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Autore: Amber    17/05/2020    3 recensioni
Izuku affronta Katsuki dopo l'ennesima cattiveria del biondo, ma nessuno dei due è pronto ad affrontarne le conseguenze. Tratto dalla storia:
[...] E quanto lo odiava per sbattergli in faccia ogni singolo giorno quanto poco valesse, quanto vani fossero i suoi sforzi, quanto grande e incolmabile rimaneva il divario tra loro due, la sua schiena irraggiungibile. Odiava il modo in cui prendeva i suoi sogni riducendoli a brandelli e odiava se stesso per permettergli di farlo così facilmente. Lo odiava come non poteva odiare nessuno e allo stesso tempo desiderava la sua totale, completa ed assoluta attenzione. Desiderava i suoi occhi piantati su di lui, le sue parole solo per se, il suo tempo e ogni altra cosa che il biondo potesse offrire. [...]
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ragazzi che devo dirvi, sono BakuDeku dipendente, assolutamente innamorata di questa coppia.
Al che mi è venuta in mente la scena qualche giorno fa: Deku che esplode e finalmente sbotta contro il biondo.
Il problema è che inizialmente doveva essere una cosa che poi si è trasformata in un'altra cosa ancora. Ammetto di averci messo un po’ a finirla perché è stato difficile scriverla, non perché la trama sia complicata figuriamoci, ma perché mi risulta difficile parlare di indifferenza quando secondo me non c’è.
Quindi vi lascio alla lettura, così mi saprete dire cosa ne pensate nel caso abbia fatto un casino.
 
