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Autore: Botan    14/08/2009    6 recensioni
“Là dove c’è luce, si annida sempre l’oscurità, nera come pece. Fin dai tempi antichi, gli esseri umani hanno conosciuto la paura dell’oscurità. Ma un giorno, grazie alla spada di un cavaliere capace di fendere le tenebre, gli esseri umani ritrovarono la luce della speranza.”
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel portagioie ragalatomi dalla mamma, ho trovato una vecchia foto che ci ritrae pochi mesi dopo la mia nascita

                                Madre

                                  #03

 

 

 

 

 

“L’oscurità inghiotte la luce, e piega l’animo impuro dell’uomo.  

Brilla nell’era, così come ordina la canzone del destino, e splende al chiaro di luna la luce di un cavaliere solitario. Una luce nell’oscurità.”

 

 

 

 

 

Nel portagioie regalatomi dalla mamma, ho trovato una vecchia foto che ci ritrae pochi mesi dopo la mia nascita.

Ero molto piccola, ma con una montagna di capelli scuri in testa. Lei mi teneva tra le braccia. Il suo sguardo aveva un’espressione molto dolce. Mi stava osservando.

Fu papà a scattarci quella foto. L’immagine raffigura quell’attimo con una spontaneità così limpida da farmi quasi venire le lacrime agli occhi.

In quel ritratto si può vedere chiaramente quello speciale sentimento d’amore che prova una madre verso la sua piccola creatura. Un sentimento d’amore che non potrà mai avere eguali.

Un sentimento d’amore proprio come quello che provo verso colui che ha combattuto fino allo stremo per cancellare tutti i miei incubi, e farmi ritornare a sognare!

 

 

 

 

 

 

Il campanello di casa Saejima suonò inaspettatamente.

Prima una, e poi due volte di fila. Era come se il misterioso visitatore avesse una gran fretta di entrare.

Kaoru Mistuki, nei pressi dell’entrata, si accinse a raggiungere la porta.

- Vado io, Gonza! – informò al maggiordomo che, in quel momento, era impegnato a rassettare la biblioteca della villa con il suo portentoso piumino leva polvere.

 

Con la mano sopra il pomello, la bell’artista lo fece ruotare di appena mezzo giro e lo tirò a sé liberamente, per spalancare infine l’uscio.

L’anta si aprì, e… La scena si svolse con una rapidità tale da farle intravedere il nulla.

Qualcuno, per la precisione, le aveva appena messo una cosa tra le braccia. 

 

- Questo è il biberon, questo è il succhiotto, e questo è il suo necessaire da viaggio! Se hai problemi, il mio numero di telefono lo conosci a memoria! Torno a riprendermelo domani! – si accinse ad esclamare in tutta fretta Asami Shinohara, la migliore amica di Kaoru, salutandola poi con un cenno svelto di mano, ed infilandosi di corsa in un’autovettura dal motore accesso guidata da un giovane uomo. Probabilmente il suo fidanzato.

Il rombo del motore tuonò con un gracchiare assordante. Le ruote del veicolo fiammeggiante girarono, e la macchina sparì dal piazzale della villa in una lesta manciata di secondi.

 

Kaoru rimase allibita, immobile ad osservare la vettura rosso fuoco dileguarsi nel nulla. Asami non le aveva concesso neppure il tempo di replicare. Il suo, aveva tutta l’intenzione di essere un discorso studiato con un certo proposito. Quello di evitare per l’appunto repliche.

 

Gonza, orecchiato il trambusto, si avvicinò svelto all’uscio per sincerarsi della situazione.

- Chi era? – chiese alla signorina, e quest’ultima, girandosi lentamente verso il buon uomo, si sforzò a malapena di sorridere. – Santo cielo! – esclamò giustamente lui, con la faccia sbalordita e gli occhi sgranati. Si sistemò meglio i tondi occhialini sul naso, poi continuò – E questo fagottino, da dove salta fuori?

 

- E’ di Asami, ma non chiedermi niente! Quella sciagurata è scappata subito via… – sbottò a stento, nell’attimo in cui Gonza si accinse a richiudere l’uscio del portone.

 

Quel qualcosa che le era stato messo tra le braccia, era un qualcosa di caldo, morbido, e soprattutto tanto delicato.

Una zazzera di capelli mezza spennacchiata, due guanciotte carnose, e degli occhietti vispi.

Molto vispi.

Undici, dodici mesi? Un anno? Chissà!

La cosa certa, in quel momento, era solamente una: In casa Saejima, era da poco arrivato un bambino.

 

Kaoru osservò quel bimbo in viso, e la sua espressione diventò di colpo perplessa.

- Scommetto che si tratta del suo nipotino. Non voglio neppure pensare che sia suo figlio…! – sbottò adirata e confusa al tempo stesso - Ha detto che verrà a riprenderselo domani… Secondo lei, Gonza, a Kouga darà fastidio se lo teniamo qui per un giorno?

 

Il maggiordomo sospirò con malinconia. Gli occhi di quell’uomo sembrarono inumidirsi appena.

- Sono anni che in questa casa non si sentono più le urla gioiose di un neonato. – disse, con una cadenza di voce nostalgica- Da quando è morta la madre del signorino, tra queste mura nessuno ha riso più come prima. – rivelò affranto, ricordando affettuosamente la coraggiosa e splendida Rin, moglie di Taiga nonché madre affettuosa di Kouga.

 

- Com’era la mamma di Kouga? – gli domandò Kaoru, lì per lì, istintivamente, con il forte desiderio di conoscere qualche particolare in più su quella donna. La ragazza non avrebbe mai avuto il coraggio di chiederlo a quel signorino così silenzioso ed assai introverso, che quasi certamente non le avrebbe raccontato granché.

 

Gonza sospirò ancora, con gli occhi sempre più umidi e le labbra tirate in un dolce ma al tempo stesso malinconico sorriso:

- Un tipo deciso, a volte ostinato, ma immensamente gentile! Un po’ come voi, signorina! – l’affermazione del buon maggiordomo fece cadere Kaoru in imbarazzo. L’artista reclinò lo sguardo e sorrise un pochino– Ad ogni modo, al signorino non darà nessun fastidio questo piccolo pargoletto!

 

C’era lo spazio e c’era una casa grande, e poi, davanti ad un paio di tenere guanciotte carnose, perfino il più intrattabile Cavaliere del Makai si sarebbe sciolto.

Oltretutto, nello stesso momento, proprio quell’intrattabile Cavaliere aveva ben altro a cui pensare…

 

La spada che stringeva tra le mani compì una piroetta, seguita da una serie di colpi decisi. Cinque fendenti in avanti, e tre indietro.  Fendenti rivolti a colpire con rabbia il vuoto, nello stanzone semi oscurato dove si tenevano i suoi allenamenti quotidiani.

 

- Kouga… con calma. E’ la terza volta che te lo dico. Non mi piace quando la lama geme in quel modo. – la voce di Zarba, dal tono più che paziente, costrinse il suo proprietario a fare un breve intervallo. L’anello sospirò. Sapeva bene il perché di tutta quella foga – Lo sai anche tu che in questo modo non risolverai niente.

 

- Nessuno può permettersi di calzare l’armatura di Garo che un tempo era l’orgoglio di mio padre! – replicò il giovane, tutto d’un fiato, accigliandosi sempre di più ed alzando minacciosamente il tono della voce.

 

- Anche a me dà noia, ma… - Zarba aveva tutta l’intenzione di finire la frase, ciò nonostante, la voglia di controbattere da parte dell’altro, lo costrinse a tacere. 

 

- Perché aspettare? Quest’attesa mi snerva! Tutto ciò che voglio, è risolvere la questione al più presto possibile! – sentenziò netto, senza lasciare nessuna via di fuga.

 

- E come pensi di riuscirci? Perfino i Cani da Guardia non hanno risposte. Li hai sentiti anche tu, no? Quel Cavaliere d’Oro sembra irrintracciabile. Nessuno è in grado di percepire la sua energia mistica, e nessuno può prevedere dove e quando riapparirà di nuovo. Quindi, devi avere pazienza. – gli disse per l’ennesima volta la guida mistica- Anche per me non è facile starti dietro, sai? Ho promesso a tuo padre che…

 

- Non c’è bisogno che tu me lo ripeta ogni volta che se ne presenta l’occasione! – gli replicò il ragazzo all’improvviso, riprendendo di scatto a muoversi, e falciando ancora una volta il vuoto d’innanzi a sé con un forte fendente.

 

Zarba si lasciò sfuggire, sconsolato ed arrabbiato più che mai, un’esclamazione nervosa:

- Sei davvero un ragazzino cocciuto! – gli dichiarò asprigno, per poi tacere con dispetto.

 

Kouga non sbatté ciglio. Ciò che lo faceva preoccupare, e che lo rendeva inquieto, era quel Cavaliere d’Oro così simile al solo ed unico Garo che gli aveva lasciato in eredità l’amato padre.

Il Cane da Guardia del Nord, per l’ennesima volta, e dopo l’ennesima visita del giovane al palazzo, era stato categorico: “Ogni risposta trova presto il suo tempo”.  Sembrava che non sapesse dire altro.

Un Cavaliere coscienzioso, avrebbe dovuto aspettare che quell’oscuro mistero sarebbe uscito da solo allo scoperto, e poi muovere cauto il primo passo.

La città, tutto sommato, non era minacciata da presenze pericolose. Per cui, i Cani da Guardia dei quattro punti cardinali, non si lasciavano coinvolgere da quelle che loro reputavano solo “insipide faccende”.

