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Autore: Ghillyam    20/06/2020    0 recensioni
[Charlie\\\'s Angels]
Non poteva dire di essere rimasta sorpresa nel vederle arrivare a meno di ventiquattro ore dalla sua telefonata.
La prima era stata Dylan, e dal modo in cui le si era avvicinata aveva capito subito che l’imminente conversazione sarebbe stata tutt’altro che facile. [...]
Poi era stato il turno di Nat.
Aveva sentito qualcosa spezzarsi nel notare come la sua aria spumeggiante sembrasse perdersi a ogni passo in più mosso verso di lei, e non era riuscita ad aspettare che si avvicinasse ulteriormente prima di correrle incontro per abbracciarla. [...]
E infine era toccato ad Alex. Un’entrata in scena spettacolare come solo da lei ci si poteva aspettare.
[Character study | Rebekah Bosley + Alex Munday, Dylan Sanders, Natalie Cook]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash, Crack Pairing
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
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A leap of Faith
 

Non poteva dire di essere rimasta sorpresa nel vederle arrivare a meno di ventiquattro ore dalla sua telefonata.
 
La prima era stata Dylan, e dal modo in cui le si era avvicinata aveva capito subito che l’imminente conversazione sarebbe stata tutt’altro che facile.
Nonostante il taglio sbarazzino, che anche dopo anni continuava a donarle un’aria da giovane ribelle, gli occhi sprizzanti fuoco l’avevano messa in guardia fin dal primo momento e infatti ci era voluto poco prima che l’ex Angelo iniziasse a mostrare segni di quel temperamento caparbio e impetuoso che l’aveva resa famosa tra le fila dell’Agenzia.
 
«Voglio vederlo, Bex, fammi passare. Lasciami, lo voglio vedere! Rebekah- Rebekah non costringermi a prenderti a calci.»
 
E ovviamente ci aveva provato. A dirla tutta, Bosley si era stupita che non si fosse mossa prima.
Alla fine, si erano ritrovate stese sul prato davanti all’ingresso principale, entrambe ansanti e con più di punto dolorante a testa.
Come modo per dirsi “ciao” non avrebbero potuto trovarne uno migliore.
 
«Stai bene?» le aveva chiesto. Era stata la prima a rimettersi in piedi, ma non a caso era anche la più giovane – e tale pensiero se lo sarebbe portata nella tomba.
 
La risposta era stato un secco no ma Dylan aveva accettato la mano offertale per rialzarsi.
 
---
 
Poi era stato il turno di Nat.
 
Aveva sentito qualcosa spezzarsi nel notare come la sua aria spumeggiante sembrasse perdersi a ogni passo in più mosso verso di lei, e non era riuscita ad aspettare che si avvicinasse ulteriormente prima di correrle incontro per abbracciarla.
La stretta era stata ricambiata con altrettanta forza e parole di conforto erano scivolate da parte di tutte e due.
 
Si erano avviate verso il suo ufficio con le braccia ancora intrecciate e un po’ più di leggerezza nell’animo.
 
«Aspetta, aspetta – l’aveva fermata improvvisamente Natalie, prima di iniziare a frugare nell’immensa borsa che aveva portato con sé – Ho una cosa per te e lei voleva che te la dessi subito.»
 
L’aveva guardata sorridendo mentre la bionda le porgeva trionfante un improbabile pacchetto, avvolto con della carta regalo firmata Wonder Woman.
 
«Sono partita prima che potesse finirlo, ma ho aspettato che fosse bello duro prima di infilarcelo dentro.»
 
Posando gli occhi sul piccolo pennuto di pongo e DAS modellato appositamente per lei, come dimostrava l’arzigogolato Zia Becky riportato su una delle ali, per un attimo Bosley si era concessa un sorriso spontaneo.
 
«È bellissimo, Nat. Ringrazia Carla da parte mia.»
 
«Potresti ringraziarla di persona… una volta finita questa storia.»
 
«Come no, mi manca quella ragazzina. Ora andiamo, Dylan ci aspetta.»
 
---
 
E infine era toccato ad Alex. Un’entrata in scena spettacolare come solo da lei ci si poteva aspettare.
Era già buio da un po’ quando aveva fatto il suo ingresso, ma se anche la sofisticata illuminazione della Townsend non fosse stata attiva sarebbe stato impossibile perderselo: aveva parcheggiato l’elicottero proprio nel giardino su cui davano le camere delle nuove reclute e Boz sapeva che le domande a cui avrebbe dovuto rispondere il giorno seguente sarebbero state parecchie.
 
