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Autore: _MrsSunshine_    19/07/2020    1 recensioni
[NormalAU] [Bakudeku]
Izuku rendeva tutto così facile, a modo suo, e fu proprio quello da piccolo che lo spinse a volerlo come amico e fu sempre quello a spingerlo ad allontanarsi: se ne accorgeva solo ora, ma aveva paura di tutta quella calma che l’altro gli conferiva, sentiva che presto o tardi avrebbe abbassato la guardia e che l’avrebbe rimpianto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Izuku Midoriya, Katsuki Bakugou
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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AGOLO AUTRICE
Io che torno senza una fan fiction su Percy Jackson? Wow. A parte scherzi. Devo ringraziare la mia Beta se sono qua a pubblicare questa OS. Non ho mai scritto su qualcosa che non fossero libri e devo dire che non ero nemmeno sicura di quello che stavo facendo. Eppure credo che nel complesso per essere la prima (e spero nemmeno l'ultima) volta non sia male. I personaggi sono un po' OOC, seconod il mio parere, ma sono scritti talmente bene nell'opera originale che è quasi impossibile preserverne l'integrità. Spero che possa essere di vostro gradimento e se volete fatemi sapere cosa ne pensate, mi fa sempre molto piacere.








Di rcordi d'infanzia e pasti a metà prezzo

Katsuki capì che quella giornata avrebbe fatto schifo non appena gli occhi si poggiarono sul calendario.
Quattordici febbraio.
Grugnì come suo solito e tirò nuovamente le coperte sin sopra la testa. Forse se avesse fatto finta di non esistere si sarebbero dimenticati di lui fino all’indomani mattina.
Concepì che non sarebbe stato così quando sentì il primo urlo di sua madre, che consisteva nel suo nome pronunciato a pieni polmoni con le vocali allungate.
Cercò di far finta di nulla e di chiudere nuovamente gli occhi.
Non era un adolescente svogliato, non era mai stato pigro, alcune mattine era persino felice di andare a scuola, però San Valentino era una giornata terrificante anche solo per pensare di uscire di casa.
Passarono appena due minuti prima che la porta della sua camera sbattesse inesorabilmente contro il muro, talmente forte che le pareti sembrarono tremare.
- Vedi di uscire da quel letto prima che ti ci cacci io a forza di calci, devi andare a scuola e sei in ritardo! – urlò la donna strattonando via le lenzuola e per pochissimo anche il figlio che ci era ancora saldamente aggrappato.
- Sono solo le sei e mezza! – disse Katsuki, osservando la sveglia sul comodino.
- Vai a farti una doccia che fai schifo, usa bene il tuo tempo! – Katsuki a quel punto si alzò.
In fondo con quella megera ogni battaglia era una battaglia persa, per quanto gli costasse ammetterlo.
Si trascinò verso la porta e approfittandosi della sua distrazione, una delle ciabatte di Mitsuki riuscì a colpirlo in piena nuca e più che una ciabatta quella gli sembrò un mattone bello duro. Magari poteva sembrare strano, ma quello era il "modo affettuoso" che sua madre utilizzava per svegliarlo.
- Ahia! – esclamò a denti stretti, mentre con una mano copriva il punto dolorante un po’ per la posizione in cui aveva dormito quella notte e un po’ per la violenta collisione.
- Sbrigati, che la colazione è pronta! -.
Quella donna non aveva proprio nulla da fare.
Dopo la doccia si recò in cucina frizionandosi i capelli con un asciugamano.
Trovò solo sua madre al tavolo, probabilmente suo padre stava ancora dormendo oppure era semplicemente uscito prima quella mattina.
Si sedette lanciando l’asciugamano e beccandosi per quello un’occhiataccia da parte di Mitsuki.
- Anche quest’anno non hai uno straccio di ragazza -.
- Lo sai che sono gay – disse con tutta la tranquillità del mondo alzando gli occhi al cielo.
- Non cercare di cambiare argomento, sta di fatto che tutti i tuoi amici sono fidanzati e tu no, cosa ti dice questo? -.
- Che forse non sono cazzi tuoi? – schivò per miracolo la manata che la madre gli aveva indirizzato dalla parte opposta del tavolo.
- Dice che dovresti cominciare a comportarti meglio! -.
- Tu sei sposata – le fece notare Katsuki.
Si rimbeccarono come al solito per tutta la durata del pasto e uscirono le classiche perle che sua madre cacciava fuori ogni volta che si presentava l’argomento “fidanzati”.
