Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: Elsa Maria    23/05/2020    3 recensioni
Udienza penale del 16 Luglio contro Delphini Riddle, figlia di Voldemort e Bellatrix LeStrange, colei che era quasi riuscita a far tornare l'Oscuro.
Oltre le accuse, quale verità potrebbe emerge sulla sua figura misteriosa?
[Storia partecipante al contest “Sincero (non mi odi più)” indetto da GiuniaPalma/LadyPalma sul forum di EFP]
Genere: Mistero, Noir, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Delphini Riddle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Juris Neminem Excusat Ignorantia





L’assistente dello Stregone Capo marciò a passo spedito entrando in aula a testa bassa. 
Era il suo primo vero processo e il caso per cui stava lavorando era fra i più importanti affrontati dalla cattura di tutti i mangiamorte. Un gran brusio accompagnava i rappresentanti della corte ai propri posti, il suo fu accanto l’imputato. Le manette strette ai polsi e una cinta a tenerla legata, Delphini, presunta Riddle (presentata in corte come Rowle) guardava il vuoto davanti a sé con un’insistenza da definirsi folle. 

“Sicuramente è pazza.” Fu un commento che venne dalle fila più dietro.
“La figlia di Voldemort e Bellatrix, che cosa ti aspettavi?” 
L’assistente si ritrovò ad annuire sommessamente. Presunta figlia di Lord Voldemort era ad ora un titolo, Delphini stessa si era dichiarata, più volte e con convinzione tale, d’altra parte era questa discendenza il suo movente. 
“Tira fuori i documenti.” Sussultando dalla sorpresa l’assistente prese il plico di fogli che riguardava il caso della ragazza i cui occhi ora erano sulla lista dei suoi crimini. Lo Stregone Capo assottigliò lo sguardo e disse freddamente: 
“Ci hai fornito tu queste dichiarazioni.” E non ci fu replica da parte dell’imputata che non riuscì a pronunciare suono a causa dell’arrivo del Ministro della Magia: Hermione Granger. Tutti si alzarono ordinati e puntuali per rispondere al suo arrivo, persino Delphini fu costretta a farlo. L’assistente la guardò come si fa con un assassino. Non poteva esserci pietà pur trattandosi di una giovane di appena 20 anni compiuti. Senza collaborare, la ragazza si fece spingere al centro dell’aula venendo esibita come una stranezza davanti alla platea. Il Primo Ministro prese parola: 
“Udienza penale del 16 Luglio per i crimini commessi da Delphini Rowle. L’inquisitore Hermione Granger, Ministro della Magia. Regolatore: Lo Stregone Capo Pansy Parkinson.” La voce nitida della donna venne seguita da un cristallino silenzio di cui Delphini sembrò bearsi. Aveva abbassato la testa e ora scorreva con gli occhi tutti i presenti; l’assistente si chiese se stesse studiando i volti dei deputati o semplicemente osservando quanto buffe fossero quelle toghe nere coronate da trapezi spacciati per cappelli. 
“Le accuse contro l’imputato sono le seguenti: uso illegale di una giratempo, omicidio e tortura. Inoltre, quest’oggi la corte analizzerà i fatti che riconducono l’imputata come la figlia del deceduto Tom Marvolo Riddle e Bellatrix LeStrange.” L’assistente ticchettò la penna sul banco. Delphini aveva schiuso le labbra pronta a parlare, ma un forte brusio soppresse la sua voce. La notizia che fosse la figlia di Voldemort fece più scalpore che fosse l’assassina di uno studente. L’occhio ricadde su un foglio dagli angoli ripiegati, pieno di scritte confuse: erano le dichiarazioni di Delphini, le ultime parole che le aveva sentito pronunciare. 
“Ascolteremo i fatti prima di dichiarare la sentenza. Passo la parola allo Stregone Capo Pansy Parkinson.” Il suo superiore si alzò in piedi con una cartella alla mano. Delphini aveva volto l’attenzione verso l’unica persona che aveva ascoltato la sua versione della storia oltre sé. 
“L’accusata ha dichiarato che le sue azioni sono state guidate dal volere di suo padre per adempiere al suo destino.” Tutti tacquero nell’udire il tono autoritario della donna non perdendo alcun punto di ciò che stava elencando. L’assistente seguì il discorso, ma l’occhio ricadde su quegli appunti confusi su cui una Delphini diversa da quella in aula aveva riso e urlato. 
Quando gli altri saranno risparmiati, quando il tempo sarà girato, quando figli non visti uccideranno i padri, allora tornerà il Signore Oscuro.” Aveva recitato come una preghiera, le mani piantate sul tavolo della sala interrogatori, i capelli ormai di lana calati sul volto segnato dalla prigionia. “Io sono colei che riporterà l’Oscuro, colei che riporterà la pace nel mondo magico e finalmente avrò ciò che mi spetta!” 
“Queste le sue parole?” chiese il ministro Granger con le mani intrecciate. Delphini fece per rispondere, ma il suo ghigno si spense nel sentire Pansy dire: “Sì, ha parlato anche delll’Augurey.” L’assistente lo notò chiaramente il desiderio dell’imputata di controbattere a quell’aula, ma il brusio riprese al citare la creatura magica. “Si tratterebbe del suo nome, nell’altro mondo.” Il brusio divenne rumore. Aveva fatto paura persino all’assistente sentire di un universo in cui Voldemort sopravviveva. Gli occhi cerulei della ragazza ancora impressi nella sua mente, folli e splendenti rivolti ad un irrealizzato futuro. Quando le aveva chiesto: “Ti sei vista, di là?” Lei aveva sorriso, mormorando ancora: “L’Augurey affianco dell’Oscuro.” 
“Ordine, ordine!” Il Ministro sbatté il martelletto e la calma tornò fra i membri della corte. “Altre dichiarazioni?” Lo Stregone Capo scorse con lo sguardo la lista dei vari punti mentre l’assistente ripescava tra le sue note più momenti che frasi. Prima di entrare nella sala interrogatori il suo capo aveva parlato di lei come una fredda assassina, folle seguace di Voldemort come solo i mangiamorte prima di lei lo erano stati. Ciò che si era poi presentata davanti era stata una ragazza disperata di trovare se stessa nel peggior criminale di tutti i tempi. 
