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Autore: Aaanatema    14/08/2020    4 recensioni
Nel momento in cui lo bacia, Sherlock ha il sapore di dentifricio.
[Ambientata in un’alternativa 3x01]
Genere: Angst, Hurt/Comfort | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Premessa: Il titolo si ispira al primo capitolo di uno dei miei libri preferiti, "L'insostenibile leggerezza dell'essere" di Kundera. L'eterno ritorno è una teoria filosofica di Nietzsche per cui l’universo rinasce e rimuore in base a cicli temporali fissati e necessari, ripetendo eternamente un certo corso e rimanendo sempre se stesso. Secondo questa idea, nello specifico, per me John e Sherlock sono destinati e ritrovarsi sempre, in qualunque spazio o contesto. 





Eterno ritorno 

 
 

John si guarda allo specchio, il sapore di dentifricio gli impasta la bocca, e pensa al suicidio. 

Ci pensa con leggerezza, uno di quei pensieri che arrivano e si fissano in un angolo della tua mente, si cristallizzano eternamente immobili come una zanzara intrappolata in un pezzo d'ambra. 

Ci pensa mentre si spazzola i denti con cura, un rivolo di luce gli illumina gli occhi e gli offusca la vista. 

Ci pensa nel momento in cui preme con troppa forza su una pellicina delle labbra secche e la bocca gli si riempie del gusto denso e familiare del sangue. 

Ci pensa versandosi il caffè bollente misto a latte di mandorla e cannella, aprendo il libro che stava leggendo la sera prima a pagina 37. 

Ci pensa affacciato alla finestra, respirando il fumo della propria sigaretta, quel sapore che tanto gli ricorda lui, mentre la pioggia sale dall’asfalto nel mese di Agosto più caldo che Londra abbia mai visto. 

Ci pensa e si chiede come debba essere. Prendere una manciata di sonniferi e andarsene, assopirsi per sempre.
O magari con un colpo di pistola.
O ancora, buttarsi dal tetto del Barts, in uno dei gesti più stucchevolmente sdolcinati che potrebbe mai fare.
Un modo così codardo di andarsene, così pacifico. Ci sarebbe spazio e tempo per i ripensamenti, in quel contesto? 

Ci pensa nel Tesco più squallido in cui abbia messo piede, infilando nel carrello della spesa un pacco di pasta surgelata e qualche vasetto di sottaceti che serviranno a sfamarlo nei giorni seguenti. 

Ci pensa soffermandosi davanti alle bottiglie di alcolici, quel dilatato secondo di esitazione che lo fa sprofondare nella palude della vergogna nel momento in cui pensa ad Harry. Harry, che non sente da più di due anni. Dalla Caduta, precisamente.

Ora pensare al suicidio è quasi doloroso, gli toglie il respiro, gli fa stringere i pugni con forza premendosi una mano sugli occhi appannati, sempre appannati a quel pensiero. 

Si odia. Per svariate ragioni.
Si odia per essere lì, a due anni di distanza e dover ancora trattenere le lacrime ritrovandosi in uno schifoso supermercato sull’orlo di rompersi in mille schegge di vetro. In verità, è stupito dal fatto che i pezzi riescano ancora a rimanere legati insieme. 
Si odia per il lavoro noioso che conduce, per non riuscire a guardare in faccia Lestrade. Lestrade, che lo chiama sempre meno, e di cui non riesce ad essere amico.
Si odia per come vive e spreca la propria esistenza, per come abbia smesso di avere senso nel momento in cui la vita di qualcun altro si è interrotta.
Si odia per non aver fatto di più, per non aver parlato di più. Si odia per tutti i litigi inutili e si odia ancor di più perché è anche di queste insensate cose di cui sente la mancanza. 
Si odia per non essere riuscito a vedere e dedurre ciò che passava per la sua mente e ad impedirglielo. Lui l'avrebbe capito, se i ruoli fossero stati inversi.
John ha visto decine di persone, anche amici, morire. Ma quel dolore è tutto nuovo. È un’ustione glaciale che gli pesa nel petto, gli si irradia tutto intorno, e che al più piccolo movimento sbagliato riprende a sanguinare e propagarsi come il primo giorno. Sempre come il primo giorno. 

Quando John chiude gli occhi, è il suo sguardo attento e minuzioso quello che vede. 

Quando serra i pugni, sono i suoi capelli quelli che sente sfiorargli le dita. 

Nel buio della propria stanza, sono le sapienti mani di Sherlock quelle che lo toccano. 

Sherlock

Eccola lì, la stilettata. Il gelo. 

Un vasetto di pomodoro cade per terra, gli scivola di mano.
Pavimento bianco. Macchia rossa. L’immagine che ne nasce è troppo crudele per sostenerne la vista. 

