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Autore: BellaLuna    19/08/2020    2 recensioni
[Terza Classificata al Contest "Nati dall'Odio" indetto da Anatra.Valeria sul forum di EFP.]
Quella che vado a narrarvi è la storia dimenticata della Regina Vegeta, terza del suo nome, di Niglia la Veggente e della Profezia che avrebbe per sempre segnato le sorti di un popolo e dell'intera galassia.
"Come ogni altra creatura delle tenebre, Freezer aveva sempre temuto la luce sopra ogni altra cosa, aveva sempre temuto la scintilla che avrebbe un giorno dipanato il suo dominio oscurantista e ridotto in cenere il giogo sotto la quale teneva in scacco l’intera galassia. Era terrorizzato dall’oro sin dalla prima volta in cui le sue giovani orecchie ne avevano sentito parlare."
Genere: Angst, Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Freezer, Nuovo personaggio, Re Vegeta, Vegeta
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Orbite Morte


§
 
 


 
La prima volta che venne convocata a corte, Niglia[1] aveva dieci anni e pensava di trovarsi lì per colpa di un paio di soldati d’élite che qualche settimana prima avevano raso al suolo la sua casa.
Tutto ciò che aveva fatto, per attirare la loro ira, era stato metterli in guardia, prepararli al peggio, e in cambio loro l’avevano picchiata, trascinata per i capelli davanti alla sua umile dimora, gettata nel fango, e poi si erano divertiti a sparare raffiche di energia contro la sua piccola catapecchia per distruggerla di fronte alla sua impotenza.
Quando se ne erano andati, Niglia aveva pianto lacrime di rabbia, non tanto per sé stessa e per la dimora che aveva appena perduto, - era abituata a raschiare il fondo, a strisciare fra i rifiuti come un piccolo scarafaggio da quando era venuta al mondo -, no, aveva pianto per loro. Perché nessuno di quegli sciocchi gli aveva creduto e nessuno di loro sarebbe più tornato indietro.
Era da tutta una vita che Niglia era costretta a subire e a sopportare a testa bassa le angherie e il disprezzo degli altri saiyan, che si sentivano in diritto di umiliarla solo perché, a differenza loro, e come adoravano sempre ricordarle con i loro commenti sgradevoli, lei era nata menomata: nessuna coda fulva circondava infatti il suo busto, e i suoi occhi erano stati condannati sin dalla sua nascita a essere ciechi.
Secondo il parere di molti, - tra cui la sua stessa madre, che per tale ragione l’aveva gentilmente abbandonata, invece di ucciderla come avrebbe dovuto-, Niglia era nata maledetta.
Secondo altri, - non più gentili di sua madre, ma di certo meno scioccamente superstiziosi -, Niglia era semplicemente una bastarda: nelle sue vene scorreva troppo sangue Tsufuru[2] e l’unione con quello dei saiyan doveva averla guastata, deformata, corrodendo fino a stroncare del tutto la belva assetata di sangue che normalmente albergava sotto la pelle dei suoi simili, permettendole, però, di sviluppare un altro tipo di potere, molto più oscuro, molto più imprevedibile e, per questo motivo, molto più pericoloso.
Niglia aveva dieci anni quando un gruppo di soldati d’élite aveva distrutto la sua catapecchia, dopo che lei si era limitata ad avvertirli che sarebbero morti tutti prima di portare a termine la loro ultima missione, perché le loro navicelle si sarebbero scontrate contro un’improvvisa tempesta di asteroidi.
Come c’era da aspettarsi, non l’avevano presa molto bene, ma, del resto, Niglia non aveva ancora conosciuto nessuno a cui piacessero le sue premonizioni, né sapeva come evitare di vedere certe cose, e che queste, puntualmente, poi si avverassero.
Niglia la Pazza, Niglia la Menomata, Niglia la Strega, il suo popolo le aveva attribuito molti nomi nel corso del tempo e, insieme a essi, non aveva mai mancato di farla sentire al pari di uno scherzo della natura, di una reietta, anche se tutti, con il tempo, avevano anche cominciato a temerla, a temere i suoi occhi ciechi dalle orbite morte, che sapevano come scrutare il colore delle aure di tutti gli esseri viventi e il futuro che in esse, - in quelle esplosioni di colore che per un attimo erano in grado di illuminare la sua oscurità-, era già stato scritto.