Amber
 
GUARDAMI
 
-Ohi Deku, che cazzo ci fai qui?-
Izuku atterrò con un tonfo completando la sequenza che stava provando da tutto il pomeriggio e guardò verso l’entrata della palestra dove sostava immobile il suo amico di infanzia Kacchan. Aveva il borsone posato su una spalla e i capelli ancora umidi dalla doccia fatta da poco, la divisa su misura lo fasciava come un guanto senza una piega fuori posto: Bakugo, nell’invidia generale, non aveva mai niente fuori posto. Era abbastanza irritante in realtà.
Il ragazzo si strinse nelle spalle e guardò il buio oltre il nastro di finestre rendendosi improvvisamente conto che aveva fatto molto più tardi di quello che avrebbe voluto. Quel pomeriggio aveva avuto un’intuizione durante gli allenamenti pratici del quirk e aveva voluto continuare ad allenarsi anche dopo l’orario per testare la sua idea, anche se fino a quel momento non aveva ottenuto grandi risultati. Con la manica della felpa si tolse il sudore dalla fronte. Si sentiva accaldato, era sudato e chiaramente doveva avere un aspetto orribile: un casino tanto per cambiare, così in contrapposizione con il Kacchan che vedeva ogni giorno, lindo e perfetto in ogni situazione
-Ho chiesto a Cementos di poter rimanere un po’ di più per allenarmi e ho perso la cognizione del tempo- rispose con noncuranza –Voi siete appena tornati dalle lezioni sul campo? Com’è andata?-
Le sezioni A e B erano state divise e mischiate in più gruppi per testare un nuovo tipo di allenamento sul campo in modo da farli cooperare tra loro, in particolare i professori li volevano incoraggiare ad interagire con persone esterne e con cui non passavano tutto il tempo tra scuola e convivenza nei dormitori. Izuku, che aveva provato l’esperienza alcuni giorni prima, ne era rimasto entusiasta e i suoi appunti sugli emergenti eroi si erano rimpolpati di molto con sua grande soddisfazione.
Il biondo non gli rispose nemmeno. Kacchan continuò a guardare nella sua direzione senza vederlo, sorpassandolo con lo sguardo come se non valesse nemmeno la pena farci conversazione, come se fosse solo uno spreco di tempo, come se non fosse stato lui il primo a fermarsi e a rivolgergli la parola, come se gli stesse facendo un piacere.
Il moro trattenne il respiro. Si sentiva così inetto e patetico. Non importava quanto si sforzasse, quanto si facesse strada con le unghie e con i denti, quanto tutti, perfino All Might, si complimentassero con lui dei suoi progressi, davanti a Kacchan si sentiva ancora uno stupido quirkless, nemmeno degno di una sua risposta o di uno sguardo.
Uno sguardo che diceva si, tu esisti, sei una persona reale e concreta ai miei occhi.
Invisibile. Ecco ciò che era nella vita di Kacchan: un invisibile sassolino sul ciglio della strada.
Strinse le labbra con forza, la vergogna che premeva, pronta ad esplodere. E quanto si sentiva patetico se ancora, dopo tutti quegli anni, bramava qualcosa che Kacchan non gli avrebbe mai dato?
Bakugo si inoltrò all’interno della palestra guardandosi intorno, constatando i danni che il quirk di Midoriya aveva fatto nei vari scenari preparati per lui da Cementos.
Anche quello, si rese conto Izuku, era un casino, anche se non peggio di tante altre volte
-E’ ridicolo vedere quanto ti impegni per i risultati che non ottieni- costatò il biondo sprezzante.
Fu una doccia fredda sparata nel cervello e nel cuore. Izuku si chiese se non se lo fosse immaginato. Doveva, per forza. Kacchan non poteva essere stato così crudele da avergli detto una cosa del genere senza nemmeno averlo guardato in faccia, senza neppure aver constatato i suoi progressi di persona, senza…
Ma il biondo, senza attendere una risposta, gli aveva già dato le spalle incamminandosi verso l’uscita, pronto a mollarlo lì e continuare la sua vita come se non lo avesse appena ucciso, come se non avesse appena preso il suo cuore riducendolo a brandelli per l’ennesima volta, in un ciclo infinito che si trascinavano dietro dall’asilo.
E finalmente la rabbia esplose ed ebbe la soddisfazione, minima e irrazionale, di vederlo fermarsi sul posto, a pochi passi da lui
-Con che coraggio osi dirmi una cosa del genere senza nemmeno guardarmi in faccia? Perché non capisci? Voglio arrivare ad essere quello che tu sei sempre stato per me, perché sono stanco di dover sempre correre per raggiungerti, sono stanco di essere il solo a guardarti la schiena! Mi impegno il doppio degli altri e arrivo a sputare sangue solo per poter avere la consapevolezza che un giorno sarai tu a guardare la mia schiena, perché vorrà dire che finalmente ti ho superato, che finalmente conto qualcosa ai tuoi occhi, che finalmente sono degno di essere guardato da te! E non puoi, tu non puoi permetterti di mettere un punto nella mia vita dove io ci vedo un futuro intero e maledizione, guardami!- gridò Izuku, i pugni chiusi tremanti di rabbia repressa, il viso arrossato per lo sforzo, la voce alta e chiara per fargli arrivare il messaggio, perché per una volta, almeno per una sola, singola volta, Katsuki doveva capire.
Capire che anche adesso che seguivano lo stesso obbiettivo, anche adesso che i miglioramenti erano costanti e palesi, anche adesso che Katsuki sapeva del One for All, il biondo non lo guardava mai veramente, non lo ascoltava mai davvero. Ed era tremendo, era una sofferenza immensa avere la consapevolezza di valere meno di zero, di essere ancora alla stregua di un sassolino sul ciglio della strada nella vita di Katsuki Bakugo quando lui, al contrario, lo ammirava e adorava da sempre, da tutta la vita, da ancora prima che al biondo si manifestasse il quirk.
