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Autore: BeaterNightFury    09/06/2020    0 recensioni
«Tra un po' di tempo in stazione passerà il mio amico Sora...»
«Lo scemo?» Shiro rispose quasi di scatto.
Riku dovette trattenersi per non darsi una manata in testa.
«In effetti è un po' scemo.» Si costrinse a sorridere, poi si tolse un borsellino dal mantello. «Dagli questi soldi, e prendi assieme a lui e ai suoi compagni il treno che parte dal binario zero.»

Sora apre gli occhi dopo un anno di sonno, e si accorge immediatamente che qualcosa è cambiato.
Riku abbraccia il suo nuovo scopo e la sua missione, guardando ad essi per non vedere sé stesso.
Un Nessuno guarda negli occhi la sua vittima, e trova le risposte ad una tragedia di una vita prima.
Una studentessa di una città che non dorme mai incontra un ragazzo dai confini delle tenebre, e la scintilla tra i loro cuori prelude ad echi di una vita mai vissuta.
Viaggi cominciano, continuano, e si concludono, o forse non sono che piccole tappe di un'unica, grande avventura.
Ricominciare a viaggiare non è poi così difficile...
(Sequel di "Legacy" - ancora non sono riuscita a metterle come serie...)
Genere: Avventura, Fantasy, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Axel, Kairi, Nuovo personaggio, Riku, Sora
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Kingdom Hearts, Kingdom Hearts II, Più contesti
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Capitolo 9
Tutti per Una
 
«Tutti per uno, uno per tutti! Questo è il motto di noi moschettieri!... Se non temete niente, questo è il vostro ambiente, siate i benvenuti fra di noi…!»
Sora stava ancora cantando e battendo il piede per terra quando il mondo attorno a lui e Riku tornò a fuoco. Gli stava ancora tenendo la mano, come avevano fatto fin da quando si erano rivisti, temendo di finire nuovamente separati.
Soprattutto Riku era rimasto tremendamente nervoso, ma, vicino a lui, Sora lo vide sorridere.
Ce l’avevano fatta?
Se era una domanda, Sora, NO.” La voce di Roxas, dopo un silenzio che sembrava durato una vita, echeggiò nella testa di Sora.
Un momento dopo, Riku sobbalzò.
«Sora, la tua maglia!»
Il ragazzo guardò in basso. Da quando avevano lasciato la Rete, la X bianca sulla sua maglietta era svanita, lasciando soltanto tessuto nero, ma adesso era comparso qualcos’altro.
Lo stesso glifo che Riku aveva sulla schiena.
«Va bene, credo che Yen Sid avrà un po’ di spiegazioni da darci.» Sora si alzò un lembo della maglia.
Ma il posto in cui si trovavano non era la Torre. Il cielo interamente oscurato, l’asetticità degli edifici, pareti nere e neon filiformi, l’aria pesante di imminente tempesta…
«Dimmi che anche tu riconosci questo posto,» Riku commentò in tono grave.
«Il Mondo che Non Esiste.» Sora fece due passi avanti. «O quel che ne resta, almeno.»
Il ricordo di quel luogo era ancora fin troppo fresco nella mente di Sora, come una ferita con i punti appena tolti. E, nel caso di Riku, lo era ancora di più perché se pur la ferita che Xemnas gli aveva inferto soltanto pochi giorni prima non aveva necessitato sutura, cortesia delle cure di Paperino, Sora aveva visto il suo amico di sempre sussultare di tanto in tanto quando si sforzava o veniva premuto o spinto sul fianco.
Nei Mondi Dormienti sembrava essere tutto a posto, ma…
«C’è un solo modo per capire se siamo davvero fuori o no.» Sora si avvicinò di più a Riku. «Scusami, scusami tanto
Gli diede una forte gomitata nel punto in cui era stato ferito. Riku non batté ciglio, ma guardò Sora con aria interrogativa.
«Siamo ancora nei sogni.» Sora tirò un sospiro.
«Già. Ora… ricordi la teoria di Joshua sul sogno dentro ad un sogno, no?» Riku fece alcuni passi in avanti. Sembrava ci fosse una sorta di strada, o di corridoio, davanti a loro. Sora lo seguì a ruota senza pensarci. «Vuol dire che uno di noi due era nei sogni dell’altro, ricordi?»
«Oh, andiamo, Riku, non sono scemo.» Sora corse dietro di lui quando l’amico accelerò il passo. Attorno a loro si materializzò un branco di Incubi, e Riku portò immediatamente il Keyblade alla mano, mentre Sora faceva lo stesso. Alcuni sembravano uno strano incrocio tra draghi e oche, altri avrebbero somigliato tantissimo a Rexy, il Tyranno Rex che Sora e Riku avevano creato assieme, ma più che a un dinosauro vivo rassomigliavano a scheletri.
«Prendili, Rexy!» Riku comandò al dinosauro di difenderli dagli aggressori. Sora ordinò lo stesso a Cicciomiao, che apparve prontamente al suo fianco.
Non era difficile. Non dopo lo Spellicano e il Chernabog. Insieme, Sora e Riku avrebbero potuto fare a polpette qualsiasi cosa, quindi Sora non si stupì quando Riku, lanciato un Pallonciga, riprese il suo discorso di prima.
