Un secondo di luce incerta
«Sei qui, caro?»
«Sì» risponde Draco, meccanicamente. «Sarò giù
tra un minuto» annuncia, prima che sua moglie – affacciata sulla soglia – possa
chiederlo. Lei si ritira, silenziosa, e lui riporta lo sguardo sulla fotografia
tra le sue mani.
Vede due giovani sorridenti, troppo,
ignari di quel che sarebbe accaduto solo pochi giorni dopo. O forse, al
contrario, perfettamente consapevoli – attori per tacito accordo.
I due sono immobili, non danno segno di vederlo
come avverrebbe con una foto magica. Si fissano tra loro, totalmente assorbiti
dalla persona che hanno davanti.
Si acciglia. Non c’è tempo per i rimpianti, nella
sua posizione – non è giusto verso la sua famiglia.
Eppure, mentre lascia la stanza adibita a ripostiglio,
non può impedirsi di lasciar scorrere i ricordi. Attimi altrimenti dimenticati gli
riempiono la mente, accompagnati da una risata argentina.
~
«Per quanto tempo è
per sempre?»
Draco si trovava a Spinner’s end, era appena
giunto di fronte alla porta del professor Piton. Miracolosamente sopravvissuto
alla battaglia di Hogwarts, l’uomo aveva preferito non tornare al suo ruolo di
insegnante; aveva tuttavia accettato di aiutare Draco a proseguire in privato
gli studi da pozionista – anche il ragazzo, infatti, aveva scelto di non
tornare a Hogwarts.
La porta si spalancò prima che lui potesse
sfiorarla, lasciando uscire un uragano viola e giallo che lo investì in pieno.
Rischiò seriamente di cadere, ma recuperò l’equilibrio all’ultimo momento. L’uragano,
una ragazza dagli abiti un po’ troppo colorati, arretrò d’un passo.
«Mi dispiace, non ti avevo proprio visto!»
Draco la freddò con uno sguardo scettico.
Naturalmente non l’aveva visto, non ne aveva avuto il tempo – nessuno le aveva
mai detto di non precipitarsi fuori spalancando porte?
«Oh, ma sei tu, Draco!»
Quell’esclamazione lo paralizzò, spazzando via l’irritazione.
Le persone che potevano rivolgerglisi con tanta familiarità si contavano sulle
dita di una mano, e certo non includevano la strana ragazza davanti a lui.
«Dopo la battaglia non ti ho più visto, è bello
vedere che stai bene».
Fino a quel momento aveva lasciato che i colori
sgargianti del suo abbigliamento monopolizzassero la sua attenzione, ma si
decise finalmente a osservare per bene il volto dell’uragano.
Era… vagamente familiare. Non ricordava come si
chiamasse, sapeva solo che era un’amica di Potter – l’amica di Potter che
dopo la Battaglia, in Sala Grande, gli aveva offerto un bicchier d’acqua.
Aveva rimosso quel ricordo, ma ora tornò più vivido che mai a sovrapporsi allo
sguardo gentile che lo fissava.
«Signorina Lovegood, le serve qualcos’altro?»
La voce gelida del professor Piton lo riportò
bruscamente al presente.
«No, professore, stavo solo salutando Draco»
spiegò lei, voltandosi.
«Può andare, allora».
La ragazza annuì. «Certo.
Tornerò martedì con il resto degli ingredienti» dichiarò, per poi tornare a fronteggiare
Draco con un gran sorriso. «Ciao, Draco, alla prossima!» esclamò prima di smaterializzarsi.
Improvvisamente la via
sembrò molto più grigia.
Esitava fuori dal negozio, incapace di decidersi.
Che ci faceva lì? Continuava a ripetersi che si trattava di una cortesia quasi dovuta
all’insegnante, ma sapeva benissimo che non era – solo – questo ad averlo
spinto a proporsi.
La verità è che era curioso, ma al contempo
temeva che la gentilezza mutasse in rifiuto.
Finalmente, richiamando a sé il poco coraggio che
aveva, entrò. Un tintinnio annunciò la presenza del nuovo cliente, facendo
voltare una ragazza vicina agli scaffali – lei. La donna dietro al
bancone, invece, non lo degnò di un’occhiata. Meglio così.
«Draco! Sei qui per l’ordine del professor
Piton?» domandò Luna, andandogli incontro.
«Sì,» rispose lui, ancora stupito da quei modi
calorosi, «è così, Lovegood».
«Chiamami Luna» replicò lei, distrattamente.
«Seguimi, lo stavo giusto ultimando, aggiungo gli artigli di Kneazle ed è
pronto».