- Io volevo dei nipotini! -.
- Così da sentirti ancora più vecchia? –.
Decise di lasciarla perdere e di sbrigarsi a tornare in camera per indossare la divisa e prendere la cartella. Voleva solo che quella giornata passasse e che tutte quelle coppiette che sapeva avrebbe visto succhiarsi la faccia per strada esplodessero. Sì, quello gli avrebbe decisamente tirato su il morale.
Mandando per l’ultima volta a quel paese Mitsuki uscì di casa borbottando tra sé e sé.
- Buongiorno, Kacchan – una smorfia si dipinse sul suo viso senza che nemmeno se ne accorgesse, come se fosse un qualcosa che ormai era diventato automatico.
- Pff – superò Izuku senza nemmeno ricambiare il saluto o anche solo guardarlo, non gli serviva anche quel nerd di merda tra i piedi. Quella mattinata era cominciata nel peggiore dei modi.
Izuku alle sue spalle aveva capito che non era il caso d’insistere, eppure aveva cominciato a fischiettare testando la sottile sopportazione nei suoi confronti. Lui e Midoriya non erano esattamente “amici”, si conoscevano da una vita e da piccoli passavano tutto il tempo insieme essendo vicini di casa, ma non erano amici, o almeno Katsuki vedeva questo. Eppure lo considerava meno fastidioso di molta gente che conosceva e quello era un bel traguardo nella sua piramide delle simpatie.
-Potresti smetterla? – chiese cercando di non spaccagli la faccia subito.
Izuku strinse maggiormente le spalline dello zaino, abbassando leggermente gli occhi con un piccolo sorriso sulle labbra.
- Mi dimentico sempre di quanto odi San Valentino – la sua voce era quasi ridotta ad un sussurro, come fa qualcuno che ha paura di aver detto la cosa sbagliata.
- Non odio San Valentino, è una ricorrenza di merda come un’altra, che consiste in persone che  pretendono di essere innamorate anche se in realtà si mettono le corna dalla mattina alla sera. E' stupido -.
- Non dire così! Ci sono anche tante persone che si amano veramente; è vero che le coppie durature sono poche, ma esistono –
Bakugou a volte si chiedeva se, insieme al corpo, Izuku avesse sviluppato anche un cervello che riuscisse a ragionare in modo più maturo di quello di un bambino di dieci anni o di quello di una fottuta principessa Disney.
Decise che liquidarlo con silenzio e un’occhiata eloquente  fosse la cosa migliore, e fu proprio quello che fece.
Arrivarono come ogni mattina nella stazione della metro e aspettarono quella che li avrebbe condotti nella fermata più vicina alla loro scuola.
Ricordava la prima volta che avevano preso la metro: erano ancora due tappi con tanta voglia di cacciarsi nei guai e di fare i grandi, tanto che Bakugou era riuscito a procurarsi due biglietti e convincere l’altro a prendere la metro con lui. Izuku era resistito due fermate prima di cominciare a piangere come una fontana invocando sua madre e facendo sì che i passeggeri presenti si voltassero rammaricati nella loro direzione. Tutti avevano preso a coccolarlo sotto lo sguardo imbarazzato di Katsuki. Quella fu la prima volta che si chiese perché Deku fosse entrato proprio nella sua vita.
Il mezzo arrivò con la sua solita puntualità.
Come sempre non c’era un solo posto a sedere, erano tutti occupati da studenti assonnati, pendolari altrettanto stanchi e, come aveva predetto, da coppiette impegnate a limonare.
Si aggrappò abbastanza disgustato a una delle maniglie del mezzo osservando come i ragazzi stringevano le proprie ragazze durante lo scossone iniziale che indicava l’inizio della corsa.
Dai, erano solo cinque fermate, poteva farcela. Izuku dal canto suo sembrava la persona più felice del mondo, guardava le scenette “romantiche” come avrebbe fatto un undicenne inesperto con degli stupidi tutorial creati per insegnare a baciare alla francese.
Deku aveva una pessima abitudine che si portava dietro da quando aveva cominciato a parlare: mormorava sempre frasi quasi inudibili e sconnesse che solo lui riusciva a capire, e quando lo faceva sembrava sempre emozionatissimo.
Anche quel giorno Bakugou non capì che cosa diceva nello specifico, ma era abbastanza chiaro che stesse blaterando riguardo alle coppie presenti nel vagone.