E quanto lo odiava per sbattergli in faccia ogni singolo giorno quanto poco valesse, quanto vani fossero i suoi sforzi, quanto grande e incolmabile rimaneva il divario tra loro due, la sua schiena irraggiungibile. Odiava il modo in cui prendeva i suoi sogni riducendoli a brandelli e odiava se stesso per permettergli di farlo così facilmente.
Lo odiava come non poteva odiare nessuno e allo stesso tempo desiderava la sua totale, completa ed assoluta attenzione. Desiderava i suoi occhi piantati su di lui, le sue parole solo per se, il suo tempo e ogni altra cosa che il biondo potesse offrire.
Come si chiamava quel sentimento bruciante che lo faceva impazzire? Izuku non lo sapeva, non voleva darci un nome e non voleva indugiarci ulteriormente. Ma quanto lo voleva lo sapeva solo lui e non aveva parole, termini o definizioni per esprimere quel sentimento contrastante ad alta voce.
Katsuki si voltò e lo osservò in silenzio.
L’espressione arcigna sul suo viso si accentuò e le labbra si strinsero in una linea dura, inflessibile, terrificante. Il silenzio all’interno della palestra vuota dilagò come acqua tra loro, l’unico suono che permaneva era l’eco lontano delle parole di Izuku e il suo ansimare agitato per aver finalmente espresso quel malessere, quel desiderio bruciante che gli bucava il cuore ogni giorno. Una lama che Kacchan brandiva contro di lui, inconsapevole cavaliere, e che affondava con gioia perversa ad ogni sguardo mancato, ad ogni parola non detta
-Nerd di merda- iniziò il biondo e in un passo lo raggiunse agguantandogli il colletto della felpa che si bruciacchiò allo scoppiettare dei suoi palmi.
Izuku non si mosse. Tenne alto lo sguardo, deciso e limpido, arrabbiato
-Non mi fai paura- lo riprese artigliandogli il polso e sperò di fargli male, per la prima volta desiderò di fargli intuire almeno un decimo di quanto soffriva lui ogni giorno nello scontrarsi con quel muro di indifferenza.
A Katsuki venne quasi da ridere, perché nel ragazzo davanti a lui non c’era più nulla del bimbetto che lo seguiva ovunque quando erano piccoli chiamandolo a gran voce adorante.
Il biondo strinse più forte la presa e se lo tirò contro con un unico gesto brusco, rude. Dalla foga gli cadde il borsone ma non se ne curò mentre posava le labbra sul suo orecchio. Avvertì la rigidità dell’altro, come se in quel modo Izuku avesse potuto proteggersi dalla sicura cattiveria che gli sarebbe uscita dalle labbra da un momento all’altro, sparata nel suo padiglione auricolare e diretta al suo cervello.
Sentì il suo odore e i capelli leggermente umidi di sudore dato dall’allenamento a cui si era sottoposto. Avvertì il respiro accelerato del moro, il cuore che pompava sangue sotto i suoi occhi, nella vena del collo teso. E avvertì anche il suo sangue e l’esaltazione di una precisa consapevolezza che non aveva mai afferrato in pieno fino a quel momento: Izuku lo odiava, ne era certo, ma era come creta nelle sue mani.
Katsuki aveva il potere di distruggerlo con una parola e allo stesso tempo di innalzarlo come un Dio se solo avesse voluto. Deku, ora era chiaro il suo Deku, che si era scavato la fossa da solo dandogli quel preciso potere, avrebbe fatto ogni cosa lui desiderasse proprio perché gli aveva dato la facoltà di fare di lui ciò che voleva. E le poche briciole che lui gli dava, e che gli avrebbe dato da quel momento in avanti a suo piacimento, lo avrebbero legato a lui a doppio filo perché lo stesso Izuku avrebbe custodito quelle briciole come un tesoro prezioso
-Nerd di merda- ripeté il biondo –Vediamo di capirci- continuò. Ma lui, Bakugo Katsuki, quanto era disposto a fare per approfittarsene? E quanto si sarebbero spinti in là? –Le uniche occasioni in cui vedrò la tua schiena sarà mentre ti scopo e di sicuro non mentre mi superi perché non ce la farai mai. Io sarò il numero uno. Io e basta- sibilò.
E se fossero giunti sino a quel punto, quanto si sarebbe lasciato coinvolgere? Niente. A lui di quel nerd non fregava un cazzo e glielo avrebbe dimostrato.
Non fu Katsuki a produrre l’esplosione. Nei due secondi immediatamente successivi il biondo avvertì la scarica provenire dal corpo del coetaneo e attese l’impatto con consapevolezza, troppo tardi per allontanarsi e troppo vicino per potersi difendere adeguatamente. Venne colpito al petto con una forza che riconobbe pari al 30%, il massimo che Izuku era riuscito a tirare fuori dal One for All in quegli ultimi mesi, e volò per la stanza con un boato, come un tuono, ma era pronto: atterrò e ruzzolò sul pavimento in totale sicurezza prima di alzarsi in piedi senza un graffio, solo un leggero dolore al petto dove il palmo del compagno aveva premuto rilasciando la forza del proprio quirk.
Midoriya era già alla porta della palestra, marciando con decisione e sicurezza, il quirk che brillava di un verde fulgido, scoppiettante e visibile in scariche nervose che scomparvero nel momento in cui il ragazzo girò l’angolo senza mai guardarsi indietro.
Katsuki recuperò il borsone e con passo misurato uscì dalla palestra dirigendosi verso il proprio dormitorio e di nuovo si domandò fin dove si sarebbe spinta tutta quella storia.
Aveva lanciato un esca, ma non era sicuro di sapere che bottino avesse appena catturato. Ma qualunque cosa ne sarebbe venuta fuori, avrebbe dimostrato a quel nerd di merda che le sue menate del cazzo non lo toccavano affatto.
 