L’aveva osservata dal suo appartamento privato, affacciata alla porta finestra; una porta che aveva aperto con un certo indugio, sentendo tornare in un battito di ciglia il timore per il giudizio che sarebbe potuto emergere dalle parole dell’Angelo che l’aveva addestrata. Ma era solo dolorosa comprensione quella dipinta nei suoi tratti.
 
«Sai, abbiamo un posto per farli atterrare.» aveva deciso di rompere il ghiaccio.
 
«Non volevo aspettare. Ridimmi cosa è successo.»
 
Il sospiro che non era riuscita a trattenere le aveva fatto guadagnare una leggera stretta di mano, più simile a un cenno di scuse che a un gesto di conforto, ma con Alex non si poteva mai dire.
 
«Ho portato del cibo, possiamo parlare mentre mangiamo.»
 
«Ti prego, dimmi che non l’hai cucinato tu.»
 
Forse non era stato il commento più gentile che potesse fare, ma, con la risata della sua mentore a riecheggiare nella stanza, per un piacevole istante le preoccupazioni che accompagnavano il nome Bosley si erano dissipate.
 
*
 
Erano passati pochi giorni dal matrimonio di Natalie e Pete quando Rebekah aveva assunto il suo primo incarico ufficiale come Angelo.
 
Proprio come aveva predetto Alex, non potevano aspettarsi di restare insieme per sempre ma questa volta erano state loro a decidere come e quando separarsi – non che poi la intendessero come una separazione definitiva.
Ribaltando le aspettative di tutti, era stata Dylan la prima ad andarsene e nulla c’entravano un ex psicopatico o una narcisista egomaniaca. Al contrario, si era scoperto che per contrastare la tendenza della rossa a innamorarsi sempre del cattivo tutto ciò di cui aveva bisogno era conoscere una brava ragazza. O quasi.
 
L’incontro con Seana non era stato ciò che si definisce “convenzionale”, ma per qualcuno abituato a lanciarsi da aerei in volo e a combattere contro uomini grossi il doppio della propria taglia, non era stato poi così strano innamorarsi di un membro dell’FBI durante una missione sotto copertura. Entrambe si erano dovute fingere Ambasciatrici dello Yoga per sgominare un Guru sinistro, in realtà a capo di una pericolosa setta.
Da lì in poi era stato tutto in discesa per le due piccioncine e per quando Dylan aveva deciso che fosse finalmente arrivata l’ora di farle la proposta, Rebekah aveva iniziato il suo addestramento da alcuni mesi e Max era entrato a tutti gli effetti nel suo ruolo di Bosley.
 
Jimmy aveva fatto un ottimo lavoro con lui e proprio mentre John apriva la prima filiale dell’Agenzia in Europa, la Townsend avviava la sua espansione anche negli Stati Uniti.
A pensarci adesso, ciò che prima era accompagnato da un moto di orgoglio si era trasformato, dopo i recenti avvenimenti, in un nodo allo stomaco che se vi si fosse soffermata troppo le avrebbe reso difficile anche respirare.
Aveva mantenuto il sangue freddo durante la missione – del resto con le vite dei suoi Angeli in gioco non c’era altro che potesse fare – ma anche tutto l’addestramento del mondo non poteva preparare al male provocato dal tradimento di un amico.
 
Se non altro, adesso non aveva più la preoccupazione di doverlo affrontare da sola. Anche se sola non le era più da molto tempo ormai.
 
Entrare a far parte dell’orbita di Charlie era stato semplice come bere un bicchiere di Chardonnay durante il giorno.
La sua non era stata un’infanzia travagliata come quella di Sabina o Dylan – sempre che le due potessero essere messe a confronto – ma nemmeno idilliaca come quella di Alex. Da qualunque angolazione la si guardasse immaginava che si potesse definire a tutti gli effetti un’infanzia normale, seguita da un’adolescenza altrettanto banale. Aveva desiderato più di una volta di poter fare la differenza in qualche modo ma non avrebbe mai creduto che la cosa si potesse spingere al di là dell’essere eletta rappresentante d’istituto del suo liceo.
 
Anche dopo anni continuava a ringraziare chiunque fosse in ascolto di essere stata tanto fortunata da incappare in Nat e nella sua proverbiale sbadataggine al momento giusto. Non molte delle ragazze reclutate nel corso degli anni potevano dire di aver avuto la sorte così a favore com’era successo a lei quando la bionda aveva rischiato di farla finire nel recinto degli orsi allo zoo di Chicago: all’epoca Natalie si stava spacciando per guida turistica nell’intento di pedinare un tizio dall’aria losca, probabilmente invischiato nel traffico illegale e moralmente discutibile di animali rari. Ed era stato proprio per non perderlo di vista che era finita accidentalmente addosso a Rebekah.
La più giovane si era già vista diventare il pasto dei grossi mammiferi bruni quando con un’agilità stupefacente – allora quella mossa le era sembrata impossibile da replicare – Nat l’aveva riportata sulla solida terra, ma a quel punto anche l’obiettivo si era accorto di lei.
 
