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Autore: dispatia    22/07/2020    1 recensioni
Regola n.1 dei patti con i mostri: non farti fregare dai mostri. Regola n.2 dei patti con i mostri: nel caso ti faccia fregare, non è responsabilità nostra. Regola n.3 dei patti con i mostri: se ne stringi uno illegalmente, riferisciti alla regola 1, poi alla regola 2, e poi vieni a chiederci di legalizzarlo prima che ti trovi qualcuno e te lo annulli. E per qualcuno, intendo io.
Neo Domino City è la più grande metropoli del mondo dei duelli, vibrante di vita, colori mozzafiato e luoghi in cui i vecchi master duels convivono con gli speed duels e gli action duels. Judai, fresco del suo secondo anno di Accademia e carico di aspettative per l'ultimo, è pronto a scommettere tutto su quella città e la sua apparente perfezione. Ma quando, messo alle strette, stringe un contratto con Yubel, un mostro sconosciuto dalle condizioni più che singolari, si ritrova improvvisamente catapultato in una parte oscura del suo mondo, in cui è costretto a guardarsi alle spalle indiscriminatamente da alleati e nemici, nel tentativo di scongiurare l'avverarsi del desiderio più pericoloso del mondo.
[cross-over che include anche vrains]
Genere: Azione, Generale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri personaggi, Atemu, Seto Kaiba, Yuugi Mouto
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: Gender Bender, Tematiche delicate, Violenza
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i.
Ultimo giorno di scuola
Stalker alternativi, ragni e draghi

 

Quel ragno sopra il suo letto era una costante fonte d'interesse, per tutti i motivi più strani.

Da una parte, Judai trovava affascinante quanto Johan se ne fosse affezionato, come ci si affeziona ad un cane o ad un gatto, nell'arco di un singolo ciclo scolastico. Aveva sempre saputo della sua passione per gli insetti – e al contrario di tutti gli altri, non aveva sentito la necessità di sdegnarsi o fare gridolini di disgusto di fronte al suo terrario; ad essere totalmente sinceri, si era unicamente chiesto cosa fosse di così interessante in creature tanto statiche e indifferenti –, e, quando si erano ritrovati compagni di stanza, aveva mentalmente accettato che ci sarebbe stata qualche creaturina di troppo intorno a loro.

In tutta onestà, l'idea non lo tangeva. Gli aveva detto dall'inizio che avrebbe ucciso senza esitazione qualsiasi ragno gli fosse caduto addosso nel sonno, e che, in generale, preferiva non vedere la sua tarantola rosa cilena troppo spesso, e quello era stato tutto quello che era necessario dire sull'argomento. A parte quella sua strana ossessione, poi, Johan era un compagno di stanza eccezionale, e un amico ancora migliore; non c'era motivo di discutere sui gusti, specialmente se la critica doveva uscire dalla bocca di Judai.

Detto questo, sicuramente non si aspettava di adottare un ragno posto a qualche centimetro dal suo naso. Non che fosse stata una decisione complessa. Superato l'impulso iniziale di schiaffarlo fuori dalla faccia della terra, aveva deciso che c'era qualcosa di affascinante nel modo in cui tesseva la sua tela, e che forse gli sarebbe stato d'ispirazione per l'esame finale, magari osservandolo attraverso il vetro della decima bottiglia di qualche bevanda gassata dal marchio illeggibile. E sopra tutto, voleva vedere la reazione di Johan una volta realizzato che "potevano tenerlo", o qualcosa del genere. Non aveva così tanti motivi per ucciderlo. E magari un giorno gli sarebbe venuta in mente una morale filosofica su quel ragno, al matrimonio di Johan, o qualcosa di simile.

L'avevano chiamato "Man" ( « perché spider lo è già, capisci? ». Ricordava ancora l'impressione che gli avevano fatto gli occhi di Asuka quando avevano fatto un giro completo della testa), e in un certo senso era la loro mascotte personale. Era meglio della tarantola rosa cilena.

Ed era la principale fonte d'interesse di Judai, come già detto.

