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Autore: pattyxica04    25/06/2020    0 recensioni
“Abbiamo bisogno di quel contatto con la persona che amiamo come abbiamo bisogno di respirare, non l'ho capito fino a quando non ho più potuto averlo.”
-a un metro da te
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao, io sono Hope e sono qui per raccontarvi la mia vita. Ok, lo so che avrete sentito questa frase tipo un milione di volte tra libri, film e cose del genere. Vi posso assicurare che questa volta sarà diverso, perché non sono qui per parlare della mia vita nel suo complesso: sono qui per raccontarvi come si è conclusa. Partiamo dall’inizio: dall’inizio della fine. Era una mattina di aprile, il sole splendeva ancora un po’ timido e gli uccellini stavano cominciando a svegliarsi. Sentii i raggi del sole che cominciavano a scaldarmi la pelle del viso e l’insopportabile suono delle tapparelle del lucernario che si alzavano. Con uno sbuffo e poca voglia mi alzai. Come tutte le domeniche io avevo attività scout, quindi scesi dal letto ancora mezza addormentata e incominciai ad infilarmi la divisa. Dopo essermi vestita e lavata la faccia per non sembrare uno zombie, scesi in sala dal pranzo per fare colazione e come ogni santo giorno trovai mio padre in vestaglia che sorseggiava il suo thè alla cannella e mio fratello che annegava, a suo solito, i biscotti un una tinozza di latte. Ok aspettate, ora ve li presento, mio padre: uomo di mezza età, barba medio-lunga grigia e senza l’ombra di un capello in testa; mio fratello: alto poco più di me, due occhi vivaci color del cielo e dei capelli corvini (l’unica nostra differenza, il colore dei capelli) lui è anche un po’ il mio compagno di vita da…beh da sempre direi, essendo gemelli, ed abbiamo imparato a fare tutto insieme sin da quando siamo nati. “Buongiorno” dissi entrando nella stanza con uno sbadiglio, “Ciao brutta” mi rispose mio padre con un sorriso. “Ci hai degnato della tua presenza alla fine, dormito bene?”, mi chiese Cole con un sorrisetto: “Ah ah, molto divertente, comunque ho dormito come un angioletto grazie” gli risposi con un sorriso di scherno. “Su questo non c’è dubbio, hai russato quasi peggio di papà stanotte”, rise. “Non è vero! Io non russo!” Gli risposi un po’ indignata, ma comunque sorridendo perché sapevo che stava scherzando. Mi sedetti al mio posto con davanti una bella tazza colma di thè bollente e cominciai ad inzupparci dei biscotti. Da dietro sentii mio fratello cingermi con un braccio e schioccarmi un bacio pieno di briciole sulla guancia: “In bocca al lupo per oggi, non è oggi la prova per quel distintivo?” “Te ne sei ricordato quindi” gli risposi un po’ sorpresa e ricambiando il bacio, “Vieni ad assistere alle mie prove o hai troppi impegni con quel tuo nuovo videogame?” “No direi che può aspettare fino a stasera, e poi avrò bisogno della mia stratega per completare l’ultimo livello” “Ah beh sì, sia mai che perdi un livello” “Ah ah divertente, molto divertente” rispose e cominciò a farmi il solletico facendomi quasi rovesciare la tazza. “Smettetela voi due, Hope muoviti o farai tardi e tu Cole smettila di dar noia a tua sorella” disse mio padre con tono severo di chi non si fa mettere i piedi in testa da nessuno. “Va bene papino” rispondemmo in coro io e Cole scambiandoci un’occhiata complice. Dopo aver finito colazione andammo in camera nostra per finire di prepararci: io mi preparai la borsa con il quaderno, l’astuccio e tutto il necessario, mio fratello si mise la sua maglietta più “bella”, si deodorò e si profumò per andare in contro al suo grande amore. “Muovetevi voi due o faremo tardi” ci urlò nostro padre, noi ci scambiammo un’occhiata di sfida e ci mettemmo a correre giù per le scale come dei bambini per arrivare per primi alla macchina. Naturalmente arrivammo alla fine della scala con le gambe all’aria e scoppiammo a ridere come due scemi, la faccia di nostro padre non era altrettanto contenta, però. Salimmo in macchina e ci facemmo accompagnare fino al luogo dell’incontro che distava circa 15 minuti. Ad un certo punto durante il tragitto, alla radio partì una delle nostre canzoni preferite e ci mettemmo a cantarla a squarcia gola facendoci tirare da nostro padre delle occhiate ostili; così per farci un dispetto lui cambiò stazione per andare a sentire una di quelle orribili canzoni sdolcinate anni 80’ che odiavamo. Con uno sbuffo e qualche insulto