«Non siamo più caduti da quando siamo insieme, Sora,» spiegò, annichilendo uno dei mostri. «Era difficile capire chi di noi due fosse dentro al sogno dell’altro, ammesso che uno di noi due lo fosse.» Scagliò uno Spezzabuio contro una delle oche drago. «Ma il simbolo sulla tua maglia è lo stesso di Rexy e Cicciomiao. E lo stesso della mia giacca, se vogliamo stare alla tua opinione di qualche mondo fa.»
«Dove vuoi arrivare?» Sora fece una schivata e prese a roteare intorno ad uno degli scheletri. «Pussa via, tu!» Scagliò l’incubo lontano.
Riku si disfece dell’ultimo nemico e prese a raccogliere i frammenti di sogno che gli Incubi avevano lasciato cadere. Prese a guardarsi intorno alla ricerca di una strada da seguire, ma sembravano finiti in un vicolo cieco.
«Siamo nei sogni di qualcun altro, Sora.» Il ragazzo annunciò. «Resta da capire…»
Non finì la frase. Vacillò sul posto, portandosi una mano alla testa. Sora sentì le palpebre farglisi pesanti e capì – entrambi stavano per perdere conoscenza.
Mentre gli occhi gli si stavano per chiudere, lottò per restare sveglio. E se Riku fosse sparito di nuovo? Scattò in avanti, cercando l’amico a tastoni, qualcosa gli prese la mano e Sora riconobbe la stretta di Riku, non li avrebbero separati di nuovo, ma nel sogno di chi erano finiti?
Chi si stava svegliando?
 


Shiro aprì gli occhi.
Era ancora al buio, ma non era il computer di Ansem. E i suoi vestiti erano di nuovo i suoi, la giacca di Sora sopra la maglietta grigia e la gonna viola, e i leggings, e le cinture nere che formavano una X sopra la gonna.
«Otto…? Nove…?» provò a chiedere, anche se sentiva che non le avrebbero risposto.
Che era successo? Le sembrava quasi di essere in un qualche sogno. Si era addormentata? Non ricordava di averlo fatto!
«… cos’è questo posto?» borbottò guardandosi attorno.
In guardia, Shiro.” La coscienza la avvertì immediatamente. “Qualcuno deve aver hackerato Space Paranoids.
Shiro portò alla mano il Keyblade, continuando a guardarsi attorno. Riconosceva quella città… l’aveva vista più volte, da lontano, dalle finestre del Castello…
Quella era la Città che Non Esiste. Il Mondo che Non Esiste.
Ma stava crollando a pezzi.
«Oh, qualcosa non va, gattina?»
Shiro avrebbe riconosciuto quella voce anche con i tappi nelle orecchie. La furia le salì nello stomaco come bile. Xigbar.
«Dove sei, ciabatta marcia?» Shiro alzò il Keyblade e si guardò attorno, nel tentativo di trovarlo.
«Ci siamo dati un gran daffare per far arrivare Sora fin qui… immagina la nostra sorpresa nel vedere che ti eri messa in contatto con la Rete mentre lui cercava di ripristinare quel codice vuoto di Tron!» La voce di Xigbar continuava ad echeggiare da qualche parte sopra di lei.
Quindi questa era una trappola per Sora…? E dov’è Sora adesso?” la coscienza ribatté.
«… ma sembra che ne sia valsa la pena!»
Un proiettile viola si conficcò nell’asfalto a pochi centimetri dai piedi di Shiro. Xigbar era sulla cima di uno dei grattacieli, con le sue pistole puntate su di lei.
Balzò giù dall’edificio e si fermò a mezz’aria, per poi fluttuare indisturbato al suolo con un ghigno sul suo volto sfregiato. Il suo aspetto era lo stesso di settimane prima, prima che Shiro gli bruciasse i capelli.
Shiro, in guardia. In guardia. C’è sotto qualcosa.” La coscienza continuò a ripeterle.
Xigbar atterrò ed ebbe un sussulto, quasi di sorpresa.
«Oh, ma che combinazione!» Il suo ghigno si allargò. «E io credevo la nostra piccina avesse soltanto un amico immaginario, e invece sei realmente qui! Chi non muore si rivede, genietto
Cosa… come…?” La coscienza per poco non imprecò, e Shiro sentiva quasi la sua rabbia e la sua sorpresa.
«Ti sento!» Xigbar cantilenò in tono di scherno. «Siamo nel mondo dei sogni. E abbiamo orchestrato noi questo pigiama party! Vuoi che non ti riconosca dopo tutto questo tempo?»
Tu, brutto…!” La coscienza sibilò, e Shiro si trovò a ringhiare lei stessa quelle parole.
«Hai provato a filartela. Eppure adesso sei ancora qui!» Il guercio fissò Shiro con il suo unico occhio. «Oh, non è poetico? Che ti devo dire?, il destino non è mai lasciato al caso!»
La ragazzina avrebbe voluto soltanto cavargli l’occhio buono, o perlomeno bruciargli di nuovo i capelli. Sperava l’Organizzazione fosse andata, e invece erano di nuovo là fuori…? E se fossero stati loro a fare del male ad Axel dopo che lui l’aveva salvata?
Non era un’ipotesi troppo balzana.
«Cosa avete fatto ad Axel?» Shiro gli urlò contro. «So che siete stati voi!»
«Noi? Magari
Xigbar sparì. Prima che lo vedesse riapparire, una pioggia di proiettili mancò Shiro di un soffio, formando un cerchio attorno a lei. I tredici dardi piantati nell’asfalto divennero incappucciati.
