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Autore: arashinosora5927    27/06/2020    2 recensioni
Okay... questa è una commissione... ci ho messo tipo 100 anni a farla okay.
Doveva essere solo una commissione, ma la mia mente ha viaggiato rapidamente quindi ci sarà molto di più.
L'importanza di un pianoforte è esattamente tutto quello che c'è da sapere, non saprei come altro spiegare la storia.
Viaggi nel tempo, cambiamenti di ricordi e tanto amore.
[5927]
Genere: Angst, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hayato Gokudera, Tsunayoshi Sawada
Note: Kidfic | Avvertimenti: nessuno
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Sawada Tsunayoshi si spolverò l'abito nero tossendo e non appena il fumo abbandonò i suoi occhi poté guardarsi attorno.

Non conosceva quelle mura imponenti, né quei corridoi lunghi e ampi, né tantomeno i lampadari di cristallo di cui era costellato il soffitto.

La luce era quasi accecante, ma Tsunayoshi era abituato a stare sotto i riflettori quindi mosse senza troppa difficoltà passi in avanti.

"Ecco Decimo, ho aggiornato tutte le armi, anche la vostra pistola."

Sawada Tsunayoshi ricordava di aver accennato un sorriso e annuito gentilmente.

"Grazie Giannini, ma lo sai che non la uso."

Il tempo, il peso che quelle spalle avevano dovuto sostenere non erano bastati a cambiare il suo animo e trasformarlo in un uomo violento.

"D'accordo, Decimo. In ogni caso è tutto pronto."

Tsunayoshi lo aveva ringraziato nuovamente guardandosi attorno in quella che era la stanza delle armi. Ancora non si capacitava di come potessero possedere un luogo simile, ma doveva ammettere che dopo aver masticato per qualche anno l'imprevedibilità della sua posizione ne riconosceva l'utilità e l'esigenza.

Giannini non era più lo stesso combinaguai di qualche anno prima, ora le sue creazioni erano infallibili.

O quasi aveva pensato il boss passando sotto la rete dove era tenuto bloccato al soffitto il bazooka dei 10 anni.

Per qualche ragione con quello Giannini faceva sempre danni.

E infatti ancora una volta era a causa sua se si era trovato a viaggiare nel tempo: l'oggetto come dotato di anima propria aveva sfondato la rete e gli era precipitato dritto addosso.

Sawada continuò ad avanzare finché un suono non attirò la sua attenzione, proveniva da una delle numerose porte che si presentavano ad ambo i lati del corridoio.

Appoggiò incuriosito l'orecchio e lo udì ripetersi, proprio quello stesso.

La porta era apparentemente chiusa eppure vi era uno spiraglio che Tsunayoshi aveva creato appoggiandovisi sopra.

Mise l'occhio proprio in quella piccola fessura attirato e instantaneamente il cuore gli si strinse in petto.

Piccole dita accarezzavano i tasti di un pianoforte a coda dall'aria molto costosa ed elegante. Lo sfioravano piano come per non ferirlo, come per non ferirsi.

Una nota, un solo tasto alla volta, seguito da una lunga pausa prima del successivo.

"Do... do... si... sol... la... sol..." Tsunayoshi sentì una vocina mormorare, trascinare senza entusiasmo quelle note accompagnando i tasti di una melodia che si era finalmente conclusa.

"Auguri... suppongo..." un sospiro della stessa voce.

Trattenne il fiato, cercò di organizzare i pensieri perché voleva fare qualcosa e doveva fare qualcosa, ma non sapeva cosa e non sapeva se agire avesse potuto rivelarsi o meno pericoloso.

Quello, un bambino, un bambino di tre anni lasciato solo il giorno del suo compleanno mentre in lontananza si potevano udire molteplici voci, segno che ci fosse qualcuno.
Quel bambino era Hayato, il suo Hayato.

La cosa che gli faceva più male, più ancora della situazione in sé, era il fatto che si stesse cantando da solo "tanti auguri a te", Tsunayoshi nemmeno nella sua infanzia più sofferta ricordava un compleanno più triste.

Un sospiro lasciò le sue labbra mentre Tsunayoshi si abbandonava affranto, il suo peso fece spostare la porta che si aprì di scatto facendo sobbalzare il bambino all'impiedi.

Si mise di spalle come se fosse terrorizzato al pensiero di chi potesse essere.

"Lavina?" domandò con una voce piena di speranza.

Tsunayoshi, che non sapeva come non avesse perso l'equilibrio, cercò di parlare, ma si trovò solo carico di emozioni e così non gli uscì una parola.

"Padre... sei tu?" domandò nuovamente Hayato scartata amaramente la prima ipotesi.

"Padre, io non volevo smettere di studiare, mi stavo solo allenando per l'esibizione di stasera. I nostri gentili ospiti non aspettano che me, giusto?"