- Perché questa roba ti piace così tanto? E poi smettila di blaterare, sei fastidioso – non voleva fare conversazione, odiava parlare di mattina, anzi odiava avere interazioni sociali in generale, ma uno. Odiava quel borbottio e due. Nessuno poteva essere così felice per persone sconosciute  e fastidiosamente contente.
- E’ bello vedere tutto questo affetto, non capisco proprio perché non ti piaccia –
Aveva quel sorriso in faccia che su di lui sembrava così naturale, come se fosse la sua espressione standard.
- Scommetto che hai anche fatto i cioccolatini per la tua ragazza – commentò con tono canzonatorio, cambiando la mano con cui si reggeva alla maniglia e spostando il proprio peso da una gamba all’altra. A San Valentino solitamente era la donna della coppia a regalare cioccolata, eppure Bakugou aveva la netta sensazione che a Deku fregasse ben poco di quella tradizione.
Izuku si esibì in un’ espressione confusa. Aggrottò le sopracciglia e decise di parlare solo dopo essersi accorto della crescente irritazione che stava montando in Bakugou.
- Non... non ho nessuna ragazza... – commentò.
- Credevo che tu e Uraraka...-.
- No, no, ma che vai dicendo? Siamo solo ottimi amici... io non potrei mai, non mi piace, non che non sia carina o che le ragazze in generale non siano cari... -.
- Ho capito, Deku, ho capito, smettila, sei imbarazzante – rimase in silenzio ad osservare le guance tinte di rosso del ragazzo.
Bakugou non era mai stato dotato di una grandissima empatia, ma non era ottuso quando si parlava di emozioni, anche se tutti insistevano nell’insinuare il contrario, e poteva dire molto tranquillamente e con una sicurezza quasi completa che Izuku non era poi così etero come credeva.
Abbozzò un ghigno e gli scapigliò i capelli con le nocche, ottenendo da parte sua un verso misto tra sorpresa e una lieve irritazione.
- Allora i cioccolatini sono per il tuo ragazzo- non sapeva perché, ma provava un cero appagamento nel vederlo arrossire in quel modo. Forse gli piaceva pure troppo vedere le lentiggini sparire sotto il timido vermiglio.
- Non sto con nessuno, Kacchan – sia lui che la sua voce tremarono per un attimo e Katsuki fu certo che sarebbe scoppiato a piangere come suo solito, eppure quello era stato solo un probabile brivido di disagio, di quelli che ti vengono quando sei bloccato ad un cenone con i parenti.
Scesero alla loro fermata e Izuku rimase completamente in silenzio per tutto il resto della camminata.
 
- Kaminari, vuoi staccarti da quello stramboide o no? – era una mezz’ora buona che si sgolava e Denki continuava a non rendergliela facile tornando ogni due minuti da quel tizio con i capelli viola e con pochissime ore di sonno addosso che si era piazzato in un angolo del campo.
- Non ti pare di esagerare? E dai, è San Valentino – Kirishima gli posò una mano sulla spalla ottenendo solo uno sguardo di disappunto da parte dell’altro.
Bakugou si scrollò la mano del rosso dalla spalla e gli prese anche la palla da basket che teneva tra il braccio e il costato, andando a tirare a canestro.
Denki fece loro il grande onore di tornare in campo e probabilmente aveva anche detto al suo ragazzo di andarsene e che si sarebbero visti più tardi, perché Katsuki non lo vide più oltre la linea bianca.
- Secondo me te la stai prendendo troppo, amico – si azzardò a dire il biondo.
- Me la sto prendendo troppo? Siamo quattro idioti che si allenano, visto che San Valentino si è portato via il resto della squadra, e come se questo non bastasse tu ti permetti anche il lusso di uscire e rientrare quando ti pare! -.
Sero si fece avanti poggiando le mani sul petto di Bakugou, come se avesse paura che sarebbe saltato addosso al compagno se non si fosse messo in mezzo lui.
- Anche questa discussione ci sta levano tempo, smettiamola e facciamo un paio di tiri, e se questa cosa ti infastidisce così tanto possiamo sempre finire prima e ricominciare con calma domani -.
- Possiamo benissimo finirla qua – borbottò andando a recuperare la borraccia e l’asciugamano dalla panca.
Credeva che non sarebbe potuta andare peggio quella giornata. Di solito dopo quel pensiero cominciava a piovere e boom... c’era l’incontro romantico. No. Non successe.
- Che cazzo vuol dire che i treni non possono partire? – chiese battendo una mano sul bancone.
La donna dall’altra parte del vetro sobbalzò pregandolo una seconda volta di calmarsi.