Niglia aveva dieci anni, il giorno in cui venne segretamente convocata a corte per la prima volta dalla Principessa Vegeta[3].
Quest’ultima doveva essere venuta a conoscenza della morte dei soldati che avevano distrutto la sua catapecchia e del fatto che lei avesse predetto l’incidente con più di una settimana d’anticipo, e dunque l’aveva fatta chiamare per una sorta di consulto.
La principessa, infatti, era convinta che uno dei suoi cugini stesse cercando di rubarle il trono di suo padre solo perché, a detta sua e di alcuni guerrieri d’élite, una donna non sarebbe mai stata in grado di gestire il peso e l’onere della corona, anche se quella donna era una guerriera saiyan di sangue puro, figlia ed erede di diritto del Re.
Molti dei cospiratori erano già stati scoperti e scuoiati vivi dalla principessa, e poi appesi come monito e avvertimento alle mura del palazzo.
Niglia non era stata in grado di vederli, naturalmente, ma nessuno quanto lei, che viveva principalmente di sussurri e rumori, sapeva bene a quali storie di corridoio credere e quali no.
<< Niglia la Menomata.>>, l’aveva così accolta Vegeta, e l’unica cosa che Niglia era riuscita in quel primo istante a riconoscere in lei, attraverso la sua cecità, era l’alone che la circondava: l’aura di Vegeta era costellata di rosso, un rosso che sbocciava tutto intorno a lei come un fiore di fuoco e che sembrava protrarsi per tutto l’arco del suo destino.
Quello della principessa non era un rosso come tutti gli altri, Niglia ci mise meno di un attimo a intuirlo, perché istintivamente sapeva che quello era il rosso degli occhi della belva che lei non sarebbe mai stata, era il rosso della terra brulla del loro stesso pianeta da cui Vegeta aveva ereditato il suo nome.
Il rosso che traboccava dall’aura e dal futuro di Vegeta era il rosso della vittoria, ma anche del sangue, del dolore.
<< Vegeta la Mai Regina.>>, le aveva risposto dopo averla esaminata in silenzio, forte solo della sua insolenza, perché tanto una frustata in più o una in meno non avrebbe cambiato nulla per lei: era già cieca, povera, senza nessuna spiccata dote combattiva, né più un tetto sopra la testa, perciò, che Vegeta avesse deciso di ucciderla oppure no, per Niglia non aveva la benché minima rilevanza.
Pensava, all’epoca, che fosse persino meglio, così avrebbe smesso una volta per tutti di soffrire.
Ma la principessa non l’aveva toccata e, con fare pragmatico, aveva saltato ogni convenevole per arrivare subito al punto: << Dicono che tu sia una veggente, perciò non penso che sia necessario spiegarti il motivo per cui oggi ti trovi qui al mio cospetto.>>
<< Perché io conosco il vostro futuro...>>
<< Ebbene? >>
<< Sarà il vostro stesso sangue a uccidervi... prima vi inonderà i polmoni e poi vi strapperà via il fiato e infine la vostra corona cadrà su di un terreno di battaglia imbevuto dal sangue dei vostri fratelli e delle vostre sorelle.>>
A quelle parole, a differenza delle urla e dello sdegno che Niglia si era aspettata di ricevere, Vegeta aveva riso.
Il suono della sua voce aveva un che di graffiante e selvatico, un che di ferino. Non poteva vederla, certo, ma Niglia avrebbe potuto giurare che la principessa fosse bellissima.
<< Tutto qui? >>, le aveva chiesto, quasi scherzando.
<< Tutto ciò non vi spaventa? >>
<< Che cosa? La morte? Il tradimento? Vedi, mia piccola strega, solo gli stolti temono ciò che sanno che non potranno comunque evitare. Io sono una principessa e sono una guerriera saiyan. Il tradimento è il mio pane quotidiano e la morte la mia puttana. Ora, perché invece non mi dici qualcosa di davvero interessante? Qualcosa che ancora non so? >>
 
