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Autore: IAmScars1994    06/07/2020    2 recensioni
"Ofelia non era un errore, non lo era mai stata, anche quando lui credeva il contrario, quando vedeva in lei un goffo esserino dalla voce flebile che non avrebbe mai retto al Polo, quando vedeva solo le sue mani e nient’altro, nemmeno quando lui aveva capito di amarla e si era sentito rifiutato e avvilito dalla sua reazione. Mai. Era l’unica cosa giusta in un universo totalmente sbagliato, un sole caldo che si era affacciato sulle ombre scure della sua esistenza mettendole in fuga e impedendo che tornassero."
One shot sui pensieri di Thorn, subito dopo gli ultimi momenti di "La Memoria di Babel".
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La saga dell’Attraversaspecchi mi ha colpita per tantissimi motivi. Il world building, la trama, ma soprattutto la profonda umanità dei personaggi. Dal momento in cui sono entrata piano piano nella psicologia di Thorn, non ho potuto fare altro che amarlo profondamente perché io so che persone come lui esistono. Quelle persone che la vita ha reso insicure, fragili, ma allo stesso tempo incredibilmente forti, quelle persone che si nascondono dietro ad un muro di freddezza e indifferenza, quasi impossibili da conoscere e comprendere, ma che se ti danno fiducia, se sei inspiegabilmente il privilegiato a cui aprono il cuore, lo fanno con un abbandono e un’intensità tali da sconvolgerti. Non puoi fare altro che promettere a te stesso che farai di tutto per non farli mai soffrire, per proteggerli dal mondo, da te stesso e da loro stessi, anche se non sempre ci riuscirai, e non sempre sarà facile. Ma non importerà, perché li amerai con tutto te stesso, e a loro basterà.
Questa la dedico al mio Thorn, che mi rende la sua privilegiata Ofelia da 6 anni.
Ne abbiamo fatta di strada.
Anche un po’ di più.

Piccola oneshot senza pretese, scritta di getto in un lampo di ispirazione improvvisa. I pensieri di Thorn dopo i momenti finali di “La Memoria di Babel”.
Spero vi piaccia!
Un bacio,
Scars


MOMENTI PERFETTI

Se solo qualcuno qualche anno prima (in una vita ormai passata, lontana ma sempre presente, troppo presente) gli avesse detto che si sarebbe trovato in quella situazione Thorn avrebbe archiviato la questione senza nemmeno pensarci. Lui non era così, e la vita non avrebbe mai potuto regalargli nulla del genere. Non che gli fosse mai mancato, non capiva nemmeno cosa significasse o perché le persone si affannassero a cercare per tutta la vita quella sensazione, ma ora che lo sapeva, adesso che sentiva la sua pelle sempre fredda avvolta da un calore sconosciuto, la mente, sempre affollata di pensieri veloci, troppo veloci anche per lui a volte, inspiegabilmente vuota e riposata, il cuore, di solito un puntino stanco nel suo petto, così gonfio e caldo, non avrebbe mai più potuto farne a meno.

Un respiro lento e ritmico alla sua sinistra lo riscosse e gli fece voltare la testa sul cuscino morbido: Ofelia dormiva in pace come mai l’aveva vista, i ricci corti sparpagliati come un’aureola attorno al suo viso, le piccole mani fasciate dai guanti da lettrice abbandonate ai lati del viso, le labbra velate di un leggero sorriso tranquillo. Thorn ne seguì il profilo minuto nascosto dalle lenzuola, che aderivano alle forme della donna come una seconda pelle: le spalle magre, la rotondità del petto, la curva morbida dei fianchi. Tutte cose che lui aveva potuto ammirare, toccare con timore quasi riverenziale, scoprire e baciare come se fossero l’unica cosa importante in quel mondo allo sbaraglio. Sentì le orecchie diventare bollenti e uno strano calore invadergli il basso ventre, ma non gli dispiacque. Per una volta sapeva che quello non era un errore in un oceano di altri che aveva commesso.

Ofelia non era un errore, non lo era mai stata, anche quando lui credeva il contrario, quando vedeva in lei un goffo esserino dalla voce flebile che non avrebbe mai retto al Polo, quando vedeva solo le sue mani e nient’altro, nemmeno quando lui aveva capito di amarla e si era sentito rifiutato e avvilito dalla sua reazione. Mai. Era l’unica cosa giusta in un universo totalmente sbagliato, un sole caldo che si era affacciato sulle ombre scure della sua esistenza mettendole in fuga e impedendo che tornassero. Era stata l’unica àncora a tenerlo saldo in quegli anni da solo su un’arca sconosciuta, l’unica porta aperta, l’unica persona che lo aspettava e da cui tornare. O almeno, questa era la sua speranza, l’obbiettivo, la ragione di vivere ancora: poter tornare da lei dopo aver scacciato le ombre che la minacciavano (Dio, il millefacce, chiunque esso fosse) come lei aveva fatto con le sue. Ma lei, ancora una volta, aveva mandato all’aria tutte le statistiche e le probabilità ed era andata da lui. L’aveva ritrovato. Lo aveva amato. E lui, Thorn, che non era mai stato amato da nessuno, che non era mai bastato a nessuno, all’improvviso si era sentito vivo, completo. Felice. Anche un po’ di più.