Si lasciò guidare in un angolo in fondo al
negozio. Mentre l’osservava recuperare gli ultimi ingredienti, notò che indossava
colori meno stravaganti dell’ultima volta, seppur sempre accesi: delle stelline
rosa risaltavano su un abito arancione. La sua figura allegra stonava nella
semioscurità del negozio.
«Allora… Luna,» iniziò, «come mai lavori qui?»
Non sapeva perché, non la conosceva davvero, ma
aveva la forte impressione che vendere e consegnare ingredienti per pozioni non
fosse la sua strada. In quell’immagine c’era qualcosa di sbagliato,
semplicemente.
«Oh, è solo temporaneamente. Sto mettendo da
parte un po’ di soldi» rispose lei, chiudendo il pacco. Poi lo sollevò e lo porse
a Draco. «Ti serve aiuto per portarlo?»
«No, non è necessario». Lo prese; pesava
leggermente più di quanto si aspettasse, ma non sarebbe stato un problema.
A quel punto avrebbe dovuto andarsene, ma – di
nuovo – esitò. La conversazione si era spenta troppo in fretta: aveva bisogno
di soldi, ma per cosa?
Strinse il pacco, incapace di pronunciare il grazie
che non le aveva mai rivolto.
Si sentiva incredibilmente stupido: fino a poche
settimana prima aveva del tutto rimosso la sua esistenza, ma rivederla – sempre
così inspiegabilmente gentile – gli aveva suscitato l’assurda voglia di
avvicinarsi e conoscerla meglio. Non sapeva se fosse solo un tentativo di
alleviare il vuoto lasciato da Pansy o qualcos’altro: sapeva solo che non
riusciva a togliersela dalla testa, per quanto ci provasse.
«Tutto bene?» domandò Luna. Lo fissava con
curiosità, ora.
«Sì». Si accigliò; non era venuto fin là per
rendersi ridicolo. «Pensavo… che potremmo rivederci». L’aveva pensata come
domanda, ma il risultato non gli dispiacque.
L’espressione della ragazza si distese in un
sorriso. «Certo, mi piacerebbe!»
«Ciocconocciola e limone, grazie!»
Florian Fortebraccio non batté ciglio, ma Draco
sbarrò gli occhi. Che accostamento… insolito. Lui optò per un più
normale cono al pistacchio.
«Come sta il professor Piton?» domandò Luna, accomodandosi
in uno dei tavolini esterni.
Draco la imitò. «Come al solito» rispose, ponderando
la domanda. «Non proprio allegro».
«E tu, sei allegro?»
Rischiò di strozzarsi
con il gelato. Era la terza volta che si vedevano, ma non riusciva ancora ad
abituarsi a quella spiazzante – quasi fuori luogo – spontaneità. Allegro,
lui? Non proprio.
Eppure… rispetto a solo
un mese prima sì, era più allegro. Luna Lovegood era come una brezza
primaverile dopo un inverno protrattosi troppo a lungo – non abbastanza calda
da cancellarlo del tutto, ma sufficiente a sciogliere un po’ di neve.
La osservò. Era
impegnata a evitare che il gelato, già un po’ sciolto, le cadesse sul tavolo o
peggio sull’abito blu e rosso; sembrava una bambina. Sorrise.
«A volte».
Luna terminò l’operazione
di salvataggio e ricambiò il suo sguardo. «Credo sia vero. Intorno a te ci
sono meno gorgosprizzi».
Draco non le chiese
cosa intendesse, notando d’un tratto che anche lui avrebbe dovuto sbrigarsi a
consumare il dolce o gli si sarebbe sciolto in mano.
«Un esame per
diventare assistente di Lumacorno? Ma è fantastico, Draco!»
Lui sbuffò. «Piton
insiste perché lo sostenga, ma so già che non ho possibilità».
«Perché dici così? Io
sono convinta del contrario, invece».
«A Lumacorno non
piaccio. Come biasimarlo? Sono in pochi ad apprezzare i Mangiamorte. Ci
saranno decine di candidati più rispettabili» considerò amaramente, calcando l'ultima parola.
«Non essere sciocco,
Draco» replicò Luna, fissandolo seria. «Andrai bene. Poi per festeggiare faremo
un viaggio!»
Draco scosse la testa,
poco convinto. Era bello vedere qualcuno prendere le sue difese contro lui
stesso, però. «Perché no» mormorò, pensando che in ogni caso una gita insieme
non sarebbe stata male. In un posto un po’ più caldo, magari.
«Allora… studia, mi
raccomando!» si raccomandò lei, prima di salutarlo per scappare a lavoro.
«Mi sono licenziata».
