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Autore: Dalybook04    03/06/2020    1 recensioni
[Storia collegata a "Tutti i pomodori con cui mi dicesti ti amo" e "Conseguenze bruciate e dipinti di strada", ma può essere letta indipendentemente]
***
Antonio stava rischiando di impazzire.
Dopo nove anni stava per tornare lì, a Napoli, dal suo Lovino. Solo a pensarci non riusciva a non sorridere.
La prima volta che aveva messo piede a Napoli era stato accolto da un pomodoro, lanciato con violenza sul suo viso, che gli aveva macchiato l'uniforme e cambiato la vita per sempre.
Ora invece...
Genere: Malinconico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas, Spagna/Antonio Fernandez Carriedo, Sud Italia/Lovino Vargas
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Cronache del diciottesimo secolo e altre storie'
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Antonio era da settimane su quella nave e stava rischiando seriamente di impazzire.
Ogni giorno rileggeva le lettere del suo Lovinito, con una nuova speranza nel cuore. Ogni giorno si svegliava con il petto un po' meno pesante. Ogni miglia più vicino a lui sentiva il cuore battere più forte, il sorriso farsi più spontaneo e ampio sul suo viso.
Quando finalmente vide Napoli ergersi bellissima sul mare, sentì il nodo allo stomaco stringersi. Radunò le sue cose e corse all'uscita della barca, aspettando che la nave raggiungesse il porto. A fine marzo sarebbero stati dieci anni da quando era partito, ma si era finalmente deciso a rompere quel triste anniversario per sostituirlo con uno decisamente più lieto; tuttavia, erano comunque passati nove anni prima che si decidesse.
Nove anni. Faceva strano pensarci, sembravano molto meno. In quei nove anni ogni giorno era sempre stato uguale a quello prima, sembrava passato meno tempo, eppure sembrava trascorsa una vita dall'ultima volta che aveva baciato l'altro. Però erano solo nove anni. Nove anni di lontananza, disperazione, lettere che valevano come l'oro. Nove anni di lacrime, preghiere e sofferenza. Nove anni di solitudine, nove anni di disperazione e dolore, nove anni di mancanza, nove anni in cui gli era sembrato di aver perso la felicità, nove anni prima di ritornare finalmente lì, nella città dove aveva smarrito il cuore. Nove anni per essere il primo a scendere dalla nave, fiondandosi quasi fuori, la valigia stretta in mano e il cuore impazzito nell'aria della sera.
La prima volta che aveva messo piede a Napoli era stato accolto da un pomodoro, lanciato con violenza sul suo viso, che gli aveva macchiato l'uniforme e cambiato la vita per sempre.
Ora, non appena lo vide, fu direttamente Lovino a lanciarsi addosso a lui, stringendolo come se ne andasse della sua vita. Antonio lo strinse a sua volta, inspirando il suo profumo, che dopo tutto quel tempo aveva quasi dimenticato; quello gli invase le narici e il cuore con una forza devastante, forse lo spagnolo pianse anche un po'. Lovino di sicuro lo fece. Singhiozzò contro il suo orecchio, stringendosi a lui -dannato bastardo, come hai osato abbandonarmi così?!- tirò su con il naso -mi sei mancato, brutto stronzo, mi sei mancato così tanto e... e ho sofferto come un cane, aspettandoti come un cretino e... Dio, ora sei qui e...- gli mancò la voce per l'emozione, tutto quello che uscì fu un singhiozzo -ti amo, bastardo, ti amo così tanto- glielo sussurrò, per non farsi sentire da qualcun'altro, anche se non c'era più nessuno; i pochi altri passeggeri scesi dalla nave erano già andati via, rimanevano solo un paio di vecchi pescatori e i marinai della nave, troppo impegnati ad armeggiare la barca per prestare loro attenzione.
-ti amo, Lovi, ti amo, ti amo, ti amo, ti amo...- quante notti aveva sognato di dirglielo! Quante volte lo aveva scritto, quante volte lo aveva sussurrato nel buio della sua camera, quante volte aveva sognato di stringere di nuovo l'altro tra le braccia! Tante, davvero tante, così tante che averlo di nuovo lì, con sé, non gli sembrava vero. Scostò la testa dalla spalla dell'altro e vide che anche Lovino aveva fatto lo stesso. Si guardarono negli occhi e quella sfumatura tra marrone e il verde non era mai stata più luminosa di così.
Lo baciò. Quella bocca tanto agognata fu finalmente sulla sua, quelle labbra morbide si scontrarono con le sue e le sfiorarono in una carezza dolce e Antonio sentì tutto il suo corpo accendersi di un'energia nuova, una forza che gli mancava da anni. Si chiese come avesse potuto lasciare un qualcosa del genere, come avesse osato rinunciarci.