alla sua cultura musicale, continuammo il viaggio all’orribile suono degli anno ’80. Io restai per tutto il tempo con gli occhi fissi nel vuoto e completamente immersa nei miei pensieri, dopo qualche minuto mi venne un forte dolore al petto: come se mi avessero acceso un fuoco dentro al petto che mi stava consumando dall’interno. Mi portai istintivamente una mano al petto e il dolore svanì all’istante. “Boh?” dissi tra me e me, “Sarà per l’ansia da prestazione” pensai. “Tutto bene?” chiese mio padre preoccupato, “Sì, sì, non è niente” risposi io, tornando a fissare fuori dal finestrino. Lì per lì non mi sembrò una cosa grave, ma ora mi pento di non aver detto niente perché mi rendo conto che se l’avessi fatto, probabilmente le cose sarebbero andate in modo diverso. Arrivammo nel luogo dell’attività. Agli occhi di tutti era solo una semplice parrocchia, ma per me era come una seconda casa, come una seconda famiglia. Lasciammo nostro padre davanti al cancello d’ingresso, uscendo frettolosamente dalla macchina senza nemmeno salutarlo: io ero ansiosa di andare a chiacchierare con le mie amiche e mio fratello di vedere la sua cotta del momento: una ragazza che faceva scout con me, non vi dirò chi è perché voglio lasciarvi almeno una sorpresa. Dopo circa mezz’ora arrivò anche la nostra capo scout Hellen con le sue due figlie Grace, la mia migliore amica, e Gwendolyn, di un anno più piccola. “Ciao tipa!” mi salutò Grace scendendo dalla macchina, “Pronte… tre, due, uno…” dissi alle altre, che capirono al volo e urlammo tutte in coro: “Ciao tipa!”. “Alla buon ora, di solito sono io quella in ritardo” dissi dando una pacca sulla spalla a Grace, “Scusate ragazze, ma ho avuto ancora problemi con la macchina” rispose Hellen un po’ imbarazzata. “Ancora, non sarà l’ora di cambiarlo quel catorcio” “È una vita che glielo dico, ma mi ha mai ascoltato? Ovviamente no” rispose Grace mettendosi a ridere. Ora ve la presento: Grace, mia migliore amica dalla prima media, capelli biondi, occhi color nocciola ed alta un metro e una banana; è la persona più gentile e dolce che abbia mai conosciuto, ma quando sia arrabbia… mettevi al riparo! Lei è stata un po’ come una seconda mamma e come una sorella maggiore per me; all’inizio la odiavo e lei odiava me, ma poi abbiamo imparato a conoscerci a vicenda ed ho scoperto di aver davvero trovato una persona d’oro. Io so che a lei posso dire tutto senza temere pregiudizi o commenti da parte sua, so che lei ci sarà sempre per me e io ci volevo essere sempre per lei, ma purtroppo non fu cosi e questa è una delle poche cose di cui mi pento. Dopo aver chiacchierato per una buona mezzora, ci riunimmo tutte in giardino, eccetto naturalmente mio fratello che rimase in disparte, perché non è uno scout. Dopo esserci salutate in grande stile scout, Hellen ci radunò per spiegarci l’attività del giorno: “Buongiorno ragazzuole e ben trovate, cominciamo dai punteggi della scorsa attività dato che abbiamo già perso abbastanza tempo, che ne dite?”. Dopo un minuto circa, però, si fermò e cominciò a fissarmi, le mie compagne la imitarono e cominciarono a fissarmi con aria sempre più preoccupata. “Che c’è?, ho qualcosa sul naso?” chiesi passandoci un dito, ma prima che potessi mettermi a ridere mi accorsi che stavo sanguinando. Lì per lì non mi preoccupai del sangue, ma dopo neanche un secondo avvertì di nuovo il dolore al petto che avevo sentito durante il viaggio. La sensazione era come se qualcuno avesse deciso di abbracciarmi cercando di farmi diventare marmellata. Mi accasciai a terra cercando di urlare dal dolore, ma la voce mi morì in gola, la testa cominciò a girare come una trottola, la vista mi si offuocò e l’ultima mia percezione prima di cadere nel buio furono le voci di Grace e Cole che mi chiamavano, ma io non riuscivo a rispondere. Non ricordo molto del lasso di tempo tra il mio svenimento e il mio risveglio, è stata tutta una confusione di voci, rumori, sirene che riecheggiavano lontane. Le uniche due cose che ricordo distintamente sono le loro due voci che mi hanno accompagnato in un loop infinito fino al mio risveglio. Ricordo molto bene che mio fratello continuava a dire: “Dai che ce la puoi fare, hai fatto di peggio!” e quella di Grace che, da brava amica qual era e con la voce rotta dalle lacrime diceva: “Se mi lasci da sola giuro che prima ti resuscito e poi ti ammazzo!”
   
 
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