Serie TV > La casa di carta
Ricorda la storia  |      
Autore: fefi97    15/08/2020    2 recensioni
[Andrés x Martìn; nessuna considerazione del canon; no davvero, si mangia?]
Martìn e Andrés sono tornati sani e salvi dall'ultima rapina, la loro. Sono perfettamente felici e innamorati, finché Andrés non decide di fare LA domanda. La sesta volta è quella buona, no?
Peccato che Martìn non dia esattamente la risposta che tutti si aspettano.
Ne consegue un pizzico di dramma, un Sergio confuso, una Raquel divertita e due idioti egocentrici innamorati.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Berlino, Il professore, Palermo, Raquel Murillo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Numero sei

 

 

Con il senno di poi, Martìn avrebbe dovuto capire qualcosa.

Si era sempre considerato molto più intelligente della media, ma proprio non aveva visto arrivare quella situazione.

Eppure gli indizi c'erano stati.

Andrés era stato particolarmente affettuoso durante tutto il giorno e la sua richiesta improvvisa di andare a cena fuori poteva essere sospetta, in effetti, ma Martìn aveva pensato che volesse essere romantico e imprevedibile, come era nell'indole di Andrés.

E, va bene, forse avrebbe dovuto sospettare qualcosa quando Andrés lo aveva portato nel migliore ristorante di Palermo, il preferito di Martìn.

E anche il modo in cui continuava a sorridere e a fissarlo in quel modo caldo e intenso che gli faceva sempre attorcigliare lo stomaco.

Sì.

Martìn avrebbe dovuto arrivarci.

E invece si era quasi strozzato con il vino pregiatissimo che aveva scelto Andrés, quando l'altro uomo aveva fatto scivolare senza nessun preavviso una scatolina di velluto rosso verso di lui.

Martìn aveva il cuore che batteva a una velocità sovrumana mentre Andrés faceva scattare con eleganza il coperchio, rivelando una fede spessa, che sembrava d'oro massiccio.

Martìn non aveva dubbi sul fatto che l'anello si adattasse perfettamente al suo anulare.

-Mi sono fatto mettere da parte un po' di oro della Banca di Spagna da Bogotà – aveva sussurrato Andrés con voce dolce e carezzevole, piantandogli i suoi occhi ardenti addosso.

Martìn aveva deglutito, incapace di ricambiare lo sguardo.

Non ci poteva credere. Sembrava tutto così surreale. E ancora più surreale fu quando Andrés pronunciò quella parola.

Sposami.

Non era nemmeno una domanda, ovviamente Andrés non avrebbe chiesto “vuoi sposarmi?” come una persona normale. Forse lo aveva domandato alle cinque mogli che aveva avuto prima di Martìn, ma a lui non lo avrebbe chiesto. Andrés dava per scontata la risposta, nel caso di Martìn.

E perché non avrebbe dovuto?

Martìn lo aveva sempre venerato al di sopra di qualsiasi cosa, gli era sempre stato accanto, nonostante gli anni, le ferite, i matrimoni e la negazione. Avevano fuso l'oro insieme e da quando erano usciti dal Banco di Spagna erano stati inseparabili, in giro per tutto il mondo, ma sempre insieme. Da un anno vivevano stabilmente a Palermo, perché era la città preferita di Martìn e Andrés aveva proposto quasi casualmente di prendere casa vicino al mare.

Era per questo che Andrés aveva detto semplicemente “sposami”.

Non una domanda, ma una pretesa, un ordine dolce mascherato da richiesta. Ovviamente Andrés si aspettava che dicesse di sì, chiunque se lo aspettava da lui. Non aveva forse atteso per più di dieci anni una cosa simile?

Dieci anni passati a vedere donne indegne di Andrés ricevere quella stessa proposta, dieci anni in cui ogni matrimonio a cui era costretto a partecipare era una nuova ferita aperta sul suo petto. Dieci anni da eterno spettatore, mai da protagonista. Dieci anni passati a sperare qualcosa che evidentemente non poteva avere.

Per cui Martìn rimase sconvolto quando, una volta aperta la bocca, la voce scivolò fuori di sua spontanea volontà, come se avesse vita propria e fosse fuori dal controllo di Martìn.

-No. -

All'inizio lo aveva solo sussurrato, probabilmente Andrés non lo aveva nemmeno sentito.

