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Autore: Ghostclimber    25/05/2020    6 recensioni
Hanamichi e Haruko si sono accordati per vedersi sabato sera a casa di lei, mentre il Gorilla è fuori, e ovviamente a Rukawa questo programma non piace granché.
Ma forse, l'unica cosa che oscurava il panorama era un dito davanti all'obiettivo.
Genere: Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Put me in your pocket, now, put me in your dress,
I will remain the one you love best.

Don't try to rip me up if I hurt you when
everything is fouled up in the end.

 

 

 

 

 

Sakuragi stava cercando un modo di parlare con Haruko senza farsi notare da nessuno, soprattutto da quel rompipalle di Miyagi, che stava prendendo fin troppo sul serio il suo nuovo ruolo di capitano. Una specie di Gorilla Punch dall'angolazione insolita lo colpì alla spalla, mentre un'esplosione di urlacci gli fracassava un timpano; probabilmente, Akagi era schiattato durante un allenamento all'università e il suo spirito aveva preso possesso del nanico corpicino di Miyagi. Di certo, Haruko non gliel'aveva detto per non farlo preoccupare. Sakuragi ghignò, si prese un altro cazzotto e da qualche parte nel bailamme della palestra una certa volpe narcolettica sbuffò: -Do'aho.- che nervi, porca miseria, quand'è che cadeva il compleanno di Rukawa? Forse, se avessero fatto una colletta e gli avessero regalato una copia dell'Enciclopedia Britannica in audiocassette, il suo vocabolario si sarebbe ampliato un po'.

-Ho sete, capitano, posso andare a bere qualcosa o devo morire disidratato in mezzo alla palestra?- sbottò Sakuragi, incrociando le braccia.

Era proprio un genio.

La scusa di bere l'avrebbe portato a pochi centimetri da Harukina cara, e lì avrebbe potuto comunicarle l'importante informazione che aveva per lei.

Miyagi sbuffò e gli intimò di darsi una mossa, e Sakuragi si diresse verso la panchina dichiarando che “Il shegreto della bellesssha è l'idratassshione!”

-E il segreto dell'idratazione è l'acqua!- trillò Haruko, porgendogli una borraccia.

-Tu sì che mi capisci, Harukina!- rise Sakuragi, poi si chinò verso di lei con fare da cospiratore e aggiunse: -Noma mi ha procurato tu-sai-cosa.

-E io sono andata tu-sai-dove e ho preso l'altro tu-sai-cosa. Formato XXL.- rispose Haruko, arrossendo.

-Quando posso venire da te?- chiese Sakuragi.

-Sabato sera. Takenori esce alle otto e mezza con una, ti telefono appena ho la casa libera.

-Affare fatto.

-Riporta il culo in campo, Do'aho.- sibilò una voce fredda dietro di lui, -Non sei certo così bravo da poterti permettere di cazzeggiare quando ti dovresti allenare.- Haruko arrossì fino all'attaccatura dei capelli, e Sakuragi ribatté con una delle sue plateali esternazioni di odio: -Cos'è, volpaccia, hai le tue cose? Ti ha punto un'ape sul culo? E poi da quando sai fare un discorso intero?

-Torna. In. Campo.- ribadì Rukawa, scoccando uno sguardo di disapprovazione a lui e alla Akagi.

-Cos'è, ti hanno eletto capitano mentre bevevo l'acqua?

-SAKURAGI, RIPORTA IL CULO IN CAMPO!- sbraitò Miyagi, e Sakuragi obbedì.

-Vedi? Lui è il capitano. A lui obbedisc... AHIA!- una sventagliata di Ayako troncò la frase assolutamente non veritiera del chiassoso pivot dello Shohoku.

 

Ecco.

Aveva aspettato troppo.

Lo sapeva, se lo sentiva dopo l'estate che il rapporto fra quei due si era trasformato in qualcosa di più profondo, ma non aveva agito.

Rukawa si maledisse e mise a segno l'ennesimo Slam Dunk.

-Porca vacca, Rukawa, hai davvero le tue cose!- commentò Sakuragi, stupito per la rabbia che emergeva dalle azioni del compagno.

Con due rapide falcate, Rukawa fu di fronte a Sakuragi e lo atterrò con un pugno alla mascella; si portò a cavalcioni sopra di lui e se le diedero di santa ragione, fin quando Miyagi non si risolse a convocare mezza squadra di judo per aiutarlo a strappare i due l'uno dall'altro.

-...irresponsabili! Rukawa, da te proprio non me l'aspettavo!- urlò Miyagi. Rukawa, che aveva colto solo l'ultima parte della frase, grugnì.