Uno tese la mano, e tutto fu buio di nuovo.
Il mondo attorno a lei tornò a fuoco, e riconobbe l’interno di un Corridoio Oscuro.
Simili e Sicari arrivavano da ogni dove, ma… Sora! Quello laggiù era Sora! E c’erano Paperino e Pippo con lui!
«SORA! Sono qui!» Shiro si sbracciò e corse verso di lui, ma il ragazzo la ignorò come se lei fosse invisibile.
E non era neanche solo lui… neanche i Nessuno sembravano accorgersi della sua presenza.
«Non fermatevi, o l’oscurità avrà il sopravvento! Muovetevi!» Axel corse di loro, chakram in resta. Affiancò immediatamente Sora, combattendo come se stesse…
Come se stesse difendendo Roxas,” la coscienza le suggerì. “Sta difendendo Roxas!
Fu quando Sora urlò: «Perché stai facendo tutto questo?» che Shiro si accorse che non era realmente lui a parlare. Non era la sua voce.
I due stavano venendo lentamente circondati, e Shiro cercò di evocare il Keyblade, di falciare i Nessuno, ma la sua lama li passava da parte a parte come se fossero stati soltanto fantasmi o illusioni. Axel stava dicendo qualcosa a Sora, ma le sue parole erano quasi coperte dai suoni della battaglia.
«Kairi è nelle segrete del castello. Sta’ pronto a correre quando ti do il segnale.»
Axel si mise in guardia, i denti stretti, l’espressione di chi è pronto a vendere cara la pelle. Nei suoi occhi c’era una furia che Shiro non gli aveva mai visto.
Non sapeva nemmeno se un Nessuno avrebbe potuto provare la furia.
Poi attorno a lui scoppiò un’esplosione.
 


«… Sora?»
Il ragazzo aprì gli occhi. La sua mano era ancora stretta in quella di Riku.
«Qualcun altro sta sognando.» Riku constatò guardandosi attorno. «Stavo dicendo prima, resta da capire chi
Non erano soli. C’era un rumore di passi in avvicinamento, e una figura ammantata in nero si fermò davanti a loro.
«Il loro dolore sarà alleviato quando tornerete a mettervi fine
C’era qualcosa di stranamente familiare nella voce dello sconosciuto. Riku addirittura sobbalzò, come se qualcosa di essa lo avesse spaventato.
Lo sconosciuto fece ancora dei passi in avanti. Il suo sguardo giallastro esprimeva scherno e sfida, ma guardandolo in faccia, Sora vide un altro sé stesso.
«Tu! Tu eri nella cattedrale!» gli urlò contro.
«Non ci siamo mai incontrati di persona.» Lo sconosciuto con il volto di Sora sogghignò. «Mi chiamo Vanitas.»
«A questo punto dirai qualche fesseria senza senso per poi sparire come tutti gli altri, giusto?» Sora gli ringhiò contro.
«Stava aspettando noi.» Riku mise una mano davanti a Sora per cercare di trattenerlo.
«Pare che il matto col cappello nutra grandi speranze su voi due,» Vanitas rimase fermo, fissandoli con aria di scherno. «Il loro dolore sarà alleviato quando tornerete a mettervi fine.» Ripeté di nuovo, poi rimase in silenzio per un momento. «Ma chi sarà a salvare voi
Riku fece un passo in avanti, piazzandosi tra Sora e Vanitas.
«Cosa ti fa pensare che avremo bisogno di un salvataggio?» Gli tese la mano in tono di sfida, e per un momento a Sora venne in mente quella notte alle Isole del Destino. Solo, ora, le parti sembravano invertite.
Vanitas rimase fermo, guardando prima Riku e poi Sora, poi si mise a ridere, una risata quasi crudele, senza gioia. Riku in particolare ne sembrava disturbato… e in quel momento Sora capì. Il ragazzo non aveva soltanto la sua faccia… aveva anche la sua voce.
Ariel doveva aver provato qualcosa del genere quando Ursula aveva cercato di ingannare il principe con la voce che le aveva estorto?
«Ah, quindi vi siete entrambi ambientati a questi mondi, eh, cari i miei Spiriti?» Vanitas si trasse qualcosa di tasca e prese a giocherellarci. Per un momento il cuore di Sora gli salì in gola, gli sembrò di riconoscere il portafortuna di Kairi… ma no, quello lo aveva in tasca, ne sentiva ancora il peso nella tasca dei pantaloni… ed era vetro piombato quello nelle mani del suo doppio…
… ma Riku ebbe un sussulto.
«Dove lo hai preso?» sibilò.
«Oh, vedo che lo riconosci.» Vanitas fissò Riku mentre il suo ghigno si allargava. «Vediamo se sei bravo… sai a chi appartiene, vero?»
«Riku, di chi è quello?» Sora mise una mano sulla spalla dell’amico.
«Shiro. Hanno Shiro. È lei che hanno preso!» Riku gli rispose.
Shiro?” La voce di Roxas rimbombò nella testa di Sora, e braccia e gambe gli si mossero senza che fosse lui a comandarle.
«LASCIA ANDARE SHIRO, RAZZA DI BRUTTA COPIA!» Roxas prese a gridare usando le corde vocali di Sora.