Izuku non scese a cena quella sera. Ochako lo comunicò a Momo mentre erano tutti seduti allo stesso tavolo dopo che gli aveva parlato di sfuggita vedendolo rientrare nel tardo pomeriggio in seguito agli allenamenti extra a cui si era sottoposto
-Aveva una faccia- concluse preoccupata.
 
Il giorno dopo i coetanei si resero conto che il compagno aveva già fatto colazione, molto prima di tutti loro, e lo ritrovarono in classe chino sui libri. Midoriya li salutò e si intrattenne con Iida e Ochako spiegandogli nel dettaglio la nuova idea che gli era venuta in mente il giorno prima mentre si allenava e che non vedeva l’ora di parlarne con il professor Aizawa
-Deku ma sei sicuro di star bene? Sembri stanco- ammise la castana osservandolo bene in viso
-Sto benissimo, davvero- le rispose con un sorriso nervoso dando un’occhiata veloce in fondo all’aula.
Kacchan se ne stava là, tranquillamente appoggiato ad un banco mentre parlava con Kirishima di chissà cosa. Izuku aveva voluto evitare di incontrarlo dopo lo scontro del pomeriggio prima, ma entrando in classe quella mattina si era reso subito conto che sarebbe stato impossibile: entrambi passavano il 90% del loro tempo insieme, tra lezioni mattutine e pomeridiane, pranzi e cene, e sarebbe stato ridicolo e sospetto anche solo provare a sfuggire ad uno scontro diretto.
Ci aveva pensato bene quella notte, mentre l’insonnia non lo faceva dormire, ed era giunto alla conclusione che doveva assolutamente dimenticare quello che gli aveva detto Kacchan il giorno prima. Non aveva senso soffermarcisi ulteriormente e sicuramente non era nulla. Il biondo aveva solo voluto prenderlo in giro e schernirlo come al solito. E basta. Certo, era stato ben più crudele e maligno di tante altre volte, ma questo non poteva in alcun modo distrarlo dai suoi allenamenti e dal diventare l’eroe numero uno, il degno successore di All Might, a discapito delle nefaste previsioni di Kacchan.
 
Ma non fu affatto semplice. Izuku dovette farci i conti durante la giornata dove non ne azzeccò una mentre la concentrazione lo abbandonava appena si permetteva la minima distrazione. Aizawa lo riprese continuamente e perfino All Might ebbe da ridire.
Si rese conto di essere ipersensibile ad ogni movimento di Kacchan, ad ogni sua parola e respiro, ad ogni suo sguardo mancato che quel giorno desiderava e temeva in egual modo. Uraraka tornò alla carica preoccupata e dovette impegnarsi a fondo per tranquillizzare sia lei che Iida giunto in suo soccorso.
Si ritrovò a fine lezioni chiuso in camera propria, arrabbiato con se stesso per la pessima giornata e per l’agitazione che proprio non lo voleva abbandonare.
Dormì un sonno agitato, fatto di sogni dolci e amari, di parole taglienti e fili d’oro incastrati tra le sue dita rovinate. Quando si svegliò all’alba seppe con certezza di dover risolvere quella situazione prima di subito: così non poteva proprio andare
-Lo farò dopo le lezioni o ne uscirò pazzo- si ripromise.
Ma le lezioni erano lente e noiose e Kacchan era troppo vicino, i sogni agitati ancora troppo vividi e le fresche parole del biondo scavate troppo in profondità. Per la prima volta desiderò di poter scappare lontanissimo senza mai voltarsi indietro.
Quanto lontano doveva fuggire per dimenticare l’odio e il suo contrastante desiderio malato e incomprensibile? Per dimenticare l’esatta tonalità degli occhi di Kacchan o la sua soffocante personalità?
Probabilmente nemmeno l’altro capo del mondo era abbastanza lontano.
 
