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Autore: Ghostclimber    09/05/2020    3 recensioni
Gokudera non riesce a venire a capo del Sistema C.A.I. e come se non bastasse si sta anche portando dietro un segreto di cui Reborn gli ha vietato di far parola.
Ma, seduto al piano, tutta la sua fermezza verrà meno.
Scritta per il Goku(dera) Day che potrei aver inventato questa stessa mattina.
5927
Genere: Fluff, Hurt/Comfort, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciaossu a tutti!

Oggi nel fandom di DragonBall è il Goku Day, e io mi sono detta: “Ehi, ma da noi esiste?”

Beh, non lo so se esiste, ma Gokudera è il mio /occhiatacce dalla regia/ personaggio preferito /vi va bene questa definizione gelida? Madonna come siete fiscali laggiù/ quindi ho deciso che almeno per me da oggi il nove maggio è il Goku(dera) Day.

E come festeggiarlo se non con una 5927 che sbrodola fluff da tutti i pori? /dalla regia: -VOOOIII e la fic del ragù?- Sta' buono, tu, non hai nessuno da ammazzare?/

Anyway, vivo immersa nella musica. Qui cito una canzoncina per bambini che è stata il mio incubo alle lezioni di canto, una canzone di Simon and Garfunkel (Slip Sliding Away) e due brani classici di primissima categoria. Se delle prime due potete anche fregarvene, io vi consiglio caldamente di ascoltare “Un Sospiro” di Liszt e la Serenata al Chiar di Luna di Beethoven mentre leggete le parti relative: avrei voluto essere più chiara nella descrizione, ma innanzitutto non volevo essere pedante, in secondo luogo sono musicalmente dislessica e non saprei leggere a prima vista uno spartito neanche per salvarmi la vita.

Spero vi piaccia, battete un colpo per il sì e lanciatemi un pomodoro per il no (al limite approfitto per farmi una bruschetta)!

XOXO

 

 

 

 

 

Non gli devi dire nulla, Gokudera.”

 

Un pianoforte; Gokudera lo sfiorò mentre pensava alle parole di Reborn.

 

Potresti turbarlo, e non è il momento adatto.”

 

Uno spartito sul leggio. Liszt, “Un Sospiro”.

Adatto. Quasi perfetto.

Gokudera si sedette e le sue mani ritrovarono i tasti come se non li avessero mai abbandonati.

La melodia fluì dalle sue dita come onde che lambiscono la sabbia al tramonto, scavando nel suo dolore e nel tormento di dover covare la gioia che non poteva ancora mostrare, e nel terrore di cosa sarebbe potuto succedere se non fosse riuscito a capire i propri appunti sul Sistema C.A.I.; le sue dita pestarono sui tasti con disperazione, per poi farsi più leggere, poi di nuovo pesanti, e trillarono l'una vicina all'altra mentre discendevano la tastiera da destra a sinistra.

Una pausa, poi altre armonizzazioni, perché la gioia non esiste se non può essere condivisa, e Gokudera non poteva farlo. E chissà, poi, se il futuro non sarebbe cambiato anche in quello.

Le sue mani rallentarono, trascinando una nota dopo l'altra, e poi accelerarono appena di nuovo, pensierose, mentre nella sua mente si agitava l'unica domanda che gli pareva avere importanza: se è vero che l'amore trionfa su ogni cosa.

Dubbio, palese, altalenante nelle variazioni di ritmo del brano che ricordava da quando era bambino, poi piccole note cupe: sia quel che sia in futuro, in quel momento non era e non avrebbe potuto essere.

Gokudera pose fine al brano con un'ultima manata colma di sentimento.

-Era meraviglioso. Non sapevo che suonassi ancora.- disse la voce del Decimo dalla soglia della stanza. Gokudera alzò gli occhi e lo vide lì in piedi, con le mani affondate nelle tasche della felpa, immobile a guardarlo da lontano con un lieve rossore che gli tingeva le guance.

-D... Decimo...- soffiò Gokudera. Proprio la persona con cui non voleva assolutamente restare solo. Lo guardò sorridere appena, e la sua mente ritornò al momento in cui ha aperto la valigetta del se stesso futuro.

 

La ventiquattrore era piena di scatolette cubiche. Quante, Gokudera non avrebbe saputo dirlo, non a colpo d'occhio. C'era anche una lettera indirizzata a lui stesso, scritta nel codice che aveva inventato a scuola durante una lezione di algebra in cui si annoiava particolarmente.

