Anime & Manga > Un fiocco per sognare, un fiocco...
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Autore: hotaru    15/08/2009    14 recensioni
One-shot con Himeko e Daichi ormai adulti.
- Daichi, dimmi una cosa - bisbigliò Himeko - Quand'è che ti sei innamorato di me? -.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il momento esatto Il momento esatto


Non è uno spin-off di “Estate ’92- Ai no Natsu” o “La Principessa del Sogno d’Amore”.
Sarebbe meglio conoscere le altre due storie prima di arrivare a questa, ma non è necessario.
Buona lettura!



Un pianto fin troppo familiare squarciò all’improvviso il silenzio della notte.
- Hmmm… Daichi, alzati -.
- Ma come? – mugugnò questi nel sonno – Ci sono andato io anche la volta scorsa… -.
- Dai, per favore… -.
Fu solo quando sentì il materasso farsi più leggero e qualcuno cercare a tentoni un paio di ciabatte che Himeko sprofondò nuovamente nel sonno.
Quanto si stava bene, lì al calduccio nelle notti d’inverno… era talmente stanca che non sarebbe nemmeno riuscita a scollare le palpebre, ne era sicura.
La bambina non piangeva più: al momento mugugnava soltanto, impaziente di ricevere il latte caldo ma soddisfatta di trovarsi perlomeno fra le braccia del papà.
Che per fortuna era riuscito a svegliarsi a sufficienza da arrivare in cucina e accendere il fornello.


- Senti, mi dispiace per stanotte, ma io… - cercò di scusarsi Himeko la mattina dopo.
- Tranquilla, non preoccuparti. Forse è stato meglio così: dal sonno che avevi, come minimo avresti dato fuoco alla casa. E allora mi sarei dovuto alzare comunque -.
- Ehi, come sarebbe a dire? – fece lei, la voce leggermente alterata.
- Dai, lo sai anche tu che è così. E comunque non puoi lamentarti: io mi alzo di notte, io ti prendo in giro quanto mi pare. Tesoro -.
Himeko gli fece una linguaccia, malgrado i suoi venticinque anni.
- Adesso dorme? – chiese lui.
- Sì. Fra circa mezz’ora la sveglio -.
- La svegli? -.
- Sì, perché altrimenti oggi pomeriggio non dorme più e diventa una vipera -.
- Conosco anch’io qualcuno che ha reazioni del genere se non dorme… - fece Daichi, ghignando.
Himeko alzò lo strofinaccio che teneva in mano e indicò decisa la porta.
- Al lavoro. Forza – intimò perentoria – Prima che cominci ad alzare la voce e la svegli -.
Il marito ridacchiò, alzandosi da tavola.
- Sì, ti voglio bene anch’io – disse, prendendola per la vita e stampandole un bacio sulla bocca ancora socchiusa.
- Buona giornata – disse lei, decisamente più tranquilla.
- Altrettanto -.


La giornata trascorse tranquilla, e quando andarono a letto madre e figlia erano decisamente meno nervose della sera precedente.
- Allora, come va? Stai riuscendo a prendere i ritmi? – domandò Daichi, infilandosi sotto le coperte.
- È una gran fatica. La cosa peggiore è dover rimanere chiuse in casa tutto il santo giorno – rispose Himeko, sospirando sonoramente.
- Magari domani potete andare a trovare tua madre – propose lui.
- Sì, è un’idea -.
- O Aiko -.
- No, lei meglio di no – replicò Himeko, meditabonda – Le gemelle hanno appena preso la varicella, non va bene che una bambina così piccola venga a contatto con loro -.
Daichi la abbracciò da dietro, mentre lei spegneva la lampada sul comodino.
- Ma che madre responsabile… - ridacchiò piano, avvicinando maggiormente il corpo al suo.
- Visto? E tu che dicevi che ero un caso perso… - ribatté lei, mentre Daichi le scostava i capelli dal collo e iniziava a baciarglielo piano.
Ma quando cominciò a leccarlo leggermente, mordicchiando al contempo il lobo dell’orecchio, un pesante sospiro sfuggì dalla bocca della donna.
Le gambe strusciavano, scaldandoli sul materasso gelido, e Himeko sentì qualcosa premere contro le sue cosce.
- Daichi, aspetta… forse… -.
Ma la frase si trasformò in un gemito quando una mano si infilò sotto la maglia del pigiama, andando a sfiorarle il seno gonfio.
- Senti, ma questo è un cambiamento permanente? Ti saranno aumentate almeno di una taglia… - mormorò lui contro il suo collo, mentre sfiorava un capezzolo turgido di latte.
- No, non credo… perché? Ti dispiace? - ansimò lei.
- Scherzi? – sbuffò lui contro il suo collo – Quando torneranno piccole, ti metterò incinta un’altra volta -.
- Sì, e magari vediamo di non farlo ora… -.
Ma l’uomo non mollò la presa; anzi iniziò a sfilarle piano la maglia del pigiama, accarezzandole la schiena nuda, mentre Himeko perdeva capacità di resistenza.
Daichi aveva iniziato a leccarle e mordicchiarle piano le spalle, il ventre, i seni, con Himeko che respirava sempre più pesantemente.
- Daichi… -.
- Dai, non lo facciamo da così tanto tempo… -.
- … non mi hai ancora baciato -.
Un sorriso sornione si fece strada sul volto dell’uomo.
- Ma davvero? -.
- Lo so che lo fai apposta -.
- Oh, tranquilla – fece lui, protendendo la testa verso di lei – Rimediamo subito… -.


