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Autore: Red Raven    10/08/2009    2 recensioni
Tristan sentì gli sguardi acuti dei suoi compagni su di sé, ma non se ne curò: voleva pensare prima di dare il suo giudizio.
Soprattutto quando riteneva di non essere nella posizione di poter giudicare.

Scritta per il contest "The trial of Lancelot" di Mia90.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Artù, Lancillotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Hard Decision



King Arthur's knights, they filled the Table Round,
save for one who stood before them:
for once without a weapon,
for once he stood in shame.
The trial's charge was treason
and betrayal of an oath,
and should his guilt be proven.
Death would fall on traitors both!
The knights would counsel Arthur's hard decision

And Lancelot, his head held high, said:
"I'm tried for love of Guinevere.
My crime was love."


Due petali rosa si posarono davanti a lui.
Colpa del vento che aveva invaso Camelot: un vento caldo, secco e soffocante. Un vento di pessimi presagi.
Lui non credeva ai presagi: tuttavia quei due petali messi lì, sopra il tavolo, gli davano da pensare.
Forse troppo, per quella temperatura.
“ Sir Tristan?”
L’interpellato riportò la sua attenzione alla scena di fronte a lui: l’imputato stava al centro della sala, la testa alta, la schiena dritta e le mani legate. E gli occhi bassi.
“ Sir Tristan, tocca a voi” stava dicendo l’uomo seduto di fronte a lui.
Tristan lo guardò: Sir Kay pareva quasi contento, dietro alla maschera di circostanza, che Lancelot si trovasse in quella situazione. Il giovane trovò la cosa, per quanto comprensibile, molto triste. Di certo indegna di un cavaliere di Camelot.
Volse lo sguardo verso l’imputato: la sua accusa era di alto tradimento e adulterio. Aveva amato Guinevere –aveva amato la regina.
A parte questo, Tristan non aveva sentito una parola di quelle dette dagli uomini seduti alla Tavola Rotonda, ma se qualcuno glielo avesse chiesto sarebbe stato perfettamente in grado di descrivere tutto ciò che era accaduto fino a quel momento.
Arthur si era chiuso in un cupo silenzio da quando erano entrati nella Sala.
Galahad non aveva ancora dato il suo giudizio, ma conoscendolo non sarebbe stato positivo.
Gawain…Gawain era il solito compassionevole sempre pronto a concedere la sua fiducia al genere umano- persino quando non la meritava. Soprattutto quando non la meritava. E questo caso non aveva fatto eccezione.
Kay era stato molto duro con le sue parole: la sua antipatia verso il cavaliere del Lago era risaputa, e forse non aveva avuto torto.
Tristan tornò a guardare Lancelot: sapeva bene cosa diceva il codice dei Cavalieri.
Evitare l’inganno.
E Lancelot li aveva ingannati. Senza ombra di dubbio. Aveva fornicato con la moglie del re. Aveva giurato fedeltà e aveva tradito. Aveva difeso Arthur in innumerevoli occasioni e lo aveva pugnalato nel punto in cui faceva più male. Aveva promesso eterno amore a una fanciulla e aveva donato il suo cuore a un’altra.
Era un traditore.
Tristan guardò il cavaliere –no, l’imputato- negli occhi: si tenevano bassi, sfuggivano all’indagine altrui, vergognosi di un tale comportamento.
Dicevano chiaramente “perdonateci. Non volevamo, siamo stati stupidi e ciechi. Perdonateci, vi preghiamo”
Ma la postura –la postura non era quella giusta. Un imputato avrebbe dovuto avere le spalle basse, il mento sul petto, la schiena incurvata. Lancelot no.
Lui si teneva dritto, la testa alta e le spalle larghe. L’atteggiamento fiero di chi pensava “io non ho fatto nulla di male. Ho agito come ritenevo giusto. Non ho nulla da farmi perdonare. Ho seguito il mio cuore.”
Come un cavaliere.
Tristan sentì gli sguardi acuti dei suoi compagni su di sé, ma non se ne curò: voleva pensare prima di dare il suo giudizio.
Soprattutto quando riteneva di non essere nella posizione di poter giudicare.
Evitare l’inganno.
Se mai avesse desiderato qualcosa, avrebbe desiderato di non trovarsi in questa situazione.
Perché mai, lui, Tristan di Lionesse, cavaliere della Tavola Rotonda, si sarebbe sentito di giudicare qualcuno che aveva compiuto il peccato che lui ormai da anni desiderava e temeva di fare.
Mai avrebbe potuto. Mai.
Tristan non si chiese neppure se quello che aveva fatto Lancelot fosse giusto o sbagliato. Non era più una questione di giustizia –al contrario di quello che i suoi compagni credevano. Era questione di seguire il cuore o la mente, la ragione o la passione. Il dovere o l’amore.
Era una scelta difficile da prendere, e ardua da sostenere.
E da quel giorno in Irlanda lui lo sapeva fin troppo bene.
Per un attimo chiuse gli occhi, rievocando nella sua mente le bionde trecce di Iseult, i suoi occhi puri, il suo sorriso sincero. Inspirò a fondo, respirando l’aroma di caprifoglio che pareva emanare la sua pelle bianca.
Lei era la sua croce. La sua sola ragione di vita. La sua tortura e la sua cura. Ogni istante con lei desiderava che non avesse mai fine, e ogni momento senza di lei era una ferita che solo il suo senso del dovere poteva sperare di curare.
Perché lei era la moglie di suo zio –la moglie di un altro uomo.
Evitare l’inganno.
E fino a quel momento Tristan poteva ben dire di averlo fatto: i suoi momenti con Iseult erano stati connotati dalla più totale innocenza. Mai si era permesso anche solo di sfiorarla, a mala pena si concedeva di pensarla. Ma non poteva impedirsi di amarla.
Evitare l’inganno.
E non aveva ingannato: suo zio non sospettava minimamente dei suoi sentimenti nei confronti di sua moglie. Erano rimasti celati nel suo cuore, nascosti e custoditi come un tesoro prezioso.
Evitare l’inganno.
Evitare l’inganno.
Evitare…