Gokudera aveva tirato fuori i fogli che la busta conteneva: due pagine scritte fitte e la foto di un giovane uomo, l'ormai famigerato Irie Shoichi. Distratto poi dall'arrivo di Lal Mirch, aveva ributtato tutto nella valigetta e aveva rimandato a un altro momento un'analisi più accurata.

Poi, era successo tutto tanto in fretta che solo il giorno successivo era riuscito a dare un'occhiata seria e metodica al contenuto della valigetta.

E allora, la scoperta: una delle scatole non era come le altre: aveva il logo di una gioielleria, si apriva senza l'ausilio di qualche strano magheggio non meglio definito e conteneva una coppia di fedi d'oro lisce, senza fronzoli. Una con il suo nome inciso sopra, l'altra con il nome del Decimo.

Era stato un colpo al cuore.

Da quando l'aveva conosciuto se ne era innamorato perdutamente, ma si era anche rassegnato a non essere altro che un sottoposto, un misero collaboratore: d'altronde, con gli amici stretti il Decimo non faceva mistero dei suoi sentimenti per Kyoko Sasagawa. Era inutile, oltre che dannoso per entrambi, mettersi in mezzo ai due dichiarandosi: il Decimo, nel suo infinito buon cuore, non l'avrebbe allontanato, ma di certo si sarebbe sentito a disagio.

E procurare un fastidio al Decimo era l'ultima cosa che Gokudera voleva.

Ma allora, preso nella contemplazione dei due anelli, Gokudera aveva avuto la tentazione di correre da lui e dirgli “Ehi, ho scoperto una cosa strana! Pare che voi ed io da grandi ci sposeremo!”.

Era stato in quel preciso momento che Reborn era saltato sul tavolo della biblioteca al quale aveva preso posto Gokudera e si era raccomandato di non dire nulla.

Inizialmente, Gokudera aveva protestato: gli sembrava una gioia troppo grande per non condividerla, e aveva pensato che sarebbe stato di conforto per il Decimo sapere che l'avrebbe avuto al fianco per l'eternità.

-Lui è innamorato di Kyoko, almeno per ora. E questo futuro potrebbe non realizzarsi mai; anzi, è quello che speriamo. Non faresti altro che turbarlo.- aveva detto Reborn. E Gokudera, suo malgrado, aveva dovuto concordare.

 

-Ti disturbo, Gokudera kun?- chiese Tsuna dalla soglia.

-N... no, Decimo, voi non disturbate mai!- ribatté, cercando in se stesso almeno un'ombra della devozione che aveva provato e continuava a provare nei suoi confronti... anche se ora, doveva ammetterlo, buona parte della sua mente aveva la tendenza a soffermarsi su particolari non propriamente casti. Si fece da parte sul lungo sgabello del pianoforte per fargli spazio, e l'altro si sedette al suo fianco; non proprio spalla contro spalla, ma abbastanza vicino da infondergli il calore che scaldava il suo corpo.

“Potrei stringerlo tra le braccia”, pensò Gokudera, e subito cercò di mettere via quello scivolone mentale. No, non avrebbe potuto stringerlo tra le braccia. L'avrebbe turbato.

-Ah, questa situazione è davvero stressante...- sospirò il Decimo, poi si lasciò cadere con la testa contro la spalla di Gokudera, -Non ci sto capendo proprio niente.

-Beh, ecco... come?- biascicò incoerentemente Gokudera. Poi, perse il controllo del proprio corpo: il suo braccio si alzò da solo e andò a cingere le spalle del Decimo che, lungi dal chiedergli che cosa gli fosse saltato in mente, si accoccolò meglio contro di lui.

-Cioè, ho capito cosa succede. Ma non ho capito chi sarò io. Ho letto i miei diari futuri, sai...

-Ah, ehm... davvero?- chiese Gokudera, imbarazzato.

-Sì, diari... sarebbe meglio dire agende. Sembro un uomo molto impegnato. E votato alla pace, il che non mi dispiace. Pare che io abbia cercato di evitare il conflitto con i Millefiore fino all'ultimo.

-Non mi aspettavo di meno da voi, Decimo.- rispose Gokudera con affetto. Sapere che i “diari” trattavano principalmente di affari gli permise di tirare un sospiro di sollievo.