- Gliel’ho già detto, mi dispiace, ci sono stati dei problemi, se ha comperato un biglietto però possiamo rimborsarle tutto... -.
- Non me ne frega un cazzo del rimborso, voglio tornare a casa! – ormai tutta la stazione si era girata a guardare la scena mormorando, qualcuno stava anche suggerendo di chiamare la polizia definendolo pericoloso. Beh... non avevano tutti i torti.
Forse sarebbe arrivato a tirare un pugno al vetro antiproiettile se solo un paio di mani non si fossero strette introno al suo gomito. D’istinto scosse violentemente il braccio, così tanto che il suo gomito andò a collidere con lo stomaco del malcapitato che aveva osato toccarlo quando era in quelle condizioni.
A giudicare dal rumore la persona era caduta a terra.
Si voltò giusto per urlare anche contro il lui o la lei.
- Deku? – Izuku se ne stava steso scompostamente a terra tenendosi la pancia. Notò che l’impatto con il terreno gli aveva graffiato i palmi delle mani e probabilmente non aveva giovato alla sua schiena.
Doveva aiutarlo o semplicemente lasciarlo lì e andarsene prima che chiamassero le autorità facendogli passare altri guai?
Midoriya sembrò riprendersi prima che potesse farlo lui e saltò in piedi con una velocità notevole.
- Va tutto bene, scusatelo, è solo molto stressato – disse per tranquillizzare le persone presenti.
Era solo stressato? Era furioso. Furioso con chiunque avesse deciso che sarebbe stata una buona idea festeggiare il San Valentino, furioso con tutta quella gente che continuava a guardarlo e furioso anche con Izuku che stava cercando di cacciarlo dai guai nonostante gli avesse appena tirato una gomitata che gli aveva fatto anche parecchio male. Nessuno era così gentile.
- Io sarei stressato...? – stava per aggiungere un “nerd di merda”, ma il ragazzo lo fece zittire prendendogli il polso e cominciando a trascinarlo a passo di marcia per tutta la stazione, fino all’uscita. Le persone si spostavano velocemente lasciando libero il passo e Bakugou fu sicuro anche di aver ringhiato ad un certo punto, sempre più arrabbiato. Eppure si lasciò trainare nonostante fosse conscio del fatto che avrebbe potuto stendere Izuku con un pugno, urlargli in faccia e lasciarlo lì.
- Devi smetterla con questi attacchi di rabbia, credi che sia colpa di quella ragazza se hanno fermato le rotatorie? – domandò retoricamente Midoriya quando furono sotto la luce del freddo sole invernale.
-Vuoi morire per caso? Basta che tu lo dica, giuro – senza quasi rendersene conto lo prese per il collo della felpa avvicinandolo maggiormente a sé in quella che doveva essere una mossa minacciosa.
Izuku dal canto suo non sembrava così sorpreso o spaventato da quel gesto.
Mantenne il contatto visivo e per qualche motivo Bakugou non andò oltre, nonostante continuasse a tenere stretto il tessuto verde tra le dita.
Si accorse di una cosa che lo lasciò stupito, drammaticamente e stupidamente stupito se doveva dirla tutta, non tanto per la costatazione in sé, ma per il fatto che fosse stato proprio il suo cervello a partorirla:
Ma Deku ha sempre avuto questo buon odore?”. Sapeva di menta e di qualcos’altro di dolce che non riuscì ad identificare. Non era però quel dolce che solitamente gli dava la nausea, era quel dolce che richiamava memorie d’infanzia e gli ricordava casa.
A quel punto lo spinse indietro come se fosse stato folgorato da una scossa elettrica.
Izuku finì con le spalle contro una delle colonne della stazione e quella volta riuscì anche a battere la nuca contro la pietra.
- Ma cos’hai oggi? – gemette massaggiandosi il punto colpito.
- Fame, in questo momento ho fame – cercò di cambiare argomento prendendo a camminare per il marciapiede con le mani in tasca, non sapendo esattamente dove andare, sapeva solo che qualunque posto sarebbe stato buono finché non ci fosse stato Midoriya in mezzo.
- Kacchan, aspettami –
Ma era serio? Erano tornati all’asilo? Aveva ricominciato a seguirlo come un cagnolino senza mamma?
- Cosa vuoi? -.
- Anche io ho fame... pensavo che potessimo mangiare, assieme... – tentò di dire lui.
Stava per mandarlo a farsi fottere ma le parole gli si bloccarono esanimi in gola.