Poi successe il danno.
A lezione di pratica del pomeriggio, mentre faceva coppia con Kiminari, sbagliò in modo clamoroso commettendo un terribile errore di valutazione: mandò in cortocircuito l’area di allenamento e rischiò di fulminare se stesso e tutti i suoi compagni.
Fortunatamente lo stesso Kiminari, insieme a Bakugo e Uraraka, riuscirono ad evitare il danno maggiore: il primo risucchiando dentro di se il proprio potere e disperdendolo, il secondo mettendo al riparo Izuku che era il più esposto e la ragazza facendo lievitare i compagni in pericolo. La conclusione fu che Kiminari, per l’inappropriato uso del proprio quirk e il voltaggio troppo elevato della corrente, divenne un ameba incapace di parlare per almeno due ore, Uraraka venne spedita in infermeria con una nausea tremenda e Izuku si beccò una sgridata epocale da parte del professor Aizawa a porte chiuse
-Sei un incosciente! Se il tuo compagno ha un quirk che sfrutta l’elettricità tu non distruggi l’unico serbatoio di acqua presente, non lo fai nemmeno per sbaglio! Sei stato stupido e affrettato. Se i tuoi compagni non avessero avuto i riflessi pronti sarebbe stata una tragedia, te ne rendi conto?- lo riprese duramente –Sei un eroe Midoriya, non una persona comune. Non puoi permetterti una mancanza simile contro un villan mentre ci sono dei civili da salvare, da salvare non da uccidere! Questo è un errore di giudizio che non mi sarei mai aspettato da te, mai-
Izuku tenne lo sguardo puntato a terra
-Mi dispiace- mormorò pentito –Ho sbagliato lo so-
Aizawa sospirò e si sistemò i capelli, poi si sedette pesantemente sulla sedia
-L’importante è che nessuno si sia fatto male. Ma voglio che capisci la gravità di ciò che hai fatto e di ciò che poteva accadere, mi hai capito? Devi sempre tenere conto dell’ambiente circostante e dei tuoi alleati-
-Lo so e non ricapiterà mai più-
-Bene. Tanto mi basta- rispose l’insegnante e lo osservò implacabile –Ora vai nel tuo dormitorio e risolvi qualunque problema tu abbia, perché è da ieri che ti comporti in questo modo e non va affatto bene Midoriya- Il ragazzo lo osservò sorpreso –Ricordati sempre che un eroe distratto è un eroe inutile-
 
Izuku tornò al dormitorio lentamente e lì incontrò i propri compagni che lo stavano palesemente aspettando
-Ragazzi, mi dispiace molto- ripeté per l’ennesima volta dispiaciuto, vergognandosi come il peggiore dei ladri
-Tranquillo Midoriya, gli incidenti succedono e fortunatamente nessuno si è fatto male- lo rassicurò Todoroki calmo
-Tu stai bene?- gli domandò Iida.
Izuku si strinse il braccio e annuì una sola volta
-Aizawa è stato troppo duro con te- si lamentò Ashido –Non c’era bisogno che ti sgridasse così duramente-
-No, lui ha fatto bene- rispose il moro –Sono stato stupido e avrei potuto davvero farvi male. Non succederà mai più, ve lo prometto-
Kirishima gli diede una pacca sulla spalla sorridendo e annuì
-Beh, grazie a questo abbiamo anche finito prima le lezioni. Per me è una pacchia- rispose gioviale Mineta
-Non è una vacanza- li riprese Momo –Anzi, ne approfitto e seguo l’esempio di Bakugo che è andato a studiare. Dovreste farlo anche voi- commentò dirigendosi verso il dormitorio femminile.
Izuku strinse le labbra e si afferrò il braccio con più forza
-Vado anche io- salutò Asui –Ci vediamo dopo-
-A dopo- salutarono i compagni rimasti.
La sensazione delle cinque dita di Kacchan bruciavano sulla sue pelle anche se non c’era alcun marchio. Il biondo, ignorando Uraraka ad un passo da loro pronta a farli lievitare, lo aveva afferrato con forza e se l’era tirato contro impedendo che la scarica di Kiminari lo colpisse
-Stai bene Deku?- gli aveva chiesto all’orecchio
-Kiminari e Uraraka?- domandò Izuku al capoclasse tornando al presente. I compagni se n’erano quasi tutti andati nelle proprie stanze
-Entrambi in infermeria, ma dovrebbero tornare per cena- gli rispose –Non devi preoccuparti, stanno entrambi bene, me ne sono assicurato prima di tornare qui. Recovery Girl mi ha confermato che sono sovraccarichi dopo aver usato a quel modo il loro quirk- Izuku sospirò pesantemente e Iida lo osservò un istante –Ti va di parlarmene? Di quello che ti frulla in testa dico. Vedo che sei preoccupato e vorrei aiutarti se possibile-
L’amico rimase in silenzio soppesandolo e passando il proprio peso da un piede all’altro. Iida attese, paziente
-Devo parlare con Kacchan- ammise infine –Solo che per la prima volta non sono sicuro di cosa voglio dirgli-
-Credo tu debba essere sincero il più possibile- iniziò cauto il capoclasse, sorpreso dall’ammissione dell’amico –Non so cosa sia successo tra voi, ma è a causa di questo se sei così strano da ieri?- domandò. Izuku non rispose e il moro si limitò a sistemarsi gli occhiali sul naso –Parlagli Midoriya, se devi urlagli addosso e vedrai che alla fine ti sarai liberato da un peso- Gli mise la mano sulla spalla e gli sorrise –Fai tutto ciò che è in tuo potere per non avere rimpianti-
 