***
 
Sfruttando al massimo le doti della sua nuova alleata, - che da quel giorno era diventata la sua ombra fedele e onnipresente-, Vegeta non ci aveva messo molto a scoprire chi si celava dietro il complotto che voleva privarla del suo trono e a fare fuori chiunque fosse stato coinvolto con esso.
A salvarsi dalla sua ira era stato solo un bambino, giusto di qualche anno più piccolo della stessa Niglia.
Il bambino non era che un lontano cugino della principessa, la cui unica colpa consisteva nell’essere figlio di uno dei maggiori nemici della corona, il quale si era rivelato furbo abbastanza da spedire il suo cucciolo quanto più a nord della galassia possibile, in modo tale che riuscisse a sfuggire anche allo sguardo della stessa Niglia, che per anni aveva scrutato il firmamento alla sua ricerca ma senza trovarlo.
<< Tornerà>>, aveva affermato Vegeta, fiera e sprezzante come sempre, una volta che l’aveva scoperta soprappensiero sulle mura del palazzo reale, con il viso rivolto verso la volta del celeste, << Il suo spirito non avrà pace fino a quando non si sarà preso la sua vendetta su di me e non mi avrà portato via ogni cosa.>>
<< Come fate a esserne certa? >>
<< Non ci vuole certo una veggente per capirlo. Siamo saiyan, e l’odio e la guerra sono tutto ciò che ci tiene in vita.>>
Niglia aveva fatto un bel respiro e si era riempita il corpo di suoni e odori, che poi era tutto ciò che aveva quando non riusciva a scorgere nelle aure di chi la circondava i colori del loro futuro.
Quella notte, l’aria profumava di pane, carne arrostita e spezie, e le strade erano piene di gente che festeggiava la vittoria della principessa contro i suoi nemici.
Niglia non aveva saputo cosa dirle, non era stata in grado di rivelarle, quella notte, che, nonostante tutto le ingiustizie e gli insulti che aveva ricevuto in passato, non c’era mai stato odio nel suo cuore, né desiderio di guerra, che tutto ciò che aveva sempre desiderato sin dal giorno in cui lei l’aveva strappata via dalla sua esistenza di reietta, era restare al suo fianco e godersi i frutti della pace, i piccoli piaceri della sua nuova e appena conquistata posizione sociale, del nuovo e dolce suono del suo nome: Niglia la Veggente, Prima Consigliera della Regina.
Ma Vegeta non era alla ricerca della pace, non bramava i suoi suoni allegri né le sue fragranze aromatiche, e Niglia sapeva bene che presto anche il popolo si sarebbe stancato di sollazzare, coltivare la terra e starsene con le mani in mano, e sapeva anche che lei era l’unica a temere il giorno il cui vessillo rosso scarlatto della casata reale sarebbe ritornato ad alzarsi spinto dal vento funesto della guerra.
Doveva proprio essere guasta, allora, proprio come dicevano tutti.
Sì, doveva proprio essere nata menomata.
 
***
 
Grazie al suo aiuto e alle sue particolari conoscenze, la Vegeta che un tempo era stata nominata la Mai Regina era poi stata in grado di dimostrare a tutto il suo popolo che non soltanto una donna saiyan era in grado di regnare, ma che sapeva farlo anche meglio di un uomo.
Durante il suo Reginato, infatti, il loro impero aveva raggiunto un potere, una ricchezza e un’estensione fino a quel momento solo sognata.
Interi pianeti si erano piegati sotto il loro vessillo, e non c’era popolo in tutta la galassia che non conoscesse il loro nome e che non temesse la loro furia, l’arrivo dal cielo dello stendardo di colore rosso fuoco, simbolo della casata reale, di cui la Regina Vegeta Terza indossava fieramente il manto ad ogni battaglia.
Niglia si limitava a sussurrare le sue premonizione all’orecchio della Regina, e Vegeta sapeva come gestire il resto, quali erano le rotte da evitare, i nemici con cui era meglio diventare amici, quali commerci intraprendere e quali no, quali i guerrieri a lei davvero fedeli e chi i traditori.
Raggiunta una certa sicurezza e ormai ben sistemata sul suo scranno dorato, la regina aveva infine anche scelto il suo sposo, un guerriero potente ma di umili natali di nome Bardord[4], e da lui aveva avuto una figlia che, per tradizione, aveva ereditato anch’ella il nome del loro pianeta.
Quand’era ancora nella culla, Niglia l’aveva osservata a lungo, sperando di scorgere nel suo futuro lo stesso alone rosso fuoco dell’aura della madre.
Ma il futuro della principessa celava in esso un segreto ancora più letale.
<< Avrai un pronipote[5] molto potente...>>, aveva confidato a Vegeta una notte, mentre entrambe facevano il bagno dentro le vasche d’acqua riscaldata del palazzo e l’aria intorno a loro profumava di sapone, lusso e benessere.
<< Che vuoi dire? >>
<< D’oro sarà la sua aura, e d’oro sarà la sua spada.>>, ma non avrà una corona, né un trono, né un popolo da governare, avrebbe voluto aggiungere Niglia, ma ancora una volta, a sguardo basso, non aveva avuto il coraggio di spezzare quella pace così duramente conquistata con il suono e il lezzo dei sui oscuri presagi.
<< Come il guerriero della Leggenda? >>
<< Come il guerriero della Leggenda.>>
<< E il ragazzo? >>
<< Quale ragazzo? >>
<< Quello che continua a cospirare alle mie spalle.>>
<< Lui che c’entra?>>
<< Sicura che non sia lui il guerriero che vedi? >>
<< Sì.>>
<< Perché? >>
<< Perché quel guerriero è menomato[6], proprio come me.>>
E, proprio come la prima volta che l’aveva incontrata, Vegeta era scoppiata a riderle in faccia.
<< Che storia! Meglio non dirlo in giro, Niglia. Sai che delusione, sennò...>>
 