Invece di urlargli contro nuovamente annuì e basta facendogli cenno di seguirlo, nonostante continuasse a non sapere quale fosse la loro meta.
Per strada c’erano un sacco di persone, molti davano l’idea di aver preso il problema della metro come un pretesto per andare con la propria metà in giro per i negozi che sicuramente non mancavano in quella zona di città. I marciapiedi erano talmente affollati che alcune persone erano costrette a camminare praticamente sul ciglio della strada e il traffico sembrava intasare persino le vie laterali e secondarie che solitamente erano pressoché deserte a quell’ora.
Non aveva troppi problemi a farsi spazio in mezzo alla gente, urtando spalle e continuando spedito senza nemmeno prendersi la briga di scusarsi o almeno guardare in faccia chi aveva colpito. Izuku non era della stessa idea però; era lui quello che veniva urtato e che rimaneva indietro. Dopo quella che forse fu la ventesima volta che Katsuki se lo perse tra la gente decise di afferrargli un polso e tirarlo attraverso i corpi accaldati fino a schiacciarlo contro di sé.
Lo spinse avanti poggiandogli le mani sulle spalle come facevano da bambini.
- Cammina, non farti problemi a buttare a terra qualche stronzo – disse abbastanza forte perché potesse sentirlo sopra le centinaia di voci che si accavallavano.
Midoriya non avrebbe buttato nessuno al suolo, ma Bakugou decise comunque di usarlo come una mezza specie di ariete.
Svoltarono in una via meno affollata del marciapiede principale e Bakugou si prese un paio di secondi per orientarsi in quella zona che conosceva non così tanto bene. Desiderò essere stato attento a dove andava quando usciva insieme alla squadra da quelle parti.
Osservò un cartello di legno affisso accanto ad una vetrina dov’erano esposti dei fiori colorati e indecentemente grandi, troppo per la stagione, e ad un tratto si ricordò di quel piccolo negozio.
- Se continuiamo per di qua troveremo un McDonald’s – disse mentre un’immagine di Kirishima non proprio sobrio con due patatine fritte nel naso si faceva spazio nella sua testa.
- E’ una buona notizia – disse Izuku con un sorriso, riprendendo a camminare al suo fianco.
In quel momento Katsuki stava pensando a tante cose che di solito non lo sfioravano minimamente, come per esempio si chiese perché Midoriya fosse ancora a scuola a quell’ora, non gli sembrava che frequentasse qualche corso extrascolastico, si chiese come fosse possibile che fossero cresciuti così tanto, come fossero passati da amici a semplici conoscenti, ma soprattutto si chiese cosa diavolo gli stava prendendo. I due si limitavano a fare la strada da casa alla stazione insieme, molto spesso anche nel più totale silenzio, ma una volta dentro la metro si perdevano di vista. Era come se tutto il contatto di quella giornata avesse acceso una specie di bisogno in lui, bisogno di capire che cosa fosse cambiato.
- Come te la stai passando? – stava persino andando contro al suo orgoglio e odio per l’umanità pur di non spezzare quella connessione.
-Benino, ultimamente – rispose Izuku dopo la sorpresa iniziale.
- Benino? -.
- Beh sì, come al solito – come al solito significava come alle medie? Dove Bakugou non faceva altro che prenderlo in giro e qualche volta persino passare alle mani in quanto sapeva che Izuku era una preda facile? Era quello il significato che il ragazzo aveva attribuito alla parola “solito”?
Stava notando solo in quel momento che il sorriso che Midoriya aveva sulle labbra non era quello spensierato e ampio di un tempo. Era sempre un bel sorriso, ma non era più quello che Katsuki aveva imparato a sopportare, era un sorriso falso, fatto molto bene e simile all’originale, ma con attenzione e da vicino si coglievano le differenze.
- Deku, ci conosciamo da una vita, che cosa succede? – chiese senza pensarci troppo. In quel momento si sentiva come se fosse ubriaco. Riuscì quasi a sentire la ragione cedere le redini all’irrazionalità.
Il suo cervello era completamente andato, era come intorpidito dal profumo di Izuku e da quello di fiori che riempiva tutta quella strada dandole un odore che durante gli anni era diventato tipico di lì.
- Sai com’è la società: sei diverso e ti giudica, non è un grande dramma, ho degli amici, una famiglia e voti decenti, non mi serve altro – era una risposta troppo evasiva, ma gli occhi verdi dicevano chiaramente che non voleva toccare quel punto. Forse lo metteva a disagio ammettere che aveva un problema o semplicemente non voleva dirlo a lui, il che sarebbe stato comprensibile.