-E io chi sono, il figlio della merda?- protestò Sakuragi.

-Tu sei un cazzo di casinista!

-Ti faccio notare che Rukawa ha pestato me, e non viceversa! Non sono riuscito a mollargli neanche un cazzotto!- Già. Si era limitato a prenderlo per i polsi e trattenere la sua esplosione di collera, fissandolo con qualcosa negli occhi di molto simile alla compassione. Rukawa non ci aveva visto più e aveva cominciato a tartassarlo di colpi, liberandosi della sua stretta e ignorando le fisse di calore al basso ventre quando le mani di Sakuragi lo avevano toccato, sulle spalle, sul petto e sui fianchi, nel tentativo di allontanarlo.

E poi, compassione per cosa?

Credeva forse di averlo ferito per aver finalmente ottenuto un appuntamento con Haruko Akagi?

Beh.

Aveva ragione.

Ma non per il motivo che credeva.

Rukawa si diresse in silenzio verso lo spogliatoio, cercando di trattenere le lacrime, tentando di nascondere la propria erezione, sordo alle proteste del capitano Miyagi.

Sperò di sentir entrare anche Sakuragi, di poterlo sbirciare sotto la doccia, di beccarsi un cazzotto o due per sentire le sue mani sulla pelle, ma invano. Quando la porta dello spogliatoio si aprì sull'alta figura di Sakuragi, Rukawa era ormai vestito e pronto ad andarsene.

-Sarai contento.- disse Sakuragi con voce piatta, -Torno adesso dall'infermeria, mi hai incrinato una costola. Per una settimana non mi avrai tra i coglioni.- Rukawa non rispose, uscì e corse a casa.

 

Sakuragi resse bene la tensione per tutto il venerdì, complice il fatto che l'infermiera della scuola gli aveva prescritto almeno un giorno intero di completo riposo, che lui aveva trascorso a rileggersi tutto Dragonball, Arale e un paio di giornaletti hentai che aveva sgraffignato in fumetteria.

Il sabato cominciò a cedere un tantinello, sotto gli occhi ansiosi e preoccupati degli amici della Gundan, ma mantenne una sfrontata facciata di indifferenza, che venne meno solo quando si fermò vicino ad un campo da basket per tirare un sasso in direzione di Rukawa che si allenava.

Non lo prese, neanche di striscio, ma lo distrasse abbastanza da concedere a Sendoh, contro il quale si stava battendo in uno one-on-one, di fregargli la palla e segnare a canestro.

La risata beffarda di Sakuragi squarciò l'aria infuocata del tramonto.

 

-Ehi, Rukawa, stavolta ti ho fregato!- ridacchiò Sendoh, cominciando a palleggiare dopo aver recuperato la palla. Non ottenne risposta, il che era prevedibile, ma nemmeno vide avvicinarsi l'ombra dell'amico, quindi si voltò a cercarlo e lo vide che si chinava a raccogliere qualcosa da terra. Sembrò soppesare l'oggetto, poi lo strinse forte in mano e con un urlo lo scagliò lontano: -Vaffanculo, Sakuragi!

-Ohi, ohi, ohi, frena un po'. Rukawa, che diavolo ti prende?- chiese Sendoh, in ansia. Mai e poi mai avrebbe creduto di vedere quell'automa che non solo si dimenticava del basket, ma che si faceva prendere da un'emozione e urlava, per Kami, urlava. Rukawa. Urlava.

Spinto solo dal proprio istinto, allungò una mano verso una spalla di Rukawa, che reagì immediatamente al contatto fisico, non scostandosi ma gettandosi tra le braccia di Sendoh, che lo accolse titubante.

-Ehi, Rukawa, che ti succede?

-Lui, lui mi succede, è sempre peggio.

-Sakuragi? Ma che è successo?

-A sassate. Adesso mi prende a sassate.- Rukawa si lasciò andare ad uno sbuffo di risata isterica, -E sai qual è la cosa peggiore? Me lo merito.

-Ok, adesso ci vestiamo e andiamo a casa mia. E mi spieghi tutto.

-Non voglio parlarne.- ribatté Rukawa, spingendo via Sendoh, che rimase allibito a fissare la macchia rossa che gli era rimasta sul petto.

-Rukawa... sanguini.- con un movimento fulmineo, ghermì il polso di Rukawa e lo costrinse ad aprire la mano, segnata da solchi rossi e insanguinati dove il sasso l'aveva ferito. Cercò di fissarlo negli occhi, ma l'altro distolse ostinatamente lo sguardo. -Adesso la pianti di fare l'eroe drammatico e vieni con me. Ti medico quella mano e poi tu mi racconterai tutto, volente o nolente.- disse, e senza aggiungere altro se lo trascinò dietro.