“C’è altro?” 
“No, signora, nient’altro.” Rispose prontamente l’assistente.
“Nient’altro di non già dichiarato, Ministro.” E lo Stregone Capo Parkinson riprese il suo posto. 
“Sentite queste dichiarazioni, adesso passo la parola al Direttore dell’Ufficio di Applicazione della Legge sulla Magia: Harry Potter.” Vestito di un completo elegante, l’assistente fu certa che Delphini avrebbe potuto incenerire il salvatore del mondo magico con lo sguardo. Udì solo un gemito da lei sintomo del dolore provocato dalle cinghie che la tenevano immobilizzata.
“La causa di ogni male.” il nome che Delphini gli aveva dato. Poteva capirla, si trattava dell’assassino di suo padre, ma, d’altro canto, suo padre rimaneva pur sempre Lord Voldemort. 
“Grazie alle indagini svolte sul caso di Delphini Rowle sono emerse delle prove a sostegno del fatto che non si tratti della figlia di Tom Marvolo Riddle.” Un silenzio innaturale colpì la corte e il fiato sospeso di ognuno converse sulla figura improvvisamente piccola di una ragazza seduta ad un banco per lei troppo imponente. 
“Esponga le prove.” Il Ministro l’unico che non sembrò scosso; forse già sapeva. 
“Risulta che l’imputata sia cresciuta in un orfanotrofio fuori da Londra gestito da Euphemia Rowle.”
“La mangiamorte.” Mormorò uno. 
“In questo posto in cui lei faceva da guardia venivano accuditi e accolti bambini al fine di crescerli come figli dell’Oscuro Signore.” Ora il mormorio tornò, concitato e concentrato sulla causa dell’intero processo: Delphini. “Pare che il piano sia stato ordito da Rudolph Lestrange, marito di Bellatrix LeStrange. A lui si riconduce l’accudimento di questi giovani maghi manipolati per i suoi scopi.” Scoppiò il panico. Un rumore assordante si riversò per la cerchia dei banchi dell’aula, mentre il suo fulcro taceva in un’espressione di puro smarrimento. L’assistente si ritrovò a stringere il foglio fra le mani con forza. L'assassina, la folle, la fanatica divennero improvvisamente la vittima. Provò una profonda pietà per quello che altro non era che un uccellino in gabbia. Una ragazza senza passato, senza nome, privata dell’unica cosa che avrebbe potuto avere: il futuro. I loro sguardi si incontrarono e lo rivide nei suoi occhi il suo desiderio. 
“Non sarà una cella a fermarmi.” Aveva detto. “Io sono l’Augurey. Il mio destino è essere libera. Liberare mio padre. Afferrare il mio destino.” La verità le aveva strappato semplicemente tutto. 
“Silenzio!” Fu più difficile questa volta portare l’ordine. “Riguardo gli altri capi d’accusa?” Chiese il Ministro Granger rivolta al direttore Potter.
“Abbiamo testimoni interrogati sotto veritaserum che hanno confermato le torture e l’omicidio di Craig Bowker Jr.”
“Bene.” Mormorò la donna. “L’imputata vuole aggiungere qualcosa?” Finalmente Delphini avrebbe potuto parlare. L’assistente stava accartocciando nel proprio pugno gli appunti del loro interrogatorio, fremente di quel momento. Ora la ragazza avrebbe potuto difendersi, spiegarsi, riscattarsi. Se lei era stata solo vittima di un triste destino, protagonista di una storia non scritta da lei, quello era il momento per difendersi perché non c’era libertà più grande di poter dare voce alla propria opinione. 
Ma Delphini non parlò.
Tacque decidendo il suo destino per sé in quell’aula. 
“Date le prove raccolte e le dichiarazioni esposte dalla corte, quanti a favore di una condanna?” 
Le mani si levarono e Delphini le guardò una ad una. Le scorse con un’espressione inebetita in volto, le dita tremanti, la paura sulle sue labbra violacee. 
“In quanti a favore di uno sconto di pena per l’imputata date le prove circostanziali emerse durante il processo?” L’unico spostamento d’aria che tutti avvertirono fu della scure calare sulla testa della ragazza. Il Ministro annuì.
“Io condanno l’imputata al Bacio. Il processo è concluso.” Il battere del martelletto fu la recisione del suo collo.  
“Tutto bene?” La signora Parkinson richiamò l’attenzione dell’assistente che scattando sull’attenti si ritrovò in piedi di fronte a lei. 
“Sì, io stavo solo…” 
“Ti dispiace, non è vero?” Quel tono sufficiente di chi sa arrivò come uno schiantesimo in pieno petto. Entrambi i loro sguardi si persero sulla scena che vedeva protagonista Delphini, ancora spinta, questa volta fuori dall’aula. 
“Non crede che sia stato ingiusto?” Delphini aveva ucciso, torturato, ma in nome di un uomo che non conosceva, in nome di una vocazione che non era sua. “Lei voleva solo…”
“Ritrovare suo padre.” Pansy rimise nella sua ventiquattrore i documenti. L’aula intorno a loro si stava svuotando ed ora la sedia al centro della sala non era rimasta che un trono vuoto illuminato dalla fioca luce delle fiamme ardenti nel fondo della stanza. “Cosa c’è scritto lì nello stemma.” Lo Stregone Capo aveva indicato il logo del Winzegamot in bella vista sulla torre dove sedeva il giudice. 
“Juris Neminem Excusat Ignorantia.” Recitò l’assistente guardando il suo superiore, non capendo. 
“La giustizia non ammette ignoranza. Delphini sapeva ciò che stava facendo, non importa quale fosse la sua motivazione.” Prese la valigetta, il cappello in mano. “La legge non è giusta.” Il ticchettare delle scarpe sul pavimento di pietra accompagnò l’uscita della donna, facendo da eco ai pensieri dell’assistente che si frastagliarono nella sua mente. Era davvero giusto così? 
Fuori dal ministero li accolse una pioggia battente, un Augurey levò il suo grido. Gli uccelli della morte, così erano conosciuti nelle leggende, animali che con il loro canto annunciavano il recidersi di una vita. Sorrise appena. Alla fine non erano altri che uccelli che annunciavano la pioggia.