Katsuki allora lasciò correre limitandosi ad osservarlo con al coda dell’occhio per il resto del tragitto.
Arrivarono finalmente al piccolo locale, talmente piccolo che la gente si dimenticava della sua esistenza, ergo era poco frequentato, specialmente a quell’ora della sera.
Appena mise piede dentro al fastfood però si ricordò di un piccolo particolare.
- Non so se ho abbastanza soldi -.
Anche Izuku si fermò a riflettere. Nessuno dei due aveva contato di rimanere fuori a cena, quindi non avevano portato soldi per l’occasione.
- Vediamo cosa possiamo tirare su – propose il ragazzo dai capelli vedi avvicinandosi comunque al bancone.
La cassiera sorrise e diede loro il benvenuto.
- Uh, siete una coppia? – chiese osservandoli.
Izuku stava per dissentire ma Katsuki ebbe il buon senso di vedere qualcosa in quella domanda che l’altro non aveva colto.
- Come mai questa domanda? -.
- Beh, per le coppie c’è lo sconto di San Valentino: prendi due menù e ne paghi solo uno – si sbrigò a spiegare la ragazza sistemandosi una delle due lunghe trecce more che ricavano morbide sulle spalle.
- Siamo una coppia – disse senza pensarci troppo, beccandosi uno sguardo imbarazzato da parte di Midoriya che però non ebbe il coraggio di obiettare.
La ragazza dal canto suo non sembrava convinta.
Katsuki fece finta di non aver notato la sua perplessità e passò un braccio sulle spalle dell’altro tirandolo più vicino a sé.
- Tu cosa vuoi nel tuo? – domandò facendo cenno al grosso cartellone luminoso che troneggiava sulla testa della cassiera dove c’erano scritte tutte le diverse cose che potevano essere incluse nel menù.
Ancora una volta non era da lui fare una cosa del genere, ma quella giornata era stata composta da lui che faceva tutta roba differente da quella che la sua routine presentava normalmente.
Midoriya strinse per un attimo le labbra e poi fece qualcosa che lasciò Bakugou di sasso: si sporse in avanti e gli diede un leggero bacio sulla bocca, talmente veloce che Katsuki non fu nemmeno sicuro che fosse successo per davvero.
- Credo che prenderò il panino classico, le patatine e una cola – disse poi rivolto alla ragazza riuscendo a mettere insieme un sorriso.
Bakugou ordinò la stessa cosa, troppo confuso per pensare di concentrarsi su cosa preferisse mangiare.
Insieme pagarono il prezzo richiesto e poi andarono a sedersi, aspettando la loro ordinazione.
Il loro tavolo era attaccato alla grande vetrina che dava sulla via. Persino quella aveva cominciato a popolarsi di coppiette felici che camminavano mano nella mano.
- Scusa per... sì, per il bacio, ma la ragazza non sembrava per nulla convinta – disse Izuku tutto d’un fiato dopo quelle che parvero ore di silenzio contaminato solo dal chiacchiericcio indistinto degli altri clienti seduti ai tavoli vicini.
- Non ti facevo così bravo a mentire -.
- Non sono bravo a mentire, lo sai. Non ho aperto bocca, infatti -.
No. Non lo sapeva. L’aveva scordato o forse non ci aveva mai fatto caso. Comunque stesse la situazione l’unica cosa certa era che Bakugou si stava accorgendo di non conoscere Izuku sebbene tutti gli anni che avevano passato insieme. Era sempre stato troppo concentrato su di sé, così tanto da non lasciare spazio agli altri, men che meno ad Izuku che da piccolo aveva sempre visto come inferiore.
Non aveva più quella visione, era maturato e aveva capito doveva aveva sbagliato, ma nemmeno chiedere scusa fino ad allora gli era sembrata una buona idea. Aveva sbagliato, certo, ma il suo orgoglio era quello che era.
In quel momento la preoccupazione maggiore di Katsuki non era il bacio in sé, ma quello che quel semplice tocco di labbra gli aveva fatto provare all’altezza dello stomaco.
Osservò la bocca di Izuku mente lui scriveva un messaggio al telefono, probabilmente a sua madre per avvertirla di ciò che era successo con il trasporto.
- Ah, la metro dovrebbe ripartire per le dieci... stai bene? –.
Bakugou venne malamente strappato dalla sua contemplazione dalla stessa persona oggetto di essa.