Da quel momento in poi le loro versioni su cosa fosse accaduto diventavano però due storie diverse – e ancora non erano riuscite a venirne a capo.
Dylan dava ragione a Becca, la quale sosteneva di aver seguito la bionda a sua insaputa, notando l’uomo che stava facendo lo stesso, e di aver distratto quest’ultimo quel tanto che bastava per permetterle di andarsene.
Alex invece credeva a Natalie quando diceva di aver tenuto Rebekah con sé per depistare momentaneamente il trafficante e di essersi accorta del suo potenziale nel momento in cui la ragazza aveva suggerito il piazzale dei pullman come luogo ideale in cui far perdere le proprie tracce.
 
In ogni caso, qualunque che fosse la verità, il risultato era stato lo stesso: pochi giorni dopo il fatto, Charlie aveva offerto a Rebekah l’opportunità di diventare un Angelo e lei l’aveva colta senza esitare.
 
Poco dopo Dylan le aveva lasciate, ma non prima di averle insegnato tutto ciò che sapeva in merito a kung fu, rock band e relazioni fallite – e su queste ultime le serviva davvero tutto l’aiuto possibile.
Dopodiché erano rimaste lei, Alex e Nat e con loro aveva imparato a destreggiarsi in campi a cui non avrebbe mai creduto di potersi avvicinare: ingegneria elettronica e informatica, zoologia, arti ginniche e principi della meccanica. Per non parlare delle serate spese a ideare camuffamenti credibili ed efficaci, che le consentissero di entrare in qualsiasi luogo immaginabile.
 
Perciò, quando finalmente Nat aveva detto il grande «Sì.», Rebekah era ormai pronta per assolvere ai suoi doveri, e con Alex ancora al suo fianco si era dedicata alle missioni più disparate. La sua preferita comprendeva una settimana spesa sulle Alpi svizzere e un inseguimento su snowboard e sci, e difficilmente avrebbe trovato un’avversaria che potesse superarla.
 
Una volta rimaste in due, erano cominciate anche le partite a scacchi, le cene fatte in casa – tramutatesi presto in pizza o qualunque cosa che fosse disponibile d’asporto – e uscite occasionali che riempissero il tempo tra un lavoro e un altro. All’inizio era stato strano: per quanto le intenzioni di Alex fossero buone, Rebekah non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione che la sua mentore si stesse comportando in un certo modo solo perché era stato Charlie a chiederle di farlo. Durante le operazioni Alex era l’emblema della professionalità e per quanto riguardava il lavoro di squadra non avevano riscontrato problemi, ma in fondo Rebekah sapeva di non poter competere con la spontaneità di Natalie né col sarcasmo pungente di Dylan. Tuttavia, non le era mai passato per la testa di esternare il suo disagio ed era più che convinta che non ci fosse nulla di cui lamentarsi se si guardava il quadro generale: aveva il lavoro più fico del mondo, salvava persone diverse ogni giorno e la soddisfazione di prendere a calci i cattivi era la più appagante che potesse esistere, meglio di così non poteva andare.
 
Almeno fino alla missione in Giappone.
 
Non era stata una cosa poi così seria, semplicemente si erano trovate circondate da un gruppo di ninja psicopatici, Alex l’aveva chiamata Natalie e lei si era distratta, beccandosi un pugnale tra le costole. Nessun problema, davvero.
Con una tempestiva opera d’estrazione Max le aveva tirate fuori dai guai e in tempo zero lei era stata portata in ospedale dove neanche tutta la testardaggine di cui era capace l’aveva potuta salvare dagli effetti della morfina.
 
«So di non essere come loro – aveva detto, non appena aveva realizzato che quella seduta accanto a lei non era un’infermiera ma Alex – Lo sooo.»
 
C’era qualcosa di estremamente malinconico nel tono che aveva usato e se i suoi ricordi della conversazione fossero stati meno offuscati sicuramente la vergogna non se ne sarebbe andata tanto in fretta.
Quella sera Alex non le aveva risposto, si era limitata ad ascoltare, ma Rebekah era sicura che fosse rimasta al suo fianco per tutta la notte e nella sua infinita padronanza delle buone maniere non aveva fatto parola di quanto sentito; non fino a quando erano tornate alla sicurezza del loro quartier generale.
 