Ma poi lo aveva ripetuto più forte, fissando Andrés dritto negli occhi, ancora morbidi, ancora accesi da quella luce amorevole che adesso gli sembrava insopportabile.

-No!-

Martìn era stato quasi affascinato dal modo in cui il viso di Andrés era cambiato completamente, come i suoi occhi si erano svuotati di ogni calore, come il suo sorriso era gelato in una smorfia fredda, distante.

Per un lungo, interminabile momento, erano rimasti a fissarsi in silenzio negli occhi e a Martìn sembrava che il tempo si fosse fermato.

Si sentiva il fiato corto, tutta la sicurezza che aveva usato per pronunciare quella sillaba lo aveva abbandonato.

Desiderava potersi spiegare, desiderava dire ad Andrés che non significava quello che probabilmente credeva. Che questo non voleva dire che non lo amasse più della sua stessa vita.

Ma Andrés agì prima che potesse aprire bocca.

Martìn sobbalzò appena quando l'altro richiuse la scatolina con uno scocco sonoro. Con un movimento rapidissimo, Andrés la fece sprofondare di nuovo nella tasca interna della sua giacca elegante, proprio da dove l'aveva estratta.

Martìn provò un infantile senso di perdita e dovette mordersi le labbra a sangue per non urlare “ridammela! È mia!”.

Andrés continuava a sorridere, ma non c'era niente di giusto in quel sorriso.

Era vuoto e finto e metteva i brividi a Martìn, non in senso positivo.

-Bene. Direi che possiamo passare al dolce, allora? Cosa vorresti, cariño?-

Dopodiché aveva preso a osservare il menù, senza più fare caso a lui.

Totale indifferenza.

Martìn era rimasto come congelato, gli occhi fissi su Andrés, il cuore che sembrava lottare per uscire dal petto.

Merda.

 

 

 

-Va bene. Cosa è successo tra di voi? -

Martìn sospirò continuando a lavare i piatti, senza nemmeno voltarsi al sussurro di Sergio.

-Niente. Torna di là, io non lascerei sola la tua ispettrice con Andrés, se fossi in te. -

Davvero, adorava Raquel e Sergio, ma avevano scelto davvero il momento peggiore per andarli a trovare.

-Perché Andrés emana un'aria omicida e tu hai l'aria di qualcuno che sta per esplodere? - insistette Sergio, avvicinandosi ancora di più e aggiustandosi nervosamente gli occhiali sul naso.

-È malato? - sussurrò e Martìn si immobilizzò completamente.

Con lentezza, si voltò a guardare Sergio, il suono dell'acqua che scorreva era l'unico rumore esistente nella cucina.

-No – disse infine, deciso e scandendo le parole – No. Non è malato. Sa che lo ucciderei, se me lo nascondesse. -

Sergio annuì, senza però deporre la propria espressione ansiosa.

Martìn sentì il suo sguardo addolcirsi.

-Sergio, la malattia di vostra madre è ereditaria. Può prendersela come no. E lo stesso si può dire di te. Ma non ha senso vivere nella paura, capisci? -

Sergio annuì di nuovo, senza guardarlo negli occhi. Martìn lo guardò per un po', poi sospirò profondamente e chiuse il rubinetto. Incrociò le braccia al petto e si voltò a fronteggiare Sergio, la schiena premuta contro il lavandino.

-Mi ha chiesto di sposarlo la settimana scorsa. -

Sergio alzò di scatto il viso, una buffa espressione di incredulità mista a felicità dipinta sul volto.

-Ma è meraviglioso, Martìn! Congratu... -

-Ho detto di no – lo interruppe Martìn, lapidario.

Sergio aveva un'aria così sconvolta che a Martìn venne un po' da ridere.

-Perché? - chiese soltanto, evidentemente incapace di trovare una sola ragione per cui Martìn non avrebbe dovuto sposare di corsa l'uomo che amava da tutta la vita.

Martìn sbuffò, un po' irritato.

-Lascia stare, non capiresti. Siete uguali voi due. Vedete solo quello che volete vedere. -

Sergio scosse la testa, troppo esterrefatto persino per protestare.

-Quindi è per questo che Andrés è tutto in modalità serial killer psicotico?-

Martìn alzò gli occhi al cielo.

-Fidati, questa è la sua versione allegra, perché ci siete voi. Non puoi immaginare l'incubo che è stato negli ultimi giorni. -

-Avete discusso? -

Martìn rise, senza allegria.

