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Autore: Sai Sama    15/08/2009    1 recensioni
Lavoro arrivato terzo al concorso "Write and Sing" e pubblicato sull'omonima raccolta. Scritta poco dopo il terribile terremoto che ha scosso l'Aquila, narra in poche parole i sentimenti e le sensazioni che io ho immaginato uno di quei fortunati sopravvissuti potesse provare.
Genere: Triste, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Blindness

Blindness

 

Era stata una serata normale, passata con gli amici in un pub,  a ridere senza un vero motivo, solo per la gioia di poterlo fare, a bere una birra lamentandosi di quanto quella tedesca fosse più buona, ricordare la gita di quinto liceo, e le canne, e le fughe dall'ostello.

Non potevo immaginare quello che sarebbe successo…

Serena era sempre accanto a me, pronta a sorreggermi quando rischiavo una brutta slogatura a causa dei tacchi stratosferici che avevo deciso di mettermi, pur non sapendoli portare, a ridere di una mia battuta, neanche troppo divertente a volte, quando si è ubriachi succede.

C'era un freddo cane quella notte, e il cappotto corto non mi copriva a sufficienza.

Per questo io e Serena rientrammo prima nella nostra camera alla casa dello studente, rabbrividendo senza smettere di ridacchiare come due sceme.

Avremmo avuto da studiare a dire il vero, ma per quella notte rinunciammo, eravamo troppo stanche, e sbronze.

Una doccia calda veloce e poi a letto, sotto le coperte calde, pronte a sognare il nostro futuro.

Morfeo ci aveva aperto le porte della sua festa da un po’ quando un boato gigantesco sferzò l'aria, facendoci svegliare.

Accendemmo la luce sul comodino e ci guardammo confuse, non ancora spaventate, soltanto…assonnate, ma prima che ci potessimo svegliare la terra prese a tremare, con una forza che non avevo mai visto.

La libreria sembrava quasi dotata di vita propria e fu solo grazie a non so quale divinità che non ci finì addosso.

Ormai completamente sveglie corremmo verso la porta e poi nel corridoio, cercando di evitare i pezzi di intonaco che cadevano nel soffitto.

Mano nella mano, per la paura di perderci, ma poi il pavimento crollò, e con lui Serena, che sparì in una voragine più nera dell'oscurità che ci circondava.

Mi affacciai a tentoni, cercandola freneticamente, chiamandola, senza ricevere risposta.

Altri ragazzi mi passarono vicino, cercando disperatamente la salvezza, anche io dopo qualche secondo, che mi sembrò un'eternità, mi allontanai, cercando di raggiungere il portone.

Un muro mi cadde completamente davanti, impedendomi l'uscita, cercai di scavare, ferendomi le mani, spezzandomi le unghie, e urlando di paura.

Sentii uno schiocco sopra la mia testa e alzai lo sguardo, anche se nel buio non vedevo nulla, ero cieca.

Il soffitto mi crollò sopra, e qualcosa mi colpì la testa, facendomi perdere i sensi.

Quando li riaprii ero ugualmente cieca, ma la terra non tremava più.

Non vedevo, la polvere mi copriva gli occhi.

Mossi le mani intorno a me, cercando ci capire dove mi trovavo, se fossi viva…

Stavo dormendo fino a cinque minuti fa, sognavo, addirittura, e ora…

Ora non sapevo.

Dovevo essere viva, il mio corpo si lamentava, il dolore di faceva sentire e qualcosa di caldo mi scivolava sulla fronte, sangue forse.

C'erano rumori ovattati, quasi provenissero da molto lontano, da troppo lontano.

Ma  delle braccia forti mi afferrarono, tirandomi verso l'alto, sentivo voci gridare, il naso umido di un cane che mi accarezzò la guancia.

Quasi inconsciamente alzai una mano, o forse immaginai solo di farlo, e la passai sul pelo folto del cane, che mi ricompensò con una leccata amichevole.

Ero viva!

Esultai, iniziando a lottare a mia volta per districarmi dalle macerie, che, come orribili mostri, cercavano di trattenermi.

Ed il primo respiro dell'aria pulita fu come fuoco nei polmoni, ma io volevo morire bruciata.

Altri respiri e poi la tosse, strazianti colpi di tosse che mi squarciarono il petto.

Ma ancora ero contenta, perché in quel momento, tra la polvere che era ancora alzata, vedevo.

Qualcuno, forse una volontaria, rammento solo la sua voce gentile, mi portò dell'acqua, con gratitudine presi il bicchiere d'acqua che mi porgeva e inghiottii il prezioso liquido, che lenì, almeno in parte, il dolore al petto.

Ero salva eppure…eppure sentivo che mancava qualcosa, qualcosa di importante, ma non riuscivo a ricordare.

Mi sfregai gli occhi, cercando di portare la via la patina che li rendeva ciechi, incurante del dolore e delle parole agitate che mi venivano rivolte, DOVEVO ricordare.

Un viso, un sorriso, si formarono nella mia mente, nebulosi, come il mio primo sguardo al mondo dopo essere stata tirata fuori dalle macerie.

Pian piano si schiarirono, e io rammentai ciò che mi ero dimenticata.

-Serena!-

Non riuscii a pensare che quella voce fosse la mia, così gracchiante.

Cercai di alzarmi, ma mi tenettero ferma, feci forza, mi ribellai, lottai, come prima avevo lottato contro le macerie.

Lì dentro c'era la mia amica, non potevo lasciarla sola, dovevo salvarla!

Un vigile mi si avvicinò, mi poggiò una mano sulla spalla, i suoi occhi erano stanchi, erano occhi di chi avrebbe voluto non aver visto.

Senza parlare mi condusse dove un lenzuolo bianco era poggiato a terra, con delle macchie di sangue sopra.

Io non potei fare a meno di fissarlo, sconvolta.

Fece un cenno ad un suo compagno, e il lenzuolo venne sollevato.

Urlai, ma non me ne accorsi, non sentii neanche il suono.

Davanti ai miei occhi c'era il viso di Serena, sangue scorreva sulla terra traditrice, e io chiusi gli occhi, desiderando di tornare ad essere cieca.

   
 
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