***
 
A quei tempi, Freezer non era che un nome, non era che un’ombra lontana, non era che uno dei tanti mostri che dimoravano nell’oscurità dello spazio e che si vociferava si divertisse a disseminare intorno a sé terrore, morte e distruzione totale.
Era un presagio di sventura che viaggiava di bocca in bocca con i predoni spaziali, e le cui gesta riuscivano sempre a ghiacciare il sangue di chi le ascoltava, anche se i saiyan erano sempre stati troppo orgogliosi e troppo arroganti per temere un nemico di cui non avevano ancora nemmeno mai visto il volto.
La sua aura era oscura, come un buco nero capace di risucchiare ogni forma di luce, e proprio per questo motivo, le orbite cieche e vuote di Niglia non erano riuscite a vederlo fino a quando non era stato troppo tardi.
Il ragazzo esiliato, forte di questa sua nuova alleanza con il Signore della Guerra, aveva fatto improvvisamente ritorno dal suo esilio e attraverso le colonie aveva iniziato a sobillare il popolo contro la sua legittima sovrana, insinuando in loro il dubbio, il velenoso sospetto che la loro regina in realtà fosse manovrata dai bisbigli di una ragazzina bastarda dal sangue Tsufuru, da una strega che minacciava di distruggerli tutti perché era nata maledetta.
I pregiudizi della sua razza stavano riuscendo a fare di lei ciò che la luna piena stessa non era mai stata capace di fare: trasformarla in un mostro.
Le maldicenze del ragazzo la stavano trasformando in un’arma per distruggere Vegeta, in un cancro che avrebbe finito per divorarla dall’interno, facendole perdere tutto il consenso e l’amore popolare di cui negli anni aveva sempre goduto.
Dalle voci ricolme di odio e superstizione del suo popolo, - quello stesso popolo che grazie alle sue visioni in quegli anni aveva continuato a prosperare-, Niglia si era sentita accusare di ogni cosa: fornicazione, plagio, tradimento, stregoneria.
I guerrieri d’élite avevano cominciato a bisbigliare che era per colpa sue e della sua discendenza bastarda che la terza classe aveva iniziato a ribellarsi e ad alzare la testa, perché se una menomata poteva sedersi al fianco della Regina durante i consigli di guerra, mangiare alla sua stesa tavola e dormire sotto il loro stesso tetto, allora cosa avrebbe potuto impedire a tutto il resto della feccia di non fare lo stesso?
D’altro canto, persino la terza classe e in particolar modo i contadini stavano iniziando a desiderare la sua morte, perché credevano che fosse colpa sua, - colpa di Niglia che era nata maledetta -, l’improvviso esaurimento delle sorgenti d’acqua naturale del pianeta.
In tutto questo, c’era anche chi l’accusava di aver maledetto la Regina e che fosse per questa ragione che Vegeta aveva avuto soltanto un’erede, per giunta femmina, proprio perché era nei piani di Niglia la Strega, Niglia la Bastarda, Niglia la Maledetta, quello di condannare tutto il popolo dei fieri guerrieri saiyan a un Reginato senza fine, dove le donne avrebbero avuto più potere degli uomini e le terze classi preso il posto dei guerrieri d’élite.
La Regina aveva risposto alle varie accuse con l’indifferenza più totale, evitando di soffiare sul fuoco e soffocando ogni discussione e ribellione sul nascere, forte della sua sconfinata potenza, di cui tutti temevano l’esplosione.
Ma le Alte Sfere Militari erano inquiete, così come lo erano anche i commercianti saiyan più influenti, in quanto si erano stufati di vedere le loro rotte invase dai pirati spaziali che il ragazzo aveva assoldato per impedir loro di condurre alcun tipo di commercio.
Quando era insieme a lei, Vegeta faceva finta di niente, ma Niglia sapeva che il popolo iniziava a reclamare a voce sempre più alta la sua testa, e temeva il giorno in cui la Regina si sarebbe alla fine stancata di averla fra i piedi e di tenerla sotto la sua ala protettrice.
Per cercare di salvare il salvabile e mettere fine alla crisi in cui stava versando l’intero pianeta a causa sua, un giorno Niglia le aveva detto: << Se mi uccidi, forse riuscirai a cambiare il tuo destino.>>
Ma Vegeta aveva emesso un verso sprezzante, e l’aria intorno a lei aveva già iniziato nuovamente a puzzare di guerra e di sangue.
<< Se ti uccido, il popolo crederà che il ragazzo abbia sempre avuto ragione sia su di te, che su di me. Vuoi davvero dar loro questa soddisfazione? >>
<< Io voglio che tu viva.>>, aveva finito per supplicarla Niglia, l’animo gonfio di dolore e oscuri presagi.
Vegeta aveva riso di nuovo, ma quella volta c’era stata quasi una dolcezza materna nel suono della sua risata: << Oh, mia cara Niglia, lascia che per una volta sia io a darti un consiglio, vuoi? Non sono mai stati i tuoi occhi ciechi, né l’assenza del richiamo della belva a renderti debole. È che sei nata con un cuore buono. È questa la tua vera maledizione, Niglia la Veggente. È questa la catena che ti sei scelta. >>
 