-Beh, per discutere doverebbe parlarmi. Cosa che non fa – deglutì con fatica mentre distoglieva lo sguardo, perché non voleva farsi vedere da Sergio con gli occhi lucidi – Non mi guarda nemmeno – emise un sospiro tremulo mentre suo malgrado lanciava un'occhiata disperata a Sergio – Mi sta per lasciare, Sergio. -

-Ora non essere sciocco! - esclamò subito l'altro, avvicinandosi e posandogli goffamente una mano sulla spalla – Andrés ti adora. È solo terribilmente orgoglioso. Prova a parlargli, a spiegargli le tue ragioni. Costringilo ad ascoltarti, se necessario. -

Martìn rimase per un istante a soppesare le sue parole, lo sguardo assorto e perso in un punto alle spalle di Sergio.

-Sì – disse poi, con voce meno decisa di quella che avrebbe voluto – Sì, gli parlerò. Deve ascoltarmi. -

 

 

 

Sapeva che parlare con Andrés sarebbe stato difficile, se non impossibile.

Come diceva il proverbio, non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.

E Andrés era un maestro nel non voler sentire.

Martìn ci provò comunque, approfittando di un pomeriggio in cui erano da soli in casa, mentre Sergio e Raquel erano scesi in spiaggia.

Andrés era nel suo studio a dipingere e Martìn sgattaiolò dentro, in un moto di coraggio.

-Possiamo parlare? - domandò velocemente, appoggiandosi con la schiena contro la porta chiusa, come a voler darsi un sostegno.

-Sto dipingendo, amore – rispose distrattamente Andrés e Martìn si sarebbe sciolto all'appellativo, se non lo avesse pronunciato con totale indifferenza, senza guardarlo – Magari più tardi, va bene? -

Martìn trattenne a stento un sospiro, dicendosi di mantenere la calma.

-Preferirei parlarti adesso. -

Andrés mormorò qualcosa, senza alzare lo sguardo dalla sua tela.

Martìn non poteva vedere cosa stesse dipingendo, ma provava in ogni caso il distruttivo istinto di inondare il cavalletto di benzina e dargli fuoco.

Cercò di ripetersi nella mente le parole che gli aveva rivolto Sergio il giorno prima.

Cerca di mantenere toni pacifici. Non ti scaldare, mantieni la calma.

-Davvero Andrés, è importante – insistette, riuscendo a malapena a contenere l'irritazione.

Andrés sospiro e, con estrema lentezza, posò il pennello, incrociando finalmente lo sguardo di Martìn.

-Va bene. Di cosa vuoi parlare? -

Martìn aggrottò la fronte.

-Lo sai. Di quello che è successo l'altro giorno. Al ristorante. L'anello e... e tutto quanto. -

Con sua grande sorpresa, Andrés sorrise.

-Ah, non ci pensare. Acqua passata – prima che Martìn potesse insistere, aggiunse con estrema noncuranza: - Ho dato via l'anello. -

Martìn gelò completamente, la bocca semiaperta, gli occhi sconvolti.

-Hai... hai dato via il mio anello? - domandò, con voce un po' instabile.

-Non era il tuo anello – lo corresse con dolcezza crudele Andrés, senza smettere di sorridere – Avresti dovuto dire di sì perché lo fosse. -

Martìn lo fissò, sentendo la rabbia scorrergli veloce nelle vene.

-Hai dato via il mio fottuto anello?! - ripeté, alzando un po' la voce.

Andrés smise di sorridere, abbandonando ogni pretesa di cordialità, e Martìn si irrigidì, guardingo.

-Non capisco perché ti scaldi tanto, Martìn. L'anello chiaramente non era necessario. E tu sai che mi sbarazzo sempre delle cose inutili. -

Martìn scosse la testa, incapace di dire qualsiasi cosa.

Stronzo bastardo manipolatore.

Andrés riprese a sorridere, mentre prendeva di nuovo in mano il pennello.

-Potresti uscire adesso? Volevo finire questo prima di cena.-

-Certo – sibilò Martìn, tutto veleno e occhi iniettati di sangue, lontano anni luce dalla calma consigliata da Sergio – Ti lascio al tuo prezioso dipinto. -

Sbatté la porta con una tale forza che sentì distintamente la tela di Andrés cadere per terra.

Nessun rimpianto.

 

 

Martìn ribolliva letteralmente di rabbia mentre se ne stava seduto a tavola, accanto ad Andrés.