Manami e Tetsu, che dopo il matrimonio si erano trasferiti in un’altra città, vennero a trovarli qualche giorno più tardi.
Dopo i baci e gli abbracci con Himeko, Manami disse:
- Scusami tanto se non siamo venuti prima, ma… -.
- Non preoccuparti, va meglio così. C’è voluto un po’ perché prendessimo i ritmi della bambina, ma ora il periodo di assestamento è quasi finito. Vieni, te la faccio vedere -.
- E a me no? – si intromise Tetsu.
- No, che poi prendi paura e non ne fai più uno tuo – fece Daichi.
- Daichi! Sei sempre il solito! – lo redarguì Himeko.
- Oh, non preoccuparti – fece Manami con noncuranza – Poi ci penso io a convincerlo… -.
- Brava, così si fa! – approvò l’amica.
Dopo aver dato un’occhiata- in religioso silenzio- alla piccola addormentata, tornarono tutti e quattro in soggiorno.
Fu Tetsu a parlare per primo:
- Senti, Daichi, se non sbaglio tu hai fatto qualche viaggio in Irlanda e in Inghilterra… -.
- Sì, perché? -.
- Himeko, non ti è venuto il dubbio che il nome della bambina possa essere quello di una qualche vecchia fiamma di tuo marito? Altrimenti perché darle un nome straniero come Erika? -.
- Molto spiritoso – commentò Daichi.
Himeko, dal canto suo, trattenne a stento una risata.
- Non preoccuparti, sono sicura di no. E comunque il nome l’abbiamo deciso insieme; ero d’accordo anch’io -.
- E allora perché non le hai dato un nome tradizionale? – domandò Manami, curiosa – Non fraintendermi, però: Erika è un nome bellissimo -.
Himeko e Daichi si scambiarono un’occhiata complice, simile a quelle che ogni tanto si lanciavano ai tempi delle medie, come fossero stati i custodi di chissà quale segreto.
- Abbiamo i nostri motivi – rispose lei, sorridendo misteriosa.