«Oh, ora la prigione regge male.» Vanitas fece gesto di scacciare una mosca, mentre con l’altra mano faceva ancora penzolare la stella di vetro. «Peccato che ora siate tutti in trappola. Siete in un incubo dentro a un incubo, Spiritelli, e presto finirete divorati.»
Fece penzolare un’ultima volta la stella di vetro, poi la afferrò nella mano guantata. Strinse il pugno.
CRUNCH.
Vanitas aprì la mano, e pezzetti di vetro e metallo caddero al suolo, tintinnando un’ultima volta prima che li calciasse via verso di loro con una pedata.
«Sei un mostro!» Riku gli ruggì contro.
«Sì, me lo disse anche la Maestra. Quando feci a pezzi il giochino idiota del suo amico…» Vanitas prese a parlare, ma Sora non gli prestava più attenzione. Una sorta di furia stava salendo dentro di lui, qualcosa che non sentiva come suo, ma come se appartenesse a qualcun altro. E non era Roxas.
Qualcosa fece alzare il braccio a Sora, e Contrappunto gli venne alla mano, ma la lama era orientata al contrario, dietro di lui, e la sua posa di guardia era una che non aveva mai visto.
Vanitas sgranò gli occhi.
«Chi hai chiamato idiota, pezzo di rifiuto oscuro?» Qualcuno parlò con la voce di Sora. Qualcuno gli fece roteare il Keyblade in mezzo alle dita.
Superato lo stupore iniziale, Vanitas stiracchiò un ghigno.
«Ventus!» esclamò trionfante. «In che posto strano sei scivolato… razza di puntino insignificante
Si avvicinò a loro, cercando di prendere Sora per i vestiti, ma Riku lo placcò di lato.
«Non osare toccarlo!» sibilò.
«Oh, e altrimenti che fai?» Vanitas si scrollò Riku di dosso e tese una mano davanti a sé. Un Keyblade fatto di ingranaggi e catene gli comparve nel pugno.
Riku portò alla mano il suo Contrappunto e fece per contrattaccare, ma vacillò sul posto, e il mondo si fece nuovamente buio.
E l’ultima cosa che Sora pensò prima di perdere conoscenza fu… cosa era successo un momento prima?
 


Shiro… Shiro, apri gli occhi!
Erano di nuovo nel Mondo che Non Esiste, davanti al grattacielo che copriva la vista del Castello.
E c’erano due ragazzi sulla scalinata.
«Come… cosa?» Shiro borbottò.
In guardia. Credo siamo ancora nel sogno.” La sua coscienza le ribadì.
Shiro si avvicinò ai due, che sembravano essere intenti in qualche conversazione. Sembravano essere intorno ai vent’anni, e portavano divise nere con bretelle e pantaloni larghi. Uno era scuro, l’altro biondo, ed entrambi portavano armi.
«Ehilà?» Shiro si avvicinò lentamente, restando in guardia, cercando di capire di chi si potesse trattare.
«Saïx ha detto che sarebbero passati di qua.» Il più alto dei due, quello con i capelli neri, conficcò la spada nella fessura tra due scalini e vi si appoggiò contro. «Dobbiamo solo aspettare.»
Il secondo, con i capelli chiari e un’aria smarrita, quasi da bambino, era seduto sugli scalini e fissava la strada come se Shiro non fosse realmente lì.
Sono cose già accadute.” La coscienza asserì. “Stiamo vedendo il passato. Come prima con Axel e Sora.
Shiro non poté evitare di avere un brutto presentimento a quelle parole. Le sue preoccupazioni si fecero ancora più fondate quando fu abbastanza vicina ai due per guardarli in faccia.
Il ragazzo seduto era Cloud. Il suo sguardo era perso nel vuoto e gli abiti gli pendevano larghi, e aveva le spalle avvolte in una coperta, ma era lui, cavolo se era lui! E lì vicino… era invecchiato rispetto alle foto, ma… era Zack! Era Zack!
Allora era sopravvissuto a Sephiroth…
Un tonfo fece girare sia Shiro che i ragazzi di lato. Doveva essere accaduto nel loro tempo, perché anche loro stavano reagendo.
Da un vicolo dietro al grattacielo, una figura in nero venne scaraventata nella piazza. Si alzò sui gomiti, guardando alla direzione da cui era venuto. Il cappuccio gli cadde, e Shiro riconobbe Saïx. Stava cercando di rimettersi in piedi, ma sembrava troppo malconcio per riuscirci.
La sua faccia era deturpata da due bruciature appena sopra il naso.
Quindi è questo che…?” La coscienza commentò mentre Zack e Cloud scattavano in piedi.
Prima che potessero raggiungere Saïx, un altro Nessuno fluttuò fino a lui, puntandogli addosso una eterea lama rossa.
«Xemnas…» Shiro mormorò mentre il nuovo arrivato si alzava il cappuccio con la mano libera.
Cloud non arretrò, ma Zack sì. Sul suo volto si dipinse il terrore.
«No… non può essere!» rantolò, con l’aria di chi ha visto un fantasma. «No… non anche tu… Terra…»
«Scappa, Zack, SCAPPA!» Shiro andò da lui, cercò di prenderlo per un braccio, ma le sue dita non strinsero che aria. Poteva immaginare come sarebbe finita quella storia. «Andate via… vi prego…» Si portò le mani alla testa. «Basta… smettila di farmelo vedere! Cosa vuoi da me…? Vi siete presi i miei amici… BASTA!»
