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Autore: Korin no Ronin    09/07/2020    1 recensioni
Sono caduta anch'io vittima di questi due XD
*****
- Non mi è ancora chiaro, di preciso, perché dovresti essere solo tu a perdonarmi qualcosa.-
Il padrone di casa gli gettò un’occhiata stupefatta.
- Hai rinnegato secoli di collaborazione, mi avresti lasciato andare via da solo, mi hai nascosto quello che sapevi su Adam. Mi hai mentito. –
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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C’era un che di incredibilmente tranquillizzante nel rumore sordo e pigro di un autobus notturno. Qualcosa con cui distrarsi mentre le luci della strada correvano lente oltre i finestrini. Il demone sembrava trovare interessante il panorama notturno, Aziraphale, invece, teneva lo sguardo dritto davanti a sé, concentrato, in apparenza, ad osservare l’autista, ignaro di stare andando da tutt’altra parte rispetto alla sua meta. Le dita attorno alla sua mano avevano una presa forte, tanto quanto lo era la sua.
Nessuno dei due avrebbe proferito parola fino a Londra, questo era certo. Quel gesto così semplice e intimo pareva il coronamento perfetto di quella giornata, in cui tutte le regole e le cose date per scontate erano state ignorate senza tante remore. Era pur vero che l’Apocalisse era una visione, ma erano state profuse talmente tante energie per gestirla che, a conti fatti, il fatto che fosse bastato il rifiuto di un bambino ad evitarla la rendeva quasi una cosa ridicola.
Crowley espirò, appena un po’ più forte, e si mosse leggermente sul sedile, come se stesse cercando una posizione più comoda.
L’angelo condivise il suo disagio. Il fatto che si stessero toccando fisicamente era solo la punta di un iceberg che aveva avuti millenni di tempo per crescere con comodo. Oltre ciò che si poteva vedere si stavano sfiorando con cautela, con un timore che non avevano mai provato prima.
Uno schiocco impercettibile delle dita diede all’autobus quella marcia in più per levarli in fretta da quella situazione complicata. L’autista non si rese conto di dove fosse e continuò il proprio giro con tranquillità. L’indomani avrebbe avuto una storia plausibile da raccontare, il Principato non aveva intenzione di far scontare ad una terza persona il prezzo delle loro necessità.
Crowley lo guidò alla sua casa, e, una volta entrati, parve riprendere un po’ di tono. Abbandonò gli occhiali scuri sulla scrivania, accanto al mappamondo, quindi allargò le braccia.
-Come si dice in queste occasioni? Benvenuto nella mia umile dimora? -
Il suo ospite aprì la bocca per fargli notare che il suo ghigno teso proprio non si addiceva a quelle parole, e che la sua casa non era certo umile, tuttavia, alla fine, decise di soprassedere. Non era il caso di fare i pignoli dopo una giornata simile.
- Sì. Grazie. - rispose, invece.
Il padrone di casa bofonchiò qualcosa, quindi miracolò la stanza, facendo comparire un salottino nero e minimale, sul cui tavolino facevano bella mostra di sé alcune bottiglie di vino pregiato.
- Forza, angelo, accomodati. La notte è giovane. -
L’altro ubbidì. Non si sentiva a proprio agio in quell’ambiente scuro, e le poltroncine non gli parevano per nulla invitanti. Rimpianse il suo arredamento, così vissuto e familiare.
Crowley gli porse un bicchiere riempito generosamente, quindi ritrovò il suo modo di sedere scomposto, privo, però, della sua solita sfacciataggine.
- Caro, non mi pare proprio il momento adatto…-
- Ah no? Le idee migliori arrivano sempre con una bella sbronza. Direi che ne abbiamo ancora bisogno, visto il ginepraio in cui ci siamo infilati. Abbiamo mandato a monte l’Apocalisse! -
L’angelo si bagnò appena le labbra, pensieroso.