Perché era vero quel che aveva detto Reborn: il Decimo sarebbe rimasto turbato nel sapere che nel futuro sarebbero stati fidanzati. Soprattutto considerando un paio di appunti in codice che Gokudera aveva trovato qui e là in mezzo a quelli del Sistema C.A.I.

 

Mi mancano le gite al mare con Tsu kun. Cielo, come vorrei che tutto questo finisse, una buona volta. Voglio portarlo di nuovo in spiaggia e prendermi un'altra scottatura mentre ci facciamo le coccole sullo scoglio.”

Tsu kun oggi sembrava molto giù di morale. Gli ho chiesto cos'aveva e mi ha detto che gli sembra di non fare abbastanza per me. Gli ho detto che non è vero, che fa già fin troppo, ma non ha voluto sentire ragioni: ha voluto cenare insieme, e poi a letto me l'ha preso in bocca. Cielo, ogni volta che lo fa divento matto, e lo sa benissimo. Ti amo, Tsu kun!”

Adoro fare l'amore con Tsu kun. Quando sono dentro di lui, tutto il resto scompare. A volte ho paura di fargli male, lui è sempre così impetuoso, ma dice che lo fa per dimenticare tutto il resto. Ci completiamo a vicenda e, Cielo, non posso ancora credere di avere questa fortuna!”

Devo ricordarmi di sigillare questi appunti. Reborn conosce il mio codice, e se sapesse che spreco il tempo a farmi pensieri sconci su Tsu kun invece di perfezionare il Sistema C.A.I. mi farebbe un culo a capanna... ma non posso evitarlo! Lo amo, lo amo, lo amo!”

 

Gokudera ebbe un brivido.

Da come Reborn lo guardava, aveva il netto sospetto che il bambino avesse letto i suoi appunti; e probabilmente la sua misteriosa esperienza da killer era sufficiente per farglieli capire.

Ma cosa diavolo gli era saltato in mente per mettersi a scrivere certe cose?! Gokudera si rimproverò in silenzio, poi si ringraziò per aver trovato qualcosa che lo distraesse dal pensiero del Decimo appoggiato alla sua spalla.

-Va tutto bene? Sono troppo vicino?- chiese lui. Il suo respiro solleticò il petto di Gokudera, che fremette. -No, va benissimo se va bene a voi, Decimo! Solo, continuo a pensare che non sono ancora riuscito a venire a capo del Sistema C.A.I.

-Ce la farai. Ho fiducia in te, hai più cervello di tutti gli altri messi insieme.

-Non che ci voglia molto.- si lasciò scappare Gokudera, poi si schiaffò una mano sulla bocca. Il Decimo scoppiò a ridere e si accoccolò ulteriormente: sembrava impossibile, ma era ancora più vicino. Gokudera sentiva la linea del suo fianco aderire al proprio.

-Tu...- disse il Decimo con una vocina tremante, -Tu hai trovato anche appunti... riguardo... sì, insomma, qualcosa che non parla di Box Arma e Anelli e cose così?- Gokudera sentì un rivolo di sudore freddo scendergli lungo la schiena. Avrebbe voluto urlare che sì, certo che li aveva trovati, che loro erano destinati a scegliersi e ad amarsi, e a fare l'amore e a sposarsi, ma il viso severo di Reborn che apparve nella sua mente funse da deterrente.

-Io... beh, forse qualcosa. Perché me lo chiedete?- domandò, col cuore in gola. Era improbabile che il Decimo si fosse messo a frugare tra i suoi effetti personali, di certo non sapeva leggere il suo codice e ancora più sicuramente Reborn non aveva parlato.

-Ecco, io... ho trovato una cosa.- il Decimo si scostò dal fianco di Gokudera, liberandolo dal proprio dolce peso, -Ma niente di che, credo. Suoneresti qualcosa per me?

-Oh... ma certo, Decimo, cosa volete sentire?- chiese Gokudera. Non era mai dell'umore di suonare in pubblico, per lui il pianoforte rievocava solo ricordi dolceamari, ma non poté far altro che acconsentire di fronte a una richiesta così diretta del Decimo. Tanto più che lui non gli aveva mai chiesto nulla nello specifico: rifiutarsi la prima volta che questo succedeva sarebbe stato da idiota.