Dall'altra parte, c'era il fatto che quel ragno indicava con una certa decisa precisione lo scorrere del tempo. Era arrivato ad ottobre, piccolo, con una tela timidissima che sembrava volersi nascondere agli occhi, e adesso, agli inizi di luglio, era grasso, dalla ragnatela densa di fili argentei e, se possibile, strafottente. Non che fosse facile dare una personalità ad un ragno, ma quello era sicuramente strafottente. Quando era più piccolo rispondeva agli urlacci, dati d'istinto stupidamente quando si muoveva troppo in fretta, tornandosene al suo punto di partenza; adesso il ragazzo avrebbe giurato di averlo visto mettersi in posizione offensiva, come aveva fatto la tempo stupida tarantola di Johan quando le aveva riempito la ciotola dell'acqua  – forse era giusto chiamarla per nome, Coralline, dato che in quel tremendo anno trascorso era morta di una morte indecorosa cadendo dal tavolo, cosa che non pensava neanche potesse succedere.

Era stato al loro fianco per le prime ricerche sulla storia dei duelli, faticose e talmente fitte di copia-incolla da siti sempre più oscuri da far dubitare a Judai della sua sanità mentale ogni volta che andava a ri-editarle per consegnarle, puntualmente, alle 23:59 per la scadenza di mezzanotte. Era impegnato ad avvolgere una mosca troppo avventurosa quando Asuka si era dichiarata, in un comico tempismo contemporaneo ad un irripetibile messaggio di Manjoume, proprio sul suo letto. Magari era impegnato a fare la muta, mentre al posto di studiare Shō, Misawa, Johan e lui stesso si era gettati nell'interessantissimo mondo dei film documentario di serie z sui duellanti che avevano fatto "la storia dei duelli". Forse aveva cercato persino di avvisarlo, uno degli ultimi giorni, post-esami, che mischiare quattro super-alcolici diversi solo per vincere una scommessa era una pessima idea per uno che non beveva mai.

E adesso era l'ultima volta che lo fissava per il resto della sua vita.

Era strano a pensarci. Guardando indietro, Judai sapeva che in quel momento pensava a qualcosa di estremamente diverso, di molto più leggero. Pensava che l'avrebbe ucciso la prossima persona a prendere quella stanza per i corsi estivi, o che sarebbe morto di fame, o di caldo, o forse di morte naturale. Non c'era niente di tragico, di realmente definitivo.

Non pensava che sarebbe stata l'ultima volta che vedeva quella stanza, e che la sua ultima memoria sarebbe stato quel ragno che non si degnava di considerarlo.

— Ci sei?

Judai accennò ad uno sbuffo, tirandosi via dal letto e sedendosi sulla valigia. Ogni volta che finiva l'anno tornare a casa era una tortura, e non solo perché i suoi genitori erano essenzialmente inesistenti; vedeva i suoi amici meno spesso, duellava troppo raramente, e per quanti lavori part-time facesse, e corsi serali seguisse – questi ultimi, perché "all'accademia non gli davano abbastanza basi concrete nel caso la sua carriera di duellante professionista fallisse", o così aveva detto sua madre una delle uniche volte in cui era riuscito a vederla – la noia finiva inevitabilmente per soffocarlo.

E, certo, c'erano le valigie.

Johan inclinò appena la testa di lato, con l'espressione al contempo più tranquilla e più disillusa del mondo. Non si sarebbe chiusa senza una lotta, e ovviamente Judai aveva aspettato fino all'ultimo secondo per farglielo notare, quando avevano un taxi che li aspettava ed un treno da prendere.

— Ti mancherà Man?

Sembrava una domanda appropriata, considerando che era quello che stava fissando fino a qualche secondo prima, ma per qualche motivo suonò fuori luogo. Come se fosse stato un cane, o minimamente riconoscente.

— Immagino. Dovremmo trovargli un sostituto l'anno prossimo. Qualcosa tipo... Man jr. O Man secondo.

— Mh. Quanta roba hai chiuso in questa valigia?

— Quello che non entrava nel mio zaino.

— Intendi il tuo zaino semi-vuoto?

— Proprio quello.