***
 
Quando alla fine il popolo si era sollevato contro di lei, e le Alte Sfere Militari l’avevano quasi tutte tradita e i mercenari del ragazzo, finanziati per lui da Freezer, erano riusciti ad atterrare sulla terra rossa del pianeta, Vegeta aveva già radunato le sue ultime forze e aveva combattuto al massimo delle sue capacità fino alla fine, per poi morire con i polmoni spappolati a causa di un ki-blast che l’aveva raggiunta in pieno petto, scagliato verso di lei proprio dal sangue del suo sangue
Durante quegli ultimi istanti di battaglia, Niglia aveva stretto la sua Regina fra le braccia un’ultima volta, sentendola morire allo stesso modo in cui le aveva predetto che sarebbe successo il giorno in cui lei l’aveva trovata e salvata dalla polvere, dall’autocommiserazione e dalla solitudine della sua misera esistenza.
Grosse lacrime salate erano cadute giù dalle sue orbite cieche e vuote, finendo, forse, sul viso della stessa Regina che, con la voce spezzata dal suo ultimo singulto di dolore, le aveva chiesto: << S-sii fo-forte, Ni...Ni-Niglia! U-u-uccidili! Uccidili tutti! >>
Quel giorno, il dolore della perdita era stato in grado di lacerarle il cuore, il corpo, l’anima, e da tutte quelle ferite l’odio le si era riversato dentro a fiotti, colmandole e corrompendole lo spirito, macchiando, con l’orrore nero e corrosivo dell’odio, la sua aura che, fino a quel momento, era stata candida e pura come lei, bianca come l’iride dei suoi occhi ciechi.
La Niglia Bambina, che supplicava i soldati di ascoltarla, e che sperava solo di essere accettata dalla sua gente per quella che era, era morta quel giorno insieme alla sua Regina, e poi era rinata come una creatura figlia dell’odio e dell’oscurità.
Quel giorno era al fine diventata il mostro che per tanto tempo il suo popolo di belve aveva sostenuto che fosse: Niglia la Strega, Niglia la Pazza, Niglia la Maledetta.
A occhi chiusi, prima che il ragazzo giungesse a reclamare anche la sua vita, Niglia aveva affondato le dita nel sangue della Regina che aveva amato e che era caduta per mano del suo popolo, -quello stesso popolo per cui entrambe avevano dato tutto, e che, infine, quando era stato chiesto loro di scegliere, le aveva tradite-, e aveva giurato, sulla sua vita e sulla vita di Vegeta, che non avrebbe avuto pace fino a quando non avrebbe portato su ognuno di loro morte e distruzione, non avrebbe avuto pace fino a quando, proprio come Vegeta le aveva ordinato, non li avrebbe uccisi tutti quanti.
Per un attimo, le era sembrato che il ragazzo le fosse accanto, era riuscita a intravedere la sua aura rossa, - come quella di Vegeta-, che incombeva su di lei, in mezzo all’esplosione bianca, di rabbia cieca, che i suoi miseri poteri avevano appena causato.
Il ragazzo avrebbe potuto ucciderla e invece l’aveva lasciata andare, anche se Niglia non era mai riuscita a spiegarsi il perché.
(Forse perché aveva visto in lei, ciò che un tempo era stato lui. Forse perché i saiyan, proprio come Vegeta aveva tentato di spiegarle una volta, avevano sempre rispettato l’odio, la rabbia e la vendetta più di qualsiasi altra cosa). 
Ma non per questo Niglia avrebbe dimenticato, non per questo Niglia avrebbe perdonato.
Così, mentre velocemente si era allontanata via dal campo di battaglia per recarsi nel suo nuovo e desolato esilio in uno dei tanti satelliti disabitati della galassia, con la mente era riuscita a immaginarsi ciò che poi era realmente accaduto: il ragazzo che si piegava ai piedi della regina e ne rubava la Corona per poi deporla sul suo capo di usurpatore, ripudiando così il suo vecchio nome, che la storia avrebbe fatto presto a dimenticare, e prendendo quello della stirpe il cui sangue aveva appena versato.
Era un Vegeta anche lui adesso, un Re dei saiyan.
Proprio ora che Niglia aveva chiaramente visto la loro fine.
 