Quel Cavaliere simile a Garo, altri non era che un grosso punto interrogativo, un inspiegabile mistero all’apparenza irrisolvibile solo perché nessuno ne conosceva l’origine. Nessuno, comprese le Sentinelle ne era al corrente. Nessuno, eccetto Rei che ne aveva saggiato le capacità qualche sera prima, e lo stesso Kouga,che lo aveva, con forte sgomento, incontrato di persona.   

Era ovvio, ormai, che si trattasse di un antagonista che anziché annientare gli Orrori, cercava di proteggerli, ma… non essendoci informazioni, c’era ben poco da fare.

 

E, per l’appunto, come insegnava il codice dei Cavalieri Mistici, non si poteva combattere e pretendere di annientare il nulla.

 

Anche se, il figlio di Taiga non la pensava esattamente così.

 

 

 

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

Un pianto fragoroso fece sobbalzare Kaoru che, nel frattempo, con l’aiuto di un Gonza con tanto di borsone blu dell’infante sulle spalle, si stava dirigendo su per le scale.

 

- E adesso perché piange? – disse la ragazza in preda allo sconforto, storcendo assai le labbra. Le sopracciglia le si piegarono all’ingiù.  

 

Il maggiordomo si fermò tra uno scalino e l’altro, colpito dall’ugola d’oro del piccolo esserino.

- Ha proprio una bella voce, questo bambino! La vostra amica non vi ha detto come si chiama?

 

- Asami è stata una vera e propria furia… Si è dileguata in un attimo…! – Kaoru si stizzì subito nel ripensare al comportamento poco educato dell’amica, ma cercò tuttavia di calmare il piccolino cullandolo alla meglio, nella flebile speranza di ammansirlo. Con i bambini, lei non ci sapeva proprio fare!

 

- Cos’è questo baccano? – chiese una voce, inaspettatamente, e giunta con sorpresa alle spalle della giovane.

Quest’ultima esitò un istante prima di per voltarsi. Al contrario, Gonza si girò in un lampo, mettendo in bella vista un viso a dir poco eccitato: - Oh, signorino! Venga a vedere! – disse, incitando Kouga che in quell’attimo era giunto ai piedi della scalinata perché attirato immancabilmente da quel pianto misterioso. Lo spadaccino salì i gradini, mentre il maggiordomo sorrise beato nel momento in cui Kaoru si girò appena, il bimbo fece capolino e si scontrò con i profondi occhi del ragazzo – Non è delizioso?  

 

Non appena intravide quel piccolo fagottino tra le sue braccia, Kouga non riuscì ad evitare di contrarre la fronte.

- Dove lo hai trovato? – le chiese, notevolmente stupito, fissando con attenzione, forse curiosità, il piccolo neonato. Chissà perché, ma vedere quella piccola creatura tra le braccia della sua altrettanto piccola donna, lo aveva scosso.

 

- Me lo ha portato Asami. – si affannò a spiegargli, con parole tremolanti e parecchio sbrigative. – Lei vuole…- pronunciò in un primo momento, tentennante- Vuole che badi a lui fino a domani… - riuscì a dire a stento, perché in cuor suo aveva il timore di ricevere un rifiuto da parte del ragazzo- Anche se non ho la più pallida idea di come si cresca un bambino…!

 

Gonza s’intromise seduta stante:

- Per quello, non dovete preoccuparvi! Quando il signor Kouga era piccolo, mi occupavo spesso di lui. Gli facevo il bagnetto, gli preparavo il latte, gli cambiavo perfino il pannolino! E lui, non ha mai pianto una volta! – asserì, sfoderando un gaio sorriso.

 

- Di sicuro era un bambino adorabile, allora! – esclamò la ragazza, lasciandosi affascinare dalle parole del maggiordomo, e cercando di visualizzare nella propria mente il ritratto di un Kouga bambino. E lo stesso Kouga, da bravo Cavaliere solitario, s’irrigidì all’istante. Le guance gli si colorarono di un rosso timido, e lo sguardo gli vacillò per un breve attimo nel vuoto, probabilmente con l’intenzione di voler reprimere altrove quel pungente imbarazzo.

 

- Invece che parlare di me, cercate di capire perché piange. – sbottò secco, animato da una meccanica reazione.

 

- Non sappiamo neanche se sia maschio o femmina…- Kaoru era più confusa del solito. Mettendo un po’ il broncio, cercò subito appoggio nel viso di un Gonza completamente rassicurante che, da esperto conoscitore di neonati, avvicinandosi con decisione al bambino, in un solo istante capì già tutto.   

 

- Lo scopriremo tra non molto! – affermò presto, tendendo le braccia verso il bimbo affinché la giovane ed inesperta donna lo affidasse alle sue sapienti cure. 

 

- Che cosa vuole fare? – gli domandò la pittrice, senza comprendere le intenzioni di quell’uomo gentile.

 

Gonza sorrise amabile.

- Gli cambio il pannolino! – dichiarò sicuro, avviandosi su per le scale con tanto di bebé al seguito.

 

Quando il maggiordomo sparì lungo la gradinata che conduceva ai piani alti, a Kouga nacque spontaneo un sospiro. Non era venuto lì solo perché attirato da quel pianto. In realtà, dovendo lasciare la villa, voleva che Gonza gli portasse di corsa il suo immancabile soprabito.

- Ho capito… - borbottò tra sé - Faccio da solo. – disse, avviandosi poi a prendere il cappotto bianco, riposto con cura in un armadio, appoggiato in uno degli angoli del foyer della villa.

 

- Non ti dispiace, vero? Mi riferisco a quel bambino… - precisò Kaoru in un secondo attimo, seguendo Kouga lungo tutta la hall. – Per te va bene se resta qui fino a domani?

 

Il ragazzo come di consueto non fu di larghe parole: - Va bene. – disse soltanto, agguantando il bianco indumento.  

 

- Ti ringrazio! – Kaoru si fece presto raggiante. La paura che a Kouga quel piccolo batuffolo di bambino gli avesse potuto in qualche modo dare noia, si era ormai dissipata proprio come il lampo di un fulmine. – Aspetta…! Ti aiuto! – enunciò in seguito, proponendosi con un atteggiamento gentile e assai premuroso, di fargli calzare il soprabito. Con quelle mani gentili, l’artista si apprestò a sistemargli il rigido colletto, appena sgualcito, con amorevole cura. Poi con gli occhi osservò Kouga in faccia, e le labbra le si piegarono in un timido sorriso. Lo spadaccino sentì il suo cuore fremere irrimediabilmente.

Per molti anni era sempre stato Gonza ad occuparsi di lui, e a fargli indossare il soprabito. Ormai il rito di infilarsi quel lungo indumento elegante, era diventata una semplice routine.

Ma vedere Kaoru interessarsi a lui con dolci premure, gli aveva fatto sciogliere per davvero il cuore.

 

- Va bene così. – le rispose, mentre cercava in tutti i modi di mantenere il controllo, di essere a tutti i costi il solito impassibile di sempre. In cuor suo, però, quel gesto lo aveva straordinariamente emozionato.

 

 

 

 

 

                                                                         ***

 

 

 

 

 

In una fresca domenica del mese, sotto i raggi di un sole di primissimo pomeriggio, il Cavaliere dal cappotto bianco percorreva la via di un sentiero tortuoso, per scomparire infine nell’ingresso del palazzo del Cane da Guardia del Nord.

Era una Lettera di Missione, ciò che gli fu presto consegnata da quel sommo guardiano.

Estraendo così il proprio accendino mistico, lo schermitore si adoperò a far divampare il Fuoco Guida sulla sottile carta di quella busta. L’involucro rosso s’infiammò, avvolto da una vampa verde, che, una volta estintasi, mise in risalto degli antichi ed indecifrabili caratteri.

 

- Per cibarsi egli vive avido. Per cibarsi vive colui che segue il sentiero della voglia incontenibile, ed è animato dalla più oscura e penosa ingordigia.  – scandì Kouga a voce alta, traducendo quella scrittura così strana ed incomprensibile per qualsiasi essere umano, e cercando di decifrare anche il suo sibillino significato.

Quel genere di missive era sempre e così terribilmente poco chiaro. Serviva una certa preparazione ed uno spiccato senso dell’intuito, per risolvere l’enigma da esse celato.

Kouga memorizzò nella propria mente quella frase, e quasi subito, senza avere neppure la premura di rivolgere uno sguardo al guardiano vestito di bianco che gli stava d’innanzi, si voltò per andarsene.

 

Il saggio millenario lo scrutò attentamente dal suo altarino sacro.

- Aspettare, per te, è così doloroso? – gli chiese, tutt’altro che sorpreso dall’atteggiamento di quel soldato silenzioso.

 

Senza avere il benché minimo rispetto nei riguardi del Cane del Nord, e quindi di evitare di dargli le spalle, Kouga fermò le gambe al centro del lungo corridoio, giusto il tempo per emettere una replica:

- Preferisco di gran lunga affrontare Meshia. – rispose secco, riprendendo a muoversi quasi subito e con fare sbrigativo, per lasciarsi alle spalle sia il palazzo, sia l’inquieta sentinella del Nord.

 

 

 

 

 

                                                                      ***

 

 

 

 

 

Anche di domenica, così come ordinava il regolamento dei Cavalieri Mistici, un servitore che vestiva l’armatura del Makai, non poteva concedersi riposo.

Seduto al tavolo, nella biblioteca dell’abitazione immersa nei boschi, Kouga stava consultando uno di quei tanti libri presenti tra le fila di quegli scaffali.

 

- Per me si tratta di Vergan.

