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Autore: AlexSupertramp    12/08/2020    1 recensioni
[Vecchia one-shot corretta e ripubblicata]
I rimpianti visti attraverso gli occhi di un Jacob Black ragazzino che impara, grazie ad una persona speciale, cosa significa combattere fino alla fine per ciò che si vuole.
Se solo non fosse arrivato troppo tardi.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Jacob Black
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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[...] and all I ever learned from love
was how to shoot at someone who outdrew you
and it’s not a cry you can hear at night,
it’s not somebody who’s seen the light
it’s cold and it’s a broken Hallelujah.
(Hallelujah - Leonard Cohen)




Everything has changed
 

 
«Te la godi la vita qui eh?»
«Beh, devo dire che non è male vivere da queste parti. Almeno non piove trecentosessanta giorni l’anno!» Replicò divertita.
Era da tanto che non stavamo insieme e ritrovarla così felice e spensierata mi faceva stare bene.
Avevo fatto bene ad accettare il consiglio di Billy e venirla a trovare. La sua compagnia era piacevole e mi era mancata parecchio.
Passeggiavamo sulla spiaggia umida e guardavo in basso. I miei piedi sprofondavano nella sabbia e mi divertivo a fare piccoli disegni con le dita. Il sole era caldo, non ero abituato a quel clima ma, nonostante tutto, in quel preciso momento sentii un nodo alla gola.
La Push mi mancava ma, più nel dettaglio, mi mancava qualcuno.
Era ridicolo, perché prima di quel momento non ci avevo mai pensato. Non avevo mai pensato a lei in quel modo. Era sempre stata la ragazzina con cui giocavo da piccolo, la bimbetta pallida che si divertiva a impiastricciarsi tutta con il fango ma, nonostante fosse più grande di me, aveva sempre stimolato il mio lato protettivo. In ogni piccola occasione mi sentito in dovere di proteggerla e difenderla da qualsiasi cosa attentasse alla sua sicurezza.
Mi sentivo idiota e ridicolo, perché stavano affiorando in me pensieri diversi e se ne avessi fatto parola con Quil o Embry, mi avrebbero sicuramente riso in faccia.
Tuttavia, benché sapessi di essere incredibilmente sdolcinato, non riuscivo a fare a meno di pensare a lei e in quei tre giorni me ne ero reso conto sempre di più.
«Ehi Jake, che ti prende? Sei così pensieroso ultimamente. Dovresti essere felice… hai solo quindici anni.»
Quella semplice affermazione sgretolò completamente le mie fantasie. Ero solo un moccioso, un ragazzino alle prese con la sua prima cotta non corrisposta. Sì, perché il mio ero un sentimento che correva su un solo binario, un binario di sola andata verso qualcosa di incredibilmente pericoloso e destinato a crescere inevitabilmente. Non sapevo perché, ma sentivo che più tempo trascorrevo lontano da casa e più lei mi mancava, tuttavia ero consapevole che non mi guardava come avrei voluto, lo vedevo nei suoi occhi. Mi considerava un fratello, un amico. Dentro di me speravo, come un idiota sdolcinato, che anche lei sentisse che c’era qualcosa di profondo che ci legava.
Ma erano solo fantasie.
Scossi la testa per scacciare quei pensieri stupidi e inopportuni e tornai a mia sorella.
«Pensavo a com’è rilassante passeggiare sulla spiaggia a piedi nudi. A La Push è praticamente impossibile poterlo fare… hai fatto un affare nel trasferirti alle Hawaii.»
Rebecca arricciò il naso poi, elegante e raffinata come sempre, distolse lo sguardo dal mio per guardare l’oceano davanti a noi.
«Ti conosco troppo bene fratellino e so che c’è qualcosa che non va. Lo sai che con me puoi parlare… c’entra forse la scuola?» Chiese una volta riportato lo sguardo indietro, nuovamente su di me.
«Ma no! Non sarò un secchione ma di certo non posso lamentarmi di quello. La scuola è l’ultimo dei miei problemi», dissi arrossendo, dal momento che pensai inevitabilmente al vero motivo che aveva spinto Rebecca ad indagare così tanto sulla mia vita.
Da brava sorella e osservatrice quale era, notò il cambio d’espressione sul mio viso e mi guardò insistente, poi sorrise maliziosa.
«Ohh… adesso capisco tutto. C’entra una ragazza», disse sicura di sé. «Che sciocca, dovevo pensarci subito…»
Aveva colpito e affondato la mia scialuppa di salvataggio.
Non riuscivo a nasconderle nulla e sapevo perfettamente che presto mi avrebbe fatto sputare il rospo.