 

Sakuragi uscì dalla doccia e guardò verso lo specchio, felice che il vapore dell'acqua calda l'avesse appannato abbastanza da impedirgli la vista del proprio corpo tumefatto e coperto di lividi. Non aveva saputo reagire all'attacco ingiustificato di Rukawa e ne pagava ora le conseguenze. Trasse un profondo respiro e sussultò al dolore pungente della costola incrinata che lo pungolava al fianco. Con un respiro più cauto, si diresse in camera da letto e scelse con cura un abbigliamento adatto per la serata con Haruko.

Attese con ansia la telefonata della ragazza che gli annunciava il via libera.

Prima di uscire, prese un sacchetto con il logo di una farmacia della zona che aveva nascosto sotto allo zaino della scuola e salutò uscendo: -Ciao, mamma, vado da Haruko! Probabile che farò tardi, non aspettarmi alzata!

 

Ciò che Sendoh aveva dedotto da una specie di interrogatorio in stile Guantanamo era che Rukawa aveva una tremenda cotta per Sakuragi, ma che quest'ultimo non solo non lo degnava di uno sguardo, ma quella sera sarebbe uscito con una ragazza, Haruko Akagi: gli pareva di ricordarsela, a sbavare dagli spalti per Rukawa, e quando non gli vennero in mente altre domande emise un sommesso “mmmh”.

-È per questo che mi hai trascinato fin qui? Per farti i cazzi miei e poi mugugnare?- chiese Rukawa.

-Sto pensando. È strano, sai, da quel che ricordo la Akagi sbava per te.

-Deve aver capito che non c'è trippa per gatti.

-Bella roba, allora, per Sakuragi... fare da ripiego visto che tu non glielo dai.

-Io glielo...

-Alla Akagi, non a Sakuragi!- specificò Sendoh, roteando gli occhi.

-Nh.- Rukawa si fissò la mano, avvolta da bende candide, incapace di formulare un pensiero coerente. Tutto ciò che la sua mente riusciva a visualizzare era Sakuragi, nudo e sudato, stretto fra le braccia indegne della Akagi, che le sussurrava paroline dolci all'orecchio...

Il campanello trillò, e Sendoh si girò per controllare l'ora: -Cacchio, se è tardi! Dev'essere già Hiro.

-Vado via.

-Non in quelle condizioni.- Sendoh bloccò il movimento che Rukawa stava facendo per alzarsi e andò ad aprire al proprio ragazzo: -Hiro, tesoro, scusami tantissimo... di là c'è Rukawa, stasera niente sporcellate... è in crisi nera.

-Per Sakuragi?- chiese Koshino, entrando come se fosse casa propria per una confidenza data dall'abitudine; tolse le scarpe, infilò le proprie ciabatte e si diresse in salotto salutando: -Ehi, Rukawa, come butta?

-Come fai a saperlo? Perché sai sempre tutto?- chiese Sendoh con voce stridula, chiudendo la porta.

-L'ho letto su Wikipedia.- ironizzò Koshino, -Dai, cazzo, è palese. Rukawa è cotto di Sakuragi da... cosa?- si rivolse al diretto interessato, -Dalla prima volta che l'hai visto?

-Nh... qualcosa del genere.- ammise Rukawa, come se niente fosse.

-COSA? E non me l'hai detto!

-Cosa dovevo dirti, che mi sono innamorato del deficiente più eterosessuale del mondo?

-Mmmh... non saprei.- commentò Koshino, dubbioso.

-COOOSA?- sbottò Sendoh, saltando in ginocchio sul divano come una ragazzina.

-Come cazzo fai a starci assieme?- chiese Rukawa a Koshino.

-Ho una gran capacità di sopportazione del dolore.

 

-Come ti stai trovando nel ruolo di seconda manager?- chiese Sakuragi, la bocca piena di pizza.

-Non è proprio facilissimo, non so se si addice al mio carattere... voglio dire, Ayako è così volitiva...- rispose lei, tormentando pensosa un'oliva nera.

-Sai, secondo me dovresti concentrarti più sul ruolo di moderatrice... da quando il Quattrocchi è andato via ci manca una mamma chioccia.- Haruko s'illuminò, ed era davvero carina anche senza trucco e con i capelli raccolti in una coda bassa mezza sciolta.

-Hai ragione! Hana, sei un genio!

-Eh eh eh, modestamente!- rispose lui, gongolando, poi si concentrò di nuovo sulla pizza. Mangiava con estrema lentezza, in realtà non aveva neanche fame, per rimandare il momento in cui avrebbe... ma gli si stringeva lo stomaco solo al pensiero.

