Crossover
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Autore: Siirist    15/08/2009    3 recensioni
Siirist Ryfon è un giovane ragazzo della città di Skingrad, figlio di benestanti agricoltori che sogna di entrare nella Gilda dei Guerrieri per ricevere onore e gloria. Ma non è una persona comune, discende da un'antica casata elfica, della quale fece parte millenni prima un Cavaliere dei draghi leggendario. Un giorno la sua vita cambierà drasticamente e verrà catapultato in un mondo di magia, tecnologia, intrighi politici, forze demoniache e angeliche, per poi affrontare la più grande crisi della storia di Tamriel. Questa fanfic è una crossover tra tre mondi fantasy che amo: Final Fantasy (di cui troviamo le ambientazioni, come Spira, Lindblum), "Il ciclo dell'eredità" di Paolini (di cui sono presenti molti dati, quale i draghi con i Cavalieri e il sistema della magia, ma l'ispirazione è molto libera) e The Elder Scrolls IV: Oblivion (di cui sono presenti le città). Oltre a questo ci saranno anche alcune citazioni di One Piece e di Star Wars. I personaggi principali sono tutti originali. Ci saranno alcune comparse da vari manga (Bleach, ad esempio) e in alcuni casi i nomi saranno riadattati (Byakuya), in altri saranno quelli originali (Kenpachi).
NB: il rating è arancione in quanto è adatto alla maggior parte della storia, ma in alcuni capitoli dove compaiono i demoni (non il primo che si incontra all'inizio, quello è ridicolo) gli scontri possono essere anche molto cruenti.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UN BEL REGALO DI COMPLEANNO

UN BEL REGALO DI COMPLEANNO

 

Era il 20 giugno e Siirist si svegliò alle sette. Come ebbe aperto gli occhi, si portò le mani al viso per stropicciarli, subito dopo aver emesso un sonoro sbadiglio. Subito dopo si stiracchiò per poi saltare giù dal letto. Fece un po’ di stretching a braccia e gambe e qualche flessione, per poi scendere in cucina a mangiare. Lì trovò la madre, stupita di vederlo già alzato.

«Perché sei già sveglio? Il tuo turno inizia alle tre.»

«Ho un po’ di cose da fare prima.» spiegò il figlio, ma rimanendo sempre sul vago.

Finito di mangiare, Siirist andò in bagno a farsi la doccia e lavarsi i denti, ma come ebbe finito la seconda operazione, stette un po’ di tempo a guardarsi allo specchio. Aveva capelli biondi lunghi fino a metà collo, scompigliati e nonostante tutto ordinati. La tonalità di biondo variava dalla radice fino alla punta: quasi castano in cima, dorato in fondo. La sua carnagione era leggermente più scura e questo faceva sì che i suoi occhi di un azzurro limpido risaltassero di più, come due turchesi splendenti. Ma la caratteristica dei suoi occhi che più piaceva al ragazzo era il fatto che al sole ottenevano dei riflesse verdognoli. Labbra carnose dal taglio perfetto e naso leggermente schiacciato tra gli occhi e tendente alla punta in fondo; le sopracciglia erano del colore castano della radice dei suoi capelli. Il ragazzo si diede qualche sistemata ai capelli per poi sorridere compiaciuto. Non era uno vanitoso, ma era sempre soddisfatto dell’effetto sulle appartenenti al genere femminile della sua età, spesso anche più grandi di qualche anno.

Uscito dal bagno, Siirist andò in camera e indossò dei calzoni azzurri ed una tunica bianca e celeste. Ai piedi mise degli stivali neri ed uscì tranquillamente di casa, diretto al cortile di una casa nella via opposta alla sua. Entrò di soppiatto e si arrampicò agilmente su per il muro, arrivando su un balcone. Lì c’era una porta a vetri aperta che dava sul bagno, da cui veniva il rumore dell’acqua che scroscia.

‹Puntuale come sempre, la signorina.› sorrise.

Siirist attese solo qualche minuto, per poi vedere la porta della doccia aprirsi e da lì uscire una ragazza bellissima. Aveva lunghi capelli neri che le arrivavano quasi al sedere, corporatura slanciata con curve generose, occhi suadenti color nocciola e sorriso stupendo. Questo è ciò che si notava normalmente di lei, Keira, vent’anni, una delle ragazze più belle della città, ma in quel frangente era diverso: era totalmente bagnata e le gocce le scivolavano lungo la pancia e le finivano in mezzo alle gambe. Grazie al balsamo e alla schiuma appena messi emanava un gradevole profumo di pesca che inebriava le narici di un soddisfatto, ancora solo per la vista, Siirist.

«Vedo che fai sempre la doccia fredda.» commentò il ragazzo, osservando i capezzoli turgidi.

Inizialmente lei si spaventò, ma poi si accorse chi era il ragazzo appollaiato sul balcone, per cui si calmò.

«Certo, fa bene alla pelle. Ti vuoi accomodare?» domandò con tono suadente.

«Perché sarei qui, se no?» chiese retoricamente Siirist, entrando nel bagno e sollevandosi la tunica.

 

Sorridendo soddisfatto, Siirist si diresse da Hans, le mani nelle tasche dei calzoni.

«Ciao! Dove sono le armi da consegnare?» domandò entrando nell’armeria.

«Oh, ciao, Siirist! Sono queste qui. Grazie mille, davvero.» rispose il fabbro.

«No, figurati!»

Siirist osservò le armi: erano una spada ad una mano e mezza ed un pugnale di Vetro. Il ragazzo fu molto colpito dagli oggetti.

«E pensare che questa sarebbe perfetta per me.» commentò sguainando la spada.

«Sì, è vero. Forse quando entrerai nella Gilda dei Guerrieri te ne regalerò una!» sorrise Hans.

«Oh, grazie!» rise Siirist.

Il giorno prima Hans aveva chiesto a Siirist se poteva consegnare alcune armi alla casa dei Vaan, la più importante famiglia della città. Essi possedevano tutte le terre fuori da Skingrad, ad eccezione della vigna dei Ryfon ed erano loro a dare lavoro a tutti i contadini della città. Ma erano delle persone snob ed arroganti, sempre arrabbiate perché, nonostante il loro patrimonio che quasi superava quello del conte, l’Imperatore non permetteva loro di entrare a far parte della nobiltà. “E pensare che mio figlio sarebbe un ottimo Cavaliere! Se gli permettessero di tentare la Prova quell’uovo di Inferno si schiuderebbe sicuramente per lui!”: una delle frasi più comuni della signora Vaan. Quando Siirist vide per la prima volta l’erede della famiglia, ripensando alla famosa affermazione della madre, quasi scoppiò a ridere e dovette scappare via per andare a sfogarsi da un’altra parte: egli era alto e gracile come un fuscello, senza un filo di muscolo, aveva i capelli biondo platino tenuti con un’acconciatura ridicola, e aveva sempre e costantemente un sorriso ebete stampato in faccia. Camminava come una checca, ma era sempre circondato dalle ragazze più belle. Ma solo quelle che erano le figlie dei dipendenti dei suoi genitori.