Oltretutto, ancora doveva farsi perdonare per la sera precedente, quando aveva bellamente bigiato la cena in grande stile che avevano organizzato apposta per lui: il pensiero del Sistema C.A.I. ancora da decifrare, unito alla presenza di Bianchi che era un perenne memento alla sua infanzia, più la preoccupazione per tutto il contesto in generale e il dubbio se sarebbero mai riusciti a tornare a casa gli facevano passare del tutto la voglia di mangiare. O di stare in compagnia. O di ridere e scherzare. Per non parlare di tutte quelle cose insieme.

-Ah...- il Decimo rise, imbarazzato, -Ecco, non è che conosco chissà cosa... in realtà...- deglutì.

-Ditemi, Decimo!

-In realtà non arrivo oltre a Bah Bah, Black Sheep.

-Beh, guardate che non è esattamente un brano inutile. È uno dei primi che insegnano per imparare a suonare in canone, insieme a Row Your Boat.- Gokudera accennò la melodia con una mano sola, accarezzando i tasti con dita abili.

-Ok, fantastico, questa era la canzone che avevo in mente. Cancella, non so proprio un accidente.

-Questa la sapete suonare?- chiese Gokudera.

-Non credo proprio. L'avevo fatta alle elementari, ma sono sempre stato... beh... DameTsuna.

-Vogliamo provare insieme?- propose Gokudera, poi si diede mentalmente una martellata in testa. Bianchi gli aveva riferito di aver spifferato la storia della sua infanzia agli altri, cosa che tra l'altro l'aveva spinto a mollare gli allenamenti con lei sulla spinta della rabbia, e quindi il Decimo sapeva benissimo che quello era il pianoforte di sua madre, e quanto significava per lui.

Per non parlare di quell'infelice “insieme” con cui la sua bocca aveva deciso di chiudere la frase. Per un folle istante, Gokudera si disse che, in fondo, Lambo aveva i suoi motivi per dargli dello stupido e meditò di andarglielo a dire, poi ci ripensò e tornò alla realtà.

-Ah...- il Decimo rise, imbarazzato, poi la sua mano sinistra si mosse nella tasca della felpa e lui parve ritrovare un po' di coraggio: -Va bene, però dopo mi suoni tu qualcosa, che ne dici?

-Ogni vostro desiderio è un ordine, Decimo!- evvai, bravissimo Stupidera! Da qualche parte nella base, probabilmente, c'era Fuuta impegnato a riscrivere la classifica dei mafiosi più stupidi: all'ultimo posto, dopo Testa a Prato e Lambo, ecco Gokudera Hayato!

-E scegli tu cosa, non mi ricordo il titolo di nessun'altra canzone.- disse il Decimo, apparentemente ignaro del suo turbamento.

-Brano.- lo corresse Gokudera in automatico, e il Decimo inclinò la testa per chiedere ulteriori spiegazioni. -Quando si parla di musica classica si parla di brani, non di canzoni.

-Me lo segno tra le cose che domani mi sarò già dimenticato.- ribatté Tsuna, poi rise di nuovo e tornò ad appoggiarsi alla spalla di Gokudera, -Lo sai che sono un disastro, sì?- chiese.

-Siete la persona più meravigliosa che conosco.- ribatté Gokudera, poi gli prese la mano destra e, tremando, pose l'indice del Decimo sul tasto del do, -Forza, vediamo se ve la ricordate!

-Oh cielo, com'era?- biascicò Tsuna, di colpo in imbarazzo.

-Così, guardate: do, do, do, mi, fa, fa, re, mi, fa, sol... dododo, solsolsol, mimimi, dododo, sol, fa, mi, re, do.

-Oddio, è difficile!- si schernì il Decimo, e Gokudera trattenne un sorriso di tenerezza.

-Se usate anche le altre dita è semplice. Guardate.- prese la mano del Decimo, ormai concentrato sull'idea di insegnargli quel brano infantile, la posò su un'ottava e premette le sue dita contro i tasti.

-La fai semplice, Gokudera kun! Ma va bene, proviamoci.

-Se vi mette a disagio, Decimo...

-No, ormai lo faccio, ecco!- sbottò l'altro, sfoggiando un finto broncio arrabbiato degno delle migliori performance di Lambo, e Gokudera non poté che sorridere. Il Decimo si voltò di nuovo verso la tastiera, un cipiglio determinato in viso e un sorriso indecifrabile, e con fatica inanellò le note: -Ehi, ci sono riuscito!- esultò.

