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Autore: candidalametta    14/08/2009    3 recensioni
Spike è senza volto, come tutti i vampiri, vede solo superfici riflettenti senza la sua immagine, e si sente bandito da questa esistenza. Ma per fortuna c’è sempre c’è sempre Buffy. Perché si sa, come dice una famosa poesia “l’amore esiste negli occhi di chi guarda”. E gli occhi di Buffy sono lo specchio adatto per Spike. Perché solo lei lo può guardare cosi così tanto amore da fargli dimenticare che non è importante riflettersi in uno specchio per essere vivi.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Buffy Anne Summers, William Spike
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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È una cornice vuota, di freddo cristallo, contornata di quegli orribili intrecci di foglie dotate e frutti improbabili scheggiati dal tempo. S’intuisce il legno marcio tra la sfoglia dorata in crepe profonde.
Riflette con immancabile chiarezza un disordine di polveroso caos. Il letto sfatto, i mobili sgangherati, poche candele a dare un accento stanco con una luce morta. Il misero specchio della mia esistenza. Di un uomo senza volto.
Osservo le mie mani pallide, macchiate di nicotina e inchiostro per le poesie rubate al tempo che lei m’ispira; le braccia, le spalle, se chino il capo posso anche vedere il petto scarno che si alza e si abbassa per abitudine non per fabbisogno.
Cos’è questo corpo di bianca immobilità?
Chi sono io?
Qual è il mio aspetto?
Cos’è che ancora resta di me di quell’immagine sbiadita che conservo in ricordi lontani. Quando il mio sguardo poteva catturare il suo stesso colore tra i cristalli solidi di altre luci molto più forti.
Qual è la mia immagine?
Che cosa sono?
Sono solo uno spettro di me stesso, un soffio di morte fredda su questa terra. Paragonabile solo a uno spiffero di aria gelida su questo mondo.
Se alzo le mani verso il viso sento solo sporgenze e solchi invisibili ai miei occhi.
Che colore sono i miei occhi?
So quello dei miei capelli perché sono talmente vanitoso da tingermeli. Ma il resto di me sfugge al mio controllo.
Qual è la mia identità?
Di cosa sono fatto in realtà?
Avvicino una mano al vetro e tutto ciò che accade è che si frantumi per il mio pugno troppo forte, per la rabbia che non posso vedere sul mio viso. Per il gesto inconsulto che non si rifletterà nello specchio ormai rotto
Il mio dolore per non essere nessuno.
Incastrandomi le dita tra i capelli, abbassando un capo che non si chinerà sul cristallo scheggiato, chiedendomi il perché dei miei dolori, della mia immotivata crisi d’identità.
Mi chiedo se arriverà il giorno in cui potrò vedere il mio volto e con esso la mia anima.
Se potrò cogliere la sua presenza nel mio sguardo una volta vivo.

Ma poi arriva lei.

Avanzando appena sul tappeto di polvere della mia cripta.
Ignorando i mobili sgangherati, le luci cupe, il mio ostinato mutismo.
Resta in piedi accanto a me e la posso persino vedere, riflessa in quella scheggia di specchio che è rimasta incastrata tra la cornice e la base ormai vuota. Lei che mi fissa con intensità, ignorando il fatto che non possa fare altrettanto con me. Come se io in realtà non esistessi.
Talmente sbagliato in questo mondo da non rispettare neanche le leggi della fisica.
Ma lei rimane li, accanto a me, aspettando pazientemente che mi alzi, che la superi in altezza, che sofferente la avvicini a me con un gesto forse troppo brusco. Lasciandomi impietrire da quegli occhi verdi che riconoscerei in ogni luogo, sotto qualsiasi luce. Quegli occhi che brillano di determinazione, angoscia e affetto. Quegli occhi improvvisamente vivi, come foglie bagnate di rugiada, talmente lucidi da rispecchiare la bellezza della sua anima.
E il mio volto.
Si è il mio volto, nel suo sguardo sincero.
I tratti affilati del mio viso, le guance scavate, la fronte ampia, i capelli biondi. E gli occhi, di quel colore intenso che il tempo non è riuscito a cambiare, che la morte e il sangue non hanno ucciso.
I miei occhi specchio dei suoi.
E capisco di esistere anche solo nel suo sguardo, nella lucentezza intensa che ha quando lo posa su di me, testarda e caparbia, unica e decisa.
Vivo perché è lei a darmi l’occasione di esserci, di prenderla per mano e proteggerla dal mondo, di lottare al suo fianco e sentirmi partecipe.
Il mio volto e la mia anima, nei suoi occhi.
E capisco di esistere, capisco chi sono, capisco cosa sto facendo.
Ignorando le leggi della fisica, ignorando il mondo per cui rimarrò sbagliato.
Un errore talmente grande da non permettermi di trovare me stesso nel riflesso delle cose reali.
Ma non importa.
Perché io esisto.
Io ho un volto, uno sguardo, un nome, una certezza.
È lei, Buffy.

E la stupenda verità di amarla.


Un altro parto notturno. Ma io alle 3 non dovrei dormire come le persone normali? A quanto pare no. il mio cervello mi odia ne sono sempre più sicura. In ogni caso… L’ispirazione è venuta improvvisamente mentre pensavo alla mail di ReaderNotViewer, quando mi diceva che i vampiri probabilmente si conciano tra di loro, perché come tutti sappiamo non si riflettono negli specchi. Non si riflettono. Capite??? Ho immaginato la mia vita senza conoscere il mio volto, senza avere la possibilità di fare le smorfie allo specchio la mattina, di controllare quanto cambi nel tempo. Se l’ultimo ricordo fosse legato a prima di un evento traumatico (come la trasformazione) non credo ricorderei molto della mia vita passata. Specialmente il mio viso, che a tutti noi è noto solo perché riflesso in uno specchio. Deve essere altamente destabilizzante non vedere più chi si è. A livello della paranoia direi. O delle classiche pippe mentali che adoro fare venire a Spike ;) lo so che forse sarebbe stato meglio farla fare a quel piagnone di Angel questa parte, ma al diavolo. Spike è il mio mito e io non posso perdermi l’occasione di parlare un po’ con la sua voce. E poi si sa che sono un’amante delle Spuffy fatta e finita ;)
  
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