Si sentiva continuamente attaccato e trattato ingiustamente. Agiva in modo ostile, cinico. Era una sorta di lupo solitario.
 
Molte volte quando cresci in un ambiente avverso si diventa così. Fin da piccolo gli avevano insegnato che, se avesse voluto qualcosa, doveva lottare per averlo e che mai nessuno gli avrebbe dato qualcosa gratuitamente. Crescendo invece, si era accorto che anche lottando non si otteneva nulla, e che la vita era disgraziata. Certo, c'erano persone che vivevano di rendita, a cui nessuno doveva nulla, ma che repentinamente, come fosse un disco rotto, avevano tutto. Almeno tutto ciò che voleva lui. Le cosiddette persone "nate con la camicia" gli facevano un sacco di rabbia. Lui che aveva sputato sangue pur di rincorrere i suoi sogni e che ogni giorno si svegliava pensando che quello sarebbe stato il suo giorno. Ma non era mai così. La vita, a quanto pare, non voleva dargli nulla e non perché fosse cattivo o perché effettivamente avesse fatto qualcosa di inconcepibile, no, anzi, ma soltanto perché era nato nel luogo e nel momento sbagliato della sua epoca. Un momento in cui, a quanto pare, essere della parte sbagliata della città faceva di te un delinquente. Una sorta di "appestato".
 
Non sapeva neanche cosa volesse dire quella parola, anzi, molte volte non riusciva neanche a stare dietro ai discorsi dei politici. Troppo complicati. Sua mamma gli aveva detto che le persone come loro, non erano ben volute, perché in un momento passato, i loro padri fondatori, avevano fatto delle scelte radicali.
E lui chi era per poter andare contro un suo superiore? Nessuno, assolutamente nessuno.
 
Eppure, quando compì quindici anni, aveva aperto gli occhi. Non era giusto che qualcuno nato prima di lui e di cui non sapeva assolutamente niente, potesse aver preso delle decisioni che si riflettessero sul suo essere. No, non poteva accettarlo. Aveva bisogno di scappare. Voleva anche lui sentirsi potente, anzi no, voleva essere assolutamente invisibile, come qualunque persona. Non doversi nascondere e non aver paura di dire la propria opinione.
 
Si parla tanto di civilizzazione, ma nella sua intera vita, l'unica cosa che aveva ricevuto erano soltanto pugni.
E lui non era nato per essere conforme alle leggi.
 
Al compimento dei suoi diciassette anni, Hitoshi, aveva trovato il suo posto nella società. Certo, quest'ultima non se l'era immaginata così, pensava fosse perfetta e che tutti fossero civili e modesti, ma non poteva certamente lamentarsi. Finalmente anche lui sorrideva, ed anche se doveva vivere nell'ombra della civiltà, almeno poteva definirsi soddisfatto.
Meglio vivere isolati in un posto luminoso, che isolati in un posto oscuro, dimenticato.
 
Inoltre, da ormai mesi, la luce aveva preso una sfumatura ancora più dorata da quando Denki, un ragazzo perfetto, dolce e solare, ne faceva parte.
Forse poteva affermare che non era la luce a rendere bello Denki, ma era proprio egli a rendere bella la luce.
 
Anzi era proprio lui la luce.
 
Luce viva, vorace, che non ti lascia mai solo.