***
 
La guerra civile aveva consumato tutto il potere e la ricchezza del pianeta Vegeta, l’aveva reso una preda facile per Freezer, che aveva così iniziato ad allungare la sua ombra oscura sul trono.
Una volta indossata la corona e preso possesso del manto dello stesso rosso scarlatto del vessillo reale, Re Vegeta, quarto del suo nome, aveva deciso di prendere in sposa l’erede bambina della precedente regina, per rafforzare ancora di più la sua posizione sul trono.
Vegeta IV era un giovane scaltro e ambizioso, ma era anche indebitato fino al collo con uno dei mostri peggiori che la galassia fosse mai riuscita a sputare fuori, e nessuno era mai stato in grado di liberarsi di un guinzaglio come quello di Freezer, che poco a poco, anno dopo anno, aveva iniziato a ridurre sempre di più i poteri e le libertà del Re dei saiyan, imponendogli tasse per qualunque tipo di bene, dogane, uomini da usare per le sue personali campagne di conquista.
Nella solitudine del suo esilio, Niglia aveva osservato il firmamento oscuro, l’anima nera di Freezer che iniziava a inghiottire ogni cosa, e il suo fiero e potente popolo di guerrieri ridursi a mercenari alla mercé di una serpe.
Aveva già deciso da tempo che non avrebbe fatto nulla per impedirlo, anzi, aveva lasciato che le cose facessero il suo corso, perché aveva una vendetta da portare a compimento e l’ora era quasi scoccata, e il suo ruolo in quella tragedia era stato per lungo tempo già stabilito.
 
***
 
Fu per via della leggenda che dopo molti, molti anni, Niglia decise di ritornare sul suo pianeta natale, quando ormai era diventata talmente vecchia e scarna che nessuno avrebbe più potuto riconoscerla – Niglia la Strega, Niglia la Pazza, Niglia la Maledetta.
Vegeta IV era morto, e sul trono sedeva quell’inetto e arrogante di suo figlio, il quale non possedeva nemmeno un briciolo dell’acume militare dei suoi avi, né della loro fierezza, e di grande e potente aveva solo il nome che portava, un nome che Niglia avrebbe voluto strappargli di dosso a morsi.
Ma non era per lui che era tornata a casa.
Non era per lui che aveva deciso di fare una piccola deviazione dalla sua meta finale e dirigersi per un’ultima volta, di nascosto, al palazzo reale.
Le voci correvano in fretta, persino nella vastità dello spazio, e ormai tutti erano a conoscenza della nascita del piccolo principe prodigio.
Il principe Vegeta era un cucciolo strano, Niglia se ne rese conto dalla prima volta che riuscì ad avvicinarsi abbastanza a lui da riconoscerne l’odore, oscurandosi alla sua vista grazie alla sua aura cieca.
L’aura del principe aveva qualcosa che le ricordava quella rossa e piena d’ardore della Regina che un tempo aveva amato, e c’era chi vociferava che ad appena tre anni il piccolo prodigio fosse già tanto forte quanto lo era stato suo nonno quando era ritornato dall’esilio per riprendersi il trono che sua cugina gli aveva portato via con l’inganno.
Niglia lo aveva osservato a lungo, spiandolo durante i suoi spostamenti a palazzo e durante i suoi allenamenti, e aveva in quei giorni cercato di capire se era in lui che si nascondesse la scintilla d’oro del guerriero leggendario.
Ma non aveva visto alcuna traccia d’oro nell’aura del principe, né nel suo immediato futuro.
Tuttavia, prima che si fosse voltata per non tornare più indietro, Niglia aveva scorto intorno alla sua figura sfumature di colori che le erano del tutto alieni e che ebbero il potere di spiazzarla, di metterla in dubbio, di farla quasi tornare suoi sui passi e rimangiarsi tutto.
Verde e azzurro, ecco le sfumature di cui era impregnato il futuro del principe prodigio.
Quelli non erano colori degni di un saiyan, - persino una come Niglia la Bastarda, ne era sempre stata a conoscenza-, per il semplice fatto che il verde e l’azzurro rappresentavano dei valori su cui il suo popolo aveva costantemente preferito sputare sopra o passare oltre.
L’azzurro era un simbolo di vita, mentre il verde significava speranza. E Niglia era più che sicura che non avrebbe mai potuto esserci né vita né speranza per la stirpe dei Vegeta, perché quella vita e quella speranza aveva giurato da tempo che sarebbero morte con lei.
Eppure eccolo lì, proprio di fronte alle sue orbite cieche, ciò che mai si sarebbe immaginata di prevedere, il vero prodigio che si nascondeva sotto tutto l’orgoglio e la potenza di un cucciolo saiyan: una belva che un giorno avrebbe imparato a essere umana.
Un tempo, Niglia la Veggente, Niglia la Consigliera della Regina, forse se ne sarebbe rallegrata, forse avrebbe intravisto in quel bambino un simbolo di rinascita, ma la Niglia Bastarda, la Niglia Maledetta che ha passato metà della sua vita a tramare la sua vendetta nell’ombra e nella solitudine, continuando anno dopo anno a nutrire il suo odio nei confronti di un popolo a cui tutto aveva dato e che tutto le aveva portato via, invece non può che compatirlo.
Amore non era che una parola, e il principe Vegeta sarebbe morto a causa di esso come era giusto che fosse[7].
 