Si schiarì la gola sentendo di nuovo quella sensazione di calore alla pancia.
- Non ci faranno ripagare il biglietto, vero? – sapeva benissimo che in quei casi bastava presentare il biglietto acquistato in precedenza, ma doveva uscire da quell’imbarazzo.
- Certo che no – rispose Midoriya spegnendo lo schermo del telefono per poi concentrarsi su di lui.
- Era da parecchio che non passavamo un po’ di tempo assieme – commentò sedendosi sui propri talloni, in modo da essergli più vicino.
- Ti dispiace? – chiese lui, recuperando il suo solito broncio e tono scocciato.
- Se devo essere sincero a volte mi manchi un po’ – quel sorriso fu uno dei più tristi che Bakugou avesse mai visto ed era strano e sbagliato che fosse proprio Izuku a rivolgerglielo.
 – Ultimamente sta andando tutto in malora e mi ritrovo a pensare a quando eravamo piccoli, a come stavamo bene -.
In quel momento arrivò la stessa ragazza di poco prima con le loro ordinazioni, augurando loro un buon pasto per poi allontanarsi lasciandoli a quel discorso che Bakugou sentiva quasi inevitabile.
- Che si fottano tutti – disse come se quello mettesse un punto a tutta quella faccenda.
- Come? – Izuku aggrottò le sopracciglia, confuso, osservandolo in attesa di un chiarimento.
- Alzano le mani? -.
- Beh... no, sono solo insulti non credo che...-.
- Allora che si fottano, lasciali parlare, se ti piacciono i ragazzi sono affari tuoi, scopati chi vuoi e mandali a fanculo – Bakugou strinse la mani a pugno osservando il suo vassoio come se volesse incenerirlo.
La mano bianca di Izuku entrò nel suo campo visivo e le sue dita si infiltrarono nelle sue, sciogliendo la tensione dei nervi contratti del biondo.
Izuku rendeva tutto così facile, a modo suo, e fu proprio quello da piccolo che lo spinse a volerlo come amico e fu sempre quello a spingerlo ad allontanarsi: se ne accorgeva solo ora, ma aveva paura di tutta quella calma che l’altro gli conferiva, sentiva che presto o tardi avrebbe abbassato la guardia e che l’avrebbe rimpianto.
Quella volta non si sottrasse, però.
Dopo quel momento la conversazione fu soltanto allegra e costellata da vecchi ricordi d’infanzia, alcuni riuscirono persino a far comparire un sorriso sulle labbra di Bakugou.
- Piangevi di continuo – disse ad un certo punto rendendosi conto che di Izuku ricordava vividamente solo due espressioni: il sorriso a trentadue denti e il pianto disperato.
- Non che sia cambiato di molto – ammise giocosamente Izuku, passandosi una mano tra i riccioli per scansarli dalla fonte.
- Qualche volta è meglio che le cose non cambino -  si lasciò sfuggire Katsuki, finendo di bere la sua cola.
Verso le nove e mezza furono in stazione per farsi controllare i biglietti e salirono a bordo della metro trovandola già strapiena.
Non si sentiva quasi più il clima di San Valentino, o almeno non si sentiva più nei dintorni.
Bakugou si ritrovò più di una volta ad osservare Izuku che leggeva un libro poggiato ad una delle sbarre metalliche aspettando che la metro partisse.
Era incredibile come un paio di chiacchiere e una buona dose del carattere solare dell’altro potessero farlo stare così bene e farlo sentire così debole allo stesso tempo.
Rimase per parecchi minuti indeciso a fissare la mano di Midoriya stretta intorno al sostegno metallico.
Poggiò le sue dita nettamente più grandi su quelle dell’altro e si affacciò oltre la sua spalla.
Grazie al cielo Izuku comprese la sua intenzione di iniziare una conversazione e lo precedette in fretta.
- E’ un libro fantasy, me l’ha consigliato un amico – Izuku non fece una piega limitandosi a far aderire il dorso della propria mano contro il palmo di quella di Bakugou, facendo intrecciare le loro dita come se fosse una vecchia abitudine.
Era tutto così naturale da risultare giusto e lecito. In quel momento sembrava che gli anni di distanza non fossero mai venuti, che tutte le prese in giro fossero solo un sogno e che non fossero in un vagone ma in uno dei posti che frequentavano da bambini.
- Com’è? -.