-Hana, va tutto bene?- chiese Haruko, ansiosa.

-Sì. No. Non lo so. Haruko, non so come ringraziarti per quello che stai facendo per me.

-Non c'è bisogno. Siamo amici, no?

 

-Adesso mi spieghi, Hiro!- ordinò Sendoh, saltellando in ginocchio sul divano.

-Niente, solo che... non credo che Hanamichi sia etero. Mi pare tutta una facciata.

-Spiegati meglio.- lo incitò Rukawa, di colpo sveglio e interessato.

-Insomma... da quel che so, si è dichiarato a qualcosa come cinquanta ragazze in tre anni. Questo significa che non era davvero innamorato di nessuna di loro. E poi, andiamo, cinquanta? Vuol dire una ogni paio di settimane, più o meno. Io avrei pensato piuttosto ad affinare un po' la tecnica.

-Che ci vuoi fare, è scemo.

-Ma il suo amico, Mito mi pare che si chiami...- s'intromise Sendoh, pensieroso, -Lui non è un cretino. Avrebbe tentato di convincerlo.

-Io direi che è il caso di sentire cos'ha da dire.- disse Koshino, con un ghigno malefico.

-Chi? Cosa? Come?- chiese Sendoh.

-Quando e perché.- concluse Koshino, ironico, poi chiese: -Mi presti il tuo pc? Non dovrei metterci più di dieci minuti.

-Aspetta, fermo un attimo.- lo bloccò Rukawa, mentre Sendoh correva in camera a prendere il proprio portatile, -Non ho intenzione di chiamare Sakuragi e chiedergli se per caso è gay.

-Non chiamerò lui, tranquillo. Chiamerò Mito.

-E per chiedergli cosa?

-Fidati di me.- il luccichio in fondo agli occhi di Koshino sembrava una fiamma malefica, e Rukawa aprì la bocca per ribattere, poi l'altro lo tranquillizzò: -Non preoccuparti. Tu ne resti fuori.- Sendoh era tornato con il portatile, e Koshino si mise di buzzo buono per crackare i sistemi informatici dello Shohoku e trovare il numero di telefono di Yohei Mito.

 

Haruko aveva messo nella pattumiera i cartoni vuoti della pizza, e sul tavolino restavano solo due bicchieri mezzi pieni e una bottiglia di 7-Up.

Il sacchetto che Sakuragi aveva portato giaceva, ignorato ma al centro dei suoi pensieri, di fianco al divano, a portata di mano. Sembrava calamitare il suo sguardo, e pareva quasi emanare un alone bollente, come se fosse un bento che conteneva del cibo molto caldo.

Haruko tornò in salotto e appoggiò una mano sull'avambraccio di Sakuragi, che trasalì e la fissò con occhi sgranati. Lei sorrise e chiese: -Ci siamo? Vuoi farlo?

-...sì...- sussurrò Sakuragi, e Haruko gli si sedette di fianco. Si protese a prendere il sacchetto da dove Sakuragi l'aveva lasciato e lo mise in grembo all'amico: -Avanti. A te l'onore.- disse, e dopo un istante di esitazione Sakuragi lo aprì, rovesciando sul tavolino il suo contenuto.

 

-Niente, non risponde nessuno.- bofonchiò Koshino, mettendo giù il telefono. Aveva trovato il numero di Mito, ma al quarto tentativo si rese conto che era inutile insistere.

-Ho un'idea migliore...- disse Sendoh in tono allusivo.

-Cioè?- chiese Koshino.

-Coitus interruptus. Trova il numero di Akagi e spiffera cosa sta succedendo a casa sua.- Koshino s'illuminò e disse: -Akira, quando fai così ti bacerei!

-Beh, fallo!

-No, poi rischio di non fermarmi...- ribatté lui, imbronciato.

-Che diabete...- commentò Rukawa, roteando gli occhi, mentre Koshino tornava a digitare alla velocità della luce.

 

Un tornado si abbatté sulla porta di casa Akagi, e un grosso gorilla entrò sbraitando: -HARUKO! CHE COSA STA SUCCEDENDO QUI?

-Takenori?! Non dovevi star fuori tutta la sera?!

-Ah, ci contavi, eh, tu piccola...- Akagi non finì la frase, troppo stupito per proseguire. Sua sorella era emersa da dietro il divano, vestita di tutto punto e neanche un po' spettinata.

Sempre che “vestita di tutto punto” volesse dire che indossava una felpa stravecchia, con il bordo sfilacciato e macchie ovunque e un paio di pantaloni rosa con Hello Kitty.

E sempre che “neanche un po' spettinata” volesse dire che andava bene quella coda bassa, ritorta su se stessa, da vecchia bigotta.