Tsunayoshi sentì ogni parola trasformarsi in una lama dritta al petto. Nelle parole di Hayato c'era solo terrore, non un'ombra di entusiasmo.

"Non sono tuo padre" disse Tsunayoshi istintivamente, nel suo tono c'era una nota di rabbia data dalle terribili informazioni in merito a quell'uomo a cui era stato involontariamente paragonato.

Individuando una voce sconosciuta Hayato si voltò di scatto e ispezionò il suo interlocutore.

"Sei un amico di mio padre o meglio un alleato?" domandò diffidente con freddezza.

"Non esattamente" rispose Tsunayoshi cercando di regalargli il sorriso più dolce e rassicurante che avesse.

Hayato lo ricambiò quasi gli stesse facendo da specchio e sembrò bastare quello perché si rasserenasse.

"Chi sei allora?" domandò incuriosito.

"Bella domanda..." mormorò Tsunayoshi, di certo non poteva raccontargli la verità, non tutta almeno.

"Passavo di qui e ti ho sentito suonare...sei bravo" disse incerto su come portare avanti quel discorso.

"E non mi avevi mai sentito prima?" domandò Hayato, il tono era carico di sorpresa.

"Ecco..." esitò Tsunayoshi, non sapeva esattamente come rivolgersi a quella versione della sua tempesta.

Ho sentito un te molto più grande e felice, felice di suonare per me melodie incredibili. A volte lo ha fatto per farmi addormentare, altre per calmarmi, ma la maggior parte è stata solo una condivisione, la condivisione dei suoi sentimenti...

"Ti hanno tagliato la lingua?" si sentì domandare e riemerse subito da quel vortice di pensieri e ricordi in immagini preziose che si erano susseguite rapidamente.

Tsunayoshi rise appena e sentì di avere acquisito maggiore confidenza, quello era pur sempre Hayato e anche se era un bambino restava un bambino sveglio e intelligente, con molte capacità e conoscenze.

Pensò a lungo a una risposta da dare a quegli occhietti curiosi che brillavano di una luce che fino a qualche secondo prima non c'era.

"Io sono il Decimo boss dei Vongola" disse e per la prima volta non gli sembrò strano attribuirsi quel titolo.

"Impossibile, i Vongola hanno un Nono boss e non hanno ancora deciso il successore" ribatté Hayato, come previsto era preparatissimo in materia.

"Prova di nuovo" scherzò.

Tsunayoshi però sapeva perfettamente quali tasti del suo animo sfiorare per ottenere la sua fiducia e non solo.

"Vengo dal futuro" disse.

Hayato trattenne il fiato emozionato.

"Che cosa?!" urlò.

Tsunayoshi accennò una risata e chiuse la porta così che nessuno potesse sentire quel discorso, si avvicinò a lui appoggiando una mano sul pianoforte.

"Diciamo che ho fatto un piccolo viaggio."

Non si sorprese che Gokudera gli credette subito, del resto per queste cose aveva sempre avuto un debole e gli bastò guardarlo negli occhi per sapere che voleva un racconto molto dettagliato.

"Quindi inventeremo le macchine del tempo? E chi le userà? Dimmi come è viaggiare? Fa venire mal di testa? È normale usarle quotidianamente?"

Tsunayoshi si trovò bombardato di domande come previsto.

"Un po' disorientante, ma ci si fa l'abitudine" rispose.

Gokudera sorrise, sembrava davvero un'altra persona.

"E da che anno vieni?" gli chiese.

"2018"

"Anche io voglio viaggiare nel tempo!" esclamò Gokudera sgranando gli occhi, Tsunayoshi poté riconoscere lo stesso sguardo che gli rivolgeva quando alle medie lo lodava per qualche motivo.

"Lo farai" lo rassicurò.

"Davvero?"

"Certo"

Tsunayoshi gli accarezzò il viso, accennò un sorriso tenero e si sedette sullo sgabello del pianista invitando questo ultimo a fare lo stesso.

"E quando?" domandò Hayato fremendo al solo pensiero.

"Quando sarai più grande...ma adesso c'è una cosa molto più importante di cui parlare" rispose Tsunayoshi.

"Buon compleanno, Hayato" mormorò dolcemente guardandolo dritto negli occhi.

"Come fai a sapere il mio nome?" domandò Gokudera sorpreso mentre gli occhi gli erano diventati lucidi, quel calore che aveva ricevuto era tutto ciò che bramava segretamente.

"Non lo sanno forse tutti?" scherzò Tsunayoshi.

Alla fine Hayato non era forse il futuro boss della sua famiglia, almeno in quel momento?

"E come fai a sapere che è il mio compleanno?" chiese il bambino indispettito.

"Il tuo compleanno è un giorno importante per me" rispose Tsunayoshi portando quella mano dal viso ai suoi capelli, scompigliandoli appena.