Siirist, intanto, era giunto davanti all’abitazione dei Vaan. Si trovava nella via più ricca di Skingrad ed era costituita da quattro piani. L’esterno era uno dei più sfarzosi che il ragazzo avesse mai visto: interamente in marmi nero e con tre balconi con i parapetti in ferro battuto ed oro. Il primo era lungo quanto l’intera casa e si trovava al primo piano, mentre gli altri due erano uno accanto all’altro al secondo piano, e vi si accedeva da due porte di vetro ciascuno.

è tempo per un sopralluogo.› pensò con un sorriso furbo Siirist.

Bussò sul battente e gli venne aperta la porta pochi secondi dopo dal maggiordomo.

«Buongiorno, desiderate?»

«Una consegna da mastro Yoji.» rispose Siirist.

«Oh sì, certo, accomodatevi.»

Il domestico fece un cenno di invito con la mano e mostrò al ragazzo un divano su cui sedersi.

«Chiamo subito il signore.» e con un inchino si congedò, dirigendosi al secondo piano.

Siirist appoggiò le armi, avvolte in un panno, sul divano, per poi alzarsi. Camminò in giro per la stanza, analizzandola nei minimi dettagli, come poteva fare un ladro prima di un colpo. Ed infatti era proprio così. Per prima cosa andò ad osservare il portone d’ingresso: esso si trovava esattamente al centro della sala dalla forma rettangolare, lunga all’incirca una trentina di metri e larga sulla ventina, ed era protetto da tre serrature a chiave e da un chiavistello a catena. Ciò che caratterizzava quest’ultimo, però, era il fatto che non vi era una semplice scanalatura in cui scorreva il peso e alla cui fine, grazie ad un punto più largo, il peso usciva, ma il tratto di scanalatura era estremamente lungo e contorto, a formare un labirinto. Era tanto lungo che si trovava su una lastra di acciaio rettangolare con i due lati differenti uno di trenta e l’altro di venti centimetri. Il ragazzo era dunque messo in difficoltà da questo chiavistello, e pensò che avrebbe dovuto elaborare un piano più efficace del semplice entra-arraffa-scappa se voleva rapinare villa Vaan. E questo piano avrebbe necessitato di un po’ di tempo per essere preparato, almeno una settimana. Ma nel frattempo Siirist doveva sfruttare tutto il tempo a sua disposizione per esaminare quanto più possibile dell’interno della casa. Al pian terreno, dunque, si trovava un grande salone che ospitava qualche divano, tra cui quello su cui si era seduto Siirist, mobili che reggevano vasi preziosi e, nella parte sinistra, un tavolo intarsiato. Dietro ad esso, sulla parete di fondo, stava una porta. Nella parte destra, invece, si trovavano le scale che conducevano al primo piano. Con noncuranza, Siirist si diresse verso la porta a sinistra e abbassò la maniglia. La porta si aprì senza emettere il minimo cigolio, per la gioia del ragazzo, e dopo averla sfessurata di poco, Siirist guardò dentro, notando che dietro ad essa si trovavano delle scale discendenti. Da sotto proveniva odore di carne lasciata ad essiccare e di bollito.

‹Probabilmente lì sotto si trovano la cucina e la cantina.›

Sentendo passi per le scale provenienti dal piano superiore, Siirist richiuse delicatamente la porta e corse silenzioso come un gatto verso il divano. Ma da lì ricominciò ad osservare il chiavistello del portone, tentando di capirne il percorso.

‹Fortuna che ho una buona vista!› commentò mentalmente: effettivamente era distante di qualche metro dalla porta.

«Finalmente Hans si è ricordato che doveva forgiare le armi per me! Le aspettavo ieri! E tu chi sei? Perché non me le ha portate lui personalmente?»

Il tono altezzoso di Vaan non piaceva affatto a Siirist, ma non commentò. Semplicemente sbuffò silenziosamente, fece una smorfia ed alzò un sopracciglio, per poi girarsi verso il padrone di casa.

«Ah, sei tu, Ryfon…» mormorò ancora Vaan.

A queste parole Siirist non poté che accennare un mezzo sorriso, in quanto era stato speranzoso di suscitare in Vaan una reazione del genere: era noto che tra i Ryfon ed i Vaan non correva buon sangue, poiché erano concorrenti l’uno dell’altro. Ma mentre ai Ryfon non dava fastidio poiché non avevano manie di grandezza, anche se erano più che benestanti, i Vaan miravano ad avere il monopolio dei campi a Skingrad, ma ciò era loro impedito dalla famiglia di Siirist.

«Poiché Hans è un uomo che lavora sodo, a differenza di altra gente che conosco, non ha il tempo di chiudere la bottega per portarvi una spada ed un pugnale, signore. E visto che sono il suo apprendista, ha incaricato me di fare la consegna. E ovviamente di riscuotere.» sorrise con tono di sfida il ragazzo.

«Papino, sono arrivate le mie armi?» si sentì dal piano superiore.

Siirist avrebbe giurato di aver sentito parlare una ragazza. Ma evidentemente si era sbagliato, poiché la voce aveva parlato delle sue armi. Subito dopo, la voce fu seguita dall’arrivo di chi l’aveva emessa: gli occhi di Siirist iniziarono a bagnarsi per le risate, anche se trattenute. A scendere le scale era Hermeppo Vaan, l’erede della famiglia. Indossava una camicia di seta viola sbottonata tanto da far intravedere i pettorali che non aveva, al collo una catena d’oro. I pantaloni, anche essi di seta, erano bianchi e alla vita teneva una fascia di tessuto dorato a mo’ di cintura. Ma la parte migliore era il viso: aveva occhi tondi con ciglia curate, sopracciglia lunghe, un grande mento diviso in due da una fossetta colossale, un sorriso da demente e dei ridicoli capelli a caschetto che gli arrivavano poco sopra le orecchie. E una spada ad una mano e mezza di Vetro, più che perfetta per le caratteristiche di Siirist, doveva andare a quello lì? Siirist era disgustato: cosa potevano fare i soldi. Anche la sua era una famiglia più che agiata, ma mai i suoi genitori si sarebbero sognati di comprargli un’arma del genere inutilmente! Anche perché ignoravano totalmente che Siirist ambiva ad entrare nella Gilda dei Guerrieri. Per quanto riguardava Hermeppo, invece, Siirist aveva sentito dire che il padre era arrivato persino ad offrire del denaro al Maestro della Gilda per farlo entrare. Chiaramente quello non lo aveva nemmeno degnato di risposta e lo aveva fatto rispedire quasi a calci da Chorrol fino a casa.