In parole povere, non sembrava vestita come una che aveva intenzione di fare quel che diceva il messaggio anonimo che aveva ricevuto poco prima.

Lo rilesse, certo di aver capito male: “Tua sorella è a casa sua, da sola con un ragazzo e una scatola di preservativi. Probabilmente ti conviene controllare la situazione.”. No, decisamente non c'era nulla di fraintendibile.

-Ehilà, Gori, è bello vederti!- disse la voce tremante di Sakuragi, che emergeva come un grottesco sirenetto al fianco di Haruko, col viso rosso e congestionato.

-COSA STAVATE FACENDO LÌ DIETRO?- sbottò Akagi, che non si era certo dimenticato della cotta che Sakuragi aveva per sua sorella. Si lanciò in avanti, smuovendo di almeno mezzo metro il divano e facendo emettere ad Haruko un pigolio terrorizzato. Sakuragi tentò di portarsi fuori tiro, stringendo al petto il sacchetto di nuovo pieno, ma Akagi fu più rapido: glielo strappò di mano e il suo contenuto si riversò ovunque sul tappeto.

-Ma... ma... cosa...- balbettò Akagi. Sakuragi cominciò a piangere piano.

 

Quel lunedì, Haruko Akagi sembrava persino più incazzosa di Miyagi; aveva un cipiglio quasi gorillesco, che finalmente mostrava lo stretto grado di parentela con l'ex capitano dello Shohoku. Rukawa le sentì dire ad Ayako: -Hanamichi oggi non viene. La costola gli fa ancora male quando respira troppo a fondo.

-Oh, mi dispiace. Se lo senti, fagli i miei auguri.

-Lo farò.- Rukawa, che aveva passato il weekend a fare congetture con Sendoh e Koshino, si avvicinò e chiese: -Sta ancora male?- con sua somma sorpresa, Haruko lo squadrò da capo a piedi con malcelato disgusto.

-Sì, e tutto grazie a te. Potevi almeno scrivergli un messaggio, chiedere scusa... lui non ti ha mai fatto male veramente.- Ayako fissò l'amica, incapace di credere che si stesse rivolgendo a Rukawa senza svenire, tremare o balbettare, ancor più che gli stava parlando come se lui la disgustasse.

Poi, accadde una cosa che la spinse a credere di essersi presa una bruttissima influenza: Rukawa chinò il capo e chiese scusa. Anche Haruko, che fino ad un istante prima era stata così battagliera, abbassò il quaderno arrotolato con cui lo stava minacciando ed emise un incredulo: -Eh?

-Mi dispiace, davvero. Non ho il suo numero e non so dove abita, non ho potuto chiedergli scusa. Diglielo tu per me. E...- Rukawa esitò un attimo, poi sussurrò: -Trattalo bene. Fallo felice. Lui merita il meglio.- e si allontanò a mezza corsa.

-Hai sentito anche tu quel che ho sentito io?- chiese Ayako, stordita.

-Credo di sì.- rispose Haruko, mentre il quaderno le cadeva di mano.

 

Sakuragi respirò con cautela.

I polmoni si espansero fino in fondo, e solo una piccola puntura lo tediò, verso la fine, segno che la costola era quasi perfettamente a posto.

Il giorno dopo avrebbe potuto tornare ad allenarsi.

Il problema è che non voleva.

Con la mente tornò all'atroce sabato sera.

 

-Guardalo, non è bellissimo, qui? Che pelle, che pelle... sembra marmo. Oh, come vorrei poterlo accarezzare, scoprire se è freddo o caldo, sentire se dai suoi pori sprigiona il suo odore...- Sakuragi sospirava, di fronte ad uno splendido primo piano di Kaede Rukawa, concentrato in un contrasto con un giocatore che non era stato incluso nella fotografia.

Aveva preso una cucchiaiata immensa di gelato al cioccolato e un'altra foto, mentre Haruko assisteva sorridente. -E guarda qui. Lo sternocleidomastoideo. Non è terribilmente sexy? Tu non hai idea di quanto vorrei mordicchiarlo, sentire la giugulare che pulsa contro le mie labbra...

-Ho idea, ho idea...- aveva ridacchiato Haruko, dandogli una pacca amichevole sul braccio. Sakuragi si era quindi buttato a terra, di schiena, con un'altra foto stretta al petto, e aveva emesso un flebile gemito: -Come hai fatto a sopravvivere?

-Mi sa tanto che sei più preso di quanto lo ero io, Hana!- rispose Haruko.

-Lo amo. Kami, quanto lo amo. E lui... lui neanche mi vede. E se mi vede, gli do fastidio. Sono sicuro che mi farebbe fuori, se potesse. Vorrei mori...