Scappò una risata ad entrambi, stanca ma allegra. Anche se era un inferno tornare, erano felici di aver finito con tutto quello stress. Senza contare tutti i piani che avevano per quell'estate! Asuka aveva promesso almeno una settimana nella casa in campagna di famiglia, e anche se non era sicuro al cento per cento, considerando che suo fratello poteva decidere di imbucarsi senza nessuna ripercussione, sarebbe stato divertente. Sarebbe stato bello se fossero stati tutti, ma Shō doveva fare il giro del mondo per i campionati di suo fratello, e lei stessa ci sarebbe stata una settimana sì e un mese no. Doveva essere sfiancante essere imparentati con un campione. In ogni caso, Judai si era ripromesso di convincere Johan a provare il DDR, e di infiltrarsi a casa di Manjoume. Che poi, infiltrare; Jun era troppo orgoglioso per ammettere al resto della sua famiglia che erano amici – come, del resto, per ammetterlo a se stesso –, così lo costringeva ai salti mortali per i motivi più oscuri e incomprensibili.
Eppure chissà perché si lasciava sempre coinvolgere.

— Fatto. Andiamo.

Il sole rovente di luglio gli bruciava gli occhi e la faccia, accecandolo nonostante gli occhiali da sole, mentre chiudeva la portiera del taxi dietro di sé bloccando fuori l'ultimo alito di mare. Era stato bello studiare lì, così vicino all'Accademia e alla costa, e Judai si prese tutto il suo tempo con il viso schiacciato al finestrino a imprimersi bene gli ultimi scintillìi blu. Al suo fianco poteva sentire Johan aggiustarsi, e lo vedeva scrivere un messaggio dal riflesso del finestrino.

Non doveva più preoccuparsi di niente. Era passato all'anno successivo, in qualche modo. Gli mancava solo un altro anno.

Chiuse gli occhi, e si lasciò andare al ritmico, silenzioso movimento dell'auto.


 

Johan

12:48

Ho visto C.B. E sì, c'é ancora quel mostro che lo segue passo passo, e non ha l'aria troppo amichevole.

Johan

12:48

Non so se ti stia seguendo. Se vedi quel drago cambia strada.


 

Fissò lo schermo del cellulare per una manciata di secondi, esitando con i pollici sopra il touch screen, indeciso su una risposta, mentre inevitabilmente il suo sguardo si spostava da lì e vagava per la strada apparentemente deserta.

Era cambiato il tempo in quel tipico modo estivo, con un acquazzone improvviso che l'aveva infradiciato dalla testa ai piedi, appiccicandogli i capelli al viso e rendendogli complicato interagire con qualsiasi apparecchio elettronico senza che gli impazzisse fra le dita. Anche se fosse stato meno preso in contropiede gli sarebbe stato difficile digitare decentemente una risposta, e non osava fare un audio, con la possibilità che fosse lì, anche se non riusciva a vederlo.

C.B – diminutivo per "Criminale Blu", nomignolo nato dai suoi marchi criminali, dei terrificanti occhi color mare e l'ottima invettiva di Judai – aveva iniziato a seguirlo mesi prima, o ad essere precisi, lui se n'era reso conto soltanto in quell'ultimo periodo. Secondo Johan era possibile lo stesse pedinando da più tempo, considerando come seguiva alla perfezione i suoi movimenti, sempre mantenendo una parvenza di casualità – e l'idea gli faceva rizzare i peli sulla nuca. Sopratutto, non riusciva a capire perché lo seguisse.

Era stato dopo una settimana di riflessione che aveva ponderato la possibilità fosse legato a quella sua strana abilità di vedere i mostri.

Che esistesse un "mondo dei mostri" era un dato di fatto, nonostante svariate persone non ci credessero minimamente. Era una sorta di teoria complottistica, il non-credere,come la Terra piatta, l'Area 51 e l'allunaggio fasullo, ma era facile a crederci quando ancora nessuno scienziato era riuscito a dare una spiegazione più convincente di "esiste e basta".

Apparentemente i due mondi convivevano fianco a fianco, e ogni tanto si aprivano degli squarci che permettevano ai mostri di passare nel loro mondo ed esistervi, fintantoché il portale rimaneva aperto. Poi, quando si chiudeva, semplicemente sparivano, e nessuno nel mondo umano avrebbe dovuto neanche farci caso, a meno che non fosse stato abbastanza vicino da entrare in quel loro spazio di esistenza.

