Libri > Il ritratto di Dorian Gray
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Autore: InstantDayDream    10/08/2009    1 recensioni
Ispirata a "Il ritratto di Dorian Gray", questa breve one-shot, nata quasi casualmente, è una rivisitazione dei pensieri di Dorian, prima che pugnalasse il quadro e delle sue sensazioni quando si rese conto di ciò che avvenne dopo. Spero che vi possa piacere ;)
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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This is the day, the day I die

Non c’era stato niente nella sua vita di puro e privo di corruzione. Aveva voluto fare di sé stesso un’opera d’arte, e che opera! La prova ne era lì davanti a lui, davanti a quell’immenso ritratto condannato a portare il peso dei suoi variopinti peccati e delle sue sordide emozioni. Di quante cose orribili si era macchiato! La morte di Sybil Vane, tanto per incominciare, di cui il suo capriccioso impulso era stato responsabile. Anche la morte di James, il fratello di Sybil, era indubbiamente scritta tra le rughe che abbruttivano il volto del ritratto, il suo volto, pensò, mentre un brivido gli percorse la schiena. Eppure la vita a lui aveva dato tutto, aveva avuto in dono la bellezza di Febo Apollo, indubbiamente, con un volto la cui perfezione non poteva essere immaginata neppure dagli scultori italiani del rinascimento. Aveva avuto il dono del carisma e della persuasione, con quei suoi gesti talmente aggraziati, che molti attori avrebbero pagato per poterli fare sul palco anche con solo la metà della sua spontaneità, e quei suoi sorrisi, accompagnati da una voce suadente, che aveva imparato a modulare in base a ciò di cui aveva bisogno. Era ridicolo che quel quadro rappresentasse lui, ridicolo. Lui era Dorian Gray, l’uomo più amato, ammirato, invidiato e detestato di Londra. Il suo nome era sulla bocca di tutti: quelle delle donne che aveva amato si stendevano in un sorriso compiaciuto ma, allo stesso tempo triste; le donne che credevano di poterlo amare le arricciavano, in quel modo provocante che solo le giovinette inglesi conoscono, mentre il solo pronunciare il suo nome sembrava farle respirare l’aria di primavera; i suoi nemici, invece, le tenevano ben strette, in una linea dura, credendo di poter così colmare tutto il loro disprezzo.

Anche Alan Campbell, in fondo, era solo un debole. Il suo suicidio era dipeso non certo da lui, Dorian, no. Alan Campbell aveva deciso di uccidersi da solo, lontano da quella casa, lontano da lui. Non era mai stato obbligato a fare niente, aveva agito seguendo la sua volontà e, dopo, per giustificare quella sua mancanza di buon senso, aveva avvallato tutte le colpe su un altro. E come lui tutti gli altri, tutte le altre persone che avevano preteso di essere state rovinate da Dorian Gray, per colpa delle quali, adesso, quel quadro portava quegli orribili segni. Orribili, certo, come orribile era il quadro, ma cosa poteva aspettarsi dal dipinto di un simile pittore! Basil, che si era permesso di criticare la sua condotta, in realtà gli aveva dato un quadro maledetto, dimora di un demonio. Si era meritato la sua morte, Basil, e anche l’eliminazione perenne del suo ricordo da questa terra, non era forse stato lui ad esclamare il peggiore dei verdetti? E il ritratto non gli stava sorridendo adesso, con un ghigno malefico, come se la pittura sulla tela fosse viva? Sì, la colpa di Basil valeva il suo castigo, chi era riuscito a progettare una cosa così malvagia non poteva di certo augurarsi di morire in un modo migliore.

Guardò nuovamente quel quadro, la sua condanna stava lì. Lui, condannato per l’inivida degli uomini. Che vita grama era stata la sua, che vita ingiusta. Lui avrebbe dovuto godere appieno di ogni minima felicità, delle più piccole gioie, come lo spuntare delle viole al sorgere della primavera, o i viali di Londra colorati di rosso dalle caduche foglie autunnali. Henry glielo aveva sempre detto, del resto, che lui con la sua bellezza sarebbe arrivato dappertutto, ma lui non lo aveva mai voluto ascoltare appieno. Se fosse stato meno orgoglioso e avesse fatto meno di testa sua, la sua vita sarebbe stata un’opera d’arte e quel quadro, che ora lo guardava così minaccioso, non avrebbe quell’aspetto, ma ritrarrebbe lo splendido Dorian Gray che gli era davanti. Era un ritratto decisamente splendido, peccato che lo sporco tiro giocatogli da Basil lo avesse rovinato. Il suo valore era meno che nullo, dato l’orrore che esprimeva e, nulla che non sia bello ha motivo di esistere in questo mondo, così opprimentemente caricato di volgarità. Se ne sarebbe dovuto liberare, assolutamente. Una cosa del genere non doveva esistere in casa sua. Afferrò quindi un pugnale dalla scrivania e con esso squarciò la tela. Una fitta al petto lo costrinse a chinarsi, e alcuni dei suoi morbidi riccioli biondi gli ricaddero davanti agli occhi. La luce gli giocò un brutto scherzo, poiché li vide bianchi. Portò una mano al petto, e fu stupito di sentire al tatto qualcosa di freddo e duro, quindi volse gli occhi in quella direzione. Un gemito di stupore proruppe dalle sue labbra perfette, nel vedere il pugnale conficcato nel suo petto e la seta bianca della camicia, oramai lacerata, che si tingeva di ondate di rosso, sempre più scure, come petali di una rosa sanguigna. Ma quell’orrore non fu niente, paragonato alle sue mani, che vide trasformarsi da morbide e lisce in rugose e raggrinzite, sporche di sangue non suo, ma che sembrava vecchio di mesi, anni : le mani di un assassino. Solo allora alzò un attimo lo sguardo verso il quadro, dove un Dorian Gray molto più giovane, ancora incorrotto e di una bellezza pura, pari a quella di una statua di Fidia, lo stava fissando, con un sorriso sorpreso. E mentre l’immagine riacquistò tutta la sua bellezza originaria, Dorian cròllò sotto di essa, vinto dal peso della sua vita, che scivolava via dal petto assieme al suo sangue. Solo allora, in quel momento in cui l’iniquità dei suoi peccati si fece viva dentro di lui, capì la sua presunzione e vide i suoi errori. E gli occhi gli si riempirono di lacrime, mentre alla vista della mente apparivano chiari i sentieri che avrebbe dovuto seguire per non perdersi in quella selva di arroganza in cui era finito. Adesso aveva capito che errore mostruoso era stato separarsi dalla sua anima, e avrebbe voluto piangere, ma non poté. La morte sopraggiunse prima.
  
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