Cloud cercò di attaccare Xemnas con una spada da guardia, ma il Nessuno emise un fascio di rovi dalla mano libera, scaraventando il ragazzo lontano e mandandolo a volare contro una parete.
Vedendo il suo amico attaccato, Zack alzò la sua spada, tre volte più grossa di quella del compagno, ma Xigbar si materializzò davanti a lui.
Aveva i capelli più corti, come alcuni anni prima… era lo Xigbar del passato.
«Vedo che qualcuno qui ha fatto due più due, dico bene, Fair?» ghignò. Le sue pistole gli comparvero tra le mani, e ne puntò una alla testa del ragazzo.
«Dove sono Aqua e Ventus?» Zack ringhiò tra i denti, e se avesse potuto incenerire con lo sguardo, Xigbar sarebbe stato polvere. Menò un fendente con la spada, ma Xigbar si teletrasportò al sicuro.
Xemnas e Saïx erano spariti.
«PARLA, BASTARDO!» Zack urlò, e corse contro il guercio, ancora una volta a spada spiegata.
Xigbar sparì ancora una volta, ma attorno a loro, nella piazza deserta, dai vicoli avevano preso ad apparire i Cecchini. Zack attaccò ancora una volta. Ancora una volta, Xigbar sparì.
Poi i Cecchini presero la mira.
«ZACK!» Shiro cercò di correre verso di lui… di avvertirlo, di usare il suo Keyblade… ma non serviva a nulla, erano cose già accadute, era tutto già successo anni prima e cosa poteva fare?
Le mancò il terreno da sotto i piedi, e tutto divenne buio, e stava precipitando
… e sentiva una voce che urlava il suo nome.
Shiro, non farti ingannare. Stanno cercando di farti arrabbiare… stanno cercando di spingerti a…” la coscienza continuava a ripetere, ma Shiro era molto più concentrata su quello che accadeva attorno a lei.
Cadde.
Finì di sedere su una spiaggia di sabbia scura.
 


Riku si svegliò con Sora che lo scuoteva.
«Mi hai fatto prendere un colpo!» Il suo amico lo abbracciò forte non appena lo vide aprire gli occhi.
«Scusa…» Riku fu solo in grado di mugugnare, ma non poté ammettere che gli ultimi minuti erano stati un immane casino per lui.
Quel Vanitas aveva la stessa faccia di Sora. Persino la sua stessa voce, anche se più profonda e rauca.
«Si è aperta una strada. Una parete.» Sora sciolse l’abbraccio e indicò un varco che un momento prima non c’era stato. Riku si avvicinò: il passaggio portava su un’alta terrazza, che portava a sua volta in un punto in alto del castello in rovina.
«Beh, che stiamo aspettando allora?» Riku prese la strada appena aperta. Sora lo seguì a ruota.
Un singolo tubo portava alla cima di una torre coronata da otto pilastri verticali, irti e aguzzi come matite, e i due ragazzi vi saltarono sopra e presero a scivolare.
Sulla cima c’era Shiro.
Era addormentata, in una specie di bolla attorniata da una strana nebbia nera.
«Shiro!» Sora corse verso di lei, cercando di scuoterla. Senza dubbio doveva essere Roxas a controllarlo, ma per un momento il gelo salì per le viscere di Riku, pensando egoisticamente che avrebbe potuto esserci Sora lì addormentato, e se soltanto Riku ci pensava…
«Credo siano visioni!» Sora si girò verso Riku e indicò delle immagini che fluttuavano attorno alla ragazza. «Ho visto me… e Axel… e Cloud con un altro ragazzo… e quello laggiù non è DiZ?»
Riku si avvicinò a Sora e Shiro, e cercò di scuotere la bambina a sua volta. Non sembrava muoversi affatto… era rigida come una bambola.
«Shiro… andiamo, apri gli occhi!» Sora la chiamò.
«Svegliati, Shiro, sei in un incubo!» Riku cercò di aiutarlo, poi a un certo momento Sora gli guardò alle spalle e smise di chiamare e scuotere la bambina.
«Riku…» Sora indicò un punto alle sue spalle. Il ragazzo girò la testa: la nebbia oscura stava lasciando la bolla, e una figura simile a una persona si era materializzata nel punto dove le tenebre si radunavano.
Sembrava quasi un Nessuno, un membro dell’Organizzazione, ma le somiglianze finivano con la sua forma: da sotto al cappuccio splendevano gli occhi rossi degli Incubi, e le maniche e i lembi della veste avevano spruzzi di viola.
«Sei tu che la tieni prigioniera in quell’incubo?» Riku si voltò verso il nuovo nemico, con Sora che lo affiancava.
Entrambi portarono alla mano le loro armi.
«Beh, di’ le tue preghiere, Incubo, perché noi saremo il tuo!» Fu Sora a finire la frase.
 


Shiro avanzò tra sabbia e rocce.
Cos’era quel posto? Perché era lì?
Se conosco Xigbar, o comunque si faccia chiamare ora, sta cercando di farti arrabbiare, e di brutto.” La coscienza prese parola per un momento. “Sta’ attenta.”
Shiro a stento gli prestò attenzione. Zack era morto. Gli sgherri di Xigbar lo avevano ucciso. Cos’altro poteva esserci di peggio? Cosa altro potevano farle?