Non aveva nemmeno fame, voleva solo pugnalare Andrés con la forchetta delle patate.

A circa metà cena, Sergio si schiarì la gola, mentre Raquel al suo fianco gli sorrideva radiosa. Le loro mani erano intrecciate sulla tavola ed erano così adorabili che Martìn avrebbe voluto vomitare.

-Sentite, dobbiamo dirvi una cosa molto... -

Improvvisamente, Martìn decise che ne aveva abbastanza.

-Andrés ha dato via il mio anello – annunciò in tono tutto sommato calmo, prendendo un sorso di vino rosso.

Sorrise nel sentire Andrés irrigidirsi al suo fianco, mentre Sergio prendeva un'aria ancora più imbarazzata e Raquel inarcava un sopracciglio, vagamente divertita.

-Difficilmente questo può interessare i nostri ospiti, Martìn – intervenne Andrés con tono calmo ma intriso di avvertimento, senza guardarlo -Ne parliamo dopo. -

-Ah, ora ne vuoi parlare? - sibilò Martìn, sprezzante, prima di tornare a rivolgersi alla coppia davanti a lui – Era un fottuto anello fatto con l'oro della Banca di Spagna, con cui mi ha chiesto di sposarlo. E lui lo ha dato via. Chi pensa che sia uno stronzo? -

Alzò ostentatamente la mano, con un grosso sorriso selvaggio.

Sergio si prese la fronte con una mano, il ritratto della desolazione ma, con lieve sorpresa di Martìn, Raquel alzò la propria mano libera in aria.

-Raquel, ti prego non farti coinvolgere – sussurrò Sergio, affranto ed esasperato.

-Perché? - si ribellò lei, guardandolo un po' storto – È vero che è stato un po' stronzo. -

-Oh, questo è niente – ribatté Martìn, affabile – Una volta mi ha spezzato il cuore e mi ha lasciato solo in un cazzo di monastero, dicendo che quello che provavo era impossibile. Non c'era desiderio, sai. Solo che prima mi ha addossato contro un muro e mi ha ficcato la lingua in gola, con la sua mogliettina frigida al piano di sotto che... -

La sedia di Andrés strisciò rumorosamente contro il pavimento mentre l'uomo si alzava in piedi. Martìn sibilò di dolore quando Andrés lo afferrò brusco per un braccio, costringendolo ad alzarsi in piedi.

-Ehi! - sbottò Raquel e a Martìn sembrò stranamente protettiva mentre si alzava in piedi e guardava Andrés con rabbia – Lascialo, gli fai male! -

-Andrés – intervenne anche Sergio a bassa voce, ancora seduto.

Martìn sentì le dita di Andrés allentarsi appena intorno al suo braccio, senza però lasciarlo. Senza dire una parola, cominciò trascinare fuori dalla cucina Martìn, che decise che non fosse saggio ribellarsi.

Sentì vagamente Raquel protestare e Sergio sussurrare di non intromettersi, ma era troppo concentrato sulla furia che emanava Andrés per farci caso.

Andrés non lo lasciò andare finché non furono nella loro stanza. Martìn si costrinse a non sobbalzare quando l'altro uomo sbatté con forza la porta. Fece un istintivo passo indietro mentre Andrés si voltava a fissarlo, gli occhi pieni di una rabbia gelida.

-Sei completamente impazzito? -

-Io? - sputò Martìn, pieno di risentimento e delusione – Sei tu che hai dato via il mio anello! -

Andrés scoppiò in una breve risata sarcastica, guardandolo con finta incredulità.

-Ancora con questa storia, Martìn? Cosa pretendevi, che girassi con l'anello nella tasca della giacca nella speranza che cambiassi idea? Non siamo in un patetico film d'amore di serie b.-

-Sei uno stronzo! - sbottò Martìn, odiando come la sua voce suonasse traballante e i suoi occhi si fossero appannati – Non hai nemmeno provato ad ascoltare le mie ragioni! -

Andrés rise di nuovo, guardandolo quasi con ferocia.

-Le tue ragioni? Ce ne sono più di una? Ti prego, illuminami. Non vedo l'ora di sentire l'elenco dei motivi per cui non vuoi sposarmi dopo più di vent'anni di...-

-Non voglio essere il numero sei! - urlò Martìn roco e disperato, le lacrime che cominciavano a scorrergli sulle guance senza che potesse fare nulla per impedirlo. Andrés sembrava come congelato mente lo fissava.