 

- Cosa te lo fa pensare?

 

- Beh… - si accinse a spiegargli Zarba, collocato come sempre al dito – Quell’essere è piuttosto avido.

 

- Come tutti gli Orrori, del resto. – annotò presto il proprietario, volgendo accidioso uno sguardo alle pagine del libro, dedicate a quel mostro.

 

- La maggior parte degli Orrori, però, si accontenta di divorare una, due, o al massimo tre vittime al giorno.

 

- Significa che questo qui è in grado di mangiarne di più?

 

Zarba annuì con un mugugno supponibile al “sì”.

- Come prima cosa, s’impossessa di un corpo piuttosto corpulento che soddisfi i suoi requisiti, e poi, una volta radunate un folto numero di persone, spalanca le fauci e le divora tutte, in una manciata di secondi, solo per paura che qualcuno gliele porti via. Di solito predilige i luoghi molto affollati, in particolare le scuole o gli autobus, per esempio. I posti dove c’è una maggiore concentrazione di umani, in pratica. Ne divorerebbe all’infinito, se solo ne avesse l’opportunità. Un ingordo nato, direi!

 

Kouga si alzò, ripose il libro sul ripiano di uno scaffale ed uscì dalla stanza.

- Le scuole la domenica sono chiuse. – disse soltanto, mentre Zarba aveva già intuito le sue intenzioni -Rimangono i mezzi pubblici. – costatò perplesso, intento a riordinarsi le idee.

 

- Vagabondare a vuoto per l’intera città, non ti servirebbe a molto. In giro ci sono migliaia e migliaia di automezzi. Bisogna attendere che sia lui a fare la prima mossa. Anche se a te non piace aspettare, è così? – Con quest’ultima frase, l’anello magico non si lasciò sfuggire la possibilità di provocare il suo proprietario, anzi!

 

Kouga, quindi, anche questa volta doveva avere pazienza.

Attendere che l’Orrore si sarebbe fatto in qualche modo intercettare, e poi passare al contrattacco. Questo, era avere pazienza.

E, anche in quel caso, vista l’espressione accidiosa del volto, lui non ne era incredibilmente entusiasta.

 

Il riso gioioso di qualcuno, ad un tratto, prima lo attirò, e poi quasi subito lo portò ad avvicinarsi all’uscio di una porta semi schiusa che stava proprio in quelle vicinanze.

Si trattava del riso di quel pargoletto, che fu presto raggiunto da quello di Kaoru.

La ragazza e il bimbo erano seduti a terra, sulla grande superficie di un tappeto che rivestiva gran parte del salone, entrambi intenti a giocare con una pallina di spugna tutta colorata di giallo.

 

Kouga restò per qualche istante ad osservarli, muto come sempre, ma stavolta molto più del solito, accostato silenziosamente all’anta semi chiusa. Era un silenzio dolce, il suo.

Non aveva una voglia matta di farsi scoprire. Però, dovette presto ricredersi.

Il bimbo ad un tratto rivolse gli occhietti vispi in direzione della porta, come incuriosito da qualcosa. Kaoru lo seguì a ruota, con un gesto meccanico del capo, e si rianimò in un lampo. Le pupille sembrarono quasi brillarle dall’emozione.

 

- Kouga! – esclamò con intensità, allegria, sollevandosi da terra e andandogli incontro – Dai, vieni anche tu!

 

- A fare cosa? – chiese repentino lui, titubante più che mai, perché inquietato dal responso dell’altra.

 

Responso che arrivò istantaneo. - A giocare! Gli ho insegnato a tirare la palla! - L’allegria di quell’artista era incredibilmente contagiosa. Per un Cavaliere solitario ed impacciato, era pericolosamente contagiosa.

 

- Non ho tempo, adesso. – si apprestò a replicare, cercando di andarsene con un mezzo dietro-front. Tuttavia, una mano che gli afferrò gentile la sua, e che poi lo trascinò giù, a suon di spinte, su quel gran tappeto rosso, prevaricò sopra ogni cosa. Perfino sulla ferrea volontà di uno spadaccino del Makai.

La richiesta di un pittore caparbio, non si poteva certo rifiutare!

 

 

A gambe incrociate, in mezzo a un bambino delicato e a una donna forse più bambina di quel piccolo ospite, Kouga non si sentiva propriamente a suo agio.

L’ultima volta che si era divertito giocando, fu all’età di otto anni, in compagnia di Jabi, l’unica amica che aveva a quel tempo.

Il lungo periodo trascorso ad allenarsi, però, gli aveva fatto dimenticare molte cose.

Kouga non lo ricordava neppure più, come si faceva a giocare!

Poi, così, inaspettatamente, quel piccolo essere dalla zazzera spennacchiata gli lanciò in petto la pallina di spugna che, rimbalzando lì sopra piacevolmente, gli precipitò tra le mani.

 

- Avanti, tiragliela! – lo incitò Kaoru, con l’intenzione di animarlo un po’ da quel suo stato di indifferenza non proprio forzata.

 

- Non sono tagliato per questo genere di cose. – Lo spadaccino fu chiaro ed inamovibile.

Tirare una palla? La situazione gli creava imbarazzo. Tutto ciò che sapeva fare, era tirare, sì, ma di spada!

 

- Io da bambina lo facevo spesso, con mia madre. Il pomeriggio ci divertivamo un mondo! – raccontò la giovane, ricordando con piacere quei magici momenti di un passato molto lontano. Lo sguardo di Kaoru, tra un secondo e l’altro, sembrò spegnersi un pochino. – Quando lei è andata via, nessuno ha più giocato con me. Almeno non in quel modo. Non era divertente farlo da sola, eppure… la mamma diceva spesso una cosa che a quei tempi mi ha aiutato molto, e che in questo momento spero aiuti anche te - La voglia di fare e di sorridere, sempre coinvolgendo il prossimo, era una delle virtù di quell’artista che, con semplicità, ripeté a Kouga ciò che la sua adorata mamma le aveva sempre ricordato: - La vita è un gioco. Apri la porta al bambino interiore, e gioca con lui, Kouga! –Era come se sua madre fosse stata lì con lei, a pronunciare quelle parole. Infatti avvertì un brivido di emozione. Ma non fu l’unica.

Quella frase spontanea, detta allegramente, ma con un tono pieno di sincerità, che sapeva di vero, magicamente spinse lo spadaccino ad osservare la pallina di spugna con un curioso interesse, e, in un secondo momento, dopo un istante di esitazione, cercando prima una sorta di incoraggiamento negli occhi di Kaoru, a lanciarla con modi delicati e un po’ timidi all’infante piccino.

Piccino perché, come confermato da Gonza, il piccolo ospite era un maschietto!

L’oggetto sferico rimbalzò a terra, ruotò, camminò e camminò, fino a fermarsi tra le manine deliziose del pargolo che, quasi a sorpresa, nel raccogliere la sfera, rise. Una smorfia buffa, coinvolgente, rasserenante. Era un piacevole risolino che distendeva i nervi e cacciava via i problemi.

Kaoru in quell’attimo si sentì orgogliosa del suo temerario Cavaliere. Sapeva che in quel corpo da adulto, egli riusciva sì ad essere un uomo, pur mantenendo però un animo puro come quello di un bambino.

E lui, ancora titubante, guardando la faccia di quel pargolo che si accingeva a stringere la palla tra le minute dita, avrebbe voluto gioire, ma… su quel volto all’apparenza stabile, gli comparve chiaro e tondo un guizzo d’inquietudine.

 

- Kouga… - si sentì ad un tratto chiamare. La voce era di Kaoru. Con lo sguardo pieno di apprensione, non riuscì a starsene zitta. – C’è qualcosa che non va? – gli domandò, e sul viso le capitombolò una smorfia d’apprensione. Lei, in realtà, aveva già capito tutto, o quasi. L’artista aveva percepito che in Kouga c’era qualcosa di strano. Lei lo riusciva a sentire. Kaoru sentiva il tormento dell’animo di quello spadaccino, e desiderava in tutti i modi poterlo rincuorare.  

Il Cavaliere del Makai le rivolse frettoloso l’attenzione. Non voleva che lei capisse. Gli occhi gli vacillarono, ma lui, nonostante tutto, tentò di essere forte. Poi, quello stesso spadaccino si alzò improvvisamente e si voltò, solo per evitare che Kaoru scorgesse il tremolio del suo sguardo.

Ma la sua bella, beh, non avrebbe esitato un solo istante ad andargli vicino. E infatti fu così.

- E’ forse un Orrore, che ti impensierisce?- antepose, provando ad ipotizzare qualcosa. - E’ da ieri sera che sei strano. Io ricordo solo di essermi addormentata mentre mi riportavi a casa, poi…

 

- Sto bene. – si limitò a rispondere, togliendole la parola, e, ahimé, mentendole spudoratamente. Fu una bugia, quella, detta a fin di bene. Kouga non avrebbe mai voluto turbare Kaoru con la faccenda di quel Garo così simile al suo ma con un animo sicuramente oscuro.

 

La giovane, tuttavia, non si mostrò convinta da quella risposta, e quindi scosse il capo: - Anche se tenti di nascondermi i tuoi occhi, la tua voce ti tradisce. Io lo sento, sai? – fece, e l’animo di Kouga, in quell’istante, vibrò.

 

Il ragazzo si volse a malapena. La osservò con uno sguardo leggermente velato di malinconia, insofferente, quasi spento. -Kaoru…- pigolò il nome della propria ragazza quasi con garbo, nella speranza di essere il più dolce possibile – Tu sei felice?- La cadenza di quella voce voleva sì essere dolce, ma un flebile accento di marcato timore, la sporcò con grettezza.