Aveva cercato di rendersi utile a Radiant Garden, e l’unica cosa che era riuscita ad ottenere era stata di perdersi, e per giunta con la peggior notizia che potesse portare a casa.
Se mai ci sarebbe tornata.
«Cosa vuoi sapere?»
DiZ? Cosa ci faceva lì DiZ?
Shiro corse immediatamente in avanti, in direzione della voce. Non aveva mai provato nulla per quel vecchio pazzo, quindi perché proprio lui?
«Dove hai messo la ragazza?» Un’altra voce maschile stava interagendo con lo studioso. Qualcuno a cui Shiro non sapeva dare un nome… ma aveva già sentito.
Tre persone in lontananza.
Due portavano cappe nere.
La terza…
«Se non me lo dirai qui…» la voce dell’uomo giovane si fece minacciosa. Se Shiro non riconosceva la sua voce, la sua faccia : era Xehanort l’apprendista, quello che Stitch aveva scambiato per suo padre.
Venne interrotto di colpo.
«Penso che dovresti andartene!»
Stavolta fu una donna a parlare. Si era messa tra DiZ e l’apprendista, allontanando la mano di quest’ultimo con uno schiaffone.
L’apprendista la guardò dall’alto in basso.
«Una guardiana della luce perduta?»
PEZZO DI STRUDEL…!” La coscienza sembrava seriamente spaventata, a quel punto. Ma Shiro non gli diede retta, i capelli di quella figura femminile, la voce, lei ricordava bene a chi appartenevano, erano anni che la sognava di notte…!
«Mamma!»
Corse verso i tre… la sua mamma era lì, a pochi passi da lei… non poteva essere un incubo!
Un’enorme ombra nera emerse alle spalle dell’apprendista, scagliando Mamma indietro con un pugno. Lei cadde in piedi. Shiro cercò di andare al suo fianco, ma come con Zack non riuscì a toccarla.
«Dov’è il tuo Keyblade?» L’apprendista le chiese, in tono di sfida.
«Dovrei essere io a fare domande.» Mamma non fece una piega, e non smise di fissare l’uomo. «Dov’è Shiro? Cosa volete farle?»
«Ti preoccupi adesso di lei?» L’apprendista la schernì. «Non dovrebbe avere già quasi tredici anni? Ha passato una vita senza di te.»
«Brutto…» Shiro ringhiò tra i denti. Come poteva quel… quel maledetto… dire una cosa del genere? Mamma era in difficoltà… come poteva aiutarla? Non poteva aiutarla!
Con suo stupore, però, Mamma portò una mano alle fasce dei suoi abiti e tirò fuori una piccola stella in vetro piombato blu.
«Non ho smesso di pensare a lei nemmeno per un attimo in questi anni,» rispose all’apprendista con aria di sfida. «Ma ciò che so è che Shiro non cederà mai all'oscurità per aiutarvi!»
Rimise la stella nelle pieghe degli abiti e si mise in posizione di guardia. «Potrete anche averla prigioniera, ma sappi che verrò a strapparvela via a mani nude, se necessario!»
Corse verso l’apprendista con aria combattiva. L’ombra dietro l’apprendista la prese per una gamba e la sollevò in aria, ma DiZ gli pregò immediatamente di smetterla.
Non appena venne lasciata andare, Mamma provò di nuovo a colpire l’apprendista, rimettendosi in guardia nella sabbia dopo il primo colpo andato a vuoto.
«Poverina… non posso lasciarti a mani vuote.» L’apprendista le rivolse un ghigno.
L’ombra dietro di lui caricò un enorme colpo viola dal buco che portava nel petto.
Gliela scagliò contro.
Mamma cadde in mare.
«Mamma... MAMMA!» Shiro cadde in ginocchio. Sentiva le lacrime agli occhi e non riusciva più a stare in piedi per quanto tremava. A stento si accorse che i due uomini stavano andando via… la sua mamma era stata lanciata via da quel mostro e lo aveva fatto perché era preoccupata per lei. Era davvero colpa sua?
«Basta… Basta…! Ridatemela… Ridatemi la mia mamma!»
Passi pesanti affondarono nella sabbia dietro di lei.
«Sei arrivata tardi, funghetto.» Xigbar la canzonò. «È successo tutto non meno di un’ora fa. Ti sto soltanto mostrando cosa è successo.»
«Voi… voi…» Shiro alzò la mano e il Keyblade le comparve tra le dita. Usò l’altra mano per rimettersi in piedi e si girò verso Xigbar. «RIDAMMELA!»
Aveva lo sguardo appannato dalle lacrime, ma non le importava… Xigbar doveva soffrire. Doveva sparire un’altra volta per quello che le aveva fatto… Axel, Zack, Mamma… doveva sparire.
Gli corse contro con uno scatto, ma Xigbar sparì.
«Troppo lenta!» La sua voce arrivò da dietro di lei, assieme a un paio di proiettili viola che si conficcarono nella sabbia.
«STA’ ZITTO!» Shiro si avventò di nuovo contro di lui. Xigbar scomparve e riapparve a testa in giù, sopra la superficie dell’oceano oscuro.
Shiro caricò un Fire e cercò di prenderlo, ma lui schivò subito.
A quel punto, Shiro non pensò. Alzò il Keyblade e corse verso la riva del mare, saltò…
… e mancò il bersaglio.