-HARUKO! CHE COSA STA SUCCEDENDO QUI?- aveva chiesto la voce tonante del Gorilla. Mentre Haruko lo distraeva, Sakuragi aveva rimesso nel sacchetto la montagna di foto di Rukawa che si era fatto dare da Noma con la scusa che Haruko le voleva, ma poco dopo quel tornado umano di Akagi gli si era abbattuto addosso e gli aveva strappato di mano il sacchetto. La carta si era rotta, e innumerevoli fotografie di Kaede Rukawa erano piovute dal cielo, come un piccolo miracolo in miniatura.

-Ma... ma... cosa...- aveva chiesto Akagi, stralunato. Haruko aveva tentato di convincerlo che erano tutte sue, ma di fronte ad una scenata sul tema “Sei fidanzata, devi lasciar perdere queste cose, gli stai mancando di rispetto”, Sakuragi era intervenuto: -Non sono sue. Grazie, Haruko, so che l'hai fatto per me, ma non è il caso. Sono mie, Gorilla. Sono innamorato di Rukawa. Haruko è stata così gentile da accettare di passare una serata ad ascoltare i miei piagnistei.

 

-Ayako...- sussurrò Haruko, avvicinandosi all'amica.

-Dimmi.- rispose lei, guardando di nascosto il fondoschiena di Miyagi.

-C'è questo mio amico che è innamorato di uno stronzo col botto... bellissimo, sì, ma stronzo col botto. Si sono azzuffati qualche giorno fa, e il mio amico c'è rimasto davvero male.

-Continua...- disse Ayako.

-Se lo stronzo col botto fosse saltato fuori a dirmi che gli dispiace, e avesse mostrato una qualche specie di interesse nei confronti del mio amico...

-Non fare tante storie e da' a Rukawa l'indirizzo di Hanamichi.

-Ah.

-Digli di andare a parlarci, vedrai che lo fa. Fino a ieri non l'avrei detto, ma sembra cotto marcio.

-Come hai fatto a capire che parlavo di loro?- chiese Haruko.

-Haruko-chan... guarda che c'ero.

 

Sakuragi fissò il sacchetto regalo di Hello Kitty che Haruko gli aveva dato per sostituire quello della farmacia. Una volta spiegato l'equivoco, effettivamente Sakuragi aveva dovuto ammettere che un sacchetto della farmacia, unito ad un ragazzo e una ragazza soli in casa di sabato sera, poteva essere fraintendibile.

Si erano divisi il gelato al cioccolato, mangiandolo a cucchiaiate direttamente dalla confezione formato famiglia, e per una volta il Gorilla si era dimostrato tollerante, persino gentile. Aveva incoraggiato Sakuragi e gli aveva addirittura chiesto scusa per aver dubitato.

-Hana, tesoro, vuoi del tè?- chiese la voce della signora Sakuragi dalla cucina.

-No, mamma, grazie! Magari più tardi!- urlò lui di rimando. Con mani tremanti, sfogliò le foto di Rukawa fino a trovare la sua preferita, in cui lui faceva un mezzo sorriso, e dai suoi occhi solitamente inespressivi trapelava ammirazione e orgoglio. A Sakuragi piaceva guardare quella foto e immaginare di girarsi verso di lui dopo aver fatto uno slam dunk e di trovarlo con quell'espressione; colto alla sprovvista, Rukawa avrebbe distolto gli occhi, e bofonchiato il suo solito “Do'aho”, ma Sakuragi l'avrebbe raggiunto, l'avrebbe preso per un polso e l'avrebbe baciato. E Rukawa avrebbe corrisposto, e poi gli avrebbe fatto i complimenti per la sua bravura.

E poi avrebbero cominciato a piovere rane, probabilmente, rifletté Sakuragi con amarezza.

Una lacrima sfuggì al suo controllo, e gli solcò lieve una guancia.

 

-Rukawa.- la voce di Haruko richiamò il tormentato numero 11.

-Nh?- la ragazza gli stava porgendo un foglio piegato in quattro.

-Non ho tempo di passare da Hanamichi a porgergli le tue scuse. E mi sembra anche squallido. Vacci tu, se ci tieni tanto.- Rukawa la fissò stralunato, poi lei mise a fuoco qualcosa di più distante e lo lasciò lì, con il foglio in mano e i denti in bocca; si girò appena in tempo per vederla abbracciare e baciare Aota, l'ex capitano della squadra di judo, e la udì chiamarlo “Amore mio”.

Amore mio.

Allora non stava con Sakuragi!

Rukawa svolse il foglietto.