Tristan sollevò lo sguardo verso Lancelot: l’imputato lo stava guardando dritto negli occhi.
Il giovane non si sottrasse al suo esame. Lasciò che l’ex-cavaliere gli sondasse l’animo.

“Voi che pensate,Sir Tristan?”
Il cavaliere osservò la lama con aria perplessa “Non credo che valga il prezzo che ha”.
Lancelot rise “Cosa ve lo fa pensare?”
Tristan lo guardò dubbioso, come se pensasse di essere preso in giro “Non possiede decorazioni di sorta che possano alzarne il prezzo fino a questo punto: è una semplice lama”
“ Vero” disse l’altro cavaliere” ma ciò non significa che il nostro amico mercante stia tirando eccessivamente sul prezzo”.
“ E allora che spiegazione ne date?”
Lancelot sorrise mestamente “Che la lama più pericolosa è quella più semplice, perché non ha niente da nascondere, ma ti arriva dritta al cuore”.


Tristan capì in quel momento di averlo sempre saputo. E di averlo appoggiato. Perché Lancelot aveva avuto il coraggio di scegliere.
E ora ne pagava le conseguenze: privato della spada, del titolo e della dignità, portato in catene come un criminale comune.
Lui, il Primo Cavaliere.
Evitare l’inganno.
Lancelot l’aveva fatto. Perché “evitare l’inganno” non significa solo non ingannare gli altri.
Significa anche non ingannare se stessi. E colei che si ama.
“ Sir Tristan?”
Il cavaliere volse gli occhi verso chi l’aveva chiamato -il suo re.
Arthur aveva in volto un’espressione impassibile e severa. Ma gli occhi- gli occhi di Arthur urlavano tutto il dolore del mondo. Tristan credette di non aver mai visto quegli occhi così limpidi, e capì che anche lui -lui, il re migliore che la Bretagna avesse e avrebbe mai avuto- doveva compiere la stessa scelta.
Fra dovere e amore.
Tristan annuì una volta e si alzò in piedi. Aveva preso la sua decisione.
“Comprendo bene” disse “le contraddizioni del nostro compagno”
Prese un grosso respiro e continuò a parlare:” Io amo Iseult, la moglie di mio zio.”
A queste parole un lieve mormorio si levò dai suoi compagni, ma egli li ignorò e continuò:“ Soffro per lei, e lei sola mi reca gioia. Ella è la mia tentazione, e colei per la quale mantengo la mia purezza. Il mio amore per lei mi confonde, e al contempo è l’unica mia certezza.”
Si volse verso Lancelot:”Io comprendo assai bene la sua situazione: il dover compiere una scelta che in ogni caso non farà che portare sofferenza e dolore.”
Sospirò:” L’imputato ha avuto il coraggio di compiere questa scelta e di accettarne le conseguenze, a differenza di me.”
Guardò verso il suo re:” Per questo motivo, Maestà, io mi astengo dal consigliarvi sulla condotta da seguire.”
Il mio cuore è dalla vostra parte, Lancelot, ma la mia mente no. E per l’ennesima volta, la mia scelta è di non scegliere.
Tristan si risedette. E da quel momento non ascoltò più.

Forse, in un’altra vita, le cose sarebbero andate diversamente: forse sarebbero potuti essere felici insieme.
Si sarebbero sposati, avrebbero avuto tanti bambini: lui avrebbe insegnato loro a cavalcare e tirar di scherma. Lei avrebbe raccontato loro le favole della buonanotte, e li avrebbe consolati quando si facevano male.
Sì, forse sarebbero potuti essere felici insieme.
Forse.

I due petali rosa ripresero a volteggiare, sospinti dal caldo vento estivo. Volteggiavano e volteggiavano, andavano su, su, sempre più su, fino a giungere alle strette finestre del salone, fino al cielo.

And Lancelot, his head held high, said,
"I'll die in love with Guinevere:
I'd die for love."




Note dell'autrice: questa storia è stata scritta per il contest "The trial of Lancelot" di Mia90, che purtroppo è stato cancellato. La canzone a cui la storia ( e il contest) si ispirano è The trial of Lancelot di Heather Dale.
Ho fatto una modifica piuttosto sostanziale alla storia di Tristano: qui lui e Isotta non stanno ancora insieme. Non sapendo bene la cronologia dei fatti (ossia quando questo episodio sarebbe collocato nella storia dei due piccioncini) ho deciso di fare di testa mia.
Ciemmecu, se vi è piaciuta, o se NON vi è piaciuta, il bottoncino lì in basso è lì apposta!
Au revoir!
   
 
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