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Autore: Final_Destiny98    04/08/2020    0 recensioni
Bokuto Koutarou socchiuse gli occhi cercando di addormentarsi. Erano le tre del mattino, ma evidentemente il suo nuovo vicino non sembrava essere interessato alla cosa e continuava a suonare indisturbato il pianoforte come se abitasse in una casa solamente sua. Ma Koutarou sapeva bene invece che avevano un intero muro in comune, per cui sentiva chiaramente tutte le sue prove agli orari più assurdi.
[BokuAka week day 4: Neighbor AU]
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Keiji Akaashi, Koutaro Bokuto
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Akaashi Keiji chiuse per bene l’ultimo scatolone e si alzò in piedi prima di passare una mano sul viso affaticato. Si guardò attorno per osservare le pareti dell’appartamento ormai spoglio e sospirò di sollievo all’idea di aver finalmente finito di impacchettare tutte le sue cose: non doveva fare altro che aspettare la ditta di trasporti e poi sarebbe potuto partire per raggiungere la sua nuova casa. Prese una bottiglia d’acqua dal pavimento e bevve a collo diversi sorsi, poi si fece forza e raccolse anche l’ultimo scatolone per portarlo fuori.
  I suoi occhi azzurri scrutarono per alcuni minuti le colline tranquille davanti a loro; aveva sempre vissuto in un piccolo paese lontano dalle grandi metropoli, ma aveva deciso da diverso tempo che la sua vita aveva bisogno di una svolta, e si era detto che di certo non l’avrebbe trovata in un luogo come quello. Aveva così preso in affitto una casa in città, convinto del fatto che cambiare aria l’avrebbe aiutato a realizzare uno dei suoi più grandi sogni: essere notato per la sua musica e per le sue composizioni. Aveva pensato che le possibilità di farsi strada in città erano di molto superiori a quelle nel suo paesino, e aveva colto la palla al balzo quando un amico di famiglia l’aveva avvisato che era disponibile una casa non troppo grande vicino al centro. Keiji sapeva di star per compiere un grande passo e che, anche volendo, avrebbe avuto difficoltà a tornare sui suoi passi, ma era fiducioso e sicuro di sé: conosceva le sue capacità e il suo talento al pianoforte. Tutto ciò che doveva fare era allargare i propri orizzonti, e questo comportava dei cambiamenti essenziali nella sua vita.
  Suonava il pianoforte sin da quando ne aveva memoria. Non riusciva a immaginare se stesso senza lo strumento e voleva farne il suo futuro: suonava e componeva, aveva studiato la sua storia e quella della musica in generale, aveva imparato ad apprezzare qualsiasi genere e ascoltava artisti da tutto il mondo, ma il suo grande amore sarebbe sempre rimasto il suo strumento. La sensazione unica che provava mentre le dita scorrevano lente o veloci sui tasti bianchi e neri, la melodia che riempiva la stanza e lui stesso facendolo quasi sentire estraneo al mondo, tutto era come la prima volta: come nel più grande degli amori, Keiji non si stancava mai e non aveva mai avuto un dubbio. Era nato con uno straordinario talento che aveva affinato con la pratica, ed era arrivato il momento per lui di trovare la sua strada sfruttandolo.
  Akaashi sorrise passando le mani tra i capelli neri e poi le mise sui propri fianchi, respirando profondamente: gli sarebbe mancata quell’aria, ma era pronto.