C'erano una serie di indicazioni stradali che portavano ad un quartiere non distante dallo Shohoku e un'ultima riga vergata con tratti rabbiosi: “Se fai soffrire il mio amico sei morto!”.

Rukawa corse fuori dalla palestra.

 

Suonò il campanello, e la mamma di Sakuragi chiamò: -Hana! È per te!

-Non voglio vedere nessuno!

-Alza il culo e vieni qui!- Sakuragi sospirò, gettò la foto sul cuscino e si arrese ad obbedire: quando sua madre faceva così, era più insistente di un Panzer tedesco.

Sakuragi s'immobilizzò non appena l'ospite entrò nel suo campo visivo.

-Ru... Rukawa? Che ci fai qui?- la risposta si fece attendere così tanto che Sakuragi ebbe il tempo di chiedersi se non fosse un cartonato fatto stampare da Haruko, ma era quasi certo di non avere nessuna foto di Rukawa in divisa scolastica. Non sveglio, almeno, di Rukawa che dormiva sul banco ne aveva una mezza dozzina.

-Sono... sono venuto a vedere come stai.- soffiò Rukawa, poi squadrò Sakuragi da capo a piedi. Era bellissimo, con una semplice t-shirt nera e i jeans strappati.

-Oh!- si stupì Sakuragi, -Beh, ecco...- un mestolo lo colpì alla tempia.

-Non ti ho insegnato niente, razza di cretino degenere?

-Ahia! Scusa! Ahia... Rukawa, entra pure, non stare lì impalato, ahia, vuoi qualcosa da bere?

-Ho fatto del tè, ve lo porto in camera di Hana!- annunciò la signora Sakuragi, passando tutta allegra con un vassoio carico di cibarie; passando, scoccò un bacio volante al figlio e disse: -Bravo bambino, ti ho insegnato bene.

-Quelle ciabatte dovrebbero andarti...- disse Sakuragi, con una lacrima di dolore che faceva capolino dall'occhio sinistro, -E datti una mossa, se ti vede ancora lì è capace di menarmi di nuovo!- Rukawa seguì docile Sakuragi, troppo stordito all'idea di entrare nella sua camera da letto per riuscire a reagire. Si sedettero di fronte alla scrivania, Sakuragi con una lieve smorfia di dolore. -Ancora la costola?- chiese Rukawa a voce bassa.

-Sì... era quasi passato, ma ho fatto un movimento brusco quando mia mamma ha deciso di usarmi per fare il tiro a segno.

-Mi dispiace.- disse Rukawa.

-Eh?

-Mi dispiace. Non volevo farti male.

-Ah.- Sakuragi rimase attonito. Improvvisamente realizzò cosa stava succedendo: era solo in camera da letto con Rukawa, che era andato lì di sua spontanea volontà per chiedergli scusa e per vedere come stava. Arrossì e distolse lo sguardo, che andò a posarsi su...

-Merda.- sibilò. Un movimento brusco di Rukawa lo costrinse a guardarlo di nuovo. Si stava mordicchiando l'unghia del pollice, le sopracciglia corrucciate in un'espressione che Sakuragi conosceva fin troppo bene, per averla vista sul proprio viso: delusione.

-Ah, no, scusa, non dicevo a te, è che...- oddio, e adesso come faceva a finire la frase? Non poteva certo dirgli “è che mi sono accorto di aver lasciato in giro alcune tue foto sulle quali sospiro, piango come un deficiente e ogni tanto mi masturbo”.

-Niente, non farci caso.- disse infine, inutilmente. Gli occhi di Rukawa si erano posati sul futon già steso per la notte, e sul cuscino c'era... -Merda.

-Come quella che hai in testa, Do'aho.- disse Rukawa, ma non c'era la solita freddezza nella sua voce. Sakuragi alzò la testa e lo guardò; Rukawa cercò di sostenere il suo sguardo, ma dopo poco distolse il proprio. Aprì la bocca come per parlare, due volte, ma la richiuse nella speranza che Sakuragi dicesse qualcosa per primo. Quando fu chiaro che Sakuragi non avrebbe spiccicato parola, chiese: -Non la usi come bersaglio per le freccette, vero?- Sakuragi esitò a lungo, meditando se fosse il caso di negare l'ovvio, poi si rese conto che Rukawa, voltandosi per uscire, avrebbe visto sicuramente le altre foto, tra cui una in cui figuravano entrambi, l'estate precedente, e si scambiavano un cinque dopo aver sconfitto il Sannoh. Oltretutto, quella particolare foto era incastrata nel bordo dello specchio, quindi il suo significato era chiarissimo, cristallino.