Quando le figlie di Aiko guarirono definitivamente, Himeko corse subito a trovare la sorella maggiore.
- Natsuko e Nadeshiko sono sempre più belle – disse sognante, guardando le nipotine giocare sul tappeto – Ma mi meraviglierei del contrario: sono figlie tue e di Koichi (*¹)! -.
- Dai, non esagerare! Comunque anche la piccola Erika è bellissima, anche se credo che tra te e Daichi verrà fuori un tipino tutto pepe -.
- Sai una cosa? Lo penso anch’io. Speriamo bene… -.
- Certo, vedrai – la rincuorò Aiko, tenendo la piccola in braccio e sedendosi sul divano accanto a Himeko.
Dopo qualche istante in silenzio, si sentì Aiko ridacchiare piano.
- Ehi, che ti prende? – fece la sorella.
- Niente, sto solo pensando a papà. Credo proprio che, dopo tre figlie e tre nipotine, non veda l’ora di avere un bel maschio! -.
- Già, poverino! – concordò Himeko, ridendo anche lei.
- L’ho detto anche a Yumeko, e lei sostiene che, anche se non lo sappiamo, potremmo essere una famiglia di streghe. Per questo possiamo avere solo figlie femmine – riprese Aiko.
- No, davvero? Meglio non dirlo a Daichi: lui va su di giri, per queste cose! -.
Erika si lamentò leggermente, ma il movimento esperto delle braccia di Aiko la tranquillizzò all’istante.
- Caspita! – fece Himeko, ammirata – Si vede che hai un sacco di esperienza, come mamma! -.
- Beh, con loro ho imparato in fretta – rispose la sorella, accennando alle bambine che miracolosamente non si erano ancora tirate i capelli a vicenda.
- Ma dev’essere stata una fatica tremenda. Io non so come farei, con dei gemelli -.
- Effettivamente c’è voluto del tempo. Ma ora è più facile: si tengono compagnia da sole, e a me basta controllarle. Anche se quando si ammalano assieme è un disastro -.
- Mamma mia… -.
- Pensa che vomitano spesso nello stesso momento: all’inizio non sapevo mai da chi andare per prima! -.
- Santo cielo! -.
- Sì, però… è bellissimo vederle insieme. Anche se piccole, è come se sapessero di poter contare l’una sull’altra – disse la madre sorridendo.
Himeko rimase un attimo in silenzio, poi a bassa voce disse:
- Senti, Aiko… - si sincerò che le bambine non stessero ascoltando, ma sembravano prese dai loro giochi - … ma come hai fatto a non rimanere di nuovo incinta, subito dopo aver partorito? -.
La sorella sorrise comprensiva.
- È dura, vero? -.
- Vedi, io… conto i giorni, e so quali sono i meno rischiosi. Ma Daichi… non so, è difficile da tenere a bada. Certe volte sembra essere tornato un adolescente! E io… preferirei non avere subito un altro bambino -.
- O bambina – fece Aiko.
- O bambina – concordò Himeko sorridendo.
- In fondo devi capirlo: soprattutto negli ultimi mesi di gravidanza bisogna stare attenti, quindi è normale che ora si sfoghi. È come se fossi di nuovo tutta per lui, mi spiego? Comunque tu devi cercare di tener duro: se lui perde la testa, tu non farlo -.
- È una parola… -.
- Sì, lo so. Ma è l’unico modo, se non vuoi fare un bimbo all’anno! -.
Himeko sorrise, sollevata di essere riuscita a parlarne a sua sorella. Sapere di non essere l’unica ad avere certi problemi era davvero rincuorante.
- E adesso posso chiedertela io, una cosa? – fece Aiko.
- Uhm? Sarebbe? -.
- Perché l’hai chiamata Erika? -.
Himeko sorrise. Quanta gente gliel’avrebbe ancora chiesto? E a quanti ancora non avrebbe potuto rispondere sinceramente?
- Beh… è il nome di una vecchia amica mia e di Daichi -.
- Non le sarà accaduto qualcosa, spero – disse Aiko.
- No, tranquilla. È solo che… vive lontano, e difficilmente potremo vederla ancora. E poi… - e poi? Come spiegare a sua sorella che quel nome era un simbolo, il simbolo di quel magico periodo che lei e Daichi avevano vissuto assieme, e durante il quale si erano innamorati?
Ogni volta che chiamava sua figlia per nome, tutti quei momenti le si ripresentavano davanti agli occhi, splendidi nella loro freschezza.
Ciò che sperava con tutto il cuore, era che sua figlia potesse avere la fortuna di vivere un periodo simile, nel corso della sua vita.
- Io ho voluto un po’ mantenere la tradizione, invece – continuò Aiko – Per questo la finale dei nomi è sempre la stessa (*²) -.
- Beh, allora Yumeko non ha tutti i torti a chiedersi se siamo una famiglia di streghe! – scherzò Himeko – Comunque, in un certo senso, una specie di tradizione l’ho mantenuta anch’io: siamo sempre in tema floreale! -.
Aiko le lanciò un’occhiata interrogativa.
- Beh, pensaci: la mamma, Nadeshiko e sua cugina Erika. (*³) – spiegò Himeko – Pensa che quando è nata, Daichi ha riempito le fioriere davanti alla casa di piantine di erica! Dice che sono belle e forti, le uniche piante che sopravvivono ai venti impietosi delle brughiere! -.
Aiko aveva un’espressione a metà tra lo stupefatto e il divertito.
- Parole di Daichi, giuro! -.
- Ah, lo immagino! – fece la sorella maggiore, mentre entrambe scoppiavano a ridere.