Izuku arrivò dinanzi alla porta di Kacchan subito dopo, giusto il tempo di raggiungere il piano corretto con l’ascensore. Rimase indeciso lì davanti per un po’, sbuffando e passeggiando nervoso, finché non prese il coraggio a due mani bussando.
Il rumore delle nocche contro il legno gli ricordò uno sparo nel silenzio del corridoio, talmente rumoroso da chiedersi se non lo avessero sentito anche al piano sottostante.
Bakugo aprì la porta e lo osservò in silenzio per nulla sorpreso, la spalla contro lo stipite, un muro invalicabile a dividerli.
Il moro ebbe l’istinto di chiedergli il permesso di poter entrare ma ci rinunciò subito. Gli mise una mano sul petto e lo spinse indietro, piano ma con fermezza e Kacchan lo lasciò fare anche mentre l’amico di infanzia si chiudeva la porta alle spalle. Il biondo stava studiando, c’erano i libri aperti sulla scrivania e la camera risultava spoglia e immacolata, impersonale, come se non ci vivesse nessuno, o come se l’occupante non volesse imprimere troppo la sua presenza.
Izuku si guardò in giro prima di osservarlo, indeciso su come iniziare
-Beh, allora? Che cazzo vuoi Deku?- domandò il biondo irritato dall’intrusione
-Risposte- ammise sincero –Tu cosa vuoi Kacchan?- domandò di rimando
-Che ti levi dalle palle tanto per iniziare-
-Davvero? E perché mi hai aiutato prima allora?- chiese
-Volevi forse venire fulminato?-
-No certo. Ma Uraraka si era già azionata e non c’era bisogno del tuo intervento, almeno questo mi è abbastanza chiaro. Eppure mi hai salvato lo stesso e io voglio sapere il perché-
Katsuki sollevò le sopracciglia e lo osservò implacabile.
 
L’acqua, fredda e densa, si riversò su di loro improvvisamente come pioggia bagnando il terreno e i compagni presenti, villan contro eroi, che gridarono scocciati e irritati contro Midoriya per essere stati colpiti in pieno. La schiena di Deku, atterrato a dieci passi da lui, si irrigidì come un palo e lo vide come a rallentatore voltarsi sorpreso verso Kiminari che aveva già il proprio quirk azionato dall’attacco che stavano compiendo in sincronia, la bocca spalancata in un grido, lo sguardo terrorizzato.
Il professor Aizawa, al centro di comando, gridò nelle loro orecchie un avvertimento e Bakugo vide l’esatto momento in cui tutti i presenti presero consapevolezza della situazione iniziando ad urlare.
Uraraka scattò, Kiminari gridò un imprecazione e lui…
Quei dieci passi verso l’epicentro del pericolo non gli sembrarono mai tanto lunghi e Deku non gli sembrò mai tanto distante.
Eppure era strano, perché il moro era sempre stato lì, a portata di voce e di braccio, mai troppo lontano dalla sua visuale.
Deku aveva già la mano protesa verso Uraraka ma lui fu più veloce. Lo agguantò per il braccio e se lo tirò addosso, lontano dalla pozza d’acqua che si era formata ai loro piedi, la lontananza sufficiente perché entrambi fossero fuori pericolo
-Stai bene Deku?- gli chiese all’orecchio e il moro si voltò a guardarlo, pallido e sconvolto, il verde immenso ed assoluto dei suoi occhi puntati nei suoi e per un solo, singolo istante, vide solo quel verde ed ebbe la straordinaria e rassicurante consapevolezza che lui stava bene, che lo aveva salvato.
 