Lo sguardo gli corse
alla ragazza che camminava tranquilla al suo fianco. L’aveva detto con la calma
che un’altra persona userebbe per descrivere il tempo o cos’ha mangiato a
pranzo. Non era la prima volta.
«Ti trovavi male?»
Luna ci pensò un po’
su. «No, non direi. A volte i clienti erano poco carini, ma non è questo». Si
voltò verso di lui, fermandosi. «Forse mi stavo affezionando troppo. Ma non era
quel che voglio davvero».
Draco sospirò. «Sì, lo
so. Vuoi viaggiare per il mondo a caccia delle tue creature…»
«Non “a caccia”» puntualizzò lei, riprendendo a
camminare. Erano i primi di dicembre, eppure vestiva una gonna arancione
dall’aspetto piuttosto leggero. Non era certo che il plaid viola bastasse a tenerla
calda. «Voglio studiarle, e trovare le prove della loro esistenza! Per alcune
di loro, almeno».
«E per questo cambi un lavoro dopo l’altro. Anche
uno particolarmente buono come quello al Ghirigoro». Non voleva essere
polemico, ma non poté evitarlo.
«Ma non sono i lavori per me».
Entrarono in un parco, rallentando il passo in
direzione di una panchina.
«Sono vicina, ho quasi raggiunto la cifra
necessaria per partire» riprese, contenta. Si sedette, fissandolo in attesa.
«Non è meraviglioso? Presto…»
«Presto potrai andartene via da qui» la
interruppe lui, completando la frase al suo posto – un po’ più bruscamente di
quanto avrebbe voluto. «Da sola. Libera».
Sapeva che era giusto, lo sapeva, ma
sentirla parlare con voce sognante delle sue aspirazioni lo metteva comunque a
disagio. Forse perché lui un sogno non l’aveva.
«Mentre io resterò qui, a studiare una materia
che non mi porterà da nessuna parte mentre cerco di risollevare la mia
famiglia…»
«Tu ami studiare Pozioni». Luna lo guardava con
il dubbio negli occhi, ora. Stava cercando di leggerlo; Draco sapeva benissimo che ci
sarebbe riuscita. Lo faceva sempre – a volte lo comprendeva meglio di quanto
non facesse lui stesso.
«A che serve? Non ridarà lustro al nome Malfoy,
non consolerà mia madre».
Passò qualche secondo. Si pentì di quel che si
era lasciato sfuggire, ma Luna non gli diede il tempo di ritrattare.
«Non è questo, vero?» iniziò. Draco non osò
guardarla negli occhi: sapeva che se ne sarebbe sentito trafitto. «Sei
arrabbiato. Non con me – sei arrabbiato perché tu non hai un sogno, o meglio,
pensi di non averlo».
«Penso?»
Si era ripromesso di non parlare, ma ancora una
volta le sue parole l’avevano sorpreso.
«Tu hai un sogno, Draco. Ti manca solo il
coraggio di crederci».
Sentirlo dire gli fece male. Era dannatamente
vero.
Non sollevò lo sguardo, non ne era in grado. Non
in quel momento.
«Scusami» mormorò, prima di smaterializzarsi.
Nella sua stanza a Villa Malfoy, strinse i pugni con rabbia e ne scagliò uno
contro il muro.
Mentre svaniva aveva colto l'espressione di Luna: sorrideva
triste.
«Mi dispiace».
Luna l’osservava in silenzio, sorseggiando la sua
cioccolata. Non accennò a parlare, ma Draco leggeva nel suo sguardo che non era
arrabbiata. Voleva solo che si spiegasse, perché era giusto. Le doveva almeno questo.
«Mi dispiace per come me ne sono andato l’ultima
volta, e per essere sparito per una settimana. È stato stupido».
Luna scosse la testa. «Avevi bisogno di un po’ di
tempo. Non è stupido». Poggiò la tazza. «Ti sei schiarito le idee?»
Esitò. «Io… credo di sì» disse, ma non riuscì a
trattenere la domanda successiva. «Devi proprio partire? Non puoi… restare qui,
studiare le creature da lontano?»
Luna gli sorrise; non un sorriso luminoso come
quelli a cui si era abituato, ma triste – consapevole – come l’ultimo.
«Sarebbe incredibilmente sciocco, non credi? Passare una vita intera a
desiderare qualcosa senza mai agire. Lo rimpiangerei».
In fondo aveva saputo la risposta prima ancora di
chiederlo.
«Non partirò subito» aggiunse però Luna, prendendogli
una mano. «Non è ancora il momento di dire addio».
Draco, che aveva sussultato al tocco, indurì lo
sguardo per riflesso. «Ma arriverà».