Dopo qualche mese, la piccola Erika aveva cominciato a trovare i suoi ritmi, e a dormire una buona parte della notte. Con grande sollievo dei suoi genitori.
Dormiva in un lettino con le sponde in legno ai piedi del lettone di Himeko e Daichi, e sembrava quasi incredibile non udire alcun suono tranne il respiro tranquillo della bambina.
- Erika Kobayashi… - mormorò Daichi a bassa voce, in modo che solo la moglie potesse sentirlo – Tradotto, significa “Erika Piccolo Bosco” (**)… sembra il nome di una fata -.
Himeko sorrise piano contro la spalla del marito.
- Daichi, dimmi una cosa – bisbigliò – Quand’è che ti sei innamorato di me? -.
Il Daichi in questione girò la testa a guardarla, piuttosto sorpreso.
- Che hai stasera? – domandò – Mi devo preoccupare? È perché hai ricominciato a dormire? -.
Lei gli diede un colpo sul braccio, fingendosi offesa.
- Dai, non fare lo scemo! Era una domanda seria! -.
- Beh, mica tanto. Lo sai, no, quando ci siamo innamorati? O devo ricordarti come si chiama nostra figlia? -.
- Non intendevo questo. Io dicevo… il momento esatto – specificò Himeko, pensierosa.
- Il momento esatto? – ripeté stupefatto Daichi – Te l’ho detto: ormai dormi troppo -.
Lei scosse la testa.
- Io lo so qual è stato il mio momento. In quell’istante non me ne sono resa conto, ma tempo dopo, ripensandoci, mi sono accorta che era successo tutto in quell’attimo -.
Lui continuava a guardarla, ancora vagamente sorpreso ma più interessato.
- E quale sarebbe, questo momento? -.
- Ti piacerebbe saperlo, eh? -.
- A questo punto del discorso, direi proprio di sì -.
Himeko gli diede un bacio sul naso, poi sorrise.
- È stato quando mi hai fatto fare l’aeroplano -.
Dopo un attimo di smarrimento, la voce di Daichi chiese:
- Come? -.
Lei rise piano, stringendosi al suo braccio e continuando a guardare il soffitto buio.
- Ti ricordi quando stavi per scoprire il mio segreto, e io e Pokotà abbiamo cercato di saperne di più su di te, cercando il tuo punto debole? -.
- Sì… -.
- E ti ricordi che io mi ero trasformata in mia sorella Yumeko ed ero andata a giocare al parco davanti a casa tua… ? -.
Una lampadina sembrò illuminarsi nella mente di Daichi.
- Con Shintaro, giusto? -.
Himeko annuì.
- Poi sei arrivato tu. E tuo fratello ti ha supplicato di far fare a tutti… -.
- … l’aeroplano – completò Daichi.
- Esatto -.
- E tu all’inizio non volevi, ma poi ti sei convinta -.
Tacque un momento, poi riprese:
- Sì, me la ricordo l’espressione che hai fatto -.
- È stato in quel momento che ho cambiato idea su di te – spiegò Himeko – Prima pensavo che fossi soltanto un antipatico senza scrupoli disposto a tutto pur di scoprire il mio segreto, ma in quell’istante è scattato qualcosa. È come se mi fossi accorta che non eri così, che di te mi potevo fidare. Credo sia stato in quel preciso momento che mi sono innamorata di te -.
Il buio nella stanza permetteva di scorgere solo delle sagome, ma Himeko percepì l’ombra di un sorriso quando Daichi fece:
- Ma pensa… -.
Rimasero un po’ in silenzio, poi lui riprese:
- Per me, invece, non è successo tutto in un momento. È accaduto piano piano: prima ho cominciato ad interessarmi a te per la storia del fiocco, poi ad affezionarmi, a considerarti un’amica… e poco alla volta mi sono accorto di essermi innamorato di te. È stato tutto graduale -.
- Davvero? Il contrario di me, allora -.
- In effetti sì. Però, se proprio lo vuoi, un “momento” c’è stato. Un giorno in cui mi sono reso conto di aver cominciato a provare qualcosa di più che semplice amicizia -.
- E sarebbe? -.
- Quando hai rischiato di rimanere a vita trasformata in Hikaru. Io stesso mi sentivo un po’ strano, già cominciava a mancarmi la tua testolina bionda, ma quando hai cominciato a piangere mi sono reso conto che in fondo non sarebbe cambiato nulla. Dentro quel corpo da tredicenne c’era sempre la mia Hime-chan, quello non sarebbe cambiato -.
Himeko arrossì nel risentire quel nome dopo tanti anni. Le sembrò quasi di tornare indietro nel tempo.
- Ti ricordi? Poi mi sei praticamente saltata addosso! -.
- Esagerato! Ero disperata! -.