«Oh, che bello!» esordì con uno dei toni più femminili che Siirist avesse mai sentito Hermeppo, dopo che il padre gli aveva risposto annuendo.

Senza nemmeno calcolare Ryfon, l’ammasso invertebrato corse verso il maggiordomo che, intanto, aveva recuperato i due oggetti di Vetro e li stava porgendo al padrone. Questi afferrò la spada sull’impugnatura e la sguainò così violentemente da far cadere a terra il fodero. Siirist, allibito, stette qualche momento a cercare di capire quale movimento avesse compiuto la nullità per far cadere il fodero. Ma forse, per quanto era stupido, anche la fisica aveva capito che era inutile contrastarlo e si era inginocchiata a lui, accondiscendente. *

Subito dopo, Hermeppo iniziò a menare l’arma nell’aria, quasi decapitando il domestico. In quel momento scese anche la madre e si mise a saltellare eccitata, sorridendo e battendo le mani, mentre suo marito sorrideva soddisfatto. Siirist li guardò con lo sguardo più meravigliato che i suoi muscoli facciali gli permettevano di eseguire.

‹Ma sono cretini? Come fanno a complimentarlo, è un incapace!›

In quel momento l’arma volò via dalla presa molto salda del sicuro futuro Maestro della Gilda dei Guerrieri. Ma forse era un bene per Siirist che Hermeppo avesse messo su uno spettacolo così esilarante, almeno avrebbe avuto un po’ di tempo per realizzare che insulto fosse per tutti gli spadaccini che un demente del genere possedesse una spada di Vetro, e non sarebbe andato, indignato, a strappargliela di mano. O piuttosto a riprenderla dal pavimento, poiché era già riuscito a perderla una seconda volta. Siirist aveva ormai capito quale fosse il destino dell’arma: rovinarsi dopo essere volata via dalle mani da checca del giovane Vaan, forse ferire, se non uccidere, qualcuno, per poi essere riposta per sempre da qualche parte, poiché Hermeppo si sarebbe prima o poi stufato di non riuscire ad impugnarla.

Dopo un po’ che assisteva ad Hermeppo che dava il meglio di sé, cioè che dimostrava ogni secondo di più di essere un completo idiota, Siirist si stufò e si avvicinò al signor Vaan.

«Scusatemi, ma avrei da fare. Potreste gentilmente pagarmi? Sono trentamila guil per la spada e sedicimila per il pugnale.»

Hermeppo interruppe i suoi esercizi e si girò verso Siirist, forse accorgendosi solo in quel momento della sua presenza.

«E lui che ci fa qui?»

«Buongiorno, signor Vaan.» rispose Siirist con un inchino, sfoderando tutta la falsa cortesia che possedeva.

«Oh, buongiorno anche a te, Ryfon.» rispose con un’espressione altezzosa Hermeppo, compiaciuto del fatto che Siirist gli dimostrava il rispetto che si meritava.

‹Non ci credo, ci è cascato.› Siirist era a bocca aperta.

«Ecco qui, ora sparisci, Ryfon.»

Il signor Vaan stava porgendo a Siirist un sacchetto contenente delle monete, che il domestico era andato a prendere. Siirist lo accettò e, dopo aver salutato tutti e aver dato un’ultima occhiata alla sala, se ne andò. Nemmeno ebbe bisogno di controllare il sacchetto dei soldi perché Vaan era un rinomato uomo d’affari, uno onesto stranamente, e non avrebbe mai barato sui soldi. Piuttosto avrebbe dato via suo figlio che non saldare un debito, o meglio incassare un credito.

‹Con un figlio del genere, anche io lo farei, effettivamente. Ora, passando a cose più serie: di quella casa so che al primo piano c’è una porta impossibile da scassinare dall’esterno e difficile da aprire anche dall’interno. Le uniche finestre si trovano in alto, poco sotto il soffitto, e passano fino al primo piano, dove diventano delle porte finestre che danno sul balcone. La cucina si trova nel seminterrato e lì ci deve essere necessariamente un camino, e probabilmente anche una porta secondaria. Va beh, dovrò controllare meglio. Tra poco è il mio compleanno, e se voglio un bel regalo, devo assolutamente entrare in quella casa!›

Riflettendo sulla giusta strategia per svaligiare villa Vaan, Siirist ritornò da Hans, aprendo il sacchetto con il denaro e riversando il suo contenuto sul bancone del fabbro. Tintinnando, uscirono quarantasei monete d’oro. Hans le prese e richiuse al sicuro nella sua cassaforte.

«Bene, e con queste sono a posto per sei mesi!» rise.

«Avresti dovuto vedere quell’ebete di Hermeppo Vaan: ci mancava poco che impugnava la spada sulla lama, per quanto era negato!»

«Non stento a crederci. Sinceramente mi disturba aver dato una delle mie armi migliori, che ho forgiato personalmente, ad un inetto del genere. Ma devo pur vendere il mio Vetro! Non è ancora conosciuto e devo fargli avere più pubblicità possibile.»

«Sì, capisco. Senti, ora devo andare. Ci rivediamo stasera dopo che hai chiuso, ok?»

«Sì, certo. Ciao!»

«Ciao, allora. E prepara un materiale più decente da farmi lavorare del ferro!»

«Vedrò che posso fare.» sorrise Hans.

Siirist, uscito, si diresse a casa di una delle tante ragazze che frequentava, ma una che non avesse legami con Hermeppo, se no lei avrebbe avuto dei problemi. Mentre camminava, ripensò alla “ginnastica” che aveva fatto neanche due ore prima con Keira e a tale ricordo accostò l’immagine, i movimenti e soprattutto la voce non propriamente virili di Hermeppo.

‹Ora capisco perché urla tanto e mi dice sempre che sono un vero uomo.› scosse la testa, sentendo il dolore della ragazza come il suo.

Arrivato davanti ad una casa a due piani, seminterrato e pian terreno, Siirist bussò alla porta e gli aprì una ragazza della sua età, sedici anni. Aveva capelli castani lunghi fino alle spalle, gli occhi verde scuro che marcavano molto il viso altrimenti delicato. Era alta 160 cm e non era particolarmente prosperosa sul seno, anche se il sedere era perfetto.

«Ciao, Siirist! Che piacere vederti!» e li diede un sonoro bacio sulla guancia.

«Sì, infatti. Senti, ti andrebbe di fare un giro?»

«Volentieri! Ma ora? Puoi aspettare qualche minuto, che mi preparo?»

«Sì, certo.»

«Dai, accomodati.»

‹E ma tanto lo so io che vuoi...›

 

Dopo un’oretta Siirist si stava infilando i calzoni, mentre Miya era in bagno a truccarsi.

‹Accidenti a me quando l’ho sedotta la prima volta! È diventata una cannibale da quella volta! Mi ha completamente sfiancato! E pensare che devo essere perfettamente attento nell’ispezione!›

Pochi minuto dopo Siirist fu raggiunto dalla ragazza che lo trovò seduto a gambe incrociate sul letto.