Una cassiera con le borse sotto gli occhi accorre con un mocio per pulire. John vorrebbe scusarsi, ma tutto quello che riesce a pensare è che l'unica cosa che deduce su di lei, è che possiede tre gatti. Vorrebbe poter fare chissà quale brillante osservazione a riguardo, ma la triste verità è che ha una foto degli stessi nella cover del telefono che le sbuca dalla tasca posteriore dei jeans.

Osserva, non limitarti a guardare.

John pensa al suicidio anche mentre se ne torna a casa, sale i diciassette gradini che lo separano dal resto della sua esistenza, dall’ombra di quello che è stato un tempo. 

Ci pensa accarezzando le corde dello Stradivari di Sherlock, il suo nome che gli rimbomba dentro come un sasso lanciato in un enorme pozzo buio. 

Ci pensa versandosi un bicchiere di scotch dietro l’altro, fino a quando la sua testa si fa leggera. Quel pensiero ormai gli dà conforto, sa che non lo renderà mai concreto, non potrebbe, ma accarezzarlo nel più lascivo dei modi gli dà una sorta di malato conforto. Glielo fa sentire vicino. 

Ci pensa anche quando ingolla l’ultimo sorso d'alcol e smuove una corda del violino. 

“Devi fare attenzione con quello strumento, John, è il mio bene più prezioso.” 

E la voce viene dalle sue spalle. John ha caldo, freddo, trema, il dolore gelido gli si irradia per tutto il petto. Eppure esternamente è immobile. 

Quando si gira lentamente, Sherlock indossa un maglione (lui, Sherlock, un maglione) che gli sta largo, blu scuro, e gli cade mollemente sulle mani (troppo lungo). Ha i capelli scompigliati e pieni di fili grigi che non aveva mai notato, le labbra screpolate e piene di tagli. Sul viso cereo, un sorriso incerto e pregno di terrore, aspettativa. Lo sguardo di qualcuno che al primo segnale potrebbe correre fra le tue braccia o scappare in capo al mondo se solo glielo chiedessi. 

John non riesce a parlare. La gola è strettissima e non saprebbe descrivere a parole quello che sta provando. Lui, che vive di parole, che sa come gestirle e manovrarle e renderle tutto ciò che vuole, non sa come descrivere quello che prova. Ogni parte di lui vuole fare a pezzi Sherlock, baciarlo, picchiarlo, abbracciarlo, ripudiarlo, chiuderlo in una stanza ed accertarsi che sia vero, mappare ogni centimetro del suo corpo, imprimersi nella mente il suo profumo, la consistenza della sua pelle, la ruvidezza dei calli delle sue mani. 

Eppure, in una sorta di crudele scherzo del destino, non riesce a fare nulla di tutto questo. Non riesce a fare niente.

E per una volta, forse l’unica della sua intera esistenza, è Sherlock Holmes, l’uomo che non capisce i sentimenti, che li definisce un errore chimico, a districare e capire i sentimenti di un altro essere vivente e a comportarsi di conseguenza. 

Nel suo sguardo c’è una nuova scoperta incertezza, ma gli bastano due brevi falcate e John é fra le sue braccia. Gli sostiene la testa con una mano, gli accarezza lo scalpo. John sente semplicemente cedergli le ginocchia mentre finalmente respira, si aggrappa alle spalle di Sherlock e si inginocchiano a terra insieme, ancora abbracciati. 

Restano così a lungo, nessuno dei due saprebbe dire quanto. Ci sono lacrime silenziose e singhiozzi strozzati e non si lasciano andare un secondo, così stretti che non è più chiaro chi sta sorreggendo l’altro.

La seconda cosa che dice Sherlock lo fa sorridere contro il suo maglione.

“Tutti quegli anni a farmi la morale, e adesso guarda il buon dottore cadere nel vizio del fumo.” 

Nel momento in cui lo bacia, Sherlock ha il sapore di dentifricio.






NdA: 
 
Salve a tutti, e grazie mille di essere arrivati fino a qui! 
Mi sembra passata un'eternità dall'ultima volta che ho pubblicato e letto qualcosa qui, sono stata assorbita dagli esami e non ho più avuto tempo. So che questa è una One-shot molto breve, senza troppe pretese. Ho diverse idee in mente che non vedo l'ora di poter pubblicare, una in particolare che sto cercando di completare. 
Dopo questa enorme premessa, spero che questa storia vi sia piaciuta. L'idea mi è venuta in mente una sera che non riuscivo a dormire, non sarebbe nemmeno dovuta essere una fanfiction John/Sherlock ma un'originale, eppure hanno trovato il modo di venir fuori loro in ogni caso. Mentre scrivevo riuscivo solo a pensare al nome John per il protagonista, e posso affermare che si è praticamente scritta da sola.
Spero davvero che vi sia piaciuta e ringrazio in anticipo chi vorrà lasciare un pensiero a riguardo!
A presto, molto presto,
-Aaanatema 

 
   
 
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