Quando atterrò pensava di essere in acqua bassa, ma i suoi piedi non trovarono il terreno. Stava affondando. Stava affondando e non sapeva nuotare, e il mare attorno a lei era sempre più buio e sentiva la risata di Xigbar sopra di lei e cercava in tutti i modi di dimenarsi verso la superficie, ma continuava a cadere…
Shiro, resisti!
«Non ti può sentire, pivello…»
 


«Sora… posso confessarti una cosa?»
Erano appena riapparsi davanti al Grattacielo dei Ricordi, di nuovo nel mondo reale, anche se ancora con addosso l’emblema degli Spiriti.
L’incubo che teneva Shiro prigioniera era andato, ma vi si era addentrata troppo per svegliarsi, e Ansem – l’Heartless di Xehanort – li aveva attaccati. Non che fosse stato un problema per Sora e Riku, entrambi abituati a combatterlo, ma era stato altro tempo perso, e Riku aveva quasi pianto quando l’enorme ombra che guardava sempre da dietro all’Heartless aveva teso una delle sue enormi mani verso di lui.
«Vai, spara.» Per un momento, Sora osò sperare che Riku avrebbe detto qualcosa di importante… che magari quel che aveva da confessare era lo stesso che pensava di dirgli lui – ma come avrebbero fatto con Kairi poi? Una rivelazione del genere avrebbe potuto spaccare la loro amicizia… e Sora non sapeva dire a chi dei due tenesse di più. Erano pari. Se qualcuno gli avesse chiesto di fare una scelta…
«Ricordi quando eravamo piccoli? Quei giorni d’estate in cui apparvero sconosciuti alle Isole?»
Sora si strinse nelle spalle. L’anno in cui lui aveva cominciato la primina e Riku aveva compiuto sei anni in autunno? Facile ricordare tutto di quell’anno, era Riku che era stato in età da elementari in quel periodo…
«Mi ricordo la signora in blu,» disse con un filo di voce.
«Beh, non fu la sola. Ce n’era stato un altro, prima.» Riku indicò a Sora la strada che portava al Castello che Non Esiste, senza smettere di camminare. «E tu mi rompesti le scatole per giorni perché volevi sapere che segreto mi avesse confidato!»
«L’ho veramente fatto?» Sora inclinò la testa di lato. «Ma dai!» Fece una risata. «… e che ti aveva detto?»
Riku si fermò un momento, lo fissò, e gli diede uno scappellotto. Stava ridendo anche lui.
«Tanto per cominciare, di non dire nulla a tonti come te, o la magia sarebbe andata.» Riprese a camminare. «Volevo diventare forte. Talmente tanto da tenere al sicuro le persone care. Mi fece prendere in mano il suo Keyblade e declamò una specie di rituale, dicendo che un giorno ci saremmo rivisti.»
Erano al Limite della Disperazione, e il baratro senza fondo su cui giorni prima Kingdom Hearts aveva evocato un ponte li separava dall’ingresso del castello.
«Ho scoperto solo giorni fa che era il padre di Shiro. E che molto probabilmente fui anche l’ultimo a vederlo.»
Riku aveva gli occhi lucidi.
«Non hai paura che non possa più avverarsi? La sua promessa?» Sora gli chiese. Riku fissava il castello, ma poi abbassò lo sguardo sul baratro.
Si girò verso Sora. Il suo volto era rigato dalle lacrime.
«Vi ho quasi persi perché non ho avuto l’onestà di parlarvi.» Si asciugò la faccia con un braccio. «Tu e Kairi siete più importanti di un potere speciale… o semplicemente di qualcosa che probabilmente mi era stato detto per proteggere l’ordine dei mondi.»
Tirò un sospiro e guardò di nuovo il Castello.
«Va bene, dobbiamo trovare una maniera di arrivare lassù.»
Sora alzò lo sguardo a sua volta. C’era qualcosa che faceva versi, e un puntolino rosa fucsia in lontananza. Ma quello non era mica…?
«Cicciomiao! Guarda laggiù, Riku, è Cicciomiao!» Sora diede una pacca sulla schiena all’amico, poi gli indicò il punto dove aveva visto il Fiormiao.
«Cosa ci fa laggiù?» Sul volto di Riku si allargò un sorriso. «Anzi… non importa.» Si portò due dita alla bocca e fischiò. Pipistrory (perché non gli aveva dato un nome?) comparve sulla sua spalla.
«Cosa vuoi fare?» Sora fece un passo indietro e si grattò la nuca.
«Mi avevi detto che quando tu e il Re siete arrivati al Castello, Kingdom Hearts ha creato un ponte.» Riku portò alla mano il Keyblade. «E a Parigi siamo riusciti a creare una specie di linea tra due Incubi, no?»
«Sì, beh?»
«Beh…» Riku puntò il Keyblade su Pipistrory, che prese a illuminarsi, poi lo puntò lontano, verso Cicciomiao. «Che ne dici di due Spiriti?»
Abbassò il Keyblade, e la luce partita da Pipistrory creò una linea che arrivava fino al castello, fino al punto in cui Cicciomiao li stava fissando mentre rotolava.
«Andiamo!» Prese la rincorsa e saltò sulla linea.
