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Autore: Dils    14/08/2009    3 recensioni
«Sembra soffrire per amore, quell’albero. Vede?» continua. «E’ un albero così affascinante quanto triste, non mi sembra giusto.
Scommetto che per qualsiasi cosa soffra non ne valga la pena, ci sono così tante cose che dipendano da quell’albero, se piano piano morisse sarebbe un disastro. Dove si appoggerebbero gli uccelli, dopo una giornata stancante? Dove crescerebbero i frutti? E io, cosa guarderei quando aspetto il pullman senza le sue belle foglie? Forse non se ne accorge, quell’albero, ma è importante per molti. »

Dile <3
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quello strano Signore...

 

 

 

So you think you can stone me and spit in my eye
So you think you can love me and leave me to die
Oh baby, can't do this to me baby
Just gotta get out, just gotta get right outta here

(Bohemian Rapsody-Queen)

 

 

 

 

Ci sono delle persone che ti colpiscono, semplicemente.

Quelle persone che magari non vedrai più in vita tua ma che lasciano qualcosa, e non capisci nemmeno il perchè.

 

Un volta incontrai un signore, un vecchietto dallo sguardo infantile, ma nello stesso momento pieno di parole sagge, di ricordi mai dimenticati, di esperienze vissute.

Ero alla fermata dell’autobus, con le cuffie dell’iPod nelle orecchie e il cellulare in mano.

Il signore si avvicina, ma io non ho paura. Non ha l’aria di uno sconosciuto che ti può fare del male, anzi sembra voglia...aiutarmi? Sembra così gentile, che mi fa spuntare un sorriso.

Mi dice qualcosa. Mi levo le cuffie.

 

« Scusi?» dico io, dispiaciuta di non aver ascoltato prima.

 «Mancano dieci minuti di regola, poi altri cinque di ritardo. Meglio sgranchirsi un po’ le gambe.»

 

Me lo dice come se mi importasse, come se quell’affermazione fosse necessaria.

Se fosse stato qualcun altro probabilmente avrei assunto un’aria scettica, invece mi limito ad annuire come dire “L’aspetto qua.”.

Faccio per spostarmi, lo spazio è poco e lui pare prossimo ad una caduta tanto sembra fragile e anziano.

 

«Non si preoccupi, Signorina. Ce le faccio.»

 

Mi da del lei, nessuno l’ha mai fatto prima. Improvvisamente l’immagine di me stessa vestita con abiti anni cinquanta, come quelli nelle vecchie foto in bianco e nero di mia nonna, si fa largo nella mia mente.

E’ una frase così antica, quanto affascinante da dire.

Signorina. Solo un nonno può chiamare una quindicenne in quel modo.

In quel momento mi viene voglia di sapere di più su quell’uomo così bizzarro.

E’ sposato? Vedovo? Quando si è innamorato la prima volta? Ha mai conosciuto la guerra? Ha mai perso qualcuno?

Io mi rimetto la cuffia, con le mie domande in testa. Cinque minuti dopo è di ritorno.

Mi indica un grande albero.

 

«Sa come mi diverto io, Signorina? Guardando i movimenti di quell’albero laggiù. Non se ne vedono più di così belli. Che peccato. Tutta questa tecnologia distruggerà il mondo. Lei che dice?»

 

Ammiccante, mi invita a rispondere. Quest’uomo sa il fatto suo sulle donne, ne sono sicura.

Spengo l’iPod. Poso il cellulare nella borsa.

 

«Ha perfettamente ragione.»

 

Lui mi sorride, con un sorriso sdentato che mi ricorda tanto mio nonno quando ero piccola.

Non posso che rispondere con il medesimo gesto.

 

«Sembra soffrire per amore, quell’albero. Vede?» continua. «E’ un albero così affascinante quanto triste, non mi sembra giusto. Scommetto che per qualsiasi cosa soffra non ne valga la pena, ci sono così tante cose che dipendano da quell’albero, se piano piano morisse sarebbe un disastro. Dove si appoggerebbero gli uccelli, dopo una giornata stancante? Dove crescerebbero i frutti? E io, cosa guarderei quando aspetto il pullman senza le sue belle foglie? Forse non se ne accorge, quell’albero, ma è importante per molti. »

 

Perchè ho la sensazione che non stiamo parlando di un albero? Che sappia che...?

L’uomo mi trafigge con lo sguardo. Io sono ammutolita.

Penso ai miei, ai miei fratelli, ai miei amici. Forse ha ragione lui, forse non esiste solo lui al mondo.

Lo guardo ammirata. Grazie.

 

Quindici dopo essere arrivata alla fermata, né più né meno, giunge l’autobus.

Proprio come aveva detto quello strano signore, puntuale come un orologio svizzero.

Mi saluta sorridendo, lasciandomi con una domanda amara:

 

«Chi è, lei, un mago?»

 

Ma questo non lo seppi mai.

 

  
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