 

La giovane rimase colpita da quel quesito, per lei, così incredibilmente inaspettato. Si sentì fremere dentro. - Pensi che non lo sia?

  

Kouga si trattenne un istante, prima di rispondere.

Quel ragazzo era preoccupato per i suoi affetti.

Quel ragazzo era preoccupato perché qualcuno lo aveva costretto a preoccuparsi.

C’erano troppe cose che lui avrebbe desiderato capire, e troppi enigmi da sciogliere. Ma… bisognava, purtroppo per lui, attendere in silenzio, e dimostrare una gran calma.

Quella che il figlio di Taiga, non riusciva proprio a mostrare.

La risposta che Kaoru stava con impazienza aspettando, non arrivò. Sarebbe stato consono da parte di Kouga, mentirle? Lo aveva già fatto una volta, in passato, nascondendole di avere solo cento giorni da vivere.

Kaoru tutto ciò se lo ricordava benissimo. Però, Kouga adesso era il suo Kouga. Un Kouga che non le avrebbe mai raccontato bugie se non a fin di bene, per proteggerla da questioni che in fin dei conti, non le avrebbero dovuto interessare.

Il ragazzo era convinto di una cosa: Era lui il Cavaliere del Makai. Il mondo parallelo a quello degli umani, doveva interessare solo lui. Quindi, perché impensierire la sua bella pittrice, con problemi che riguardavano unicamente il suo lavoro?

 

Nonostante tutto, l’artista ruppe il silenzio con delle parole. Un’esclamazione semplice, eppure piena di sincerità: - Io sono felice perché ho te. Sei tu la mia felicità, Kouga!

 

Nel sentirsi dire “Sei tu, la mia felicità”, le pupille di quel tacito servitore del Makai luccicarono in maniera intensa, con vigore. L’espressione del volto si trasformò, l’animo sembrò distendersi, i sensi riaccendersi.

Alla bocca, quella triste bocca, sarebbe venuto perfino da sorridere. 

E infatti, lo fece per prima Kaoru, prontamente. Un sorriso questa volta che sapeva di dolcezza. Poi, come se nulla fosse, la ragazza ebbe un’idea improvvisa.

Si voltò alle sue spalle, raccolse il bambino tra le mani, e poi, avanzando verso Kouga che la osservava intanto confuso, lo protese ad egli che, con una reazione scontata, si accigliò esitante.

 

- Che significa? – domandò, con lo sguardo malfermo.

 

- Prendilo in braccio! Vedrai che ti farà sentire più tranquillo!

 

Aveva mai tenuto, Kouga, un bambino tra le braccia? La risposta era “no”. Non si ricordava neppure quando sua madre lo stringeva a sé per cullarlo dolcemente. Lui era troppo piccolo anche solo per richiamare alla mente il bel sorriso di Rin, e le movenze affettuose che quella donna aveva avuto nei riguardi del suo unico figlio. Aveva solo due anni, Kouga, quando lei si ammalò e poi morì.  

Lo spadaccino impacciato scosse la testa. Anche la replica alla proposta di Kaoru fu un “no”.

 

- Avanti! Non morde mica…! – tentò invano di scherzare l’artista, senza però smuovere quel signorino talmente inamovibile che le stava di fronte. – Guarda che se non lo prendi subito, lo lascio cadere a terra!

La dichiarazione della ragazza, seppur fasulla, lo spinse miracolosamente a farsi subito avanti e a ghermire quel piccino tra le mani.

Era caldo. Tanto caldo. Questa fu la prima cosa che lo colpì. Un calore che, proprio come asserito dalla sua compagna, metteva tranquillità. Capì che l’artista aveva solamente bleffato quando la vide ridacchiare, ma… il dado, ormai era tratto! 

Quel piccino lo stava reggendo proprio lui! Poteva percepire la sua delicatezza, la fragilità immensa di quel piccolo corpicino che pulsava di vita. Il ragazzo aveva perfino paura di fargli del male, di stringerlo troppo tra quelle mani capaci solo di tenere stretta l’ansa della propria spada.

Chiese quindi conferma a Kaoru, nella speranza di ottenere consiglio.

- Vado bene così?

 

Lei fu categorica: - Benissimo! – esclamò in un primo momento, e poi, quasi senza riflettere, con una punta d’incaglio ma tanta dolcezza nella voce, gli asserì convinta - Saresti un padre perfetto…!

 

Quelle parole trascinarono Kouga in un baratro chiamato “vergogna”. Il giovane portò lo sguardo altrove, lontano dagli occhi di Kaoru, ed avvertì una vampa di calore asserragliarli il viso.

Quella frase avrebbe fatto arrossire chiunque. Ma fu solo in quell’attimo, che Kaoru si rese conto di ciò che aveva appena detto. L’artista diventò incredibilmente rossa. Reclinò il capo un pochino verso terra, e prese ad osservarsi le scarpe. In quel sottile ed imbarazzante attimo, però, al Cavaliere del Makai nacque spontaneo un sorriso. Lei sollevò gli occhi, lo scorse e poco dopo rise anch’ella, ma solo appena, perché ancora in preda alla vergogna. Scese il silenzio. L’attimo, per Kaoru, sembrò durare un’eternità. I suoi occhi, grandi e pieni di energia, s’incontrarono un'altra volta con quelli del ragazzo, accidentalmente. Anche se all’apparenza i due sembrarono cercarsi di proposito. Non furono solamente gli sguardi ad incrociarsi in quel percettibile attimo pieno di romantiche sfumature.

Con dei piccoli passi, inconsapevolmente, le due figure cominciarono ad avvicinarsi.

Poco per volta, pian pianino si ritrovarono l’uno d’innanzi all’altra. Si guardarono. Il capo di Kouga si piegò un po’ per chinarsi verso il viso bianco della ragazza.

Lei si lasciò attrarre da quel movimento che la rapì completamente, e si accoccolò con tenerezza accanto a lui. Quest’ultimo le sfiorò la guancia con la mano, abbassò ancora il capo, come a volerlo ricongiungere all’altro. Ci riuscì. Le strusciò appena la guancia con l’estremità del naso, quasi timidamente. Kaoru si sollevò in punta di piedi per accogliere quelle labbra che le stavano giungendo incontro.  Lo spessore di un pollice le separava dall’unirsi, dal toccarsi gentilmente.

Sorrise con delicatezza, lui ricambiò il gesto con altrettanta premura ma un po’ rigido, come sempre. E poi, finalmente, lentamente dischiuse la bocca.

Il bimbo, nel frattempo, con una manina poggiata sopra quella grande di Kouga, era intento a schiacciare il testone di ferro del gotico e millenario Zarba che, giunto al culmine della sopportazione, strepitando a gran voce rovinò il romantico attimo: - Spiegate a questo piccolo umano che non sono un giocattolo!

 

Entrambi i giovani si bloccarono. Kaoru sbatté le ciglia un paio di volte, spalancò la bocca come se volesse dire qualcosa, ed arrossì. Kouga fece istintivamente un passo indietro, vacillò con gli occhi, si quasi paralizzò.

I due umani poi chinarono lo sguardo sull’anello.

In effetti, la situazione di Zarba non era certo delle migliori!

All’artista scappò una smorfia di sorriso.  

 

- Sarà divertente per te, ragazzina, ma io non sono per niente contento! – replicò stizzito il Madougu, tirando un sospiro di sollievo non appena gli fu tolta la mano del pargolo dal suo bel testone.

Il bimbo non fu particolarmente entusiasta di quel gesto. Si accoccolò mogio sul torace del ragazzo, per toccare le preziose effigi applicate su quella maglia di pelle nera, nella vana speranza di staccarne qualcuna.

 

- Forse… è meglio se lo prendi tu. – disse Kouga, sentendosi sempre più a disagio, e porgendole con difficoltà l’infante.

 

- Perché invece non lo date un po’ a me? Adoro i mocciosi! – esclamò ad un tratto la voce di un ospite inatteso, proprio alle loro spalle. Presi in contropiede, i ragazzi si voltarono. Rei Suzumura, l’inatteso ospite, in un attimo si avvicinò ad entrambi ed esibì un sorriso compiaciuto. – Avete fatto in fretta, eh? Dopotutto, l’arrivo di un piccolo lattante unifica sempre il rapporto, no? –li prese alla svelta in giro, senza lasciarsi sfuggire quella magnifica opportunità.

 

Kouga e Kaoru si lanciarono brevemente un’occhiata. Poco dopo, le loro guance avevano già assunto il colore di quel tappeto rosso che ricopriva la sala.

- Non è nostro! – esclamarono in coro, per poi stupirsi subito dopo di averlo fatto all’unisono, e cadere ancora una volta nella vergogna.

 

- Posso? – il Cavaliere Mistico dell’Ovest allungò le mani in direzione del piccolo, con la chiara voglia di prenderlo a sé.

 

Kouga si fece vedere titubante. Tuttavia, lo diede in consegna al collega per, in seguito, ammonirlo all’istante. - Fa attenzione! – gli disse rapido, premuroso, irrequieto nel vedere quel ragazzaccio che stava facendo dondolare il piccolo poco sopra la sua testa.

 

- Calma, paparino! Con me non c’è pericolo. – lo beffò l’altro, con una secca affermazione, ammirando il bimbo ridere a fior di labbra. – Vedi? Anche lui è d’accordo con me!

 

- Come mai sei qui? – La domanda di Kouga arrivò celere. Il Cavaliere d’Argento diede un’ultima occhiata al simpatico pargolo, e poi lo consegnò a Kaoru.