-Il mio corpo si è mosso da solo-
Izuku si strinse il braccio, là dove Katsuki lo aveva afferrato per puro istinto
-Quello che mi hai detto l’altro giorno…- Bakugo strinse gli occhi in due fessure –E’ stato crudele. E ingiusto-
-Quale parte esattamente? Quella in cui ti dò dell’incapace? O quando ti ho dato dell’eterno secondo?-
Come se lo avesse colpito in faccia Izuku fece un passo indietro, pallido, stravolto, gli occhi ardenti di rabbia e Katsuki si ritrovò a ridere
-Sei davvero…!-
-O quando ti ho lasciato immaginare come ti avrei scopato?-
Il cambiamento fu palese: l’aria venne risucchiata via dai suoi polmoni mentre arrossiva di indignazione. Il moro si allontanò ulteriormente finendo spalle al muro e desiderò che la stanza fosse più grande
-Devi smetterla Kacchan, piantala. Non è divertente, non per me-
-Lo è mai stato?- domandò di rimando. Lo accontentò e si allontanò dandogli lo spazio che Izuku aveva desiderato silenziosamente. Si sedette alla scrivania e lo guardò dritto negli occhi –Ti sto guardando Deku- concesse –Ora lo sto facendo, proprio come mi hai chiesto. Basta stronzate, le tue cazzate non mi toccavano prima e ora meno che mai. Quindi dimmi, ora che hai la mia attenzione, che cosa vuoi? Perché sei venuto qui?-
Izuku ricordò la sensazione della sua schiena contro il petto di Kacchan. Il viso vicino al suo mentre gli chiedeva all’orecchio se stava bene.
Kacchan gli aveva marchiato il braccio, il cervello e il cuore con un unico e assoluto movimento.
Anche se il moro sapeva perfettamente… lo sapeva da sempre che non era successo quel giorno, o il giorno prima, o una settimana prima… era qualcosa che aveva scavato in profondità con il tempo e che partiva da un passato molto lontano. Non era successo in un giorno preciso, ma era successo giorno dopo giorno, costantemente
-Io…-
Bakugo rimase in attesa e gli diede due soli, miseri secondi. Il tempo sufficiente per capire che non ne valeva la pena
-Se non lo sai vattene- lo gelò dandogli le spalle –E chiudi la porta quando esci-
Izuku respirò a fondo e lo ignorò
-Non riesco a concentrarmi- iniziò. Kacchan non diede segno di averlo ascoltato, ma nemmeno si mosse e il moro si sentì autorizzato a continuare –Dall’altra sera non riesco a fare niente, non riesco nemmeno a respirare e io lo so, lo so che non è paragonabile, lo so che mi stai prendendo in giro, lo so che non significa la stessa cosa per entrambi ma… non voglio vivere nel rimpianto e mi odio per…- Non finì la frase. Non voleva ammettere ad alta voce quanto il biondo avesse potere su di lui e sulle decisioni che prendeva quotidianamente solo per poter avere la speranza di una sua minima approvazione. Non voleva che Kacchan lo sapesse, non poteva dargli anche quella soddisfazione –Voglio essere degno di te da quando avevamo 5 anni quindi… Kacchan, tra i due non sono io a dover ammettere cosa voglio perché lo so da una vita, l’importante a questo punto è sapere cosa vuoi tu. Permettimi di rifarti la stessa domanda e se lo vorrai non ne riparleremo mai più. Kacchan, cosa vuoi tu da me?-
Il biondo non si mosse.
Izuku guardò quella schiena che avrebbe potuto disegnare ad occhi chiusi e seppe che non avrebbe mai avuto una risposta, almeno non quella che voleva. Kacchan non era così, non era come lui e di sicuro non lo era verso di lui. Certo, forse si sarebbe potuto divertire ma sarebbe finita senz’altro lì.
E a lui sarebbe bastata quell’eventualità? Si, certo.
Ne sarebbe uscito distrutto, con il cuore ridotto a brandelli, spezzato irreparabilmente, mentre Kacchan, il temibile cavaliere, avrebbe avuto ogni cosa uscendone vittorioso e inscalfito. Ma era anche sicuro che un giorno avrebbe potuto ricordare quel momento senza rimpianti perché sarebbe stato sicuro di aver dato tutto.