Teoricamente.

La prima volta che aveva visto un mostro Judai aveva urlato. E anche la seconda, e la terza. La prima per la sorpresa, la seconda per la paura, la terza per il nervosismo di non essere mai creduto.

« I mostri di Duel Monsters non esistono Jude. Forse dovremmo ritirarti le carte per un po'? », così dicevano. Alla fine l'avevano mandato da uno psicologo, e poi da uno psichiatra. L'annuncio ufficiale di quel mondo parallelo era stato fatto quando aveva undici anni, e aveva passato giorni interi a gongolarsi intorno a chiunque avesse voglia di ascoltarlo, con il sorriso luminoso e grondante di "te l'avevo detto".

Qualche giorno dopo, l'avevano richiamato.

All'ennesima strofinata contro lo zaino finalmente il suo telefono si decise a collaborare, e Judai riuscì a digitare una sorta di risposta, maledicendo il rinato sole per rendergli difficile leggere quello che scriveva.

Non lo vedo. Magari se n'é andato. Se nessuno mi rapisce stasera ti chiamo

Esitò un attimo, prima di concludere, cercando di smorzare i toni:

Magari ha solo una cotta per me e non sa come dirmelo. Onestamente dopo tutta questa tenacia potrei quasi arrossire

Più che arrossire era inquietato, ma se l'avesse detto Johan sarebbe partito in discussioni tranquillizanti che non voleva sostenere. Mise la vibrazione e s'infilò il telefono in tasca.

La prima cosa che aveva notato di C.B, in realtà, non era C.B. No, era stato il gigantesco drago che aveva al fianco, un maestoso drago serpentino che gli era rimasto impresso a fuoco dentro e gli aveva istigato un bruciante desiderio di correre via. E lui non era il tipo da correre via.

Si erano fissati per un po', attraverso i vetri della pizzeria, e poi era semplicemente scomparso. E solo allora aveva notato C.B.

Non ne aveva pensato granché, e in ogni caso, sembrò essere sparito dalla circolazione, finché non l'aveva rivisto, ancora e ancora, e adesso era ufficialmente classificato come Stalker, con la s maiuscola. Non sapeva cosa pensare, a riguardo. Gli avevano detto di tenere la bocca chiusa riguardo a quella storia del "vedere i mostri", e in ogni caso, non gli sembrava qualcosa di così interessante da richiamare l'attenzione.

Gli uccellini cantavano, le sue scarpe scricchiolavano sull'asfalto bagnato. In lontananza, si sentiva solo il rombo di una moto. Il suo telefonò vibro, e decise di ignorarlo.

Poi arrivò il suo autobus, e si ritrovò a tirare il sospiro di sollievo più sincero della sua vita.


 

— Casa dolce casa, eh?

Judai chiuse la porta dietro di sé, rimanendo per qualche secondo a contemplare la vastità della casa spoglia e silenziosa. Non si aspettava certo di vedere i suoi genitori – figuriamoci, con il loro lavoro, i loro impegni, la loro velata indifferenza che copriva il non aver mai accettato la sua scelta di immischiarsi nel mondo dei duelli – e le sue aspettative non vennero certo deluse.

Era tutto come sempre, statico nonostante tutto il tempo passato. Il parquet lucido, il divano con i segni dei graffi che gli aveva dato da piccolo per giocare col gatto, il ticchettìo dell'orologio; era quasi snervante quanto fingesse di essere vissuta, quando era abitata sì e no quattro mesi l'anno.
 

“ Ciao Jude, bentornato a casa! Immagino sarai felice di trovare questo bigliettino per il tuo ritorno! Potevo scriverti un messaggino ma è più carino così, non credi? Io e papà siamo in viaggio a Los Angeles, e ci rimarremo fino ad almeno il mese prossimo – è un lavoro importantissimo! –, spero non te la prenda troppo e non ti senta troppo solo. Ricordati di andare a prendere Pharaoh dai vicini e non fare festini in casa. Ti voglio tanto bene!! Ci vediamo prestissimo!!!

p.s. Potresti anche chiamare ogni tanto.”