-Forza, riprovate, vi accompagno anch'io!- il Decimo annuì con vigore, poi rimise la mano sulla tastiera e ripeté il brano mentre Gokudera lo riproduceva sull'ottava successiva.

-Ancora!- lo esortò Gokudera, che gli stava riservando una piccola sorpresa. Si introdusse non all'inizio, ma alla fine della seconda battuta, e disse: -Continuate, Decimo! State andando alla grande!- la risata cristallina del suo Cielo fu l'accompagnamento perfetto. Continuarono a ripetere la melodia a canone, e quando il Decimo fu sufficientemente sciolto Gokudera riprodusse la melodia con la mano destra, sull'ottava successiva, stavolta entrando sulla seconda battuta di quella che lui stesso stava suonando: ora, Row Your Boat risuonava in tre momenti diversi, creando un'armonia strana eppure gradevole.

Poi, il Decimo scoppiò a ridere e smise di suonare. Disse: -Ok, non ti tengo più dietro, Gokudera kun! Mi arrendo! Non che ci sia mai stata una sfida...

-Questo lo dite voi, Decimo, io ci ho messo una settimana per non confondermi con il canone!

-Non ci credo neanche se lo vedo!

-Ve lo giuro!

-Va beh, va beh, come dici tu, adesso però devi mantenere la tua promessa! Cosa mi suoni?

-Ah... non saprei, io...- Gokudera si sentì risuonare in mente una melodia dolce e struggente, girò qualche pagina del volume appoggiato sul leggio e disse: -Beethoven.

-Vada per Beethoven. Ti lascio spazio.- il Decimo si alzò e andò ad accomodarsi sul divano, di fianco allo sgabello su cui sedeva Gokudera; sentendosi i suoi occhi puntati addosso, il ragazzo appoggiò delicatamente le dita sui tasti e cominciò con le prime note della Sonata al Chiar di Luna.

 

Le note delicate scavarono subito una buca nel cuore di Tsuna.

Gokudera suonava mettendo tutto se stesso nella musica. L'accordo di base, che accompagnava la melodia principale ripetendosi, era come un tarlo che scavava e scavava nella mente di Tsuna.

Le spalle di Gokudera si tendevano sotto alla sua camicia mentre il ragazzo si muoveva appena come per darsi la spinta a dare maggiore enfasi.

Dopo nemmeno un minuto, Tsuna lo vide chiudere gli occhi e proseguire senza l'ausilio dello spartito: evidentemente era un brano che amava e che conosceva alla perfezione.

E alla perfezione lo stava eseguendo, riempiendo il cuore di Tsuna di una malinconia incurabile, nostalgia per un tempo ancora non vissuto che gli premeva addosso da ogni parte.

La faida con i Millefiore, la battaglia in arrivo, gli allenamenti con quell'Hibari adulto e ancora più minaccioso, Reborn che nel futuro era morto, lui stesso che si era risvegliato in una bara, l'acidognolo odore dei gigli che la riempivano, lo sguardo negli occhi del Gokudera adulto quando l'aveva visto scostare il coperchio, in quel brano pareva esserci tutto quello e molto di più.

Ad esempio, quel post-it giallo chiaro che Tsuna si era infilato nella tasca della felpa e che pareva bruciare come il fuoco. Era così pieno di implicazioni per il suo -per il loro- futuro che Tsuna non sapeva neanche da dove cominciare per pensarci. Per quello era andato a cercare Gokudera, lo stesso Gokudera che ora pestava sui tasti con enfasi gettando nelle note cupe degli accordi tutto il turbamento che da giorni cercava invano di nascondere, lo stesso Gokudera che un giorno avrebbe preso una penna tra quelle sue dita lunghe e affusolate e si sarebbe preso qualche minuto per scrivergli due righe colme di sentimento.

Il brano terminò con un ultimo accordo cupo, che risuonò per qualche istante nell'aria ferma della sera, e Tsuna si accorse di aver pianto. Si asciugò le lacrime dalle guance sperando che Gokudera non lo notasse, poi si alzò mentre ancora l'altro contemplava i tasti del pianoforte come se contenessero la verità definitiva.