- In effetti la situazione è complicata. -
Il suo amico si sporse in avanti, pronto a rimbrottarlo, poi decise di mordersi la lingua e dedicarsi alla bottiglia che aveva di fronte. In realtà il futuro poteva non essere roseo nemmeno per lui, considerando il temperamento di Gabriel e accoliti. Era difficile prevedere quali sarebbero state le loro mosse, specie alla luce della profezia di Agnes. L’interpretazione di quelle parole non era cosa per lui. Aziraphale, per quanto fosse mite, perfino ingenuo, restava comunque un Principato, e la visione che poteva avere in quell’ambito spaziava in modo incommensurabile rispetto alla sua.
Alla terza bottiglia svuotata, il padrone di casa cominciò a riacquistare un po’ di spirito. Si grattò sovra pensiero la nuca, quindi si accomodò meglio sulla poltroncina. Il vecchio divano della libreria era decisamente più comodo.
- È interessante. - biascicò.
Un angelo rubizzo gli gettò un’occhiata un po’ vacua.
-Cosa?-
- Ma sì, la tua spada…intendo…l’hai data via millenni fa e Lei non ti ha chiesto più niente da allora. - gesticolò in modo disordinato – Quei pignoli dei tuoi superiori, perfino gli addetti agli inventari, non ti hanno mai pizzicato. Lascia che te lo dica, quando devi inventare scuse sei ridicolo. - attaccò la quarta bottiglia – É finita in mano a Guerra per tornare a te, e poi finire chissà dove. E nessuno ha niente da dire? -
Aziraphale scrollò le spalle. Sapeva benissimo che a riguardo aveva sempre avuto una fortuna sfacciata; preferiva pensare che fosse tale, senza elucubrare sul Piano e le sue infinite implicazioni.
L’altro intanto aveva cambiato ancora posizione, cercando, con poco successo, di trovarne una che lo soddisfacesse.
- Beh, caro...non credo sia una priorità, adesso. -
Il demone emise un suono stridulo, arricciò il naso e gli puntò contro l’indice.
- Piantala di chiamarmi “caro” ! -
L’ospite si risentì. Se fosse stato un uccello avrebbe arruffato tutte le piume.
- Ti ho chiamato così un’infinità di volte!-
- Beh, prima era diverso!-
L’angelo strinse le labbra. Poggiò il bicchiere e, nonostante l’alcool, riuscì a raddrizzare la schiena.
- É da parecchio che non è diverso.- ribatté, seccato.
Crowley distolse lo sguardo. Appoggiò il mento sulle nocche di una mano, fingendo di ignorarlo.
- Tu sei un angelo, non puoi fare a meno di amare ogni singolo atomo di qualsiasi universo.- brontolò, alla fine.
Aziraphale decise che non poteva affrontare un discorso simile in quello stato. SI concentrò per modo più signorile possibile per liberarsi dell’alcool; ignorò il sapore terribile che aveva in bocca: fare smorfie in quel momento sarebbe stato quantomeno inappropriato.
- Ce ne sono tanti altri, ma dubito che potresti dire che Gabriel ti ami.-
L’altro si concesse una risatina nervosa.
- Ci mancherebbe. Sarebbe come essere oggetto delle attenzioni di Belzebù. -
Il suo ospite nemmeno volle provare a immaginarselo. Si protese leggermente verso di lui, solo con la sua parte fisica.
- Ci conosciamo da tanto tempo, sai quale valore hai per me.-
Il demone levò lo sguardo al cielo, con la sua tipica smorfia di disgusto.
- Sempre così…- gesticolò, facendo oscillare la bottiglia, alla ricerca di una parola adatta – serioso… e melenso. - sospirò, e finalmente, dopo minuti interminabili di silenzio, si decise a guardarlo - Sia quel che sia, angelo…in ogni caso abbiamo combinato un casino epocale. E io l’ho fatto due volte! Voltagabbana al quadrato! Ti pare qualcosa da ignorare? Scusami tanto se la cosa mi rende nervoso! -
L’angelo non se la prese. Poteva capire che essersi deciso ad accettare l’affetto che gli arrivava da una parte avversa solo nel momento in cui il mondo stava per finire potesse irritarlo, ma non fu per quello che, improvvisamente, sorrise, con lo sguardo luminoso.