 

Judai fissò quel bigliettino attaccato al frigo reprimendo l'istinto di farci un aereoplanino di carta. Diceva sempre le stesse cose, e non era particolarmente prone a crederci, ormai. E quell'appunto finale gli dava l'urticaria: quando mai lei si era premurata di chiamarlo?

Scosse il capo, appuntandosi mentalmente di provarci comunque. Tanto gli avrebbe sicuramente risposto la segreteria telefonica.

Tirò indietro una delle sedie intorno al tavolo di vetro, tirando fuori il cellulare dalla tasca. Tre messaggi di Johan, uno di Asuka. Non era stupito da nessuno dei due; Asuka si premurava sempre di scrivergli qualcosa quando pensava fosse arrivato a casa, di solito per proporre una prima chiamata di gruppo estiva. Era strano che quella proposta arrivasse puntualmente da lei, forse, ma si scioglieva davvero quando si trattava dei suoi amici.

E poi, a Judai mancavano già tutti quanti, quindi non poteva fargliene una colpa.

Johan

12:51

Ti prego non farti rapire

Johan

12:52

Anche perché nessuno pagherebbe il riscatto, sai?

Johan

13:25

Potrei aver trovato delle informazioni su C.B. E sul suo mostro. Ne parliamo quando mi chiami.
 

—————————
 

— Quando pensi di spiegargli?

La musica swing avvolgeva morbidamente l'aria intorno a loro, mischiandosi perfettamente con la pioggia che aveva ripreso, da qualche ora, a ticchettare i vetri del locale. Seduti nei divanetti più appartati possibili, Yugi Muto e Yusei Fudo sembravano giocare un duello invisibile, quasi rassomigliante ad una partita di scacchi; ora avanti, ora indietro, offensiva, difensiva,e fino a quella domanda non si erano decisi arrivare al fulcro della conversazione, il motivo per il quale l'uno aveva chiesto un incontro e l'altro aveva accettato.

Era un discorso delicato, e Yugi avrebbe dato tutto per potergli spiegare come stavano le cose. Anche se forse, come considerò pigramente mentre giocherellava con la catena della collana, non sarebbe poi cambiato nulla. Anzi, forse gli sarebbe andato contro, considerando il suo incredibile senso di giustizia.

E avrebbe fatto danno.

Come l'ultima volta.

Quella frase era stato solo l'ultimo affondo, facilitato forse dal singolo bicchiere che aveva bevuto, forse dal suo mostro, che si era degnato di farsi vedere e si era raggomitolato al suo fianco, grande e vigile. Non lo spaventava, nè lo intimidiva, ma era difficile sfuggire alla morsa di quegli occhi d'acciaio.

Erano proprio destinati l'uno per l'altro.

— Glielo dirò prima che sia troppo tardi. Te lo prometto.

Non si era mai reso conto di quanto suonasse stanca la sua voce, nonostante il solito velo di cortesia. Erano state settimane – no, mesi – infernali, e quel problema era al contempo il più grande e il più piccolo della matassa oscura che si stava attorcigliando intorno a quella città. E dire che pensava di essersi ritirato dalla sua professione da eroe quando Atem era stato costretto a sparire dalla circolazione.

— Ma per adesso, ti prego, cerca di non farti vedere da lui. Vale anche per te, Stardust. Sto cercando di metterlo in sicurezza prima che posa fare qualcosa di avventato e finire fra le mani di qualcuno di meno...

S'interruppe. Meno cosa? Avrebbe voluto dire "disinteressato", ma era una palese bugia, e quelle non erano mai state il suo forte. "Gentile", forse. "Protettivo".

Lasciò andare il puzzle del millennio, alzando lo sguardo sull'altro, serio, concentrato. Se era un gioco, non avrebbe perso. Non poteva più permettersi di perdere una partita, neanche in quella scala ridotta.

— Meno interessato alla sua sicurezza.

— Sei consapevole che crede sia uno stalker vero?

Se non l'avesse detto in quel tono incolore Yugi l'avrebbe trovato divertente. Riabbassò lo sguardo, stavolta sul bicchiere in cui un tempo stava un cocktail analcolico, sfiorando il bordo con i polpastrelli, cercando di capire cosa volesse sentirsi dire. Neanche Yusei voleva davvero trascinare un ragazzino nell'Inferno a cui era destinato dalla nascita, e al contempo era consapevole che se non ci fosse stato lui a proteggerlo non sarebbe arrivato al suo ultimo compleanno vivo.