Sora attese un momento, poi fece lo stesso. Era anche più divertente di attraversare il ponte traslucido dell’altra volta, e nonostante la situazione non fosse delle migliori, Sora non poteva evitare di sentirsi felice.
Riku aveva detto tu e Kairi siete importanti, aveva menzionato tutti e due, aveva detto che erano più importanti della sua promessa d’infanzia.
Riku fu il primo ad arrivare dall’altra parte, scendere, e ringraziare Cicciomiao con una carezza, poi si girò per attendere Sora.
«Cos’è quel sorriso?» commentò una volta che Sora fu arrivato.
«Niente.» Sora si strinse nelle spalle. «Ti… voglio bene.»
 


Kairi si stiracchiò sulla sedia. Era stata una giornata pesante e sperava di ricevere presto notizie da Sora e Riku. Lea aveva menzionato dei possibili guai, ma non si era dilungato troppo. Non sembrava molto entusiasta di condividere dettagli con lei, ma perché?
«Se quello che hai fatto oggi era il tuo meglio, sta’ pur certo che ti lasceranno nella Foresta del Tempo ancora per molto!» Kairi iniziò a punzecchiarlo.
«Ha, ha, ha.» Lea si sedette ad un’altra sedia dal lato sbagliato, appoggiandosi con il mento allo schienale. «Ho visto dodicenni lanciare Fire migliori dei tuoi!»
«Beh, almeno io ci ho fatto cose con questo.» Kairi alzò la mano ed evocò il suo Keyblade. «Sai, tipo, salare un po’ la coda di Xigbar? Hai presente? Quel brutto coso ripugnante.»
«Bleah, ti prego, non me ne parlare, potrei vomitare e ancora non abbiamo cenato.» Lea alzò gli occhi al cielo. «Xigbar. Quel verme è stato sempre odioso. Anche quando ero un povero studente di superiori e ancora lui si chiamava Braig. Io e i miei amici un weekend stavamo giocando insieme a baseball nella piazza, e lui cercò di metterci nei guai solo perché la palla gli era finita accidentalmente in testa.»
Incrociò lo sguardo di Kairi, come a invitarla a chiedere dettagli sull’accaduto. Si fece quasi triste quando Kairi rimase in silenzio.
Lea si afflosciò allo schienale, tirando un sospiro.
«Quando mi sono svegliato al castello di Lord Ansem, per un momento ho quasi sperato che avrei potuto riprendere la mia vita. Da ragazzo ho avuto un sacco di sfortune, ma ora che mi guardo alle spalle… cosa non darei per riavere la famiglia, gli amici, e le preoccupazioni che avevo. Cosa…»
Per certi versi, Kairi poteva dire di capirlo. Anni prima, aveva cercato di mettere insieme i pezzi sulla sua vita di un tempo cercando indizi sui vestiti in cui era stata trovata. Ed era stata lei a convincere Sora e Riku a costruire la zattera, per poi pentirsi amaramente di averlo fatto durante tutto l’anno successivo, in cui più e più volte aveva sperato e pregato di poter riavere la vita che prima le era sembrata noiosa e banale.
«Diciamo che è facile accorgersi dei propri errori, dopo averli fatti.» Kairi commentò.
«Io rifarei tutto quanto… tutto quel che mi aveva detto il mio cuore allora.» Lea si raddrizzò, poi abbozzò un sorriso. Kairi gli rispose sorridendo a sua volta.
«Avrei voluto conoscerti allora.»
Qualcuno bussò alla porta, per poi aprirla immediatamente dopo, e Kairi riconobbe Aerith quasi subito. Stava per salutarla, ma la giovane tagliò corto.
«Shiro…? Shiro, sei qui?» chiamò all’interno della casa. Lea sgranò gli occhi e la fissò.
«Uhm… qui ci siamo solo io e Lea.» Kairi ammise imbarazzata. «Anzi, se devo essere onesta non so nemmeno com’è Shiro di faccia.»
«Dai, Aerith, smettila di scherzare!» Lea si mise in piedi e camminò verso la porta, cercando di guardare dietro Aerith. «Scommetto che adesso spunterà da dietro l’angolo urlando sorpresa
Aerith fulminò Lea con lo sguardo. Sembrava decisamente seria.
«Non sto scherzando, Lea! Non l’ha più vista nessuno da quando sono usciti tutti da scuola!»
Tutto il colore sembrò di colpo sparire dal viso del giovane uomo.
«Xehanort…» sibilò.
Aggrottò le sopracciglia, poi marciò fuori dalla porta.
«Kairi… vado a prendere Shiro.» Annunciò. «Tu resta qui, pattuglia i confini. Sta’ pronta a dare l’allarme se vedi qualsiasi tipo di Corridoio Oscuro aprirsi, e qualsiasi cosa dovesse attaccare, fa’ buon uso di quella tua chiave. Tornerò presto, e Shiro sarà con me.»
Prese ad aprire un Corridoio Oscuro, probabilmente per sparire, ma Kairi balzò fuori dalla porta e lo prese per un polso.
«Tu non hai capito un accidente. Io vengo con te!»


 
Sì, lo so. Lea è un idiota e dovrebbe dire le cose.
(ed ebbene sì, parte della trama di KH3 è stata anticipata... okay, adesso sì che è un salto nel buio!)
E con il prossimo capitolo anche questa parte della storia è fatta... e siamo quasi a metà della trama, gente!
Reggetevi forte!

 
   
 
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