Aveva le labbra dolci, Lovino; questo lo ricordava, ma non ricordava che lo fossero così tanto; sapevano di casa e di sale, perché aveva ripreso a piangere, e Antonio si accorse di star facendo lo stesso. Lo strinse ancora, gli accarezzò la schiena, i capelli, le gote umide di lacrime. Lo baciò di un bacio famelico, bisognoso, e tutto il mondo sparì, perché il suo mondo lo aveva ritrovato e lo stava stringendo tra le braccia e lo stava baciando e, Dio, non gli sembrava vero. Aveva il terrore di allontanarsi, aprire gli occhi e scoprire di essersi sognato tutto. Ma no, quelle sensazioni, quell'amore, quella disperazione, quella gioia; il profumo di Lovino, il suo corpo caldo premuto contro il suo, il sapore e la pressione della sua bocca; il vento tra i capelli, il profumo del mare, il rumore delle onde: era tutto troppo vero, troppo intenso e troppo meraviglioso perché fosse solo una finzione. Si allontanò dalle sue labbra solo quando costretto dal bisogno di respirare, ma non lo lasciò andare: non sarebbe più riuscito a farlo; posò la fronte contro la sua, come amava fare, e sembrò quasi che il tempo non fosse passato, che fossero rimasti gli stessi ragazzi di nove anni prima, gli stessi di quella lontana notte di Natale, ma Antonio sapeva che non lo erano; erano più grandi, più consapevoli, e assolutamente non disposti a perdersi ancora. Ora Antonio sapeva di poter scegliere, e aveva scelto Lovino.
Si sorrisero, un sorriso bagnato di lacrime, e Lovino gli afferrò la mano e gliela strinse, portandosela alle labbra e baciando il dorso di Antonio, ancora più scuro dopo gli anni nell'America latina.
-Antonio...- e forse fu il suo nome, forse fu il tono in cui lo sussurrò, o forse il modo in cui mosse le labbra nel farlo. Sta di fatto che Antonio a quel sussurro crollò definitivamente, in ogni senso, accasciandosi tra le braccia dell'altro e scoppiando a piangere; un pianto forte, rumoroso, fatto di gioia e di rimpianti, di singhiozzi e lacrimoni.
-shhh, va tutto bene, bastardo. Siamo insieme ora- gli sussurrò Lovino, accarezzandogli i capelli e baciandogli la fronte; ma anche lui piangeva.
-Lovi...- avrebbe voluto dire qualcosa di profondo, di importante, per coronare quel momento; ma gli morì la voce in gola, e tutto quello che riuscì a dire fu il nome dell'altro, che annuì.
-sì, sono qui.
E, alla fine, era tutto ciò che contava.

Entrarono in casa, sempre tenendosi per mano. Feliciano, santo ragazzo, li aveva lasciati a metà strada, andando a dormire da Ludwig. Per tutto il tragitto, non avevano smesso di toccarsi in almeno un punto, abbracciandosi di tanto in tanto, stringendosi all'altro per assicurarsi che fosse ancora lì. Non appena entrarono, furono coperti dal buio e poterono baciarsi ancora. Antonio aveva chiuso la porta d'ingresso e mollato la valigia a terra e non appena si era voltato si era ritrovato l'italiano addosso, a baciarlo e a stringersi a quel corpo che gli era mancato così tanto.
-ti amo- Antonio lo sussurrò al suo orecchio, sul suo collo, sulla sua spalla, sulla sua bocca -non ti lascerò più- lo strinse forte -mai più -lo baciò, infilando le mani sotto al giaccone e sotto alla camicia, sentendo finalmente la pelle dell'altro direttamente contro le mani; lo sentì tremare al suo tocco, sentì la pelle d'oca che scatenò solo toccandolo, e sorrise. Lo baciò sulla fronte, sul naso, sulle guance, facendolo ridere; lo baciò sulle labbra, sulla mascella, lungo il collo, facendolo rabbrividire. Sentì di nuovo il suo sapore sulla propria bocca, sulla propria lingua; morse di nuovo quella pelle morbida, sentì di nuovo Lovino farsi di creta tra le sue mani, reagire a ogni suo tocco e a ogni suo cenno, rispondere a ogni stimolo, e si ritrovò a sorridere compiaciuto.
-andiamo...- deglutì il più piccolo, conficcando le unghie nelle spalle di Antonio e usandolo come appoggio per non cadere per l'emozione. Stava accadendo, di nuovo, come avevano sognato per anni, e non avevano la minima intenzione di fermarsi o aspettare ancora -andiamo in camera- lo prese per mano e si diresse nella sua camera, con lo spagnolo che lo seguiva e ne osservava la figura nel buio. Era bellissimo e perfetto e solo e soltanto suo.