 

- Hai qualche minuto? Devo parlarti. – dichiarò quasi subito, investendo con un’occhiata accennata il collega.

 

Lasciando la ragazza nel salone di quella stanza, Kouga condusse Rei nel luogo poco illuminato e ben chiuso dov’era solito allenarsi quando non si recava in giardino.

 

Una volta lì, il lupo d’argento si fece avanti senza indugiare:

- I Cavalieri dell’Ovest volevano farti la pelle, sai?

 

- I Cavalieri dell’Ovest?

 

- A quanto pare, anche loro hanno avuto a che fare con il tuo doppio.

 

- E’ comparso anche lì?!- lo interrogò alla svelta Kouga, desideroso di conoscere la risposta.

 

- Pare che li abbia aggrediti durante la solita caccia all’Orrore. Proprio com’è capitato a me… – ghignò il giovanissimo, ricordando l’accaduto poco piacevole- Tu, piuttosto, hai scoperto qualcosa?

 

- L’ho visto.

 

- Eh? L’hai visto?

 

- Quel Cavaliere d’Oro. – specificò Kouga, e Rei, del tutto plausibile, aprì all’istante la bocca:

 

- Quando?!

 

- Ieri sera.

 

- Vi siete affrontati?!

 

- No. Non mi ha dato nessun motivo per attaccarlo.  

 

Lo spadaccino dalla doppia arma scosse il capo. Quasi stentò a credere alle parole di Kouga.

- Attacca tutti i Cavalieri dell’ordine del Makai, tranne te?

 

- Forse non gli interessa.

 

- O forse, sta solo aspettando il momento giusto. – profetizzò Zarba, rettificando l’opinione di Silva.

 

Rei osservò l’anello parlante, poi i suoi occhi si spostarono sul detentore di quello stesso Madougu mistico.

- D’ora in poi, tieni gli occhi ben aperti. – gli disse, con un’occhiata che sapeva di attenzione estrema.

 

- Non devo difendere solo me stesso. – Le parole di Kouga, seppur palesemente sibilline, attirarono di corsa il giovane Suzumura.

 

- E’ lei, vero? – gli chiese quest’ultimo, afferrando lampante il significato di quella frase. – Sei eccessivamente preoccupato per quella ragazza. Te lo si legge in faccia, ormai.

 

Come poteva Kouga, non fare a meno di pensare alla sua Kaoru?

Il giovane si girò di schiena.

- “Arriverà presto il momento di cedere il posto a qualcun altro che ti strapperà via tutto ciò che hai di più prezioso al mondo”.

 

- Sono le parole di un Orrore. – precisò Zarba, accodandosi alla frase del suo proprietario silenzioso, nei riguardi di un Rei estremamente perplesso.

 

- E tu, il famoso Cavaliere dell’Est che ha tenuto testa a Meshia in persona, crede alle parole di una misera creatura? Mi prendi in giro? – Rei s’incrociò con dubbio le braccia al petto. Le parole di un Orrore, specie se dette in punto di morte, non avrebbero dovuto di certo intimorire il coraggioso guerriero del Makai. Lo sguardo scosso di Kouga, l’espressione tesa di quei tratti somatici più che seriosi, lo convinse però seduta stante del contrario: - A quanto pare…Non mi stai prendendo in giro. – analizzò.

 

- A questo punto, è tutto chiaro: la faccenda di quel doppio Cavaliere d’Oro e le parole dell’Orrore, sono entrambe collegate. – dichiarò Silva, per poi asserire ansiosa – I problemi raddoppiano.

 

Rei sollevò la mano fasciata dal guanto, quella dove risiedeva la guida.

- Senza tralasciare quel qualcuno che si diletta a scorrazzare nel Makai senza permesso, diciamo che triplicano!

 

- Quadruplicano. – appuntò celere Zarba, ficcandosi tra i due – Dimenticate forse “l’Ottava Stella del Makai”?

 

Quella lista di coincidenze, sembrava non avere mai fine. Che fossero tutte collegate o no, Kouga restava più teso che mai.

 

La causa principale dei suoi timori era palesemente ed evidentemente una.

 

Rei lo capì al volo, senza inutili pause. Un ragazzo vigile come lui, non avrebbe mai dovuto averne.

– Non le hai confidato niente, dico bene? - Il combattente dell’Est aveva già capito il significato di quella domanda, ma rimase ugualmente muto. - Quando imparerai, Kouga?

 

- Sono problemi che riguardano solo me. E’ una faccenda che devo risolvere da solo. – sentenziò acido lo spadaccino, voltandosi di scatto verso l’amico.

 

- Ma adesso, tu non sei più solo. Al tuo fianco c’è lei. Una lei che farebbe di tutto per vederti sorridere. – Lo sguardo di Rei si dipinse di malinconia. Gli occhi gli sussultarono brevemente, un finto riso gli servì a nascondere un dolore più che lancinante che gli era comparso dentro all’improvviso. Poi, quella sua bocca si aprì – “Porta avanti l’onore della casata dei Cavalieri dell’Ovest, e concepisci un figlio maschio sano e forte”. Mio padre adottivo voleva così. Tuttavia, l’unica donna che io abbia mai amato veramente, non mi è più accanto. E senza di lei, non potrò mai esaudire il desiderio dell’uomo che mi ha cresciuto. Che triste destino il mio, eh? – scherzò infine, abbozzando un malinconico sorriso.

 

Il discorso del giovane Suzumura costrinse Kouga a riflettere, a pensare, a capire. O se non altro, a sforzarsi di fare almeno con impegno una di quelle tre cose. 

Entrambi i ragazzi non avevano i genitori. Entrambi i ragazzi erano Cavalieri del Makai. Entrambi i ragazzi salvavano la vita agli umani in pericolo, ma Kouga aveva una marcia in più, rispetto all’altro. Al suo fianco c’era Kaoru.

Il Cavaliere d’Argento dell’Ovest, questa fortuna l’aveva persa un bel po’ di tempo fa.

 

Tuttavia, lo spadaccino non riusciva a darsi pace.

Era giusto, da parte sua, confidare a Kaoru quei problemi che lo tormentavano così terribilmente?

 

 

 

Salutando l’artista e il piccolo pargolo con un pizzicotto sopra la guancia di quest’ultimo, Rei lasciò il palazzo e si incamminò verso il suo territorio, con una briciola di amaro in bocca.

L’amaro gli era comparso quando nella sua mente si era manifestato il ricordo di quella donna. Un pessimo sapore, acre, che pungeva tanto. Ripensare al volto di Shizuka, anziché recargli conforto, per lui fu estremamente doloroso.

Rei era giovanissimo. Avrebbe avuto senz’altro occasione di conoscere una dolce egraziosa ragazza, al pari della sua amata che non c’era più, eppure, con quell’amaro in bocca permanente, sapeva bene che non sarebbe stato così. Se non fosse stata Shizuka la madre del suo erede, non lo sarebbe stata nessun’altra.

Amare incondizionatamente una persona, era amare sempre e soltanto quella persona.

Questo, era il credo del Cavaliere d’Argento dell’Ovest.  

 

 

                                                                           

                                                                         

 

                                                                            ***

 

 

 

 

 

Stavano calando le prime luci della sera.

Il sole ormai non c’era più. Aveva lasciato il compito ad una mezza luna biancastra, di brillare lassù in cielo.

Il tempo si scandiva attraverso le lancette di un orologio a pendolo, le ore passavano, e qualcuno, stremato dalla vivace giornata, si era ormai lasciato andare lungo la seduta di un divano, e cadere in sonno. Quel qualcuno era Kaoru.

Gonza era da poco entrato in camera per farle sapere che il bimbo si era finalmente addormentato, ma non appena si avvicinò a quel divanetto posto in salone, l’uomo con i baffi sorrise e andò via, lasciando quell’ambiente con modi silenziosi.

 

- Si sono addormentati entrambi! – disse quel simpatico maggiordomo a Kouga, incrociandolo proprio al di fuori della stanza.

L’erede di Taiga si accostò a quell’uscio, e restò lì ad osservare il suo piccolo scricciolo moro che riposava beato. Stremata ma felice, con un viso disteso e tranquillo.

Era così, che la bella gli apparve.

Ed era così, che lui l’avrebbe continuamente voluta vedere. Sempre felice.

Se Kouga si affannava a voler risolvere i suoi problemi, lo faceva anche per quella ragazza. Per non vederla mai inquieta. Non voleva che qualcuno soffrisse per lui, proprio come lui aveva sofferto in passato nel vedere i propri cari consumati dal dolore.

 

Anche se l’ora non era propriamente consona, Zarba aveva da poco captato qualcosa di infimo e pericoloso, nel pieno centro della città.

Aiutato da Gonza, il ragazzo infilò alla svelta il soprabito e si preparò a lanciarsi in aiuto dei più deboli.

 

 

 

Fermo al semaforo di un crocevia in pieno centro urbano, un autobus pieno di persone di ogni stazza ed età, stava aspettando di ripartire allo scattare del verde.

Il mezzo tuttavia lo fece all’improvviso, senza ossequiare le regole del codice stradale, e qualcuno lì dentro urlò a squarciagola.

Zigzagando da una parte all’altra della via, sfrecciando impazzito tra le arterie di un centro illuminato dai fari notturni dei lampioni, la vettura imboccò un sentiero plumbeo che sfociava dritto in uno sconfinato parcheggio. Nel bel mezzo di un campo lastricato ma deserto.

Le ruote del bus si fermarono con una frenata non proprio dolce.