«Oggi mi hai deluso, Siirist.»

«E perché mai?» chiese lui, mentre infilava gli stivali.

«Perché sei durato meno del solito.» aveva il viso corrugato.

«Ma perché volevo uscire il prima possibile a fare una passeggiata in questa magnifica giornata con te, tesoro mio!» rispose lui.

Miya si sciolse subito.

‹E siamo già a due idioti che cadono per le mie false lusinghe nell’arco di un’ora e mezza.›

I due uscirono per strada e Siirist ci mise un po’ a far capire alla sua accompagnatrice che non doveva stargli troppo appiccicata, e che dovevano stare ad almeno venti centimetri di distanza, poiché in pubblico erano semplici amici: erano amanti, mica coppia fissa!

‹Se continua così, questa mi rovina la piazza…›

Arrivarono nei pressi di villa Vaan chiacchierando del più e del meno, salutando chi incontravano per strada. Ma quando i due iniziarono a girare intorno all’obiettivo del prossimo colpo di Siirist, le parole iniziarono ad uscirgli dalla bocca senza che nemmeno le pensava e neanche si accorgeva di quello che diceva lei. Questa era una tecnica che aveva messo a punto dopo quasi un anno che si frequentavano. Di solito rifletteva su come impiegare il tempo durante i suoi turni alla vigna, oppure alle conversazioni più interessanti che avrebbe intrattenuto con le ragazze con cui si sarebbe visto successivamente, di solito Keira, oppure al tipo di allenamento che avrebbe seguito più avanti nella giornata. In quel momento, però, aveva una cosa della massima importanza da fare: studiare nei minimi dettagli villa Vaan.

Proprio dietro all’edificio vide il comignolo di un camino uscire dal terreno, arrivando ad un’altezza di tre metri. Era decisamente alto per arrivarvi, ma fortunatamente cresceva una pianta di rampicanti attorno ad esso. Con noncuranza e dandosi un’aria da fico, Siirist  li strattonò leggermente per poi salirvici sopra per mezzo metro, come per mettersi in posa. Miya era estasiata. Siirist voleva solo tornare a casa e non vedere più la ragazza per almeno una settimana.

Terminato il giro di ricognizione, Siirist riaccompagnò la ragazza a casa per il pranzo, per poi tornare alla propria abitazione. Quando entrò vide sua madre sorridere di pura gioia.

«Ti ho visto in giro con Miya…» iniziò con il tono di chi la sa lunga.

«No, no, e ancora no! Non cominciare!» si preoccupò Siirist.

«è molto carina!» sorrise la donna.

«No, lascia perdere e basta! Chiamami quando è pronto!» e corse in camera.

Felice per essere scampato ad un interrogatorio, inutile oltretutto, poiché con Miya non c’era niente se non puro sesso, si sedette alla scrivania.

‹La Triade me ne scampi!› l’idea di una relazione con Miya gli dava tanto i brividi da portarlo ad appellarsi agli dei.

Dopo aver riordinato le idee, Siirist prese carta e penna ed iniziò scrivere il necessario per il piano: forcina, piede di porco, manganello, corda. I primi tre erano oggetti che si portava dietro durante ogni rapina, mentre la corda era la prima volta che la considerava, poiché gli sarebbe servita per uscire dal camino.

‹Però devo ancora controllare se la cappa è abbastanza larga da farmi passare. Da fuori sembra di sì, ma devo dare un’occhiata più da vicino.› e così tracciò un punto interrogativo sul foglio accanto a “corda”.

Subito dopo iniziò a pensare a come poter portare il suo bottino al suo rifugio segreto, oltre le mura della città.

‹Bene, ho trovato cosa fare quando sarò fuori alla vigna: ispezionare l’esterno delle mura!›

 

Arrivarono le tre e Siirist uscì dal cancello nord, trovandosi così subito nelle terre di sua proprietà, dove cresceva la vigna da cui veniva prodotto il vino Surrille. Per prima cosa si nascose dalla vista delle guardie andando dietro un capannone dove si tenevano gli arnesi necessari per la coltivazione, dopodichè si addentrò più nel bosco, per poi ritornare verso le mura. Fece tutto il giro del perimetro, ma non trovò alcuna apertura, se non i due cancelli. Allora rifece nuovamente il giro, cercando il punto dove le mura erano meno alte e lo trovò. Ripensando a come fosse strutturata la città all’interno, poi, capì che in quel punto si trovava una piazzetta con un uomo a cavallo, il primo conte di Skingrad.

è deciso, scalerò le mura da lì.›

Ma per prima cosa doveva andare a vedere se possedeva gli attrezzi necessari per la riuscita del piano appena elaborato. Per cui si addentrò nel bosco fino a che non trovò un ammasso di rocce coperte da dell’edera. Siirist la scostò e rivelò un’apertura, oltre la quale iniziava una discesa. Allora entrò nella grotta e percorse il primo tratto al buio, seguendo il percorso tenendo la mano destra accostata alla parete di terra e roccia. Alla prima deviazione, la sua mano toccò una lanterna, che accese subito. Bene, finalmente un po’ di luce. Grazie all’illuminazione che gli dava l’oggetto appena preso, Siirist continuò a scendere sempre più in profondità. Qua e là c’erano travi di legno che reggevano il soffitto e ne controllò un dato numero, verificando che non fossero marce. Solo una non superò l’esame, per cui il ragazzo si segnò nella mente che doveva sostituirla. Arrivato in fondo al cunicolo, si ritrovò in una modesta sala naturale, la quale era stata arredata con numerosi cuscini, qualche tavolo e sedia e credenza, oltre che con un saccone da pugilato ed una rastrelliera che reggeva armi di poco valore, rubate durante le incursioni di Siirist nella varie abitazioni. In più era stata rinforzata con altre travi. E così Siirist era nel suo rifugio segreto. Subito si diresse verso una delle credenze e la aprì, per poi analizzarne il contenuto: aveva tre corde di diverse misure, la più lunga di 20 m, e alcuni rampini da varia forma. Scelse quello che terminava su due uncini e legò stretta la corda attorno all’anello del rampino, opposto agli uncini. Quando ebbe finito, ricoprì il rampino di una stoffa imbottita, così che non facesse rumore quando lo avesse lanciato. Ora si poneva il problema più grande, oltre che dover controllare se il camino era abbastanza largo per permettergli di passare, quello per cui aveva sempre la maggior difficoltà a trovare la soluzione: l’illuminazione.

‹Allora, le vetrate delle finestre sono sufficientemente grandi per permettere alla luce dei lampioni di penetrare nella casa. Il problema più grande, dunque, sarà farmi strada nel seminterrato. Sarà completamente al buio e probabilmente non potrò utilizzare una lanterna o quant’altro perché lì si troveranno probabilmente anche gli alloggi della servitù. Devo riuscire in qualche modo a ritornare in quella casa per esplorarla con più calma, e solo dopo potrò elaborare un piano veramente efficace. Ma come faccio ad entrare? Non sono certo il benvenuto lì dentro! Ma certo, come ho fatto a non pensarci prima!› Siirist si colpì in fronte dandosi dell’idiota: era così facile, bastava farsi invitare!