«Non mi aspetto che tu sia come loro.»
 
«Mm, cosa?»
 
«Dylan e Nat. Voglio dire, noi tre siamo state una squadra per tanto tempo e mi mancano, ma tu sei brava. Molto brava, in effetti, e non dovresti sentirti in competizione con loro. Nat ti ha praticamente reclutata e Dylan ti adora, non hai niente di cui preoccuparti.»
 
«Oh, okay. Grazie, Alex.»
 
Nel ripensarci, le erano venute in mente mille e una risposte più sagaci di «Okay, grazie.» ma in quel momento tutte le sue energie si erano riversate nel cercare di non scoppiare in lacrime perciò si era dovuta accontentare.
 
Dopo la brillante conversazione di cui era stata partecipe, Rebekah aveva stabilito che fosse giunto il momento di darsi una calmata e, poiché raramente se si metteva in testa una cosa non riusciva a ottenerla, così aveva fatto. Non avrebbe potuto prendere decisione migliore – a meno che non l’avesse fatto.
In un clima meno teso anche Alex aveva iniziato a lasciarsi andare e così come Rebekah le aveva raccontato della sorella con cui non parlava da quando se n’era andata di casa, l’Angelo più esperto le aveva confidato di aver chiuso la storia più longeva che avesse avuto a causa del lavoro che, infine, era riuscito a mettersi in mezzo. Incredibile ma vero non era del suo che si trattava: lui era Jason Gibbons – uno pseudonimo, le aveva confessato Alex. Il suo vero nome era Joseph Tribbiani, strano vero? – e in quanto stella nascente del cinema non aveva potuto rifiutare l’opportunità di filmare per un intero anno in Australia; un’occasione fantastica se non fosse che le relazioni a distanza avevano portato raramente a qualcosa di buono. Perciò Alex aveva dovuto dirgli addio.
 
«Non è stato così traumatico, credimi. Solo, non avrei pensato di trovarmi a questo punto della mia vita a dover ricominciare di nuovo.»
 
Ed era stato in quel momento che qualcosa era scattato. In quel preciso attimo Rebekah aveva capito perché nei suoi studi non avesse mai trovato traccia di coppie di Angeli che fossero durate. Uno solo era rischioso ma comunque poteva andare, e d’altronde i Bosley servivano anche a quello. Tre era chiaramente il numero perfetto, non c’era neanche da starci a pensare, ma due? In due era solo uno il modo in cui poteva andare a finire, e quando si cominciava a desiderare di imboccare tale strada l’unica possibilità era quella di chiamarsi fuori. Era all’Agenzia che si doveva pensare.
 
Certo, di tutto quello che le poteva capitare innamorarsi della sua partner era forse il cliché peggiore, ma doveva ancora nascere la persona in grado di resistere al modo in cui Alex scuoteva i capelli.
 
Per sua fortuna, la soluzione al problema si era presentata senza che dovesse impegnarsi troppo a cercarla: in Europa il lavoro di John procedeva alla grande ma, per quanto fosse esperto, un uomo solo non bastava per tenere in piedi l’intera baracca e Charlie si era mostrato concorde all’idea che Rebekah si unisse a lui. L’istinto del leader l’aveva sempre avuto ed era tempo che anche quello venisse portato alla luce.
 
Così Rebekah si era lasciata alle spalle Alex, la sua cotta e aveva dismesso le vesti di Angelo per indossare quelle di Bosley.
 
*
 
Il mattino dopo si erano riunite tutte nel suo ufficio. Alex e Nat sedevano sulle sedie opposte alla sua, dietro alla scrivania, Dylan invece sembrava incapace di restare ferma per più di un minuto e il suo andare avanti e indietro la stava facendo impazzire.
 
«Potresti smetterla, per favore?» la riprese quando rischiò di far cadere l’appendiabiti di fianco alla porta.
 
«Scusa.» borbottò la rossa, prima di lasciarsi cadere sul divanetto che spesso e volentieri Boz usava per rubare preziosi minuti di sonno alle sue intense giornate. Tuttavia, il suo stato di immobilità durò circa dieci secondi «È solo che non capisco. Perché ha fatto questo? Ci deve essere un’altra spiegazione, non credete anche voi?»
 
«Stava per uccidermi, per me questo è abbastanza.»
 
«Non l’avrebbe mai fatto, Bex!»
 
È Bosley ora, l’avrebbe voluta correggere ma in fondo sapeva che era solo affetto quello che impediva a Dylan di abituarsi al suo nuovo nome. Tutte e tre, in realtà, faticavano a vederla diversamente dalla Rebekah che avevano conosciuto anni prima.
 