Uno, e poi più passeggeri si alzarono dai posti per accalcarsi alle porte con la flebile speranza di uscire indenni da quel catorcio di lamiere impazzito, ma le via di fuga non si aprirono.

 

Con il fiato corto, Kouga giunse lì, e, senza neanche riprendere un soffio di respiro, raggiunse il bus di corsa.

 

- Maledizione! Le ha bloccate! – sbottò con rabbia, tentando in tutti modi di aprire almeno un’anta di quel grosso mezzo di ferro.

 

- Usa il Fuoco Guida! La fiamma dovrebbe riuscire a bruciare questa carrozzeria e a crearti un varco. – Il consiglio di Zarba si rivelò un preziosissimo aiuto.

 

Kouga estrasse scattante l’accendino. Il cappuccio di ferro si tirò su, e la fiamma verde prese ad ardere in un secondo. Un soffio su di essa bastò a far ribaltare le sorti di quella difficile situazione. Il Fuoco del Makai colpì una parte della carrozza, e la sciolse in breve tempo. Quel metallo liquefatto sembrava cera.

Il Cavaliere ripose l’accendino, ma presto sguainò la spada.

 

Intanto, tutti i superstiti si erano rannicchiati sul fondo del bus. Un uomo era a pochi metri da loro. Si trattava del conducente. Persona corpulenta, alta. All’apparenza sembrava un normalissimo essere umano, ma le sue intenzioni, rivelarono ben presto il suo lato demoniaco.

 

- L’Orrore si è impossessato di lui! – lo informò Zarba, captando forte e chiaro la presenza di quello spirito del Makai, rinchiuso nel corpo del tizio.

 

Kouga posizionò la spada davanti al testone del gioiello che, da brava guida mistica, ne addentò la lama.

Uno stridio, uno scintillio creato da quel lungo pezzo di Animetallo che strisciò e grattò l’interno delle sue piccoli fauci, generò una portentosa onda d’urto che si diresse ad oscurare la vista dei sopravvissuti.

Quegli umani caddero a terra come una manciata di birilli, perdendo così i sensi.

Al guidatore, l’interevento così categorico di quell’intruso dal cappotto bianco, non gli era affatto piaciuto.

L’uomo del bus si voltò, s’accigliò, ma poi sorrise misteriosamente.  

Di sorpresa, alle spalle del Cavaliere, qualcuno gli gettò due mani al collo nel tentativo di soffocarlo. Il ragazzo reagì celere nei riguardi di quell’inatteso attacco, e tirò una gomitata nello stomaco dell’aggressore che, per il colpo subito, mollò all’istante la presa e finì tramortito al suolo.

 

Per l’esattezza, ciò che aveva aggredito Kouga, era un Orrore. L’ennesimo.  

 

- Sono due?! – sbottò sorpreso, massaggiandosi il collo, arrossato, con una mano.

 

- Non farti ingannare, Kouga! Quella è una Chimera Mistica! – gli rettificò Zarba, prendendolo alla sprovvista.

 

Una Chimera Mistica non poteva uccidere di proprio pugno il bersaglio prescelto, ma poteva però illuderlo a tal punto da fargli commettere un suicidio involontario. E se il Cavaliere del Makai non lo avesse colpito allo stomaco, molto probabilmente quell’illusione lo avrebbe portato a soffocare se stesso con le proprie mani. Un particolare inganno in grado di dare davvero molto fastidio.

I due assalitori cominciarono ad avanzare verso lo spadaccino, togliendogli così la possibilità di fuggire.  

Kouga si trovò ben presto braccato da entrambi i lati. Lo stretto corridoio del mezzo, oltretutto, non gli semplificava affatto le cose.

Anche questa volta, però, l’intervento del Fuoco Guida facilitò l’attimo. La fiamma divampò e bruciò la facciata del bus che stava d’innanzi a lui, creando così un ennesimo varco per fuggire all’esterno.

Uno scatto in avanti, oltre quel foro, e poi finalmente fuori, sotto il cielo notturno della sera.

Lo spadaccino si voltò di scatto verso il bus e sollevò il capo. L’autista posseduto dall’Orrore aveva cambiato aspetto.

Una creatura rivestita da una pelle giallastra e striata di rosso, dischiuse adirata le fauci. La pelle della bocca, elastica, si tese al massimo per emettere un ruggito.

Il ragazzo fece un salto indietro, pose la sua spada sopra il capo, e solo dopo ebbe inizio il vero scontro.

Rivestito dalla sua armatura dorata, Garo sfoderò la spada e si lanciò contro Vergan. O perlomeno, era quella la sua intenzione.

Un intoppo, difatti, lo fece desistere.

Si trattava di quella Chimera Mistica, che, avvinghiatasi alle gambe con movenze prepotenti, lo aveva immobilizzato del tutto. Il lupo dell’Est impuntò i piedi a terra per non finire al suolo. Ci riuscì, ma in quel preciso momento Vergan ruggì ancora, famelico, e sfoderò la sua lunghissima lingua, che successivamente fece roteare furiosa sul capo, con l’incontenibile voglia di fare a pezzi il Cavaliere.

 

- Due contro uno, è sleale! – annotò all’istante Zarba, rendendosi pienamente conto della sgradevole minoranza.

 

Garo, se avesse voluto, si sarebbe potuto avvalere di un aiuto più che prezioso, in quell’istante.

Ben presto si rese conto che non c’era altra soluzione: Il Cavaliere d’Oro dell’Est chiamò a sé Goten, l’imponente destriero dalla criniera rossa e l’armatura lucente. La creatura fece la sua maestosa entrata generando un fascio di luce sfolgorante. Nitrendo con fragore, Goten caricò quella fastidiosa Chimera e la investì alla svelta con una corsa impetuosa che non le lasciò scampo. L’essere si dileguò come nebbia, sotto gli zoccoli dell’animale mistico, e Garo fu quindi libero dal suo assalitore.

Con uno scatto salì in groppa al suo cavallo dorato, deciso a capovolgere le sorti della battaglia.

La Garoken si tramutò presto nella massiccia Garozanba. Il paladino della luce strinse forte l’ansa di quell’imponente spadone, e partì all’attacco.

La velocità di Goten non aveva eguali. Vergan tentò di far cadere Garo dalla sella, con un colpo secco di lingua, non appena il destriero gli si avvicinò per corrergli attorno in cerchio. L’ organo del gusto schioccò abbattendosi sul terreno e mancando il bersaglio, poi, senza concedere un minuto di tregua, tornò alla carica.

Fu con una mano, che il lupo rivestito di oro agguantò quella viscida lingua e non si lasciò sfuggire l’Orrore.

Il destriero impuntò gli zoccoli al suolo, oppose resistenza e tenne a bada i violenti strattoni di Vergan che, nella speranza di liberarsi da quella cattura, si affannò a tirare i due dalla sua parte.

Come un gioco, sembrava proprio un tiro alla fune.

Quella lingua, però, era talmente viscida… Lo era così tanto, che iniziò a sfilare con lentezza tra la mano chiusa di Garo, che faticava a tenerla stretta nel suo pugno.

- Goten! – esclamò a gran voce il lupo dell’Est, e il destriero impetuoso, nitrendo vivido, s’impennò per colpire con forza il suolo. Gli zoccoli delle gambe anteriori dell’animale batterono e percossero il terreno, facendo così traballare l’Orrore. Garo mollò istantaneamente la presa, e Vergan finì a terra.   

Un pugno stretto di secondi e… Al galoppo verso l’essere, la Garozanba lo falciò in due metà esattamente uguali. Metà che si separarono e, nel cadere a terra, si sbriciolarono volando nell’aria, come un mucchietto di semplice terra.  

 

 

La gente all’interno del bus si svegliò poco dopo. Tutti si guardarono attorno, si rialzarono barcollanti. Un uomo cercò di sporgersi dal buco creato dal Cavaliere Mistico, e quindi guardò fuori.

Con stupore, però, notò che con c’era nessuno in quel luogo sperduto e desolato. Tutto taceva, lì nei dintorni. Ogni cosa sembrava essere a posto. Ogni cosa eccetto loro che, confusi e barcollanti, non ricordavano assolutamente nulla dell’accaduto.

 

 

Kouga, nel frattempo era già sul sentiero di casa. Tagliò per i boschi, con estremo silenzio, mentre si faceva sempre più buio.

Una Chimera Mistica poteva essere invocata sul posto, solo da un abile prete del Makai.

Quindi, c’era qualcun altro lì, nascosto chissà dove, durante il combattimento?  

Inaspettatamente per Zarba, il tacito ragazzo si fermò sul ciglio del sentiero ad osservare il cielo cupo, tra le fronde della natura selvaggia, mentre si accinse a domandare: - Secondo te, come avrebbe reagito mio padre se fosse stato al posto mio?

 

L’anello trasse un sospiro. Un lungo e malinconico sospiro.

- La notte in cui Taiga decise di fermare Barago, non ci fu verso di fargli cambiare idea. Persino Gonza lo supplicò in ginocchio di non andare. Tu in questo sei uguale a lui e…-trattenne brevemente il fiato, donando un velo di mistero a quell’attimo, e poi, ancora sospirando, finì la frase: Sì, sei anche il ritratto di Rin.   

 

La mamma. Rin Saejima.

Sentendo quel nome, Kouga ebbe un sussulto immediato. Erano poche le volte in cui si parlava di lei. Una donna così, avrebbe meritato di essere ricordata più spesso. Eppure il Cavaliere Mistico dal bianco soprabito, preferiva non farlo. Sua madre era lì, nel suo cuore forte e coraggioso. Un’immagine indelebile, che non sarebbe mai volata via. E a Kouga bastava solo questo.