Finito di approntare gli oggetti necessari per la missione, Siirist ripercorse i suoi passi, lasciando la lanterna dove l’aveva trovata, e ritornò all’aria aperta.

‹Intanto prendo un po’ il sole alla vigna, dopodichè torno a casa, mangio, aspetto che faccia buio per poi andare a controllare la grandezza del camino. E poi da Keira.›

 

Erano le due di notte e Siirist, vestito completamente di nero, con tanto di cappuccio, uscì dalla finestra di camera sua e salì sul tetto di casa. Da lì, acquattandosi ogni qualvolta sentisse passare una guardia per la strada, corse per i tetti di tutti gli edifici. Era proprio una fortuna che Skingrad fosse stata costruita così, con tutte le case una accanto all’altra! Mentre era diretto a villa Vaan, Siirist passò vicino a casa di Keira, per cui decise di invertire l’ordine degli impegni che si era prefissato. Ma purtroppo la ragazza abitava dall’altra parte della strada, per cui Siirist sarebbe dovuto scendere a terra. Aspettò che non ci fossero guardie nelle vicinanze, dopodichè scese agilmente a terra, con la stessa semplicità che poteva avere una scimmia nello scendere da un albero. Si trattava di anni di furti per tutta la città, tanto che per tutta Skingrad si era sparsa la voce che era lì giunta la Gilda dei Ladri.

‹Se non mi prendono alla Gilda dei Guerrieri, dovrei provare con i Ladri! Sempre che esista davvero una loro gilda e che non sia solo una leggenda.›

Arrivato dietro alla casa di Keira, proprio sotto alla finestra di camera sua al secondo piano, Siirist incominciò ad arrampicarsi su per il muro, sfruttando principalmente la grondaia, ma anche i vari appigli, se pur quasi inesistenti, formati dai mattoni: ci era voluta molta pratica prima che Siirist riuscisse a sfruttarli. Arrivato alla finestra, purtroppo priva i balcone, Siirist, reggendosi con le mani al tetto che sporgeva, busso lievemente sul vetro con il piede. Ci volle qualche minuto prima che la ragazza lo sentisse, ma poi gli andò subito ad aprire.

«Ma chi si vede! La Volpe Grigia!» scherzò lei, chiamando Siirist con il nome del fantomatico capo della Gilda dei Ladri: lei era l’unica in assoluto a conoscere il segreto del ragazzo.

Il ragazzo ridacchiò.

«Mi serve una mano.»

«No, sai che non potrai più nascondere la tua refurtiva da me. L’ultima volta mi hanno quasi beccata con quelle monete d’argento che hai lasciato qui!»

«Sì, lo so. Credimi, se potessi ancora usare casa tua come rifugio temporaneo mi risparmieresti molta fatica per il colpo che sto per fare. E poi non mi è parso che tu abbia tanto disdegnato la gonna che ti ho regalato!»

«Sono una donna, dopotutto.» sospirò lei.

«Sì, lo so bene. Ora ascoltami bene, mi serve che mi organizzi un incontro.»

E Siirist spiegò tutto il suo piano.

«Mi prendi in giro.» rimase a bocca aperta Keira.

«Mai stato più serio.» sorrise divertito lui, con aria furba.

«Non è da te, di solito ti piacciono le sfide. Prendere in giro quello lì, invece, è una stronzata!»

«Sì, ho già avuto modo di testare la spiccata intelligenza mancante.»

«Ecco perché oggi eri in giro di Miya nei pressi di villa Vaan. Immagino che tu abbia ingannato pure lei, vero? Sei proprio uno stronzo, abusare così della gente poco intelligente.»

«Si chiama legge del più forte. E cos’è quel tono nella tua voce? Gelosia, forse…?»

«Assolutamente no. Io e te siamo solo amici. Se trovassi una ragazza sarei solo felice per te.»

«Amici di sesso, vorrai dire.»

«Ti prego, ne ho bisogno! Dopo quello che passo con Hermeppo!»

«Sì, lo so.» rise Siirist.

«Amici per sempre.» sorrise dolce Keira.

«Amici per sempre.» rispose lui.

Con un abbraccio i due si congedarono, d’accordo per vedersi l’indomani alla statua del primo conte, e Siirist si diresse silenzioso come una tigre a caccia, scivolando come un’ombra tra i vicoli. Arrivato a villa Vaan andò immediatamente verso il camino della cucina, arrampicandosi su per la rampicante. Felicemente poté constatare che essa reggeva fino in cima. Ma arrivato lì, fu come colpito da un fulmine: nonostante, grazie ad una piccola lanterna che illuminava la cappa, essa fosse più che sufficiente per permettergli di entrare ed eventualmente anche uscire, era bloccata da una pesante grata.

‹Devo assolutamente riuscire a rimuoverla.›

Senza perdersi d’animo, il ragazzo iniziò subito a cercare leviti della grata, perché dovevano necessariamente esserci: non le trovò. Siirist iniziava a preoccuparsi: il suo brillante piano rischiava di finire alla malora.

Imponendosi di stare tranquillo e di rifletterci su meglio, ritornò a casa. Intanto il giorno dopo si sarebbe visto con Keira ed il suo piano avrebbe progredito. Poi, nel caso non avesse trovato un modo per rimuovere la grata, avrebbe trovato un’altra soluzione. Niente poteva fermarlo.

 

L’indomani Siirist uscì per l’appuntamento con Keira, indossando tunica e calzoni verde oliva e degli stivaletti beige. Quando raggiunse l’amica alla piazzetta dedicata al conte, la trovò in compagnia di altre undici ragazze, con cui non era andato a letto sono con due di esse, e, in mezzo a tutte, lui: Hermeppo Vaan. Alla cintola teneva il suo nuovo pugnale di Vetro e si dava arie da duro. Siirist era sempre più perplesso.

‹Nonostante cerchi di sembrare un macho, a me ricorda sempre una gallinella strozzata.›

«Ryfon! Che ci fai qui? Vuoi combattere?» si vantò ancora la cornacchia gracchiante.

Siirist si limitò a guardarlo stupito, sollevando un sopracciglio. Le ragazze ridacchiarono impercettibilmente, e tutte quelle che erano amanti lo salutarono con un movimento della mano alle spalle di Hermeppo. Tranne Keira, che si stava preparando a godersi la scena.

‹Sto per umiliarmi, ne sono cosciente, ma devo farlo.› Siirist deglutì amaramente.

Corse verso Hermeppo con un’espressione di ammirazione e si inginocchiò a lui.