Non risposi, non sapevo cosa dire. Cosa si dice in questi casi?
Sì, ma l’ho capito solo ora che sono lontano da lei? Oppure, sì c’entra una ragazza ma lei crede che io sia il fratello minore che non ha mai avuto?
Davvero, cosa si dice in queste occasioni? Non ero un esperto in materia.
Ricordavo il mio primo bacio dato alle elementari ad una bambina presa a caso, solo per sapere cosa significasse baciare una ragazza.
Non sapevo da che parte cominciare.
«Jacob… lo sai che di me puoi fidarti.»
Rebecca mi guardava con insistenza, in attesa che le raccontassi il motivo per cui in quei giorni di vacanza da lei, spesso mi fermavo a fissare l’oceano e a pensare… a pensare a lei.
 «Ecco, penso che tu abbia ragione… insomma, credo che c’entri una ragazza.»
Confessai a testa bassa.
Mi vergognavo di aver dato voce ad un pensiero che fino ad allora era rimasto assopito nella mia testa e, in qualche modo assurdo e ridicolo, mi sembrava che il fatto di averlo confessato ad alta voce, lo rendeva incredibilmente concreto e reale.
Rebecca continuava a sorridermi. Si era fermata di colpo e, con la mano, prese a darmi dei colpetti sulla spalla. «Così fratellino, ci sei arrivato anche tu… racconta, chi è la fortunata?»
Mi strinsi nelle spalle, cercavo di trovare le parole adatte a descrivere ciò che stavo provando in quel momento che avevo preso coscienza di qualcosa di importante.
«Beh, si tratta… si tratta di Bella, la figlia di Charlie Swan», ammisi balbettando per l’imbarazzo.
Mia sorella mi guardò sgranando gli occhi ma, un istante dopo, le sue labbra si aprirono in un grosso sorriso e mi abbracciò forte.
«Jake, lo sapevo! Ero certa che voi due sareste finiti insieme un giorno. L’ho sempre pensato fin da quando eravate bambini, e quando papà mi ha raccontato del suo trasferimento a Forks da Charlie, ho pensato subito al fatto che vi sareste rincontrati», disse velocemente, senza darmi il tempo di replicare ad una sola parola.
Senza metterci troppa forza, staccai le sue braccia dal mio collo e tornai sui miei passi. «Non è esattamente così che stanno le cose! Ho capito che mi piace, ma non credo di interessarle più di tanto… credo di non essere corrisposto ecco», dissi abbassando nuovamente la testa. Era una sconfitta ammetterlo ma, mio malgrado, era la verità.
Di rimando, Rebecca si indurì incrociando le braccia al petto e mi guardò seria, quasi accigliata
«Te l’ha detto lei?»
«Cosa?» Chiesi sorpreso.
«È stata lei a dirti di non provare nulla per te?»
«No, ma l’ho capito… davvero, non vale la pena stare qui a parlarne. Anzi credo che le piaccia anche un altro», conclusi leggermente imbronciato.
«Jake sei uno stupido. Sei uno stupido a gettare la spugna prima di averci almeno provato. Nella mia via, tutto quello che ho imparato dall'amore è come colpire qualcuno che ha sguainato la spada prima di te.  Non ti azzardare ad arrenderti così! Jake ricorda una sola cosa, ricorda che il rimpianto è il sentimento peggiore che si possa provare, ti logora l’anima e non basta un’intera esistenza per smettere di pensare che le cose sarebbero potute essere diverse, se solo avessi voluto, se solo ci provassi adesso!» 
Mi guardava insistente, le piccole mani affondavano sulle mie braccia.
«Jake devi tentare, sempre e comunque», concluse, con gli occhi sgranati e fissi sui miei.
In quei giorni da mia sorella mi ero ripromesso di farlo, una volta tornato a casa. Mi ero scoperto a sognarla spesso, anche ad occhi aperti e mi ero detto che magari potevo invitarla al cinema o semplicemente a casa mia a mangiare una pizza. Ma di colpo, quelle convinzioni sparivano quando ci pensavo concretamente, quando mi ritrovavo ad immaginarla lì, bella come il sole, ad aspettare che uno sciocco ragazzino di quindici anni le confessasse la sua cotta adolescenziale.
A quei pensieri, l’incredibile frenesia che scaturiva in me, scemava di colpo e mi ritrovavo a ridere di me stesso e delle mie stupide fantasie su una ragazza più grande.
«Credo che sia più facile dirsi che a farsi», dissi accigliato.
«E invece no, tu devi dirglielo! Promettimi che lo farai…» Mi implorava con lo sguardo. Non capivo perché Rebecca fosse così presa da quell’argomento, fatto stava che riuscì a strapparmi una specie di promessa.
«Okay sorellona, se ci tieni, te lo prometto», conclusi ridacchiando.
 