Il suo -ma poteva chiamarlo suo?- pianista alzò finalmente la testa, raddrizzando le spalle con un movimento lento e inconsapevolmente languido che conteneva tutto il peso degli avvenimenti che gravava anche su di lui, poi si voltò appena in tempo perché Tsuna si chinasse su di lui e lo baciasse a fior di labbra.

-De... Decimo?!- chiese in un fil di voce, scioccato. Tsuna non rispose, temendo che la voce non avrebbe retto, ma si limitò a sfiorargli la mano con la propria, lasciandovi il post-it che gli aveva fatto battere il cuore. Lungi dall'esserne turbato, aveva invece avuto la sensazione che in quello strano, oscuro futuro fosse l'unica cosa buona.

-Ti aspetto in camera, se vuoi.- bisbigliò, poi uscì dalla stanza chiedendosi se Gokudera l'avesse sentito o se la sua voce fosse stata troppo bassa anche per percorrere quei pochi centimetri.

 

Ti amo così tanto che mi sembra di impazzire.

Grazie per avermi concesso l'onore di essere parte di te.

Grazie, grazie, grazie.

Non dimenticherò mai questa notte.

Hayato”

 

Oh, cazzo.

Cazzo, cazzo, cazzo.

Per una volta, Reborn aveva fallito miseramente.

Ma forse, la sua mente logica di killer non gli aveva concesso di pensare che due innamorati si sarebbero scambiati bigliettini: dopotutto, si vedevano ogni giorno, dormivano nella stessa stanza anche se a quanto pareva non nello stesso letto, forse per preservare un minimo di apparenze, di momenti per dirsi che si amavano ce n'erano a iosa.

Reborn aveva sottovalutato il valore di una piccola romanticheria gratuita.

Gokudera lo mandò mentalmente a quel paese e si alzò a precipizio dallo sgabello. Corse lungo i corridoi della base diretto alla camera da letto che condivideva con il Decimo, la raggiunse ed entrò spalancando la porta.

Il Decimo si voltò verso di lui e si gettò tra le sue braccia.

Avere il suo corpo addosso e non per un capriccio del caso era una sensazione inebriante, tanto che Gokudera per un attimo non riuscì nemmeno a mettere insieme i movimenti adatti per rispondere all'abbraccio; quando infine ci riuscì, sentì il petto del Decimo che aderiva al suo e si sollevava in lunghi respiri tranquilli.

-Tu lo sapevi, Gokudera kun?

-Sì, lo sapevo, Decimo. Mi dispiace, Reborn mi ha fatto promettere di non dire nulla. Non voleva turbarvi in un momento difficile come questo.

-Reborn a volte non capisce un accidente.- dichiarò il Decimo, ma a bassa voce, come se non volesse farsi sentire, poi si sciolse appena dall'abbraccio per guardare negli occhi Gokudera, che si sentì fremere. -Tu come ti senti a riguardo?- chiese infine.

-Io...- incoraggiato dal lieve bacio e da quell'abbraccio disperato, Gokudera confessò: -Decimo, io vi amo dalla prima volta che vi ho visto.- il Decimo arrossì violentemente e si gettò di nuovo tra le sue braccia. Con la voce un po' soffocata dal colletto della camicia di Gokudera che gli premeva contro la bocca, disse: -Sei l'unica cosa che ha senso in questo futuro orribile.

-Decimo, posso... posso baciarvi?- chiese Gokudera, chissà con che coraggio.

-Prima però vorrei che tu facessi una cosa.- rispose Tsuna, scostandosi di nuovo per guardarlo negli occhi. Gokudera annuì e disse: -Qualsiasi cosa, Decimo!

-Chiamami... come sai tu.- Gokudera vacillò. Quello era molto, molto più difficile piuttosto che chiedere un bacio. Ma era il Decimo a chiederlo, per cui Gokudera prese un bel respiro e riuscì a sospirare: -Tsu kun.- dopodiché arrossì clamorosamente.

Le labbra di Tsuna si stesero in un ampio sorriso di gioia, mentre sulle sue guance sbocciavano due rose di emozione: -Hayato kun.- sussurrò, e il cuore di Gokudera ebbe un balzo così intenso che gli parve di sentirselo risuonare in tutta la cassa toracica; il respiro gli mancò per un attimo, o forse no visto che gli pareva di star inspirando.

Percepì il tendersi dei muscoli mentre, incredulo, alzava le mani e le posava sulle guance del De... di Tsuna per fargli alzare il viso.