«Grande Vaan, non mi ero mai reso conto di quanto tu fossi straordinario! Ma ieri, a casa tua, dopo che ho assistito alla tua maestria con la spada, non ho potuto che pensare a te! Ti prego, insegnami! Anche io sogno di entrare nella Gilda dei Guerrieri! E se entreremo insieme sarò il tuo fedele servitore!»

Tutti i presenti, a parte Keira ovviamente, rimasero stupefatti, Hermeppo in primis.

«Da-davvero…?» non credeva alle sue orecchie.

Anche le amanti di Siirist non riuscivano a crederci: il loro uomo, sempre così sicuro di sé, che si prostrava in quel modo a quello smidollato di Hermeppo? Alcune pensarono che non sarebbero più andate a letto con Siirist, altre, quelle che lo conoscevano meglio, erano invece sicure che stesse tramando qualcosa. Non che sospettassero nemmeno lontanamente che fosse lui il fantomatico ladro che rapinava le case di Skingrad! Keira a stento tratteneva le risate. Siirist a stento tratteneva un conato di vomito.

‹Non riesco a credere di averlo fatto davvero…› era disgustato di sé stesso.

«Ah, beh… ma certo! È naturale che tu sia rimasto colpito dal mio talento! – e scoppiò in una fragorosa risata – Non lo sai? Io diventerò il Mastro della Gilda dei Guerrieri! Guarda, al momento sono impegnato, però puoi passare a casa più tardi verso le sei. Vedrò di darti qualche dritta.» disse con aria superiore.

è fatta!› con la testa china, così che nessuno lo potesse vedere, Siirist sorrise.

Era un sorriso sinistro, tanto che pure gli occhi gli si illuminarono di una luce contorta.

«Grazie! Infinitamente grazie!» esclamò alzando di scatto la testa, dopo aver trasformato la sua espressione: aveva ora un’aria di devozione senza limite.

Finita la patetica scenetta, Siirist si alzò, si inchinò per un’ultima volta ad Hermeppo, per poi ritornare a casa.

‹Avrò sicuramente perso qualche amante, ma peggio per loro. A me nemmeno importa particolarmente di loro, sono solo un passatempo per quando non ho nulla da fare.›

Tornato a casa, Siirist fece un po’ di ginnastica: allungamenti, flessioni, trazioni, addominali e quant’altro. Dopodichè andò da Hans.

«Oh, finalmente sei qui! Devo andare a forgiare un’ascia e mi ci vorrà un’oretta. Non è che potresti tenere d’occhio il negozio, intanto?»

«E se tenessi tu d’occhio il negozio mentre io forgio l’ascia?»

«Ma non credo proprio! E poi non ti ho mai nemmeno insegnato a forgiare un’ascia!»

«Ah già, hai ragione. V beh, facciamo come dici tu, allora.»

«Chiaro, sono io il capo!»

«Ma se nemmeno mi paghi!»

«Sei un commesso o il mio apprendista? O meglio mezzo apprendista, visto che vai e vieni come ti pare.»

«Sì, ho capito.»

«Bravo.»

E Hans si ritirò nel seminterrato da cui, una decina di minuti dopo, arrivò sempre più forte il suono del martello che batteva sul metallo.

Fu allora che entrò un cliente. Non era sicuramente uno di Skingrad, poiché Siirist non lo aveva mai visto.

«Buonasera sera. Mastro Hans è fuori?»

«No, signore, è di sotto a forgiare un’ascia. Se desiderate compare qualcosa, sono al suo servizio.»

«Effettivamente sì, avrei bisogno di una lancia.»

«Ma certo, sono tutti lì esposti. Scegliete pure quella che vuole.»

L’uomo si avvicinò allo scaffale delle lance e ne impugnò diverse, saggiandole con il semplice tocco della mano. Sembrava molto esperto di quel tipo di arma. Ma improvvisamente compì un movimento che fece scattare Siirist. L’uomo stava per correre via dall’armeria senza pagare! Allora il ragazzo afferrò un pugnale e lo lanciò contro la gamba dello sconosciuto, facendolo cadere in avanti. Ma quello si riprese e scagliò la lancia verso Siirist, che però si era abbassato: l’arma si conficcò nella parete dietro al bancone. Allora Siirist si munì di una spada di acciaio orchesco ad una mano e di un altro pugnale, per poi saltare fuori dal bancone e lanciare il pugnale, questa volta diretto al braccio destro dell’avversario. Ma sbagliò. Sia perché aveva lanciato l’arma con la destra, sia perché era un bersaglio difficile, ed il pugnale mancò l’uomo di una ventina di centimetri ed andò a rompere una delle finestre del negozio.

‹Merda!›

L’uomo, intanto, aveva estratto il primo pugnale dalla gamba e si era preparato a lanciarlo contro il ragazzo, quando irruppero le guardie.

«Fermo lì! Getta a terra il pugnale o sei morto!»

Con le punte delle spade delle guardie a poca distanza dal collo, lo sconosciuto lasciò cadere a terra il pugnale. Mentre una della guardie lo portò via dopo avergli ammanettato le mani, l’altra si avvicinò a Siirist per assicurarsi se stesse bene e per sapere cosa fosse accaduto.

«è entrato affermando di voler comprare una lancia, ma poi ha cercato di fuggire senza pagare. Poiché non è uno di Skingrad ho immaginato che fosse un ladro venuto da fuori o qualcosa del genere, per cui gli ho lanciato un pugnale nella gamba per fermarlo. Ma poi mi ha scagliato contro la lancia, – e indicò l’arma conficcata nel muro – che fortunatamente sono riuscito ad evitare. Allora gli sono andato in contro con questa spada ed un altro pugnale, ma la seconda volta non l’ho colpito e il pugnale è finito per strada.»

«E direi che è stata una fortuna, visto che ci ha attirati! Bravo, Siirist.»

«Ma chi era?»

«Un bandito ricercato. Abbiamo arrestato la sua banda ma lui ci è sfuggito. Non riesco proprio a capire come abbia fatto ad entrare in città senza che ce ne accorgessimo.»

A Siirist venne un’idea improvvisa.

«E ora dove lo porterete?»

«Alla prigione cittadina, naturalmente. Poi contatteremo Imperia e ci faremo mandare un carro blindato per portarlo alla grande prigione di Cyrodiil. »

«Bene, mi sento più al sicuro sapendo che è in mano vostra.»

«Dovere!» rispose la guardia, per poi andarsene.

‹Perfetto! Questa è la mia occasione!› e l’espressione di Siirist era nuovamente come quando aveva la testa china davanti ad Hermeppo.

L’unico problema era che la prigione cittadina si trovava nella stessa rocca del palazzo del Conte, oltre le mura della città, su un’altura collegata al resto di Skingrad da un ponte, ed entrare nel posto più protetto della città non sarebbe stato facile, e se voleva riuscire doveva rimettere insieme tutte le informazioni che possedeva.