***
 
Come ogni altra creatura delle tenebre, Freezer aveva sempre temuto la luce sopra ogni altra cosa, aveva sempre temuto la scintilla che avrebbe un giorno dipanato il suo dominio oscurantista e ridotto in cenere il giogo sotto la quale teneva in scacco l’intera galassia.
Era terrorizzato dall’oro sin dalla prima volta in cui le sue giovani orecchie ne avevano sentito parlare.
Pertanto, per Niglia era stato facile convincerlo a riceverla nella sua fortezza volante, quasi troppo facile, e segretamente aveva riso di lui, aveva riso di sé stessa, aveva riso di Vegeta, perché forse era pazza, forse erano stati l’azzurro e il verde del principe dei saiyan a farla impazzire.
<< Niglia la Menomata. A che cosa devo questo onore, vecchia? >>
<< Suppongo tu lo sappia già.>>
<< È sempre una questione di vendetta, non è vero? >>
Niglia aveva represso un sorriso e si era limitata ad annuire, sentendo poi l’imperatore del male sogghignare, il lezzo che si portava addosso, tutto intorno a lui, era quello nauseante della morte, della devastazione.
<< E dimmi, veggente, cosa ti fa pensare che la cosa mi interessi? >>
<< Perché io conosco il tuo futuro, Freezer. E il tuo futuro finisce, lì dove il guerriero leggendario si coronerà d’oro.>>
Un sussurro, un dubbio, l’ombra di una premonizione nefasta, non le era bastato che quello, una piccola, minuscola pulce nell’orecchio per piegare alle sue richieste il mostro senz’anima più pericoloso, più letale e malvagio di tutto l’universo, non le era bastato che un sussurro per mettere fine alla razza guerriera più potente mai esistita.
<< È molto semplice: se loro vivono, tu muori.>>
<< E dunque che cosa mi suggerisci di fare, mmh? >>, non gli disse che era inevitabile, del resto, non doveva a quella serpe proprio alcun favore e, inoltre, aveva già visto più e più volte com’era che sarebbe andata a finire: orbite cieche, orbite morte che osservavano l’orbita vuota in cui un tempo vi era stato il pianeta Vegeta.
<< Uccidili. >>, aveva bisbigliato quindi all’orecchio di Freezer, mantenendo così fede al suo giuramento e lanciando sui saiyan la maledizione che tanto avevano atteso da lei.
<< Uccidili tutti.>>
 