- Beh, non che mi sia dispiaciuto. Hikaru aveva cercato di abbracciarmi tante volte, ma non mi ero mai sentito… così. Ho sentito improvvisamente caldo e credo di essere addirittura arrossito: è stato in quel momento che mi sono reso conto che non sarebbe cambiato nulla -.
- Davvero? – mormorò Himeko, lusingata.
- Peccato che Erika sia arrivata proprio sul più bello, accidenti a lei! – scherzò Daichi.
- Come sul più bello? -.
- Beh, per come ero messo io avrebbe potuto scapparci anche un bacio… -.
- Scherzi? -.
- Certo che no -.
- Allora forse è stato meglio così – rimuginò Himeko dopo un po’ – Perché visto che dopo le cose si sono sistemate, non mi sarebbe piaciuto ricordare il primo bacio nelle sembianze di Hikaru -.
- Vero anche questo – ammise Daichi – Quindi Erika è stata provvidenziale anche quella volta -.
Himeko rise piano.
Infilò la testa nell’incavo della spalla di Daichi, il naso contro il suo collo, e inspirò profondamente.
- Stasera non si può, giusto? – bisbigliò lui tra i suoi capelli.
- Meglio di no – rispose lei.
- E allora forse è meglio che eviti di fare certe cose – le ricordò.
- Sei un uomo adulto, e non ti sai controllare? -.
- È difficile. Siamo sposati, nello stesso letto, e tu sei bellissima malgrado i chili che hai messo su durante la gravidanza. Vorrei vedere te, al mio posto -.
Himeko alzò la testa, leggermente accigliata.
- Come sarebbe, “i chili che ho messo su durante la gravidanza”? – indagò.
Daichi allungò il capo, baciandola come si deve.
- Perdi i pezzi per strada? Ti ho anche detto che sei bellissima -.
- Lo spero bene. Sono la madre di tua figlia. Con tutta la fatica che ho fatto a metterla al mondo, dovresti stendere un tappeto rosso ogni volta che passo -.
Daichi rise, ribattendo:
- E Aiko cosa dovrebbe dire, allora? -.
- Sinceramente non ci voglio nemmeno pensare -.
Un vagito leggero li fece zittire all’istante, attenti. Ma dopo qualche momento di silenzio si tranquillizzarono.
- Falso allarme – fece Daichi.
Poi, cambiando discorso:
- Secondo te, se un giorno venisse a contatto col mondo della magia, ce ne accorgeremmo? -.
- Perché, non ce lo direbbe? – domandò sorpresa Himeko.
Lui le lanciò un’occhiata interdetta.
- Scusa, ma… tu l’hai detto ai tuoi? -.
- Certo che no -.
- E quindi… -.
- Con noi sarà diverso -.
Daichi sbuffò.
- Sì, penso lo dicano tutti i genitori. All’inizio -.
Himeko gli strinse il braccio, preoccupata.
- Come sarebbe a dire? È mia figlia. L’ho fatta io. So che piangerà prima ancora che cominci, distinguo un mal di pancia da un semplice capriccio… la conosco meglio di chiunque! -.
- E sarà sempre così, di questo puoi star sicura – cercò di tranquillizzarla Daichi – Ma dovrà crescere, prima o poi -.
Le strinse le spalle, protettivo.
- Comunque abbiamo tempo per abituarci all’idea, non temere – la rassicurò.
Himeko gli si accoccolò sul petto, un po’ sconfortata. Forse tutti quei sentimenti contrastanti facevano parte del classico periodo post-parto, e non vedeva l’ora che finisse in fretta.
A forza di rimuginare, si era quasi addormentata, quando Daichi parlò di nuovo:
- E la prossima come la chiamiamo? -.




(*¹) Koichi: nome originale di Hermes.
(*²) Mi riferisco al “ko”, che in giapponese si scrive con lo stesso ideogramma e significa “bambina”. È ciò che accomuna i nomi di Himeko, di sua madre e delle sue sorelle, e ho pensato che Aiko potesse voler continuare la tradizione.
(*³) La madre si chiama Hanako (“hana” significa “fiori”), Nadeshiko significa “garofano selvatico” e Erika è il nome di una pianta (si dice “erika” anche in giapponese).
(**¹) Kobayashi è il cognome di Daichi, e significa letteralmente “Piccolo Bosco”.

   


Non so cosa mi è preso. A un anno di distanza mi è venuta quest’idea per una one-shot su Himeko e Daichi ormai adulti, e in qualche giorno l’ho scritta.
Spero di essere riuscita a mantenere un po’ l’atmosfera dell’anime, anche se qualche “differenza di carattere” era necessaria visto che sono passati dodici anni dagli eventi che conosciamo.
Non so se qualcuno frequenta ancora il fandom, visto che non trasmettono più “Hime-chan no Ribon”, ma sarei felice se mi lasciaste un commento.
Che dite? Può essere un seguito plausibile? Io spero di sì!
   
 
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