Inesperto e goffo, posò le labbra sulle sue con delicatezza, aspettandosi di vedere il sogno scoppiare come una bolla di sapone che sfiora il selciato, ma nulla svanì. Le labbra di Tsuna premettero contro le sue, morbide e calde e umide e lisce, si mossero e la punta della sua lingua sfiorò la bocca di Gokudera, che sporse la propria prima di potersi controllare.

Tsuna mugugnò un verso di sorpresa, poi ghermì la nuca di Gokudera per impedirgli di spostarsi e si adeguò al crescendo del bacio.

 

Hayato, Hayato, Hayato.

Il nome del suo -sì, ora poteva- pianista, del suo amico, del suo braccio destro, del suo partner, riempiva la mente di Tsuna come le meravigliose melodie che il suo Hayato aveva saputo riprodurre poco prima al pianoforte. Tsuna lo baciò, pigiando tutto il corpo contro il suo, incurante del capogiro che lo colse quando avvertì la maturità del suo petto muscoloso e il duro rigonfiamento della sua erezione contro il proprio basso ventre.

Lo spinse, mosso da chissà quale frenesia, verso il letto, allargò le gambe intorno alle sue ginocchia che si piegavano e salì a cavalcioni delle sue cosce, senza smettere un attimo di baciarlo.

Cercò di spingersi di nuovo contro di lui: voleva mettere in chiaro di non essere minimamente imbarazzato dall'eccitazione di Hayato, mostrargli che per lui era la stessa cosa, ma non ci riuscì. Si accorse allora che le mani di Hayato erano sui suoi fianchi e lo tenevano a distanza, invece di essere incrociate sulla sua schiena e impegnate ad intrappolarlo nella prigione più confortevole che Tsuna avesse mai avuto il coraggio di immaginare.

Si staccò a malincuore dalle sue labbra e chiese a bassa voce: -Hayato?

-Deci...- Tsuna lo guardò male e Hayato arrossì, correggendosi: -Tsu kun... io... è tutto così bello, non so se ce la faccio a...- guardò verso il basso e Tsuna seguì il suo sguardo.

Tra le due ali della sua felpa slacciata si vedevano due inequivocabili rigonfiamenti, quasi a contatto l'uno con l'altro. Il corpo di Hayato era preda di un tremito incontrollabile.

-Non voglio offenderv... offenderti, ma...- Hayato sospirò e intonò un verso: -“My love for you's so overpowering that I'm afraid I would disappear.”- Tsuna gli rivolse uno sguardo vacuo e Hayato arrossì, se possibile, ancora di più. Se non si fosse dato una calmata gli sarebbe saltata un'arteria.

-Il mio amore per te è così sovrastante che ho paura di scomparire.- tradusse.

-Non potresti mai scomparire, Hayato.- rispose Tsuna, sdraiandosi al suo fianco, -Ti amo troppo per lasciartelo fare.- Hayato trattenne il respiro e non ribatté. Si limitò a restare sdraiato, mentre la sua eccitazione si placava poco a poco, ad accarezzare il fianco di Tsuna.

Finalmente, un pensiero coerente emerse dalla mente di quest'ultimo: -Certo che la musica ha un sacco di risposte.

-Quasi tutte.- ammise Hayato, e Tsuna lo sentì sorridere contro la propria fronte. Un bacio si posò lieve sulla sua tempia, e Tsuna si rilassò; intanto, Hayato continuava a prendere il respiro come per cominciare a parlare, ma non disse una parola.

Infine, Tsuna lo incitò: -Avanti, dimmi.

-Ecco, io... possiamo baciarci di nuovo?

-Non me lo chiedere più, fallo e basta!- ribatté Tsuna per poi nascondere il viso in fiamme contro il suo petto, -Voglio baciarti finché non mi addormento!- ammise con voce tremante.

-Non chiedo di meglio, De... Tsu kun.- ribatté Hayato; Tsuna sollevò il viso e lo guardò. Decise di fingere di non notare le lacrime di gioia che illuminavano di stelle gli occhi verdi del suo amore e chiese: -E dimmi, la musica come lo chiamerebbe?

-Cosa?

-Baciarsi finché non ci si addormenta.

-Ad libitum, sfumando.- rispose Hayato, poi lo baciò.

   
 
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