Forse percependo di essere osservata, di essere l’oggetto dei suoi pensieri più nascosti, Ofelia si mosse mugugnando prima di aprire gli occhi e incrociare il suo sguardo cioccolato, annebbiato dal sonno e dalla mancanza di occhiali, col suo. Afferrò distrattamente gli occhiali sul comodino, un gesto automatico come respirare, e lo fissò di nuovo, questa volta sorridendogli timidamente e tingendo le lenti di un tenue rosa.
«Ho dormito» dichiarò sottolineando l’evidenza. Lui non rispose e continuò ad osservarla senza muoversi, mentre lei si guardava spaesata e prendeva coscienza in quel momento del suo corpo nudo sotto al lenzuolo. La sfumatura degli occhiali si fece più accesa mentre, Thorn poteva vederlo quasi fosse al suo posto, le immagini delle ore appena passate le tornavano alla mente. «Oh... »

Non fosse stato per i dubbi che subito si affacciarono nel cervello di Thorn, ripopolandolo dopo ore di tranquillità (Si era pentita? Le aveva fatto ribrezzo? D’altronde come avrebbe potuto piacerle...) l’avrebbe trovata adorabile. Ofelia girò di nuovo il viso verso di lui, sottoponendolo a quello sguardo limpido davanti al quale Thorn si sentiva nudo ogni volta. In quel momento era letteralmente nudo, ma quando lei lo guardava in quel modo, lui aveva l’impressione che gli vedesse dentro, che gli scrutasse l’anima. Deglutì e si schiarì la voce, cercando di mantenersi padrone della situazione e di sé stesso, nonostante l’inspiegabile tremore interno che gli scuoteva anche le ossa.

«Hai rimpianti?» la sua voce uscì più ruvida di quanto volesse. La forma del “tu” gli suonò innaturale, non l’aveva mai usata con nessuno in vita sua, ma anche stranamente giusta, rivolta a lei. Usare ancora il “voi” dopo quello che avevano condiviso gli sarebbe sembrato ancora più strano. Come per prendere coraggio, Ofelia sospirò bruscamente e si tirò leggermente su, lasciando che il lenzuolo scivolasse sul suo corpo e scoprisse la pelle liscia e candida del suo petto, mentre avvicinava il viso al suo, ancora immobile. «No... » mormorò lei, continuando a fissarlo negli occhi. La sua voce era flebile ma di una rincuorante fermezza «...nemmeno un po’».

Thorn chiuse gli occhi mentre le labbra soffici di Ofelia, di sua moglie, sfioravano le sue in un bacio sorprendentemente lieve. Il cuore accelerò i battiti e lui sapeva di non poter fare nulla per placarlo, perché ogni gesto di lei, anche il più insignificante, gli faceva quell’effetto da sempre. Senza controllo, le sue mani scattarono in avanti per afferrare il viso di Ofelia, che già si stava lentamente allontanando, e premerlo contro di lui con un’urgenza dettata da dentro, dalla tempesta che si stava scatenando all’interno del suo corpo e della sua mente che urlavano che voleva di più, con tutto sé stesso, con ogni briciola del suo essere. Invece di ritrarsi, lei gli si sciolse addosso, avvicinandosi a lui e intrecciando una gamba alla sua, facendo aderire le morbidezze del corpo alle spigolosità del suo e rispondendo al bacio con una tale fierezza da mozzargli il respiro. Si staccarono senza fiato dopo troppo tempo e troppo poco, Lei gli sorrise e in quel sorriso Thorn vide la salvezza, la grazia, la promessa di altri momenti perfetti come quello.

«Un po’ presto per il secondo round, non ti pare?» ridacchiò lei, improvvisamente a suo agio in quella situazione nuova per entrambi. Anche lui si rilassò e le fece posto al suo fianco, mentre lei appoggiava la testa sul suo petto e cominciava a parlare dell’altro, di Dio, delle Rose dei Venti, di Archibald (cosa che Thorn gradì poco), del vecchio spazzino (cosa che Thorn gradì ancora meno). Lei parlava e lui rispondeva, integrava con le sue osservazioni, registrava ogni informazione utile ma intanto la guardava. Guardava quella donna piccola, intelligente, coraggiosa e più la guardava, più si rendeva conto di quanto fosse assurdamente innamorato di lei. Avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa e lui gliel’avrebbe data. Quello era sicuramente il matrimonio di convenienza più riuscito della storia. Desiderò con tutto sé stesso che quel momento non finisse mai, che potessero rimanere così vicini l’uno all’altra per il resto dell’eternità. Quando una sirena d’allarme cominciò a risuonare in tutta Babel e Ofelia balzò a sedere spaventata, il suo primo pensiero, prima della curiosità, della preoccupazione, fu la sensazione di mancanza che la fine di quel contatto gli aveva lasciato. Seppe in quella tragica immediatezza che altri momenti così perfetti sarebbero stati difficili da trovare. Ma lui avrebbe fatto del suo meglio. Per proteggere Ofelia. Per renderla felice. Per essere il marito che lei meritava in ogni istante. In ogni momento perfetto.
  
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