***
 
Il volo era durato poco, forse perché avevo dormito per tutto il tempo e, come mi era successo nell’ultima settimana, avevo sognato Bella.
Mi ero ritrovato a sognarla e in maniera non proprio casta e pura e, a causa di quello, mi sentivo leggermente stordito. Non capivo dove mi trovavo. Poi una voce meccanica annunciò l’imminente atterraggio nell’aeroporto di Seattle.
Ancora imbarazzato per il sogno sull’aereo, entrai nel taxi che mi avrebbe riportato a casa, da mio padre.
«Ehi papà, sono a casa!» Urlai, appena entrato nel nostro piccolo salotto. L’aria di casa mi era mancata e anche Billy. Mi dispiaceva pensarlo solo, senza il mio aiuto.
Dalla camera da letto, provenne la voce calda e familiare di mio padre.
«Jake, figliolo. Bentornato!»
Una volta dinanzi a me, riuscii a scorgere la felicità nei suoi occhi leggermente lucidi.
Eppure ero mancato solo una settimana.
«Allora, ti sono piaciute le Hawaii?»
«Puoi scommetterci. È stato fantastico…»
«Bene, sono felice che tu abbia trascorso le vacanze di primavera da tua sorella. A proposito, come se la passa Rebecca?»
Sentire il nome di mia sorella mi riportò alla mente la nostra conversazione sulla spiaggia e la promessa che le avevo fatto.
Lì per lì non ci avevo creduto davvero. Lo avevo detto solo per assecondarla, ma non avevo la vera intenzione di andare a parlare con Bella. Tuttavia, in quel momento fui preda di uno di quei momenti in cui si è convinti di poter conquistare il mondo, di poter conquistare lei e, ancora una volta, la frenesia di dirle che mi piaceva invase interamente il mio corpo.
Decisi di approfittare di quel momento anche se, d’improvviso, sapevo dentro di me che non sarebbe stata solo una convinzione passeggera.
«Papà , scusami, io devo fare una cosa… ci vediamo dopo», dissi in tono fermo e deciso.
Sì, finalmente avevo deciso.
Lasciai cadere la borsa che mi ero portato dietro e mi voltai di scatto verso la porta d’ingresso. Legai i capelli in una coda bassa dietro la nuca e, più deciso che mai, afferrai la maniglia per aprire l’unico ostacolo che in quel momento mi separava dalla mia nuova consapevolezza.
«Jake, fermati un attimo», mi intimò Billy, incredibilmente serio.
Ritornai con lo sguardo a mio padre che, dal basso della sua sedia a rotelle, mi guardava stranamente preoccupato.
«Vorrei che, prima di andare, tu facessi una cosa importante per me.»
Non riuscivo a capire la fonte della sua preoccupazione: «Ehi papà, se vuoi che ti porti da Harry Clearwater, non c’è bisogno di fare quella faccia, lo faccio al volo. Tanto Bella non scappa… devo andare da lei», dissi deciso, e con in viso un sorriso da ebete.
Mi stupii di quell’incredibile e irrefrenabile decisione. Ma stranamente, mi sentivo più vivo che mai al pensiero di ciò che stavo per fare.
«Figliolo, è proprio di Bella che volevo parlarti», disse incupendosi sempre di più. Che cosa le era successo? Lo sguardo del vecchio non mi piaceva neanche un po’.
«Ho bisogno che tu le parli, ti darò venti dollari e ti comprerò il cilindro freni di cui hai bisogno ma, per favore, va' da lei e cerca di convincerla a lasciare Edward Cullen!»
«La… lasciare?» Balbettai confuso e stordito. Ma cosa era successo? Che cosa mi ero perso?
«Sì Jake. Quei due si sono messi insieme e la faccenda non porterà a nulla di buono!»
Mi lasciai cadere sulla debole sedia di legno che contribuiva al povero arredo della nostra casa.
Allora era quella la sensazione che Rebecca mi aveva descritto e non voleva che provassi? Beh, era troppo tardi. Era troppo tardi.
Avevo preso la mia stupida decisione troppo tardi, avevo rimuginato troppo su un possibile suo rifiuto che non mi ero reso conto che perderla in quel modo sarebbe stato anche peggio.
Mi sentivo strano, era come se una parte di me, un pezzo del mio corpo si fosse staccato e l’avessi perso per sempre. Ma la cosa più dilaniante era che non avevo nessuna possibilità di poter tornare indietro a recuperare la parte mancante. Non potevo tornare indietro a recuperare lei.
Se non avessi aspettato tutto quel tempo, se avessi deciso prima forse… le cose sarebbero state diverse, senza quell’incredibile senso di amarezza che mi pressava il cuore.
Come colpire qualcuno che ha sguainato la spada prima di te? Troppo tardi.
Lei l’aveva sguainata e mi aveva colpito senza nemmeno accorgersene.
Sentivo una sensazione atroce alla bocca dello stomaco e la consapevolezza di aver fatto troppo tardi. Avevo meditato troppo sul da farsi e ora mi aspettavano solo i rimpianti.
Improvvisamente fui colto da un profondo senso di paura, di angoscia al pensiero di dover rimpiangerla per sempre, di dover immaginare solo nella mia testa cosa sarebbe successo se non fossi arrivato troppo tardi.
Rebecca aveva ragione e quel nuovo, triste sentimento aveva cominciato già il suo lavoro di divoratore di anime, stava lentamente cominciando a corrodere le pareti del mio cuore e sapevo perfettamente che quello non era altro che l’inizio.
Sentii il tocco amorevole di mio padre sulla spalla.
«Jake, lo farai?»
Con lo sguardo fisso sulle crepe del tavolo, la voce uscii debole e bassa ma forse non m’importava realmente che Billy mi sentisse.
In quel momento capii che non avrei mai più dovuto arrivare in ritardo e che avrei fatto di tutto per riempire il senso di vuoto che avevo dentro.
«Sì papà, farò di tutto per lei!»
 