- Non come me l’aspettavo: credevo che fosse scontato e invece no, sono quasi alla fine e stanno uscendo soluzioni a tutti gli intrecci che si sono presentati nella narrazione, alcuni li avevo quasi completamente scordati, ma l’intreccio principale sembra rimanere irrisolto e...– anche da piccoli parlava dei libri e dei fumetti in quel modo.
La metro finalmente decise di partire e loro passarono il resto del tragitto in silenzio, anche se le mani non ne volevano sapere di lasciarsi.
Bakugou si accorse solo il quel breve lasso di tempo di essere esausto. Era stata davvero una giornata strana.
Poggiò la fronte contro la nuca di Izuku e con la mano libera prese a scorrere la schermata del telefono, giusto per passare il tempo.
- Ehi – lo chiamò Izuku ad un certo punto, facendolo tornare alla realtà.
- Mh? – grugnì lui alzando lo sguardo stanco.
- E’ la nostra – lo trascinò verso le porte che si stavano aprendo grazie alle mani ancora strette tra di loro.
Mentre camminavano sotto gli alti archi della stazione Midoriya prese a ridere per nessuna ragione apparente.
- Ti ricordi quando alle elementari volevano farci fare la fila per due? Eravamo vicini di banco e dovevamo sempre tenerci la mano – Katsuki ricordò tutte le volte in cui si era rifiutato di prendere l’altro per mano: incrociava le braccia contro il petto e metteva il broncio e Izuku come al solito finiva per piangere, chiedendo come mai fosse così cattivo con lui.
- Mi sentivo in imbarazzo... – cercò di difendersi lui, come se una scusa pronunciata dopo anni potesse dare una ragione al suo comportamento da moccioso viziato. Comportamento che il tempo non si era completamente portato via, secondo molti, sua madre compresa.
- Sai, ero contento quando mi prendevi la mano, mi faceva sentire al sicuro -.
Dopo quella rivelazione Katsuki sbottò una risata.
- Al sicuro? Ero io la tua causa di paura principale -.
- Non mi hai mai fatto paura -.
- No? -.
- Nah, sei sempre stato quel Kacchan con parecchi problemi nel gestire rabbia e linguaggio, ma non mi hai mai fatto paura -.
Non sapeva perché si sentisse sollevato da quella confidenza.
Katsuki stava per mettere il primo piede sui gradini che li avrebbero riportati in superficie ma Izuku lo tirò indietro.
Gli poggiò entrambe le mani sui fianchi e lo guidò con le spalle contro il muro accanto alla larga scalinata. Bakugou dal canto suo fu stranamente docile e non rimase nemmeno troppo sorpreso dalle azioni dell’altro nella loro dolce naturalezza.
Il biondo si limitò a guardarlo negli occhi e passargli distrattamente le dita tra i capelli.
- Lo so che non sei tipo da relazione, ma con te sono stato bene oggi, che ne dici se... ci riprovassimo? – le guance erano diventate rosse e Bakugou ebbe l’impressione di sentire il calore della sua pelle nonostante non vi avesse un contatto diretto in quel momento.
- Intendi, stare insieme e fare tutte quelle stronzate che fanno i fidanzati? – domandò lui. Non aveva intenzione di far suonare quella frase cattiva o sarcastica, ma sentì che c’era riuscito anche senza volerlo.
Si rilassò solo quando vide Izuku sorridere. Non se l’era presa e aveva capito che non era nemmeno il caso di farlo, alla fine era sempre Bakugou.
- Non voglio regali o che mi tieni la mano in pubblico, può essere anche qualcosa di privato, voglio solo che tu... beh, che tu non veda nessuno che non sono io, ecco... – disse impacciatamente.
- E se io volessi tenere la tua fottutissima mano anche in pubblico? -.
-Non sarò certamente io a fermarti–.
Non si trattenne più: poggiò le punte delle dita sulla nuca di Izuku utilizzando i pollici per lambirgli le guance che il tempo non aveva reso meno morbide o meno tonde. E lì lo baciò . Non fu uno di quei primi baci che durano pochi secondi, fu un bacio dato come si deve, come se entrambi sapessero che sarebbe stato l’ultimo ma allo stesso tempo fossero coscienti che era solo il primo di una lunga serie.
- Voglio conoscerti – disse ad un certo punto Bakugou interrompendosi e allontanandosi leggermente dalle labbra dell’altro.
Midoriya non rimase sconcertato o confuso davanti a quella dichiarazione. Sorrise semplicemente, facendo scivolare le braccia intorno al collo di Katsuki.
- Anche io – disse  prima di baciarlo nuovamente.
   
 
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