Il moro gli diede le spalle e aprì la porta pronto ad andarsene.
Ne sarebbe valsa la pena se si fossero spinti fino a quel punto? Se avessero superato quel confine? Anche quella era una risposta ovvia
-Tu mi prendi per il culo, nerd di merda-
La sedia dove Bakugo sedeva venne allontanata violentemente e la porta si chiuse con un tonfo davanti ad Izuku che venne spinto lontano dall’uscio, la mano chiusa sul suo braccio. Izuku si ritrovò ad osservare una porta chiusa, la mano aperta del biondo sopra di essa e il braccio teso accanto al suo viso, le labbra ardenti del biondo premute contro il suo orecchio
-Ka…-
-Ti sei sempre creduto più furbo di me. Mi guardi dall’alto verso il basso anche se non sei nella condizione per farlo e io ti odio, mi hai sentito nerd del cazzo? Ti odio perché sei debole e credulone, perché vieni qui e mi sbatti in faccia le tue cazzo di idee e il tuo sapere come se fosse assoluto, come se io ti dovessi qualcosa, come se tu sapessi qualcosa di me che io non so. Io non voglio niente da te, hai capito? E tutte le tue parole del cazzo non mi toccano, non mi toccheranno mai e posso dimostrartelo- sibilò.
Izuku avrebbe potuto andarsene, uscire da quella stanza, dimenticare tutto e non tornare mai più sui suoi passi. Aveva la possibilità di prendere il poco che gli rimaneva del suo cuore e proteggerlo, perché alla presenza di quel ragazzo lui non aveva scudi o armi con cui contrattaccare e non era nemmeno sicuro di volerlo fare.
Ma Kacchan gli teneva ancora il braccio in una morsa salda, le labbra tremanti erano ancora premute sul suo orecchio e il torace dell’altro si alzava e abbassava a una velocità ben più alta del normale.
Come poteva andarsene quando poteva compiere un semplice passo, prendere quello che poteva anche se era un decimo di quello che avrebbe voluto, dare di più di quello che gli veniva chiesto, e sapere che ne sarebbe comunque valsa la pena qualunque cosa ne fosse venuta fuori alla fine?
-Ti odio anche io- gli rispose. Ed era l’affermazione più vera e più falsa che ci fosse. Si voltò, nel cerchio di quello spazio ristretto e lo guardò direttamente in faccia –Ma non voglio essere da nessun’altra parte. Non finché tu mi guardi- ammise
-Sei proprio un idiota- sbottò il biondo afferrandolo saldamente all’altezza dei fianchi, la punta delle dita che premevano sulla sua pelle
-E tu uno stronzo-
-Nerd del cazzo-
A Izuku venne da ridere e gli strinse la maglia sulle spalle
-Kacchan non sei molto credibile se mi insulti tenendomi stretto così-
-Deku, vuoi stare zitto cazzo?-
-Dimostramelo Kacchan- lo sfidò invece –Dimostrami che le mie parole non ti toccano. Dimostrami che anche se ti tocco questo non ti cambierà per sempre- Trattenne un sospiro tremante –E mentre me lo dimostri, mentre convinci te stesso, insegna anche a me come fare-
E nel frattempo spezzami e ricomponimi come più ti piace, ma ti prego, fallo mentre mi guardi.
Il biondo lo osservò, silenzioso e austero, mentre una consapevolezza nuova si faceva largo dietro i suoi occhi rossi.
 
Quindi che nome dare a quella cosa? Quando la odi e la brami allo stesso tempo? Quando l’unica cosa che vuoi sono i suoi occhi puntati su di te? Quando non importa chi è il perdente o il vincitore?
 
Izuku compì il passo. Lo baciò come se ne andasse della sua vita e rimase sorpreso nel vedersi corrisposto con la medesima foga, nel sentire le mani del biondo sul suo viso e sui suoi capelli.
Al diavolo i nomi e le etichette. Non gli importava di niente.
E non se ne sarebbe mai pentito, qualunque cosa fosse successa.
 
 
 
FINE.
  
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