-No, non la uso come bersaglio per le freccette. Non ci so giocare, a freccette. Stavo tentando una magia voudou.

-Spilloni roventi?- chiese Rukawa con voce tremante, lo sguardo basso. Ma perché restava ancora lì a farsi umiliare? Se Sakuragi avrebbe risposto di sì, probabilmente non avrebbe retto e sarebbe scoppiato in lacrime, gettando al vento ogni possibilità di salvare la faccia e quello scarno rapporto che c'era tra loro.

-In teoria, ho letto su un libro che se pungo il tuo chakra sacrale tu...- Sakuragi esitò. Era il grande passo. Non sarebbe più potuto tornare indietro.

Rukawa avrebbe voluto alzarsi di colpo e scappare, ma gli arti erano diventati di burro; gli si riempirono gli occhi di lacrime. Sakuragi lo odiava così tanto da lanciargli maledizioni voudou. Certo, era una stronzata per creduloni, ma era un chiaro segno di quanto... -Se pungo il tuo chakra sacrale, tu dovresti innamorarti di me.- terminò Sakuragi. Rukawa lo guardò sbigottito, ma Sakuragi aveva distolto lo sguardo, e fissava risoluto il pavimento mordendosi un labbro.

-Do'aho. Stai ben lontano dal mio chakra sacrale.- ordinò Rukawa, trovando in qualche modo una voce fredda e imperiosa. Sakuragi serrò gli occhi, in attesa di un pugno.

-Non ne hai bisogno, idiota.- concluse Rukawa con voce più dolce. Sakuragi alzò la testa, stupito.

-Co... cosa vuoi dire?

-Sei lento...- lo schernì Rukawa, poi si fece avanti e gli prese il capo tra le mani. Non poté fare a meno di chiudere gli occhi, per assaporare il tocco di quei capelli morbidi che tanto aveva agognato, e si lasciò sfuggire un lieve gemito. Avvicinò il viso a quello di Sakuragi, ma all'ultimo non ebbe il coraggio di baciarlo, di nuovo insicuro, di nuovo certo che la storia del voudou fosse una mascherata per tentare di umiliarlo; appoggiò la fronte alla sua ed emise un soffio tremulo.

-Anche tu.- ribatté Sakuragi con voce tremante, poi sporse in avanti il mento e lo baciò. Rukawa si sospinse verso di lui, come se fosse una sfida, e dischiuse le labbra di Sakuragi con la lingua, ormai impossibilitato a fermarsi. Si strinsero l'uno all'altro, ancora increduli, quasi disperati; persero l'equilibrio e caddero sul futon, e Sakuragi gemette di dolore.

-La costola?- chiese Rukawa, scostandosi a malincuore.

-Sì...- rispose Sakuragi con voce rotta. Le labbra di Rukawa scesero sul suo fianco, le sue mani sollevarono la maglietta e una miriade di piccoli baci fu depositata sul livido ormai giallastro.

-Scusami.- disse Rukawa tra un bacio e l'altro, -Ero così geloso, pensavo che stessi con Haruko... scusami... scusami, amore.

-Kitsune, da quando sei così sdolcin...

-Ragazzi, volete altri biscotti?- chiese la signora Sakuragi, entrando senza bussare, -Oh!

-Mamma!- protestò Sakuragi, tirando Rukawa per la testa per spostarlo da quella posizione così ambigua.

-Questo vuol dire che non ti sentirò più frignare?- chiese la signora Sakuragi.

-Mam...!- Un sospiro esasperato scompigliò i capelli di Rukawa, -E va bene, sì, vuol dire quello.

-Ottimo. Se volete biscotti, venite a prenderli. Vi lascio soli!- la porta si richiuse dietro di lei.

-Hai pianto per me?- chiese Rukawa.

-Sì.- ammise Sakuragi. Rukawa si sporse in avanti, trovò le sue labbra e le schiuse con le proprie, cercando di infondere al proprio bacio tutto il calore di cui era capace. Incontrò la sua lingua, morbida e calda come l'aveva immaginata, e la accarezzò con la propria. Quando dovette staccarsi per respirare, gli sussurrò: -Non farlo mai più.

 

 

 

 

And maybe, all the fights will never happen,
maybe, nothing's going to change,
maybe, I'll be always laughing.
Nothing standing in the way,
nothing clouding up the future,
not the faintest threat of rain,
nothing clouding up the picture,
but a finger in the frame.

(Del Amitri, In The Frame)

 

 

 

 

E niente, ragazzi, non riesco a stare lontana da questo fandom.

Voglio troppo bene a voi e ai nostri cuccioloni.

Come sempre, battete un colpo se avete gradito!

XOXO

   
 
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