- Torna sobrio. Subito. – bisbigliò, agitato.
Il demone ubbidì, incuriosito. Prima che potesse capacitarsene il suo salottino moderno lasciò posto ad un divano retrò e lui si ritrovò seduto accanto al suo ospite, che si mordeva il labbro inferiore per l’impazienza.
- Ho capito!- esclamò, sventolando leggermente la profezia bruciacchiata - Cambiamo bandiera fino in fondo! Scambiamoci i corpi! -
Crowley non riuscì nemmeno ad emettere il suono strozzato che cercava disperatamente di uscirgli dalla gola. Era una cosa logica, a pensarci, l’unica che avrebbe avuto un senso, però il pensiero non bastò a rincuorarlo.
- Non fare quella faccia, non è così terribile.-
Il padrone di casa arricciò il naso.
- Tu non hai stile, certo che è terribile.-
L’altro scrollò le spalle, parando il colpo con noncuranza. Non era solo per una questione di look che il suo amico adesso era arretrato un poco.
- La materia ha memoria, non è detto che riusciremo a mantenere stabili delle forme non abituate alla nostre nature. – continuò, mentre la sua pronuncia iniziava a tradire un certo nervosismo.
- Non piacerà a nessuno dei due. - concordò l’altro, mentre gli tendeva la mano  – Però è l’unica via che abbiamo. Sarà davvero complicato essere sfacciato come te. - commentò.
Il demone sospirò, piegando la bocca in una piccola smorfia. Avrebbe voluto ribattere che anche per lui essere un saccente perfettino sarebbe stata tutt’altro che una passeggiata però non ebbe lo spirito di farlo. Senza preavviso gli strinse il viso tra le mani e poggiò la fronte contro la sua.
- Ssstupido angelo. - bisbigliò - Ssse sssbagli sssarò io a non rivolgerti più la parola. -
Aziraphale rise, piano. Il suo amico stava trattenendo ogni cosa di sé, sia nel visibile che nell’invisibile, ma per quanto facesse, non poteva nascondergli il desiderio che aveva di abbracciarlo. In quel momento tutto ciò che faceva parte della sua natura di caduto si era ritratto, poteva sentire con chiarezza quel poco che di angelico era rimasto dentro di lui. La sua controparte non ne era cosciente, ovviamente; per nulla al mondo, altrimenti, gli avrebbe permesso di scorgere quell’aspetto della sua natura che puntualmente rinnegava. Preso dalla commozione poggiò d’impeto le labbra sulle sue.
Crowley smise di respirare, sorpreso. Aveva desiderato quegli istanti per secoli, si dispiacque sinceramente della loro brevità.
L’angelo lo guardò da sotto in su, con un mezzo sorriso imbarazzato.
Il demone trasse un respiro profondo, per abitudine più che per necessità. Gli afferrò una mano, e tornò a poggiare la fronte contro la sua.
- Forza. – bisbigliò - Vediamo di ussscire anche da quesssto guaio. -  
Aziraphale gli strinse le dita e lasciò scorrere via il suo corpo, un atomo alla volta, appropriandosi, nel contempo di quello di Crowley. Ebbe la sensazione di essere gradatamente rinchiuso in qualcosa di troppo pesante, ma immaginò che anche per il suo amico le cose non dovessero essere poi così facili. Quando gli parve che tutto si fosse stabilizzato, aprì gli occhi.
Un altro se stesso lo stava guardando con un po’ confuso, ma la sua espressione mutò in fretta, piegando i tratti del suo viso in un sorrisetto compiaciuto.
- Ma guardami… sssono un tipo davvero affassscinante.- commentò.
Aziraphale ebbe il buonsenso di non ribattere.
  
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