Martìn si sentì d'un tratto senza forze e si lasciò cadere seduto sul letto, coprendosi il viso con le mani. Sentì i passi calmi e misurati di Andrés avvicinarsi e fermarsi proprio davanti a lui, senza che l'uomo dicesse una parola.

-Non voglio essere il numero sei – ripeté Martìn, più piano, senza scoprirsi il viso. Soffocò un singhiozzo contro i palmi, sentendosi più patetico che mai – Perché poi che ne sarà di me quando arriverà il numero sette? -

Andrés rimase ancora in silenzio, ma Martìn sentì il materasso abbassarsi mentre l'uomo si sedeva accanto a lui, abbastanza lontano da non toccarlo.

-Il numero sette? - domandò Andrés, in tono neutro, misurato.

Martìn inspirò rumorosamente tra i denti, cercando di fare dei respiri profondi per calmarsi.

-Succede sempre così. Tu ti innamori, ti sposi e poi divorzi. È uno schema senza fine che si ripete e si ripete, sempre uguale. Come una costante. Te l'ho visto fare davvero troppe volte, Andrés. E a ogni matrimonio il mio cuore si spezzava un po', e a ogni divorzio tornavo a respirare, fino al matrimonio successivo. E in qualche modo era sopportabile, perché sapevo che saresti tornato sempre da me quando ti saresti stancato della tua nuova moglie. Ma cosa succederà quando sarò io il marito di cui ti sei stancato? Cosa succederà quando ti sbarazzerai di me, come fai con tutte le cose di cui non hai più bisogno? Cosa succederà... -

-Stai zitto. -

La voce di Andrés era suonata inaspettatamente dolce nel pronunciare quelle parole e Martìn si era sentito scuotere da un piccolo brivido.

-Guardami, pazzo completo. -

Martìn si scoprì gli occhi appena in tempo per vedere Andrés estrarre qualcosa dalla tasca della giacca.

Spalancò gli occhi mentre fissava la scatolina rossa sul palmo di Andrés.

Come a voler diramare ogni dubbio, Andrés la aprì con il pollice, rivelando lo splendente anello d'oro, esattamente identico a come Martìn se lo ricordava.

E se lo ricordava bene, visto che ne aveva registrato ogni dettaglio sin da subito e lo sognava ogni notte, con rimpianto e desiderio.

Martìn scosse la testa, incredulo, senza riuscire a distogliere lo sguardo dell'anello.

-Tu... l'hai tenuto nella tasca della giacca...-

-Nella patetica speranza che tu cambiassi idea, sì – completò Andrés e anche senza vederlo Martìn poteva sentire il sorriso nella sua voce – Proprio come in un patetico film d'amore di serie b. Questo non dovrebbe dirti qualcosa sulla portata dei miei sentimenti per te? -

Martìn finalmente alzò lo sguardo, incrociando gli occhi calmi e pieni d'affetto di Andrés. Era così sollevato nel rilevare ancora quello sguardo nei suoi occhi dopo giorni di indifferenza, che quasi voleva piangere di nuovo.

-Sei un bastardo orgoglioso – lo accusò, con voce tremante – Perché mi hai fatto credere che l'avevi dato via?-

Andrés sollevò un angolo della bocca.

-Perché sono un bastardo orgoglioso. -

Martìn sbuffò e Andrés smise di sorridere mentre posava con cautela la scatolina sul materasso e lo guardava intensamente.

-Il numero sette, Martìn? - ripeté in un sussurro, facendosi un po' più vicino – Come puoi anche solo pensare che ci sarà qualcuno dopo di te, quando non c'è mai stato nessuno anche prima di te? Sei così intelligente, mi amor, non fare lo stupido proprio ora. -

Martìn sentì il cuore battergli in modo innaturalmente veloce mentre ricambiava con cautela lo sguardo di Andrés.

-Ce ne sono state cinque prima di me – mormorò, senza riuscire a nascondere un po' di risentimento nella sua voce.

Le mani di Andrés erano dolci e delicate mentre gli si posavano sulle guance, quasi avesse paura di spaventarlo.

-Nessuna che mi facesse provare quello che provo quando sono con te, già te lo dissi– replicò in tono basso e serio, senza staccare gli occhi da quelli dell'altro. La sua espressione d'un tratto divenne un po' triste e per Martìn fu come essere pugnalato al cuore – Pensavo che lo sapessi. Quanto sei speciale per me, quanto ti amo. -

Martìn abbassò lo sguardo, un po' imbarazzato.