Bastarono pochi passi per raggiungere la camera, nel mentre persero le giacche da qualche parte, e mai come allora Lovino benedì di aver preso la camera più vicina all'ingresso. Antonio lo baciò ancora e, quando l'italiano riuscì a trovare la maniglia alle sue spalle e ad aprire la porta, per poco non caddero a terra nel precipitarsi dentro senza vedere niente. Lovino spinse l'altro a sedersi sul letto e gli salì in braccio, immergendo le mani tra quei ricci castani e baciandolo a bocca aperta, ansimando quando i loro bacini si scontrarono. Sembrava passata un'eternità da quando si erano rivisti al porto, eppure non ne avevano ancora superato l'emozione di trovarsi lì, di nuovo insieme.
Finirono in qualche modo sdraiati sul letto, in breve i vestiti finirono tutti a terra, persino la camicia che Lovino aveva impiegato tanto tempo a scegliere fu lanciata in un angolo.
E così tornarono ad essere uno, a immergersi l'uno nell'altro, ad assaporarsi, a baciarsi come se non riuscissero più a farne a meno, ad amarsi nel modo più fisico e carnale possibile, a farsi stare bene a vicenda, e nonostante fossero passati anni, il fuoco che ardeva tra loro, più forte ad ogni secondo, era lo stesso: fino a che non esplosero, e fu una morte meravigliosa.
Poco dopo erano ancora lì e si stavano coccolando, abbracciati, sotto le coperte, entrambi sull'orlo del sonno; Lovino in particolare, ma si rifiutava di dormire. Era appoggiato a lui, sentiva il battito lento del suo cuore contro l'orecchio, il suo petto che si alzava e abbassava lentamente, le sue mani che gli accarezzavano la schiena, la sua voce che gli sussurrava qualcosa con tono dolce.
-raccontami della tua corrida- mormorò, coprendosi di più con le coperte.
-la corrida? Oh, non è stata un granché- Antonio gli lasciò un bacio sulla nuca -vicino a casa mia c'era un piccolo paesino, io e mio fratello scappavamo sempre lì. Un contadino aveva un toro, mi sono allenato con quello per qualche mese. Era un toro vecchio, non molto pericoloso- Lovino si tirò su e si sdraiò con la testa sul cuscino, affianco alla sua. Antonio lo baciò e gli sorrise -un giorno ho rubato la vecchia divisa da torero del mio bisnonno e sono corso al villaggio.
-il tuo bisnonno era un torero?- Antonio annuì, sorridendo intenerito nel vedere l'altro trattenere a stento uno sbadiglio -avevo organizzato tutto. Intorno al recinto del toro c'era l'intero villaggio a guardarmi- sorrise ripensando al sole della sua Spagna dritto sul viso, alla tensione, al sollievo e alle urla della folla entusiasta -ho schivato il toro, senza ucciderlo, e appena fu finito tutto arrivò mia madre e mi trascinò via- lo baciò ancora -te lo racconterò meglio un'altra volta, ora è tardi.
-non voglio dormire- mugugnò, sollevando il viso verso l'altro e baciandogli le labbra rosse in una carezza assonnata, troppo stanco anche solo per provare a baciarlo per più di qualche secondo.
-perché?
-ho paura di svegliarmi e non trovarti più- confessò, troppo stanco, troppo esausto da tutto quello, da tutte quelle emozioni tutte in una volta, per trattenersi, ritornando a poggiare la testa sul cuscino, sospirando quando sentì l'altro accarezzargli i capelli -ho paura di scoprire che tutto questo è stato solo un sogno- fece una pausa, e a stento bloccò l'ennesimo sbadiglio -credo mi ucciderebbe.
-vedi che hai sonno? Sei troppo dolce, l'unica spiegazione è che tu sia stanco morto o ubriaco- Lovino gli tirò un pugno nello stomaco, anche se era un colpo molto leggero -ahia. Ora ti riconosco- lo baciò a stampo -però devi dormire. Io sono qui- gli strinse la mano, sopra le coperte -non me ne vado da nessuna parte, te lo giuro.
-uhm...- mormorando qualcosa Lovino non riuscì più a trattenersi e cadde in un sonno profondo e tranquillo, con il sorriso dipinto sulle labbra. Per la prima volta dopo anni riuscì ad addormentarsi subito e profondamente, dormendo sereno per tutta la notte.

Antonio doveva andare in bagno. Si era svegliato proprio per quello.