‹Pare che questa sia la settimana delle imprese impossibili.›

Per raggiungere il palazzo bisognava stare fuori dalle mura, e per fare questo doveva uscire prima che fosse buio, altrimenti i cancelli sarebbero stati chiusi. Conosceva benissimo il percorso più sicuro per raggiungere il palazzo e i punti in cui stazionavano le guardie di pattuglia. Oltre a ciò, conosceva la strada per la prigione, poiché aveva accompagnato Hans una volta che bisognava riparare una delle celle. L’unico problema vero era la guardia che stava perennemente davanti alla porta che conduceva alle celle.

‹Quella sarà una vera seccatura.› commentò mentalmente stendendosi sul prato del cortile dietro caso.

Preparato il piano, metà del gioco era fatto: ora bisognava solo aspettare che fosse notte.

Intanto erano arrivate le sei, per cui andò dai Vaan per la sua “lezione di scherma” con Hermeppo.

Il giovane si presentò davanti all’abitazione dei Vaan e bussò sul battente. Poco dopo arrivò il maggiordomo, che lo accolse.

«Buonasera, signor Ryfon, vi stavamo aspettando. Il signorino è di sopra. Ora vi mostro la strada.»

«Grazie, molto gentile.»

Siirist fu condotto su per le scale e ogni suo neurone era dedito a memorizzare anche il più piccolo particolare di quella casa. Vi erano due rampe di scale, dopodichè si arrivava ad un salotto, con al centro un camino aperto a 360°, con la cappa che scendeva dal soffitto ed era distaccata dalla base, attorno a cui si trovavano quattro divani. Nella parte a sinistra era raffigurato un rettangolo sfruttando quattro pezzi di mobilio: due divani, che erano i lati lunghi, e due poltroni, per i lati corti. Al centro della figura geometrica, poi, c’era un tavolino di pegno, anche esso rettangolare. Nella parte destra, cioè esattamente davanti alle scale da cui provenivano i due, due grandi librerie occupavano entrambe le pareti dove erano situate. A terra vi erano in tutto due tappeti, uno a destra e l’altro a sinistra. Il fatto che non ci fosse mobilio nella parte destra e che ci fosse solo quello spazio vuoto, incuriosì Siirist. Il domestico continuò a condurre l’ospite verso l’ultimo piano, che si raggiungeva grazie ad altre due rampe di scale, situate davanti ai mobili a forma rettangolare. Salite le scale, Siirist si ritrovò su un pianerottolo su cui si aprivano quattro porte. Il domestico si avvicinò alla prima e bussò. Poco dopo uscì Hermeppo, e *Siirist non riusciva a credere ai suoi occhi: sbigottito, guardava dritto davanti a sé. No, una cosa del genere non poteva esistere davvero, non poteva assolutamente essere concepita da mente umana.

«Ti vedo colpito, Ryfon. Ti piace la mia corazza?» domandò Vaan con un’aria da superiore.

Allora ecco di cosa si trattava! Effettivamente aveva l’aria di qualcosa che Siirist aveva già visto, e, a guardarla bene, si potevano anche intravedere i tratti caratteristici di una corazza: il busto metallico più voluminoso rispetto al corpo, le braccia lasciate scoperte, come il collo… Ma c’era in quell’oggetto un qualcosa di incredibile.

«Una corazza… ricoperta di pizzo…?» la mandibola di Siirist stava per arrivare a terra.

«Certo! Per renderla più elegante ed adatta alla mia persona! Ho disegnato io stesso le decorazioni!»*

Siirist non riusciva ancora a credere che doveva farsi dare lezioni di scherma, anche se era tutta una finta, da una persona che indossava una corazza ricoperta di pizzo viola con motivi floreali bianchi e rosa, con due delicati veli ricamati che coprivano le spalle e la parte più vicina al collo. Era inaccettabile.

‹Calmati, ingoia e fai una faccia tranquilla. Ti sei umiliato nel bel mezzo della città per avere la possibilità di entrare in questa casa. Ora devi solo andare di sotto e l’avrai vista tutta, escludendo le stanze da letto.› si impose Siirist.

«E ti si addice splendidamente, grande Hermeppo!» esclamò dunque, con una sorta di tic nervoso all’occhio e un sorriso così finto che pareva avesse una paresi facciale.

Ma dopotutto era stato un commento sincero: era una corazza da finocchio. E Hermeppo parve apprezzare.

«Allora, vogliamo cominciare?» propose Vaan.

«Certo!»

«Allora vieni dentro e scegli la tua spada.»

Siirist si accomodò nella camera di Hermeppo e guardò la rastrelliera di armi che possedeva. Rimase sbigottito nel vedere tutto il ben di dio che c’era: spade di varie forme e dimensioni, lance, scudi, gambali e bracciali, asce. C’erano anche alcune mazze. Hermeppo notò che Siirist guardava quelle e gli si avvicinò.

«Sono state le mie prime armi.»

‹Non avevo dubbi, sono armi da decerebrati.› commentò mentalmente, mentre annuiva.

Siirist allora prese una spada ad una mano e la esaminò attentamente, notando che era in perfette condizioni. Pareva essere di acciaio orchesco o di acciaio del nord, non ne era sicuro.

«Di cosa è fatta questa?»

«Acciaio orchesco. Era la mia spada prima di questa di Vetro.»

E Siirist trovò la scusa perfetta per visitare il seminterrato.

«Vedo però che non ci sono altre spade ad una mano e mezza. E poi l’acciaio orchesco, nonostante sia ottimo, si rovinerà dopo un duello contro il Vetro. So, poiché le avete prese da Hans, che le guardie personali di questa casa sono equipaggiate con armi in mithril, e che uno usa una spada ad una mano e mezza. Non potremmo prenderla in prestito?»

Hermeppo soppesò le parole dell’ospite e per una volta fece una faccia che aveva un che di intelligente.

‹Ma allora sa pensare anche lui!› si stupii Ryfon.

«Forse hai ragione.»

Basta, fine. Dopo cinque minuti di ragionamento, l’unica cosa che Hermeppo aveva saputo dire era “forse hai ragione”.

«Allora andiamo agli alloggi delle vostre guardie private?» domandò Siirist, tentando disperatamente di restare calmo.

«Oh, ma naturalmente! Si trovano nel seminterrato. Forza, Dan, sbrigati!» intimò poi al povero domestico.

I due, dunque, ritornarono al pian terreno, preceduti dal maggiordomo, il quale aprì la porta di legno che conduceva al seminterrato, facendo passare i due ragazzi; il primo che camminava come una gallina, un’oca o qualunque altro uccello ridicolo, l’altro come un normale eterosessuale. Le scale che stavano percorrendo erano anch’esse a due rampe, per poi arrivare in una grande camera, larga quanto la metà della casa.. Il soffitto era retto da travi di legno a cui erano appesi prosciutti e salami. Nella parete di fondo si trovava la cucina, e subito Siirist guardò il forno, da cui naturalmente proveniva il camino. Il fondo era enorme, evidentemente ci venivano cucinati spesso animali interi, quando i Vaan organizzavano importanti cene.