Bokuto Koutarou socchiuse gli occhi cercando di addormentarsi. Erano le tre del mattino, ma evidentemente il suo nuovo vicino non sembrava essere interessato alla cosa e continuava a suonare indisturbato il pianoforte come se abitasse in una casa solamente sua. Ma Koutarou sapeva bene invece che avevano un intero muro in comune, per cui sentiva chiaramente tutte le sue prove agli orari più assurdi. Sospirò lanciando un’occhiata all’orologio e gli venne voglia di mettersi le mani nei capelli al pensiero che nel giro di tre ore si sarebbe dovuto svegliare per andare all’università. Si mise a sedere e il lenzuolo leggero scivolò dal suo corpo rivelando gli addominali, poi decise di alzarsi in piedi. Provò a battere le mani contro la parete alcune volte – normalmente non l’avrebbe fatto, ma da settimane la questione andava avanti ed era veramente al limite della sopportazione – ma non sembrò avere effetto: le note continuarono a susseguirsi indisturbate, come se lui non avesse fatto niente.
  Koutarou aveva visto il ragazzo un paio di volte dalla finestra, ma mai in viso. In qualche modo riusciva sempre a sfuggirgli, ma aveva comunque capito che era giovane con al massimo un attimo più piccolo di lui. Aveva capelli scuri e indossava gli occhiali da vista, vestiva in maniera elegante anche se alla moda. Sembrava che uscisse tutti i giorni e Bokuto aveva così pensato che dovesse frequentare l’università, ma non l’aveva mai visto nei luoghi di solito frequentati dai coetanei e non aveva ancora capito allora dove andasse così spesso. Da alcune settimane, però, da quando era arrivato, suonava il pianoforte durante la notte per ore e ore, impedendogli di dormire: a volte i brani conciliavano il sonno grazie al loro ritmo e tono, ma altre invece non gli facevano chiudere occhio.
  Il suo amico Kuroo gli aveva suggerito di parlargli, ma non aveva mai davvero trovato l’occasione per farlo. Il momento più fastidioso era la notte, quindi avrebbe dovuto farlo allora, ma ogni volta si diceva che avrebbe preso coraggio il giorno dopo – e ovviamente rinunciava. Ormai però non poteva più ignorare la cosa, così decise di vestirsi alla meno peggio e di risolverla una volta per tutte: non poteva certo continuare ad addormentarsi così tardi per poi svegliarsi all’alba – le ore piccole non erano un problema per lui una volta alla settimana, ma in quel caso stavano diventando fastidiose.
  Scese le scale, attraversò senza pensarci il corridoio e uscì di casa, andando in quella immediatamente successiva che aveva però l’ingresso separato dalla propria. Non faceva troppo freddo e i lampioni illuminavano solo parzialmente la strada deserta; apprezzava particolarmente quelle ore silenziose, anche se non disprezzava i rumori della città nel pieno mezzogiorno.
  Sbadigliando, tenne premuto per alcuni secondi il pulsante del citofono. Il ragazzo non aveva sentito le mani contro alla parete, per cui Koutarou pensò di ripetere il gesto almeno un paio di volte finché le note non smisero di risuonare dall’edificio. Una luce al pianterreno si accese e tirò un sospiro di sollievo: finalmente sarebbe riuscito a parlare con lui.
  «Chi è?», sentì chiedere. Era titubante, ovviamente, visto l’orario.
  «Ciao, sono Koutarou Bokuto. Il tuo vicino», rispose a bassa voce. Era stanco, molto più di quanto pensasse.
  «Oh. Certo, entra pure», mormorò. Sembrava teso, forse perché si era reso conto di aver suonato fino a tardi. Koutarou sorrise: doveva essere sensibile.
  Il cancello si aprì con uno scatto e lui entrò nel piccolo giardino, poi camminò fino all’ingresso. La porta era appena socchiusa, così infilò una mano tra questa e il muro per aprirla; cigolò leggermente mentre lui chiedeva il permesso di entrare.
  «Vieni pure», si sentì dire. Chiuse la porta alle proprie spalle e si voltò verso la cucina.
  Per alcuni secondi rimase in totale silenzio. Il ragazzo davanti a lui aveva lineamenti fini, due occhi dal particolare colore azzurro – forse si avvicinavano al grigio? - e labbra sottili; i capelli neri erano non troppo lunghi e contrastavano con la carnagione pallida. La combinazione degli occhi chiari uniti a questi piacque a Koutarou, lo attirò come una calamita. Sorrise, e l’altro ricambiò imbarazzato.
  «Devo averti dato fastidio in questo periodo. Scusami, non credevo che nella casa accanto abitasse qualcuno», spiegò con voce gentile. «Mi chiamo Akaashi Keiji, è un piacere conoscerti anche se in questa situazione imbarazzante».
  Koutarou ridacchiò. Era un ragazzo davvero perso nel suo mondo per non essersi nemmeno accorto di avere dei vicini, ma poi si rese conto che era davvero difficile per loro incontrarsi. In ogni caso le luci di casa sua erano accese durante la sera, quindi si disse che quella sorta di enorme malinteso doveva essere stato causato da, in diversa parte, entrambe le cose.
  «Non è un problema se suoni il pianoforte, anzi, sei bravissimo», gli disse con un sorriso. Continuò ridacchiando: «Certo, magari non durante la notte. Sai, non mi dispiace fare le ore piccole, ma andando all’università ogni tanto devo riposarmi».
  L’altro annuì e si scusò ancora. Parlarono per alcuni minuti e poi si salutarono. Mentre usciva di casa, Koutarou sorrise e si voltò: in fondo, Akaashi non era affatto male. Era simpatico, divertente, disponibile e anche bello. Potevano uscire insieme, includerlo nel gruppo, e poi magari anche altro. Decise che era una buona opportunità, da non perdere.
  «Potremmo uscire qualche volta. Ai miei amici farebbe piacere conoscerti», propose.
  Akaashi sorrise con dolcezza, anche se colto di sorpresa. Annuì. «Perchè no, va bene».

  Cinque anni più tardi, Kuroo ricevette l’invito al loro matrimonio e sorrise divertito. Mentre lo appoggiava sul tavolo pensò che, per ironia del destino, i migliori incontri avvenivano per caso.

 

   
 
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