-A volte fatico a crederci – ammise a bassa voce – Penso sempre che, se ci sposassimo, un giorno ti accorgeresti che puoi... - si interruppe, chiudendo un istante gli occhi.

-Che posso? - lo incoraggiò Andrés, ancora con quel tono dolce e attento.

-Che puoi fare meglio di me – sputò fuori Martìn, senza osare guardarlo.

Andrés rimase in silenzio per un lungo istante, Martìn poteva sentire la sua rabbia fluire dal suo corpo fino al proprio. Quando abbassò le mani dal suo viso, Martìn era convinto che si sarebbe alzato e se ne sarebbe andato, disgustato dalla sua debolezza e insicurezza.

Non riuscì a trattenere un suono sorpreso quando Andrés lo attirò con fermezza tra le sua braccia, stringendolo forte contro il petto.

-Martìn, tu sei la mia anima gemella – gli sussurrò contro l'orecchio, quasi con ferocia – Non posso fare meglio di te, perché tu sei tutto per me. -

Martìn trattenne a stento un altro singulto patetico mentre lasciava affondare il viso contro il petto di Andrés e si appendeva con forza alle sue spalle.

Andrés lo zittì dolcemente, cullandolo quasi tra le braccia e lasciandogli baci tra i capelli.

-Mi dispiace – piagnucolò contro la sua camicia, mentre Andrés lo stringeva più forte.

-No, dispiace a me – lo contraddisse l'altro con decisione e Martìn si scostò per rivolgergli un'occhiata sorpresa – Sono io che ti ho reso così insicuro sui miei sentimenti – Andrés gli passò il pollice su uno zigomo, gli occhi pieni di una devozione così chiara che Martìn si domandò come avesse fatto a dubitarne – Ma giuro che, se me ne darai l'occasione, cercherò di convincerti ogni giorno sul fatto che non devi dubitarne mai. -

Martìn lo fissò per un lungo istante, poi si sporse per baciarlo e sorrise nel sentire l'altro rispondere subito, stringendolo a sé.

-Dammi il mio anello, Andrés – sussurrò sulle sue labbra, gli occhi azzurri socchiusi e brillanti di malizia.

Anche Andrés sorrise, rubandogli un altro bacio, senza smettere di guardarlo negli occhi.

-Significa che hai cambiato idea? -

Martìn inarco un sopracciglio, rivolgendogli un ghigno giocoso.

-A patto che tu mi prometta che il numero sei sarà l'ultimo. Che io sarò l'ultimo. -

Andrés scosse la testa, mentre recuperava l'anello senza dire una parola.

Martìn trattenne il fiato mentre Andrés gli sollevava con delicatezza la mano sinistra, lasciando scivolare l'anello sul suo anulare.

Martìn aveva ragione: era dell'esatta misura del suo dito.

Andrés intrecciò le loro dita, mentre si sporgeva a baciargli la fronte.

-Martìn... sei sempre stato l'unico. -

Martìn aveva la netta impressione che sarebbe potuto morire in quel momento, e sarebbe morto come l'uomo più felice della terra. Si tuffò di nuovo tra le braccia di Andrés, che subito lo accolsero.

Rimasero in silenzio per un po', poi Martìn emise una risata soffocata contro il petto dell'altro.

-Pensi che dovremmo tornare di sotto e lasciare che Sergio ci annunci che Raquel aspetta un bambino? -

Andrés sospirò, pieno di affetto.

-Sono così ovvi. L'ho capito appena ho visto Sergio in faccia. -

Martìn ghignò, scostandosi un po' per poter vedere in faccia Andrés. Sollevò la mano sinistra e agitò le dita, mettendo in mostra il suo anello.

-Peccato che la loro notizia non possa competere con la nostra. -

Andrés gli rivolse un sorriso che lo sciolse completamente, dalla testa ai piedi.

Lo baciò e Martìn pensò sul serio che il cuore gli sarebbe scoppiato.

-Saremo sempre la coppia migliore, mi amor – gli sussurrò a un orecchio, il sorriso nella voce, e Martìn scoppiò a ridere, felice.

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Questa è solo una cosa sciocca e semi fluffosa senza nessuna pretesa, tranne quella di strappare un sorriso <3

Un bacione,

Fede <3

  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > La casa di carta / Vai alla pagina dell'autore: fefi97