Il giorno dopo uscì sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta: “Delphini Rowle ritrovata morta suicida nella sua cella ad Azkaban. Il suo corpo freddo riverso nel sangue dopo aver flagellato la propria schiena deturpando il suo tatuaggio di un Augurey.” 
Delphini non aveva cercato giustizia, non una scusa, ma la libertà.
Adesso avrebbe potuta trovarla, insieme al proprio riscatto. 




Nota dell'autrice:
Questa è stata una sfida ardua. Scrivere di un personaggio odiato e allo stesso tempo sconosciuto? AH! Quasi una barzeletta. Non so dire se mi ha divertito o meno scrivere questa storia, perché avevo in mente una struttura ben precisa per lei: volevo che Delphini fosse privata della sua libertà. Come privare qualcuno della libertà? Non dandogli parola. Quindi ho usato una terza parte muta, l'assistente, che può essere chiunque anche il lettore stesso, la quale si ritrova nel tribunale ad affrontare un caso all'aparenza risolto; d'altronde quanto ci può volere per accusare un assassino? Ma non è tutto qui. Il peso che ha la verità su Delphini, quindi che lei non è ciò che credeva che fosse, ha una valenza oltre la giustizia: lei non è più. Non libera, non una persona, Delphini non è Riddle, non è Rowle, non è nulla, nemmeno l'Augurey che si è fatta tatuare. Delphini è la protagonista di un macabro teatrino che la vede come tale solo quando le priva ciò che lei più desidera: la libertà. Qui entra la giustizia intesa come legge, questa figura al di sopra di tutto che non guarda chi sei, ma cosa fai. Ti spoglia e di te rimangono le tue azioni che ti definiscono. Delphini è un personaggio negativo, ma ha agito nemmeno lei sa ormai per quale motivo. Delphini era ciò che altri volessero che fosse. 
E INSOMMA, per un contest il cui cuore era il "Sincero non mi odi più" me la sono rigirata io stessa fra le mani. 

Spero comunque che vi sia piaciuta e che vi abbia un po' incuriosito dato la figura enigmatica della stessa Delphini nell'opera teatrale! 

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Elsa Maria