— Lo so. Ma ti ringrazierà.

L'altro continuò a fissarlo, senza dire una parola. Una data di scadenza. Voleva solo una data di scadenza precisa.

Gliela doveva, dopo tutto, anche se avrebbe preferito lasciare le cose più vaghe, avere più spazio per respirare. Ma se avesse continuato a girarci intorno non avrebbe risolto nulla, lo sapeva fin troppo bene, e non poteva far altro che sperare le sue predizioni fossero accurate.

— Il trentuno agosto.

Poteva sentire quegli occhi blu bruciargli sulla nuca.

— Se non succede nulla, per il momento, glielo diremo il trentuno agosto.

— Credi di riuscire a convincerlo a mandare a rotoli la sua vita a qualche settimana dall'inizio del suo ultimo anno?

Finalmente Yugi alzò lo sguardo, gli occhi viola pieni di una determinazione così brillante da ammutolire, muovendo l'ultima pedina necessaria per lo scacco matto.

— Se ci tiene a vivere.

Disse con calma, mentre iniziava a riprendere le sue cose, senza staccare il contatto visivo.

— Ti assicuro che lo farà.



 


note

Finalmente mi sono decisa a pubblicare questa ff, uh?
Non scherzo quando dico che questo primo capitolo è stato riscritto due volte, ed era in programma una terza riscrittura prima che lo leggessi di nuovo, a distanza di circa un mese, e decidessi "meh, mi piace, va bene così" (il che da parte mia è più unico che raro, e non succederà... mai più).
L'idea originale mi è venuta circa a inizio giugno, quando ho finito il sia manga di Pandora Hearts che quello di Gx, anche se un concetto simile mi ruzzolava nel cervello da un pezzo, e nonostante sia consapevole che cercare di includere tutte e sette le serie compiute di yu-gi-oh! in una singola opera sia un'operazione suicida mi ritrovo a divertirmi troppo per smettere o abbandonare il progetto. E quindi, eccomi qui!
Non voglio dilungarmi troppo in niente, quindi mi limito a fare una minuscola premessa, perché non voglio creare malintesi (anche se non credo ma...)

Ho fatto un lavoro di cernita spaventoso per far tornare le storyline diverse di ogni serie, e per questo certe cose dell'anime sono modificate, non avvenute, o, chissà, forse devono ancora succedere. I personaggi si muovono in un universo alternativo diverso per svariati aspetti da quello canon, ma anche intrinsicamente legato a quello vero e proprio. Quindi nessuno mi sbrani per Johan e Judai che sono compagni di stanza, fuori dall'Accademia, fin dal secondo anno. È stata una scelta volontaria, come tante altre (forse volevo scrivere del loro primo incontro alternativo e di come si sono sgamati a vicenda per vedere i mostri nonostante sia una cosa super-top-secret-non-lo-devi-dire-a-nessuno in tipo, cinque secondi, perché è di Johan e Judai che stiamo parlando? MHH). Volevo provare a fare qualcosa di più mio e spero il risultato finale sia carino nonostante tutto :0

Infine, sono un po' nervosa per la categoria principale di questa storia, ma tutto considerato, credo che qualsiasi sezione sarebbe andata bene perché ogni serie ha la sua rilevanza e importanza in un modo o nell'altro - Yugi è un attimino fondamentale per la storia, e così Seto e Atem e probabilmente qualcun'altro della prima serie, quindi -, e nonostante Judai sia il maggior protagonista, il resto della storia non gira troppo intorno né al cast di GX né alla sua ambientazione. Quindi aaaa spero di non aver fatto casino insomma-


p.s: La cosa di Johan che ha una fissa con gli insetti non è un'headcanon, ma una cosa vera e propria del manga di gx. Non c'é nessun motivo particolare per cui l'ho inserita, se non che era totalmente adorabile mentre inseguiva le libellule... (so che i ragni sono aracnidi, ma onestamente, da uno che trovava carino e utile uno scarafaggio, mi aspetto un grande amore per le tarantole)

   
 
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