Hayato lo guardò incantato, c'era qualcosa che lo spingeva a fidarsi ciecamente di quello sconosciuto, qualcosa che lo faceva sentire sereno.

"Sei strano... però quello strano che piace a me, come gli UMA..." gli disse sorridendo.

Tsunayoshi annuì, appoggiò le mani sullo sgabello e guardò verso il piano.

"Lo prendo come un complimento. Ora ti va di dirmi se c'è qualcosa che desideri per il tuo compleanno?"

Hayato si torturò le mani, avvertì i palmi sudati e si morse l'interno della guancia.

"E-Ecco... potresti guardarmi mentre suono il piano? C'è una donna che ha detto che...mi avrebbe ascoltato, però non è mai venuta...ovviamente s-solo se per te va bene..."

Tsunayoshi non riuscì più a trattenere le lacrime, le sentì crescere nei suoi occhi a ogni parola pronunciata.

"Ne sarei felice" disse e la sua voce non fece mistero dell'emozione.

Cara Lavina, non preoccuparti. Ti prometto che rimarrò al suo fianco per sempre, che non permetterò mai più che si senta solo.

"Tutti mi guardano continuamente suonare, ma quella donna, la mia insegnante di piano, è diversa, lei è speciale... e tu sei come lei, anche tu sei speciale... quindi è diverso se sei tu a guardarmi suonare..." mormorò Hayato timidamente, anche la sua voce era sopraffatta dalle emozioni.

Tsunayoshi annuì, senza incontrare il suo sguardo gli accarezzò la schiena in un punto che sapeva essere un calmante assoluto per lui, Hayato glielo aveva detto che era sempre stato così.

Lo sentì sussultare sotto quel tocco e poi rilassarsi.

"Grazie per questo onore, Hayato."

Grazie Lavina, grazie per tutto quello che mi hai donato, grazie per la vita di Hayato, me ne prenderò cura, puoi stare tranquilla si ritrovò a pensare quasi come se stesse interloquendo con lo spirito.

In questo momento sei appena venuta a mancare e Hayato non lo sa, non sa nemmeno che sei sua madre e non sa quanta sofferenza lo aspetta. Crede che tu non sia venuta perché lo hai abbandonato, perché tutti lo abbandonano, di questo ne è convinto. Voglio che non soffra così tanto, so che sarà felice, ma ho sempre desiderato che ci fossimo conosciuti prima che si convincesse che la vita è una guerra. Se possibile voglio salvarlo, come lui salva me ogni giorno.

Tsunayoshi osservò i suoi pensieri danzare lentamente accompagnati da una sinfonia dolce che improvvisamente diventava sempre più forte in un crescendo continuo.

I suoi pensieri lasciarono spazio alle mere emozioni e al viaggio che Tsunayoshi poté compiere accompagnato da ogni nota.

Gli sembrò di vederla concretamente, la sofferenza di un principino che all'apparenza aveva tutto.

Hayato era curato, mille servitori al suo comando e non faceva in tempo a dire di desiderare una cosa che già l'aveva ottenuta. I suoi genitori o meglio, suo padre e quella che Hayato ancora credeva sua madre, non sapevano dargli affetto e così sopperivano a quella mancanza ricoprendolo di freddo materialismo.

Hayato tremava, voleva solo un caldo abbraccio che lo facesse sentire al sicuro e che qualcuno gli dicesse di amarlo e che valesse a prescindere da quanto avesse studiato, da quanto si fosse esercitato al piano quel giorno.

Hayato voleva solo amore e Tsunayoshi sentì sulla pelle quella richiesta, quelle urla che chiedevano disperatamente aiuto per un fiore che stava appassendo senza essere ancora sbocciato perché il suo aspetto ingannava l'occhio e solo focalizzandosi attentamente si potevano vedere tutte le grinze che presentavano i petali, ma ad Hayato nessuno mai prestava attenzione.

Come avrebbe mai potuto soffrire chi aveva tutto? Forse anche Hayato se lo chiedeva, quelle note così acute dovevano esserne l'evidenza, ma Hayato non aveva niente, niente che lo potesse far crescere sano, tranquillo, felice.

Ora Tsunayoshi capiva davvero perché si fosse sentito a casa più per le pericolose strade di Palermo in pasto a qualsiasi malintenzionato che tra le mura del suo castello con la sua famiglia.

Con un ultimo accordo il pezzo si concluse e Hayato lasciò sprofondare le dita nei tasti facendo un suono più forte e brusco. Degno finale di quella richiesta di aiuto che non sapeva articolare diversamente, del viaggio all'interno della sua anima.

"È mia, l'ho chiamata La sottovalutata infelicità di chi ha tutto"

Tsunayoshi scoppiò in lacrime, se già stava piangendo ora si abbandonava a intensi singhiozzi appoggiando il viso contro la piccola spalla del bambino.