Quando, aprendo gli occhi, si era ritrovato davanti Lovino, ancora addormentato, aveva pensato di star sognando. Poi, quando il sonno era scomparso e aveva ricordato tutto, aveva riaperto gli occhi, stringendo l'altro a sé. Realizzando di doversi alzare aveva sbuffato. Lasciare lì l'altro era l'ultima cosa che voleva fare. Primo, era ancora troppo assonnato per avere voglia di fare qualsiasi cosa. Secondo, era ancora stanco; il viaggio era stato faticoso e quella notte aveva dormito poco e così bene da fargli venire una gran voglia di tornare nel mondo dei sogni. Terzo, se Lovino si fosse svegliato e non lo avesse trovato affianco a sé, probabilmente gli sarebbe venuto un infarto, e poi lo avrebbe ucciso. Quarto, non sapeva dove fosse il bagno, di quella casa aveva visto ben poco. E ultimo, ma non per importanza, quando dormiva Lovino era così adorabile che non si sarebbe perso uno spettacolo simile per nulla al mondo.
Rimase per un po' così, stretto al suo ragazzo, ancora incredulo di averlo davvero lì, di essere davvero con lui. Gli scostò qualche ciocca di capelli dalla fronte, accarezzandogli il viso, scendendo fino alle labbra, per una volta non atteggiate nel solito broncio. Lovino mugugnò qualcosa e si girò sulla schiena, aprendo gli occhi dopo qualche secondo. Voltò la testa verso di lui e allungò una mano. Antonio gliela strinse, intrecciando le dita con le sue.
-sei qui- disse solo. Lo spagnolo annuì, ricambiando il sorriso che seguì alla sua risposta. Lovino sembrò soddisfatto -bene.
Rimasero per un po' in silenzio, ancora stretti l'uno all'altro, poi Antonio si azzardò a parlare.
-Lovi, amore della mia vita, luce dei miei occhi, pomodorino del mio cuore...
-cosa c'è?
-devo andare in bagno.
L'italiano sbuffò -esci dalla stanza, vai in ingresso, entra in salotto, entra nella porta davanti a te, la seconda porta è il bagno.
Antonio annuì, anche se in realtà non aveva capito minimamente dove andare, e si alzò. Si infilò rapidamente i vestiti della sera prima, in caso Feliciano fosse già tornato a casa, lasciò un bacio sulla fronte all'altro e uscì dalla camera.
Lovino rimase lì, da solo, con un sorriso a stento trattenuto. Sospirò, felice, in pace con se stesso, circondato ancora dall'odore di Antonio, che sembrava essersi impregnato nelle lenzuola. Dopo qualche minuto si decise ad alzarsi; dopo essersi anche lui vestito uscì dalla stanza, trovando dopo poco Antonio, entrato per sbaglio nella camera di Feliciano. Quando lo vide lo abbracciò da dietro, seppellendo il viso nella sua spalla.
-ah!- Antonio si voltò di scatto per lo spavento, trovandosi il suo ragazzo attaccato al suo petto. Gli accarezzò i capelli, divertito.
-poi sarei io quello appiccicoso- scherzò, facendo mugugnare l'altro.
-taci e baciami- borbottò, sollevando il viso verso l'altro. Antonio fu ben felice di accontentarlo.
-sbaglio o questo non è il bagno?
-no, idiota, questa è la camera di Felic...- si paralizzò -...iano. Dov'è finito quel cretino?
-ieri ha detto che sarebbe andato a dormire da Ludwig, no? Non penso sia già tornato.
Lovino rimase un attimo in silenzio, poi assunse un'espressione così furiosa che Antonio si pentì di aver parlato.
-quel lurido crucco di merda- ruggì -ha approfittato del mio momento di debolezza per fottersi Feliciano! Lo ammazzo, giuro che lo ammazzo.
-non so, insomma, mi sono sembrati così carini... troppo innocenti per...
Lovino si fece scuro in viso -non conosci Feli. Fa quasi paura.
-Feliciano? Davvero?
-oh sì. Ha preso fin troppo da nostro nonno. Se gli piacessero le ragazze, probabilmente avrebbe messo incinta mezza Napoli.
-mi sono perso parecchie cose, eh?- scherzò, ma un'ombra di tristezza gli attraversò il viso.
L'italiano si sporse a baciarlo -le recupererai tutte, non preoccuparti.
Antonio sorrise, stringendoselo contro. Rimasero per un po' abbracciati, così, in silenzio.
-allora...- lo spagnolo tossicchiò -dov'è il bagno?
Lovino sbuffò e si allontanò -dai, ti accompagno, idiota.
   
 
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