 
FINE
 



N/A: questa storia nasce grazie al Contest di Anatra.Valeria, che ci ha chiesto di raccontarle la storia di una vittima divenuta poi carnefice, attraverso dei prompt specifici come “Discriminazione”, e “Odio” che sono quelli scelti da me.
La mia è tutta una storia What if?, che si allontana sia dallo speciale l’Origine del Mito, il quale vede appunto Bardarck nelle vesti di una sorta di Veggente, sia dall’ultimo film di Dragon Ball Super dedicato a Broly, che ci ha proposto un’altra versione ancora di come sarebbero potuti andare gli eventi.
La mia è la storia di Niglia, un personaggio di mia invenzione, una ragazzina la cui unica colpa è di essere nata diversa, senza coda e senza vista, e che pur non volendo far altro che del bene, pur essendo dentro di sé una brava persona (per quanto può essere brava una ragazzina saiyan, naturalmente!), continua a essere disprezzata dalla sua gente per la sua diversità. Le viene appeso addosso un marchio, una lettera scarlatta che la bolla come maledetta e, alla fine, paradossalmente, o forse perché il destino è davvero inevitabile, lei si rivelerà essere per davvero una sorta di maledizione per tutto il suo popolo, perché – e qui si va nel what if? – è lei a dare la spinta finale a Freezer, -rendendo reali le sue paure sull’esistenza del super saiyan-, il quale deciderà quindi una volta per sempre di liberarsi della profezia che gli pende sopra la testa.
Ma questa è anche la storia della Regina Vegeta che lotta contro una discriminazione di genere che la vede inadatta a regnare solo perché è una donna.
Sia lei che Niglia alla fine verranno divorate dall’odio e l’odio è ciò che porterà entrambe a distruggere per sempre la loro razza.
Quindi, in poche parole, questa è una storia sul pregiudizio, su quanto quest’ultimo, con il suo odio, possa distruggere una persona o anche solo condannarla a un’esistenza infelice.
Anatra.Valeria ci ha anche chiesto di usare i colori per esprimere determinati concetti e qui io mi sono proprio imbizzarrita del tutto, sfruttando il Nero per rappresentare l’aura di Freezer e l’oscurantismo del suo Regno, ma anche l’odio che divora quella che un tempo era stata l’aura immacolata e Bianca di Niglia, che perde così la sua purezza.
Il Rosso è simbolo di conquista, di potere e di sangue, che è un po' il filo conduttore che lega tutta la stirpe reale dei Vegeta.
Mentre l’Azzurro e il Verde (gli unici due colori che esprimono messaggi positivi all’interno della storia) sono spiegati nella nota numero 7!
Spero di essermi spiegata bene, che la storia vi sia piaciuta e di poter leggere le vostre opinioni a riguardo :)
Per concludere, faccio anche un grosso in bocca al lupo a chi come me partecipa a questo contest!
Alla prossima,
BellaLuna
 

[1] La scelta del nome “Niglia” per la protagonista di questa storia non è un caso, infatti, visto che tutti i nomi dei saiyan si ispirano a degli ortaggi o comunque a dei vegetali, ho scelto questo nome perché in siciliano il “niglio” è il granoturco, al femminile è venuto fuori “Niglia”.
[2] In uno degli episodi di Dragon Ball Z, Re Kaioh ci racconta che all’alba dei tempi, su quello che noi conosciamo come il pianeta Vegeta, vivevano due razze, i saiyan e gli tsufuru, quindi ho semplicemente ritenuto possibile l’esistenza di alcuni “ibridi” fra le due specie.
[3] Nel mio personalissimo HaedCanon, “Vegeta” è il nome che viene dato all’erede al trono, indipendentemente dal fatto che questo sia un uomo o una donna.
[4] Altro piccolo HeadCanon: la Regina Vegeta sposa uno dei prozii di Bardack, il padre di Goku. Questo headcanon ha più senso se leggete la nota numero cinque.
[5] In questo modo il guerriero leggendario potrebbe essere sia Goku, sia Vegeta, sia Trunks, perché entrambi sono pronipoti della Regina.
[6] Niglia lo definisce “menomato” perché al momento della trasformazione in super saiyan, né Goku, né Vegeta, né Trunks hanno la coda, proprio come lei.
[7] Il Vegeta che Niglia vede e che muore per amore, è il Vegeta del futuro che si sacrifica per salvare la vita di Bulma e di Trunks. Per quanto riguarda i colori che ho scelto di attribuirgli, l’azzurro rappresenta la sua rinascita nel Pianeta Terra (il pianeta blu/azzurro, appunto) ed è simbolo di vita, perché è il colore dell’acqua e dove c’è acqua c’è vita. Il verde rappresenta la speranza, e la speranza in questo caso è un riferimento a Mirai!Trunks e alla sua macchina del tempo chiamata Hope!!  
  
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