 

- Tu la ricordi bene? – domandò, spontaneo. Sempre duro, sì, ma in quell’attimo ingentilito dal ricordo della sua cara mamma affiorato in lui solo per cullargli l’inquieto animo.

 

- Una gran bella donna, direi! – scherzò dapprima Zarba, per poi proseguire serio- Ma soprattutto, una gran donna. Era un tipo determinato e sicuro, scrupoloso nello svolgere il ruolo da sacerdotessa del Makai, ed amorevole con il suo prezioso pargolo. – Le parole dell’arguto anello suscitarono in Kouga uno spruzzo di nostalgia che sì, gli andò pure a punzecchiare con tristezza il cuore, ma che, nello stesso tempo, nel pensare alla sua famiglia, gli fece nascere un sorriso.

 

- Dici che loro farebbero le mie stesse scelte? – domandò al suo fidato accompagnatore di ferro, volgendo gli occhi al cielo, come se lì, in quella vasta distesa tinta di blu, ci fosse stato il ritratto dei suoi amati genitori.

 

Zarba sospirò ancora. Ci pensò un po’ su, prima di dare la sua sincera risposta.

-Dico semplicemente che…- enunciò dapprima, e dopo una trepidante pausa, finì placido- Taiga e Rin non potevano mettere al mondo erede migliore a cui affidare il titolo di Garo.

 

                                                                          

                                                                      

 

 

                                                                          ***

 

 

 

 

 

Il sole stava sorgendo, e con esso si levava nell’aria anche un nuovo giorno che stava arrivando più luminoso del predecessore.

La giornata iniziò in un baleno, ma anche il campanello di casa Saejima suonò in un baleno. Asami era lì per riprendersi il suo nipotino, per scusarsi del disturbo, e per spiegare i motivi che l’avevano costretta ad un simile gesto. Il piccolo era il figlio di sua sorella maggiore.

La ragazza lo teneva con sé ogni giorno, perché la madre a causa del suo lavoro da fotografa, viaggiava moto spesso. Il direttore del ufficio in cui lavorava Asami, le aveva ordinato in via del tutto eccezionale di esercitare anche la domenica, per via di un programma che la giovane dipendente doveva consegnare la mattina del giorno dopo.

Gonza salutò il piccolo, in seguito consegnò la borsa con tutte le sue cose alla giovane donna dal ciuffo rossiccio che se la infilò a tracollo.

Tra le braccia di Kaoru, quel pargolo cominciò lievemente a lamentarsi. Forse aveva capito di doversene andare. L’artista gli carezzò il capo, sfiorandolo delicatamente con le dita. Gli schioccò un bacino sulla fronte, e infine lo consegnò all’amica.

L’auto partì, Kaoru restò lì davanti all’uscio, con gli occhi malinconici che poi le si fecero sempre più offuscati. Era come se le avessero portato via qualcosa dal proprio corpo.

La ragazza rabbrividì perché sfiorata da quel velo di tristezza, e poi, sempre più mogia chiuse la porta e si voltò.

Kouga era lì, davanti a lei. Il giovane le squadrò il viso attentamente.

- Che cosa è successo? – chiese ansioso, vedendola piuttosto giù.

 

- Quel bambino è andato appena via. – rispose abbattuta, con fiacchezza – Come finta madre non sono un granché, ma gli volevo lo stesso bene! – affermò, con voce sincera.

 

- Già, non sei un granché. – dichiarò lo spadaccino, prendendola improvvisamente alla sprovvista, e perché no, facendole imbrunire ancor di più quel suo faccino abbattuto. La rettifica a quell’affermazione, tuttavia, giunse quasi all’istante – Ma solo come cuoca.

 

L’artista sorrise, luminosa più di quella stessa alba. Sorrise, inoltre, perché fu Kouga a farlo per primo. Un Kouga che forse, almeno in quell’attimo si sentiva più tranquillo. Aveva perfino la voglia di scherzare. Posandole una mano sul capo, le scarmigliò i capelli con un’energica ma allo stesso tempo dolce carezza.

Una carezza dolce, che sapeva d’amore.

 

 

 

 

 

Una madre per il proprio bambino farebbe qualsiasi cosa.

Lei è una figura speciale.

E le cose speciali, ci vengono concesse con parsimonia. Sono uniche.

Nel momento in cui le perdiamo, non possiamo più riaverle indietro.

La mamma non può essere rimpiazzata, perché lei può sostituire chiunque, ma non può essere sostituita da nessuno.

La mia, per esempio, mi ha fatto diventare ciò che sono adesso. Mi ha fatto crescere nella più luminosa delle luci, e, anche se lei non è stata per molto tempo al mio fianco, l’amore che unisce indissolubilmente il figlio a colei che lo ha generato, supera sfrontatamente ogni confine, per giungere anche fin lassù, verso il più lontano dei mondi. Là dove una mamma, anche se tanto distante, sentirebbe ovunque la tua voce.  

 

 

                                                                                                 Fine episodio

 

 

 

 

 

I VANEGGIAMENTI E LE RISPOSTE DI BOTAN:

 

CI SONO RIUSCITA!!!!! L’HO FATTO DAVVERO E ANCORA NON CI CREDO…!!!

Dopo un tira e molla di forse 1 anno, ho visto l’ultima puntata di GARO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Che qualcuno mi tiri un ceffone o mi prenda a sprangate, vi supplico!!! TTvTT

Perché l’ho fatto?! Perche?! Perchèèèèèèèèèèèèèèè!!!!!!!!!!!

Garo è come il vino: se non ti scoli subito la bottiglia, e la stappi dopo decenni finché forse non sarà ormai ricoperta di ragnatele e polvere, avrà un sapore DIVINO!!! (Ma se proprio ti va male, e ti accorgi che forse le ragnatele e la polvere sono più del dovuto, al limite ci condisci l’insalata…)

Una parte di me mi urlava: GUARDALOOOOO!!!!! Altrimenti con l’avanzare dell’età, potrai restarci secca!

L’altra parte invece gridava: PER CARITA’! Non farlo!!! Sennò poi ti toccherà trovare un senso alla tua vita- anche se un senso non ce l’ha- perché ormai avrai esaurito tutte le puntate e non saprai più cosa fare per andare avanti!!!    

Alla fine, tutto considerato, ho capito che era arrivato il momento giusto, e quindi, dopo aver inserito il dvd nel lettore, ho fato il grande passo!

Che dire? L’ultimo episodio mi ha lasciato un po’ così, con l’amaro in bocca… (in realtà era il vino che sapeva d’aceto con l’aiuto dell’insalata che, al contrario, sapeva di cianuro… Ma questi sono dettagli!)

Ho quasi pianto nella parte in cui Zarba si frantuma… Mi sono veramente affezionata a questo anello, e si può dire che di tutta la serie è uno dei personaggi che stimo di più. E’ molto triste quella scena… ;___; E poi, naturalmente quando Kouga piange… beh, non riesco a trovare parole più adatte per descrivere quel momento. In parte lo sapevo già perché gironzolando nei vari forum e in rete, molte persone ne hanno parlato, però non l’avevo mai vissuta in prima persona, quindi è stata una novità.

Domanda: Secondo voi, che cavolo c’è sopra l’ultima pagina del tomo illustrato??

In uno dei libri che ho di Garo, ci sono le immagini delle pagine che noi tutti conosciamo, ma a mancare all’appello è proprio l’ultima… Keita Amemiya l’ha voluta nascondere per dare l’aggio a tutte le persone che hanno guardato la serie, di immaginarla loro stesse,  ma se ci fate caso, forse un modo per scoprirlo, c’è… Io ho rivisto al ralenti la puntata in cui Kaoru decide di creare quella pagina, ed ho stoppato con un ferma immagine: Si è visto appena una scena simile a quella dell’episodio 21, quando Kouga porta l’artista nel luogo che assomiglia al paesaggio del quadro del primo episodio, e si intravedono appena delle figure umane. Forse, centra con quello? Però in effetti non ne ho la certezza… :(  

Tralasciando questa cosa, ho visto anche il famosissimo gaiden! L’episodio extra chiamato “sorriso”… parlo in particolare per seasons_girl, che voleva vederlo!

Ebbene

Non ha niente a che vedere con la trama della storia, e non è un finale alternativo. E’ solo il sogno di una Kaoru con un taglio di capelli diverso da quello che abbiamo visto nella serie. Di fatto, lei stessa alla fine dice: “ho fatto questo strano sogno quando ancora abitavo con Kouga”.

Se non siete proprio dei fan accaniti, non è di vitale importanza vederlo, ma… una cosa la devo proprio dire: fa troppo ridere! Ci sono i 3 Cani da Guardia in versione ragazzine “lolita” con tanto di kimono indosso, che dicono di essere delle fans di Kouga, e poi Kodama, l’attore che lo interpreta è americano, e qui finalmente parla, ma lo fa in inglese dicendo che adesso ha la possibilità di esprimersi, dato che il regista gli aveva dato un ruolo privo di dialoghi… E’ molto buffo!

Ma la scena più ridicola e davvero terrificante, è Kouga versione “innamorato pazzo”!

Ragazzi, quella la dovete assolutamente vedere! In breve, è così:

C’è un volto alle spalle di Kaoru: è un ritratto che raffigura un viso di Kouga assai sorridente e un po’ fuori dal normale. Per magia questo disegno prende vita, e compare uno di quegli uomini con la tutina nera che al posto del viso ha per l’appunto questo grosso ritratto.

