e mettendo in moto.
Ai salì subito dopo e Shinichi aiutò Heiji ad entrare nell’abitacolo, prima di sedersi a sua volta.
Infine, il dottor Agasa si allontanò in fretta, proprio mentre i poliziotti finivano di setacciare anche quella parte di molo e l’elicottero passava per l’ultima volta lì sopra. 

«Dunque è così che è andata...» sospirò il dottor Agasa, tra il preoccupato e il sollevato, dopo aver ascoltato l’intera storia.
«Infatti.» annuì Shinichi, appena finito di lavarsi e cambiarsi, strofinandosi i capelli bagnati con un asciugamano e sedendosi intanto sul divano.
Accanto a lui si trovavano già Heiji e Ai; entrambi avevano fatto la doccia e avevano anche loro i capelli ancora umidi. Ai stava medicando i graffi del giovane di Osaka, fasciando le ferite più brutte e spalmando pomate sui lividi.
«Ahi!» esclamò Heiji, appena la scienziata posò la mano sull’ematoma sulla sua schiena.
«Tranquillizzati, Heiji, ora ti massaggio delicatamente la zona per spandere la pomata...» gli disse dolcemente la ragazza, iniziando il massaggio.
«Così va meglio...» si rilassò lui, provando un po’ di sollievo dal dolore.
«Ai, dovresti mangiare qualcosa! Sei diventata così magra...» notò Agasa.
«Dopo, professore. Ora finisco di medicare Heiji, poi tocca a Shinichi.» Ai sorrise in direzione di quest’ultimo, che arrossì.
«Ma io sto bene...» sdrammatizzò, anche se in realtà qualche livido faceva male anche a lui.
Agasa sorrise e aggiunse:
«Certo che sei molto bella, Ai, nel tuo vero aspetto di donna...»
Ora fu il turno della ragazza di arrossire.
«Gr... Grazie.» balbettò, in imbarazzo.
«Quanto dureranno ancora gli effetti del tuo farmaco?» chiese a quel punto Heiji.
Anche Shinichi si fece attento.
«Beh... probabilmente ancora solo per poche ore.» sospirò lei «Ormai è parecchio che siamo così.»
«E a te non è mai capitato di tornare piccola anche solo per un attimo?» le domandò Shinichi.
Ai scosse il capo.
«No, mai effettivamente.»
Shinichi andò ad appoggiare la schiena contro lo schienale del divano. Sospirò.
«Spero solo che duri abbastanza...»
Gli altri lo guardarono con un’aria incuriosita e Heiji lo interrogò:
«“Abbastanza” per cosa?»
L’amico lanciò istintivamente un fugace sguardo in direzione di Ai, poi tornò a fissare il pavimento, confessando:
«Vorrei solo... incontrare Ran.»
Heiji non disse nulla, capendo. Anche Ai non parlò, continuando a massaggiare la pomata sugli ematomi del giovane. In fondo, sapeva bene di non poter essere all’altezza di quella ragazza. Se da una parte questo le faceva rabbia e tristezza, dall’altra era così dispiaciuta per Shinichi che amava Ran davvero tanto.
“E’ un amore così vero, contro il quale io non potrò mai competere.” si rese conto.
Agasa sospirò un attimo, poi iniziò a dire con un tono dispiaciuto:
«Shinichi... vedi... Prima ha telefonato Ran.»
Lui alzò immediatamente gli occhi verso il professore, che continuò:
«E... beh... Mi è sembrata molto triste, in realtà, quando mi parlava di te.»
«Le ha parlato... di me?» mormorò Shinichi, incupendosi un po’ «Che cosa ha detto?»
«Beh... Lei...» Agasa cercò le parole giuste «Lei sente molto la tua mancanza. Nonostante il tono freddo e distaccato che mostrava, sono certo che stia soffrendo enormemente.»
Il ragazzo storse un po’ le labbra.
«E’ colpa mia.» Shinichi abbassò lo sguardo «E’ perché non ricordavo niente e quindi mi comportavo come se nulla fosse. Come se in realtà non l’avessi abbandonata... Sono stato uno stupido; ogni volta che ci sentivamo per telefono le promettevo che, appena sarei “ partito per tornare in città”, lei sarebbe stata la prima a saperlo. E invece è rimasta delusa, perché così non è stato.»
«Ma non è stata colpa tua in fondo, no?» gli fece notare Heiji.
«Io...» fece l’altro, stringendo un po’ i pugni.
«Vedrai che si sistemerà tutto.» lo rassicurò Ai con un’aria tranquilla.
Shinichi alzò sorpreso lo sguardo per guardarla.
«Ti basterà parlarle.» gli spiegò lei «E chiarirti. Vedrai che andrà bene.»
«Ma non posso certo dirle la verità.» disse Shinichi, un po’ scuro in volto, pensando anche al bacio che gli aveva dato la scienziata - un segreto tra loro due, di cui né Heiji né Agasa sapevano nulla -.
Anche lei sembrò pensare alla stessa cosa. Mutò appena l’espressione del viso, ma questa rimase comunque dolce quando disse:
«Non c’è bisogno di raccontarle tutto. Sarebbe troppo rischioso. Ricorda che tu lo fai per lei.» fece una pausa, poi riprese con naturalezza:
«Esprimile piuttosto i tuoi sentimenti. Sono sicura che ti perdonerà, se sarai sincero.»
Lui rimase a guardarla in silenzio ancora un poco, poi annuì appena con il capo, decidendo:

«E va bene. Farò così.»

Continua...

Scusate il ritardo nel postare il capitolo, ma oggi la linea di Internet qui da me va e viene, quindi è praticamente un miracolo se sono riuscita a pubblicare! ^^'

Mi spiace, ma oggi sono impegnatissima, tra i lavori di casa e qualche imprevisto, perciò devo andare subito, quindi non riesco a rispondere alle recensioni, per sta volta... Lo farò nel prossimo capitolo, come sempre, non temete! -_^ Scusatemi ancora! ^^''

Mercoledì 12 sarò fuori tutto il giorno, quindi il prossimo capitolo sarà postato Venerdì 14. Spero non vi dispiaccia! ^^''' In oltre il prossimo sarà l'ultimo: l'epilogo! T_T Me è disperata... questa storia è durata poco! ç_ç

In ogni modo ringrazio tutti coloro che hanno recensito (**) e chi ha letto solamente lo scorso capitolo.

Un bacione, a Venerdì 14! ^^

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Detective Conan / Vai alla pagina dell'autore: Me91