«Anche a me non piace crederlo, Dylan – intervenne Natalie – Ma la situazione mi pare chiara.»
 
«Però non ha senso – Oh no, non anche lei – Bosley non è mai stato il tipo ossessionato dal potere, deve esserci qualcos’altro.»
 
Come sempre, Alex non aveva tutti i torti.
 
«Non è solo per Calisto. C’entra Charlie.»
 
«Charlie?!»
 
«L’altro Charlie.» chiarì Boz.
 
«Giusto. Ancora me ne dimentico. E quindi?» domandò Dylan.
 
Erano stati in pochi a saperlo, della dipartita di Charlie. John, Max e Jimmy, Kelly ovviamente e loro quattro. Lui aveva dato direttive precise, non voleva che la Townsend ne risentisse e per il momento era ancora possibile fare in modo che il suo desiderio si realizzasse.
Tutti si aspettavano che il testimone passasse al Bosley in carica più anziano – lei stessa aveva pensato a diversi modi in cui annunciarlo ufficialmente – ma il loro benefattore era sempre stato un uomo dai mille segreti e non aveva mancato di stupirli ancora una volta.
 
Cheryl – il volto in parte celato da una graziosa cloche con la veletta – si era presentata il giorno della lettura del testamento, in cui Charlie aveva espresso come sua ultima volontà che fosse lei a prendere le redini dell’Agenzia.
Certo, non c’era nulla di stupefacente nel fatto che il direttore della Townsend avesse una moglie, ma nessuno si era preparato a una simile evenienza.
 
Come gli ultimi fatti dimostravano, c’era chi l’aveva presa meglio di altri.
 
Non era necessario che i nuovi Angeli, o chiunque altro al di fuori del ristretto circolo a capo delle operazioni, lo sapessero e così era entrato in gioco il trasformatore vocale e la Townsend aveva continuato a vivere in fede di Charlie.
Boz non si era aspettata che un’ambizione nascosta potesse bastare per farla crollare così facilmente.
 
«Insomma stai dicendo che Bosley ci ha tradite perché Charlie non l’ha nominato direttore.» riassunse Nat, gli occhi fissi su un punto imprecisato della parete.
 
«Vorrei che le cose fossero andate diversamente.»
 
«Tutte lo vorremmo.» l’appoggiò Alex. Boz non poté impedire a un calore piacevole di scaldarle il petto, dove il vuoto, che solo le pietanze di Santo sapevano momentaneamente colmare, sembrava restringersi ogni qualvolta si trovasse in compagnia della mora. Sperò che il calore non si fosse diffuso alle guance, andando a tradire il segreto più importante che si portava dentro.
 
«Possiamo vederlo?» chiese Dylan, che sembrava essersi placata rispetto a poco prima ma che ancora non voleva rassegnarsi.
 
«È giù ai moduli di contenimento, ma sarà trasferito presto. L’abbiamo tenuto qui il più a lungo possibile, ma ci sono delle leggi da rispettare.»
 
«Ho capito.»
 
E con questo la rossa si congedò, uscendo di corsa dall’ufficio.
 
Boz sospirò, affondando il viso tra le mani sperando in una risoluzione magica che la togliesse dal casino che si era creato.
 
«Non ce l’ha con te, lo sai vero?»
 
Annuì: certo che lo sapeva, ciò però non toglieva che rendesse tutto più difficile.
Bosley si alzò, voleva riprendere il controllo della situazione e per farlo non poteva continuare a piangersi addosso.
 
«Posso accompagnarvi se volete.» propose.
 
«Non adesso – rispose Alex per entrambe – Voglio dare un’occhiata alle nuove reclute.»
 
«Oh sì.! Ho sentito che una è tua, Becky.»
 
Le venne naturale sorridere al pensiero di Elena «Sì. È una ragazza davvero in gamba. La prima volta che l’ho vista pensavo che si sarebbe fatta uccidere, ma si è dimostrata una valida risorsa.»
 
«Una valida risorsa… Sentito, Alex? L’abbiamo già persa.»
 
«Non fingere con noi, lo sappiamo che sei una romanticona, Becca.»
 
«Veramente-»
 
«Giusto. È Boz ora.»
 
Poté quasi sentire il vuoto rimpicciolirsi e forse, pensò, uscire allo scoperto non poteva essere tanto peggio del delirio che si trovava ad affrontare quotidianamente da metà della sua vita. Non poteva essere peggio di due proiettili sparati da una persona che riteneva amica.
 
Forse era arrivato il momento di compiere un altro atto di fede.
   
 
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