Il presunto Kouga comincia a fare il filo a Kaoru, con maniere davvero esagerate. Lei ad un tratto per difendersi da una delle sue amorevoli prese, lo punzecchia alla gamba con una matita, e a quel punto lui che fa? Prima si lagna un pochetto, e poi con la coscia in bella mostra le dice di rifarlo ancora perché gli è piaciuto! Lì sono rimasta di sasso…!

Inoltre, gli dice che brucia d’amore per lei!!! TTVTT

In poche parole, il gaiden è esilarante! Anche se alcuni pezzi sono molto toccanti

 

Tornando all’ultimo episodio, non potevo fare a meno di guardare anche lo Special.

Ebbene sì! Ho visto pure quello! Ricordo di averlo comprato a luglio dello scorso anno, quindi fate un po’ voi i conti… é_è Mi faccio proprio schifo…

Ma come si dice in questi casi… Fatto 30, si fa anche 31!

 

Passo subito al nocciolo della questione…

 

L’ultima scena del Garo Special:

Kaoru: “Okaeri…” (Bentornato)

Kouga: “Sore wa kocchi no seru za” (Quello, lo dovrei dire io)

Kaoru: -ride, poi si corregge per dare l’aggio a Kouga di poterla salutare- “Tada ima” (Eccomi! Sono tornata!)

Kouga: “Aa…! – un po’ come se volesse dire “ Ma va’? Sei tornata?”- “Okaeri!” (Ah…si! Bentornata!)

 

Questo è esattamente il dialogo che si scambiano durante le ultime scene dello Special. Ho messo sia la parte in lingua giapponese, sia la traduzione in italiano, così rende meglio l’idea.

La questione adesso è:

Kaoru non appena rivede Kouga, essendo lei già a casa, gli dice “bentornato”. E qui, tutto fila liscio. In fondo, quando qualcuno rientra a casa, magari dopo una giornata di duro lavoro, di solito lo si accoglie con qualcosa di simile.

Ma è a quel punto che Kouga la guarda, e poi dice “Quello, lo dovrei dire io”, oppure, anche se più astratta come traduzione “Veramente spetterebbe a me dire “bentornata”, visto che non ti vedo da un pezzo“.

Tutto ciò, quindi, fa pensare che Kaoru sia tornata da lui dopo un lungo periodo di assenza.

E l’asino, giustamente, è qui che casca! Tutti quelli che hanno visto lo Special, affermano che Kaoru e Kouga stavano insieme già da un po’, da prima che il Cavaliere dell’Est partisse per il Kantai, ma allora perché mai Kouga avrebbe dovuto dirle “bentornata”?

Le opzioni sono due:

1 Kaoru, che nell’episodio 25 aveva detto di andare in Italia, è rientrata. Quindi i due, in teoria, non si vedevano dal giorno del loro ultimo saluto. (vale a dire quello dell’ep 25)

2 Kaoru, ritornata dall’Italia, e nel frattempo fidanzatasi con Kouga, si era nuovamente allontanata da lui poco prima dell’inizio dello Special.

 

La seconda teoria, collegata all’ultima scena del Garo Special, ci può anche stare, ma è la prima a non farmi tornare i conti! Perché? Perché sembra l’ipotesi più corretta!

La teoria numero 1, anche se non concorda con il finale del Beast of the White Night, potrebbe essere quella esatta. L’ipotesi 2, in cui Kaoru parte, poi ritorna, e poi riparte ancora per ritornare di nuovo, fa troppo casino!

E allora? Direte voi, il punto qual è??

Soltanto uno:

Nello Special si capisce quasi chiaramente che i due alla fine si sono fidanzati, sì, ma quando?!?!?    

Kouga le dice che il bentornato sarebbe spettato a lui, e in qualche modo mi fa pensare a quando la ragazza, poco prima di salutarlo, gli disse che non si sarebbero rivisti per un po’ perché lei andava in Italia a studiare. Quindi lui si riferisce chiaramente a quella scena. E’ palese.  

Ma allora quand’è che questi due si sarebbero messi insieme? Nell’attimo in cui Kouga la vede dipingere in giardino, e poi la prende per mano “trascinandola” in tutti i sensi e con ardore con sé? Perché è chiaro: lui la trascina con slancio, e lei praticamente si lascia “catturare” e portare via!

Le immagini ti fanno provare l’ illusione, che i due sono diventati finalmente una coppia, ma…

La teoria vera, forse sapete qual è?

Quando Kouga corre, raggiunge il giardino, e finalmente la rivede, nell’istante in cui i due si scambiano uno sguardo, e poi si prendono per mano, è proprio in quell’attimo che inizia tutto: Perché il coraggioso Cavaliere del Makai e la bella artista, anche se tanto lontani, sapevano già che quando si sarebbero rincontrati niente e nessuno gli avrebbe mai impedito di esternare i propri sentimenti e restare insieme per sempre. 

 

P.S. Ancora una cosa… Qualcuno di voi ha visto il Garo Special? Perché ho scoperto una chicca fichissima! Nella versione Limited (quella con il box, i 2 libri e il disco con i vari contenuti speciali) ci sono delle scene inedite create apposta per l’occasione!  Mi è capitato di vedere anche quella divisa in due episodi da 50 minuti ciascuno, ed ho notato che mancano proprio un bel po’ di scene, alcune estremamente importanti (una riguarda proprio quella dell’ultimo pezzo, dove ci sono Kaoru e Kouga). Sul box che contiene dvd e libri, c’è scritto che ci sono delle parti aggiuntive e che si tratta di una trasposizione intera, o comunque riadattata proprio per l’occasione… Per cui il finale è stato “leggermente” cambiato.

Nella prima versione, quella spezzettata che non fa parte della limited, quando Kouga torna a casa e vede il quadro restaurato sopra al camino, si gira verso il tavolo ed immagina l’ipotetica scena in cui Kaoru lo rimette a nuovo. Poi l’inquadratura ritrae lei che dipinge in giardino, e lui che la osserva.

Nella limited, invece, Kouga, dopo aver visto il quadro restaurato, corre come un matto nel corridoio della sua villa per raggiungere il giardino. Lì c’è Gonza che si prepara a servire del tè, e quando lo vede vorrebbe dirgli che Kaoru è lì, ma poi sorride perché capisce che il signorino l’ha già intravista. (Inoltre, nel corridoio si può vedere una di quelle armature medievali dalla stazza piuttosto imponente, molto molto bella! Se la trovate nella mia fanfic, non vi spaventate! Perché esiste davvero!)

Personalmente, come finale preferisco proprio questo qui! Mi piace troppo la parte in cui Kouga corre come un matto per raggiungere il giardino, con la fretta di vedere Kaoru. E anche se non ne ha proprio la certezza che lei sia lì in quel momento, fila via lo stesso, con il cuore carico di speranza.

La scena è altamente emozionante, credetemi!

Ancora una volta, il maestro Amemiya ha fatto proprio centro!

 

Bene…

 

Rispondo adesso a voi lettori!

 

Per seasons_girl: Eeh… dovrai leggere, per scoprire l’arcano mistero legato ai malesseri di Kaoru! Comunque no, a parte gli scherzi, in quella scena a dire il vero mi hai fatto venire il dubbio… Perché l’avevo concepita in modo che Kaoru, avendo saltato la colazione, si sentisse male dopo, facendo coincidere lo svenimento con la lite tra Kouga e Rei. Alla fine il malore era dovuto ad un calo di energie, tutto qui. Però mi sa che non si è capito, dico bene? La prossima volta cercherò di stare più attenta, e rileggerò il capitolo più di una volta!

 

Per _Elentari_: Hai ragionissima, Ele! ;__; Vi faccio aspettare davvero troppo con i chap… Ma le cose da fare sono tante, e spesso io vorrei effettuare almeno un aggiornamento al mese, però non ci riesco… Ti chiedo davvero scusa!

 

To Mitra: Ooh, dear! ;___; Your comment  make me cry!!! Especially when you say “your character are ALIVE!”… This is very important for me, really. Then… about “the madou ring”, it’s a present for Kaoru when she goes to Italy. You can read that scene into my fanfic called “Gioco di Spade”. However, I’ll speak about it into the future chapter! 

 

Per Shannara_810:  Benvenuta! ^__^ E grazie infinite per la recensione! Già, chiunque pagherebbe chissà cosa per fare la guardona! ^///^ Povera Kaoru, però… Trovarsi tutto quel ben di Dio in una sola volta, non è cosa da poco… Riguardo alla faccenda della “combustione spontanea” (ho riso parecchio quando l’ho letto! ^-^), io non voglio anticiparti o rovinarti la sorpresa, ma… Più in là, nella storia accadrà qualcosa di pressoché simile a ciò che hai scritto… Però non dico altro! Ti piace Rei, eh? Allora ti anticipò già che il capitolo 6 sarà interamente dedicato a lui!

 

Per stelly89_s: A quanto pare, la scena dell’asciugamano è piaciuta davvero a parecchi... Ti giuro che non me lo sarei mai aspettato perché la reputavo una parte priva di originalità… anche se tutto ciò che indossa Ryousei-san, non è mai banale! Soprattutto se l’abbigliamento è molto ridotto…! ^_^ Seguiranno altre cose di questo genere, tranquilla! Grazie del commento!

 

 

Per il momento è tutto! Ringrazio sempre tutte le persone che continuano assiduamente a recensire, e anche tutte quelle che aggiungono la mia storia ai preferiti!

Vi ringrazio di cuore!

Un affettuoso saluto a tutti voi!

 

                                                                                                         Botan

 

 

                                                                              

     

 

       

   
 
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