*Note d'autrice*
Questa storia ha qualcosa come dieci anni ma, nonostante io ormai non bazzichi più questo Fandom, ci sono particolamente affezionata e ho deciso di ripubblicarla visto che il mio altro account non esiste più. Questa storia si classificò terza ad un contest a tema JacobxBella:  "Spicchi di sole- Concorso per racconti brevi (Jacob Bella)"  di Kukiness e Saorio. 
Il concorso consisteva nello scegliere un sentimento e la relativa canzone di riferimento e scriverci su una FanFiction avente come protagonista la coppia Jacob/Bella. Sentimento e canzone scelti: Malinconia/Rimpianto, Hallelujah- Rufus Wainwright
Vi riporto le note d'autrice che scrissi a suo tempo:

Innanzitutto vorrei ringraziare Saorio e Kukiness per aver indetto questo splendido concorso che mi ha permesso di scrivere ancora una volta una storia su Jacob e Bella. Grazie ragazze!
Vorrei spiegare brevemente i motivi che mi hanno spinta a prendere in considerazione proprio quel momento di Twilight in cui praticamente Jacob appare poco e niente.
Dunque, quando ho letto i libri, soprattutto New Moon, ho provato io stessa una sorta di rimpianto al posto di Jacob e mi dicevo spesso che se probabilmente quest'ultimo si fosse "dichiarato" prima a Bella o comunque si fosse mostrato più presente fin da subito, forse le cose sarebbero andate in modo diverso e mettendomi nei panni di Jake, mi mangerei le mani al pensiero di non aver fatto niente prima, quando forse una piccola possibiltà c'era. Da ciò mi sono inventata questa vacanza dalla sorella Rebecca, che nella saga viene solo nominata, e da qui tutto quello che avete, spero, letto.
Ringrazio in anticipo chi leggerà o commenterà questa storia ;)
Alex

 
   
 
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