"Sei bravissimo Hayato, sei davvero bravissimo" sussurrò.

"Ti ho fatto piangere?" domandò il piccolo colpito.

"Emozionare, sì" lo corresse Tsuna accogliendolo tra le sue braccia.

Hayato si abbandonò completamente e si permise a propria volta di lasciare andare alcune lacrime, le sentì bruciare sulle guance mentre il suo orecchio poteva ascoltare il battito accelerato dell'uomo che lo teneva stretto a sé.

È un estraneo, ma profuma di famiglia. Anche la mia insegnante di piano ha lo stesso profumo, è questo che si dovrebbe sentire... pensò.

"È un bel regalo di compleanno, grazie Decimo dei Vongola dal futuro."

Hayato lo strinse più forte e strofinò il viso contro il suo petto.

"Non sei italiano, vero? Tuttavia te la cavi."

In quel momento Tsunayoshi si rese conto che non era mai stato più felice di avere imparato la sua lingua natale. Hayato era stato il suo insegnante e ogni sforzo era stato ripagato da quel momento, senza forse non si sarebbero potuti parlare, oppure sì, magari Hayato già aveva studiato il giapponese.

E poi seguì un'altra consapevolezza, era riuscito nel suo intento e questo lo rendeva così felice che neanche sapeva come esprimerlo.

"Lo so che ti ho dato un esempio educativo davvero sbagliato, Hayato, ma io sono un caso a parte. Non devi dare confidenza a uno sconosciuto, né credere a qualcuno solo perché ti dice che viene dal futuro" lo colpì in testa un'altra realizzazione.

"Non sono uno sprovveduto, Decimo dei Vongola" ribatté Hayato quasi offeso.

"Se mi sono fidato di te è solo perché ho sentito di poterlo fare."

"Il tuo istinto è fenomenale, Hayato. Facci affidamento" concordò Tsunayoshi.

"Parli come se te ne stessi andando..." mormorò Hayato, il tono si spense e così l'espressione, un senso di solitudine gli piombò addosso e lo portò ad aggrapparsi con più forza alla schiena di chi gli aveva donato qualche istante di pienezza.

Tsunayoshi accennò un sorriso, ormai aveva imparato a riconoscere i segnali della trasmigrazione. Voleva cancellare la sua tristezza, ma non poteva rimanere.

"Beh in effetti il mio tempo qui è finito e devo tornare."

Hayato si sottrasse lentamente a quel contatto sentendone subito la mancanza.

"Ci rivedremo, vero?" chiese carico di speranza.

"Prima di quanto immagini."

Hayato accennò un sorriso, sentì il bisogno di aggrapparsi a quella speranza con tutte le sue forze.

Osservò il corpo di Tsunayoshi divenire sempre più etereo e inconsistente, pura luce e tese una mano come per impedire a quel processo di compiersi o per esserne incluso o semplicemente per trattenere quella persona speciale.

"Ti prego, resta!" urlò a pieni polmoni.

Tsunayoshi tese una mano verso la sua sfiorandola delicatamente, cercò i suoi occhi e li accolse con un sorriso.

"Ascoltami bene, tu vali Hayato, a prescindere da tutto, la tua vita è preziosa e meriti tanto amore. Chiunque ti abbia convinto del contrario mente, sei speciale e sarai felice, te lo prometto."

Tsunayoshi perse i suoi occhi, impresse nella sua mente le lacrime di cui li vide pieni. Perse la sua mano e la vista fu sconvolta da un tunnel psichedelico a cui il giovane boss era sicuro non si sarebbe mai abituato.

Il viaggio terminò tra confortanti e robuste braccia, che dolcemente lo stringevano.

Calde lacrime, le sentì sul collo.

"Grazie grazie grazie..."

Tsunayoshi sorrise ricambiando l'abbraccio: in un istante aveva acquisito ricordi del tutto nuovi.

Si soffermò ad ascoltare la voce che lo ringraziava con tanto trasporto e non poté non paragonarla a quella sentita poco prima, era davvero cambiata.

"Amore..." sussurrò accarezzandogli i capelli.

"Sono in tempo per la cena?" domandò.

Hayato si asciugò le lacrime e allentò l'abbraccio quel tanto che bastava per guardarlo negli occhi.

"Sì... il tempo è solo un concetto, me lo hai dimostrato ancora una volta..." disse ancora sopraffatto dalle sue emozioni.

"Menomale, non volevo fare tardi. È il tuo compleanno e so quanto ci tieni alla puntualità..."

Hayato scosse la testa, lo guardò intensamente negli occhi lasciando andare altre lacrime.

"Non potevo desiderare regalo migliore, davvero... la cena non è cosi importante."
   
 
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