‹Perfetto.›

L’altra metà della stanza, che era separata da una parete di legno, accoglieva i letti dei vari servitori; rastrelliere reggenti armi ed armature si trovavano accanto a quelli delle guardie. Alcune di esse erano a dormire, ma si svegliarono subito, sia perché erano abituati a scattare al minimo suono, sia perché Hermeppo aveva acceso la luce senza curarsi del fatto che magari le guardie del turno notturnovolevano dormire.

«Dhorn, ci serve la tua spada.» ordinò Hermeppo.

L’uomo in questione non capiva, ma aveva bene imparato che era meglio fare come gli veniva chiesto senza nemmeno discutere. Si alzò, prese la sua arma e la pose al padrone.

«Per lui, idiota.» reagì Vaan, colpendo il guerriero su una spalla.

Siirist notò negli occhi della guardia un lampo d’odio, ma così fugace che nessun altro se ne avvide. Forse c’era un modo per sfruttare tale disprezzo.

Come il ragazzo ebbe ricevuto la spada dalle mani della guardia, e che lo ebbe ringraziato con un mezzo inchino, lui ed Hermeppo uscirono dagli alloggi della servitù. Automaticamente Siirist si diresse verso le scale, mentre Hermeppo verso la parete dove si trovava la cucina.

«Ma dove vai? Dobbiamo andare in cortile!» esclamò Vaan con il suo solito fare da superiore.

«Infatti stavo andando di sopra…» incominciò Siirist.

«Idiota, c’è una porta nascosta!»

Siirist ringraziò che ci fosse la penombra, perché altrimenti i suoi occhi illuminati dalla gioia sarebbero stati notati da chiunque, anche da un cretino come Hermeppo. Questi salì delle scale che si trovavano opposte a quelle da cui erano scesi, che Siirist non aveva notato per via della scarsa luminosità, in cime alle quali si trovava una porta. Il giovane padrone di casa semplicemente abbassò la maniglia e spinse la porta. Doveva essere molto pesante, perché dovette usare tutto il suo corpo per spingere. O semplicemente era una schiappa lui. Sì, probabilmente era la seconda. Era riuscito solo a sfessurarla un po’ quando fu raggiunto dal maggiordomo che lo aiutò, spalancando la porta apparentemente senza sforzo.

‹Sì, decisamente la seconda possibilità.›

Allora Siirist, brandendo la spada e saggiandone la pesantezza, raggiunse gli altri due. Quando fu all’aria aperta, notò che la porta aveva dalla parte esterna dei mattoni a coprirla, così da poterla mimetizzare perfettamente e che era stata bloccata con un masso.

«Perché la si blocca?»

«Perché si apre solo dall’interno. Se si dovesse chiudere, dovremmo fare tutto il giro fino alla porta principale.»

La spiegazione non piacque a Siirist.

‹Ma almeno ho una sicura via di fuga.›

«Dunque, cominciamo subito. Come prima cosa, poiché hai anche tu una spada ad una mano e mezza, devi impugnare con la destra sotto la guardia, e con la sinistra per metà sull’impugnatura e per metà sul pomolo.»

«Veramente sono mancino, per cui dovrei farei il contrario.»

«Beh, sì… presumo di sì…» Hermeppo nemmeno sapeva cosa rispondere.

Subito dopo che Siirist si fu fatto spiegare come doveva impugnare la spada, chiedendo anche altre due volte a Hermeppo di rifargli vedere la posizione, i due iniziarono dei movimenti, fatti prima da Vaan, poi copiati da Ryfon. E nuovamente Siirist adottò la sua tecnica di pensare ad altro mentre faceva o diceva qualcosa.

‹Effettivamente l’intelligenza di Hermeppo e di Miya è simile.› constatò il ragazzo.

Finiti gli esercizi di riscaldamento, i due ragazzi ingaggiarono un breve duello, e Siirist si fece disarmare una decina di volte. Dopo che si fu arreso all’incredibile bravura di Hermeppo, Siirist sospirò dicendo che avrebbe abbandonato il sogno di entrare nella Gilda dei Guerrieri, poiché se tutti erano così forti come Vaan, non ce l’avrebbe mai fatta. Questi, nel sentire talli parole, proruppe in una fragorosa e fastidiosa risata. Al pensiero di “patetico”, Siirist ritornò nel seminterrato per restituire la spada al legittimo proprietario, ma lo trovò a metà delle scale.

«Perché hai fatto finta di essere un incapace?»

Siirist doveva immaginare che un occhio esperto se ne sarebbe accorto. Dopo aver guardato l’uomo con un sorriso ed uno sguardo furbi, gli riconsegnò la spada.

«E chi lo sa?» rispose poi, avviandosi verso l’esterno.

 

Verso mezzanotte, Siirist si trovava nel suo rifugio. Aveva detto ai genitori che sarebbe rimasto da Hans per forgiare durante la notte, poiché doveva assolutamente stare fuori da Skingrad prima che venissero chiusi i cancelli della città, poiché tra le dieci di sera  e le cinque del mattino nessuno entrava o usciva. Il ragazzo era sgattaiolato fuori verso le nove, subito dopo cena, riuscendo ad eludere facilmente le guardie. Ora si stava preparando per la sua visitina alla prigione cittadina, e, mentre aspettava la una e mezza, ripuliva la sua rastrelliera per le armi.

«Ti devo pulire, sai? Perché tra qualche giorni dovrai reggere una spada ed un pugnale di Vetro! Gentile regalo dei Vaan per il mio imminente compleanno!» sorrise il ragazzo.

‹E poi devo arredare un po’ meglio questo posto, che è un po’ spoglio.› constatò guardandosi intorno.

 

 

~

 

 

Si ringrazia calorosamente Prof per il suo permesso nell’utilizzare alcune sue citazioni dalla fic De Animorum Fabulis (che raccomando caldamente!), che sono state segnate con *. Il primo * indica una frase tratta direttamente tratta dalla storia di Prof, anche se ho cambiato le parole. Gli altri due *, invece, stanno ad indicare una serie di frasi scritte ispirandomi ad una delle scene più divertenti di De Animorum Fabulis.

 

Seconda cosa, nel creare Hermeppo sono andato contro una delle cose che ho scritto nella premessa alla fanfic, cioè che tutti i personaggi sono originali. Si tratta, infatti, dell’Hermeppo di One Piece, che compare quasi all’inizio di tutta la storia. È un personaggio così ridicolo che non ho potuto che inserirlo! Ma tanto è un personaggio di poca importanza, che scomparirà a breve.

 

Il prossimo capitolo si intitola UN MISTERIOSO POTERE

  
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