«Forse». Luna rimosse la mano, ma non smise di
fissarlo. «Potresti venire con me».
La proposta lo colse totalmente di sorpresa, ancora
una volta, e gli fece abbassare le difese.
«Dici davvero?»
Luna esibì nuovamente il suo sorriso triste.
«Potresti» confermò. «Ma non credo che tu lo voglia».
Nuovamente spiazzato, stavolta Draco rise. Allora
anche lei sbagliava.
«Perché lo pensi?»
«Puoi ignorare i tuoi sogni adesso, ma
dovrai farci i conti prima o poi. Non voglio che li sacrifichi per me».
«Non potrei,» ribatté «li ho già sacrificati
alla guerra».
«Se ne sei convinto, Draco».
Fuori dal locale la vide rabbrividire e,
attribuendone la ragione all’insufficienza del suo maglione rosa shocking, si
sfilò il cappotto nero e glielo poggiò sulle spalle. Luna sorrise e gli strinse
la mano, per tutta risposta.
«Allora, ti piace?»
Draco deglutì, gustando l’insolita combinazione.
«È strano, ma sì… Mi piace» ammise, stupito. In qualche modo, il
cioccolato andava davvero bene con il limone.
Il sorriso di Luna si allargò. «Non è la
gelateria di Florian, ma non c’è male» convenne assaggiando il mirtillo del suo
cono. Si erano scelti i gusti a vicenda.
«Non mi hai ancora detto com’è andato l’esame».
«Sappiamo entrambi che Lumacorno non mi sceglierà
mai».
«Ti sceglierà, se lo meriti».
Draco scrollò le spalle. «Non gli sono mai stato
simpatico. Ho sostenuto l’esame per non deludere il professor Piton e perché
hai insistito, ma non ho mai pensato di passarlo».
«Sono certa che non è così. Quando saprai il
risultato?»
«Tra qualche giorno». La guardò negli occhi,
cercando di decifrare la sua espressione. «Come procedono i preparativi per la
spedizione?»
«Bene».
Chiacchierando avevano finito i rispettivi gelati.
Si trovavano davanti alla panchina di un parco, lei in un abito viola decorato con
fiori arancioni e lui avvolto in un elegante cappotto blu scuro. Luna si alzò
sulle punte e lo baciò, di punto in bianco.
«Clic» risuonò nell’aria, pochi secondi dopo che si
furono separati.
Si voltarono entrambi, lui stupito e lei curiosa:
un uomo veniva verso di loro con uno strano oggetto tra le mani.
«Chiedo scusa. Sembravate così innamorati,
non ho resistito. Era uno scatto imperdibile».
Draco inarcò un sopracciglio. «Uno scatto?»
L’uomo alzò l’oggetto, come se bastasse a
spiegare la sua strana intromissione. «Mi chiamo John Butler, sono un
fotografo. Ero in cerca di ispirazione e ho visto voi! Naturalmente avrete la
fotografia gratuitamente, se mi direte dove spedirla. Vi sarei molto grato se
mi permetteste di esporla nel mio negozio».
Fu Luna la prima a reagire. «Siete molto gentile,
signor Butler».
In pochi minuti si accordò con l’uomo, sotto lo
sguardo scettico di Draco. Una fotografia babbana? Che avrebbero dovuto farsene?
Era troppo contento per badare più di tanto all’intruso, tuttavia – stava
andando tutto bene, o così aveva scelto di credere, ignorando il presentimento
che aveva dal giorno dell’esame.
«Pronto per rientrare?»
Annuì. «Quando ci rivediamo?»
«Vieni da me appena avrai i risultati, o tra tre
giorni. Va bene?»
Forse avrebbe dovuto notare una sfumatura diversa
nell’espressione di Luna, nel suo sorriso, ma non lo fece. «Va bene».
Qualche mese prima non avrebbe osato sperarci, ma
adesso era come se il castello di certezze che aveva faticosamente costruito
fosse finito in mille pezzi – era bastato un soffio di vento, giunto sotto
forma di un’inaspettata proposta.
«È meraviglioso, Draco».
Lui non rispose. Fissava incredulo la lettera
sulla scrivania, considerando tutte le nuove opzioni che si trovava davanti.
«Declinerò» disse infine, alzandosi. «Ringrazierò
ma dirò che non posso accettare…»
«Non essere sciocco». Si bloccò: non aveva mai
sentito Luna così seria. «È questo il tuo sogno, Draco. Se lasci andare
quest’opportunità potresti non averne un’altra».
«Il mio sogno…?»
«Sappiamo entrambi che desideravi ottenere la
cattedra di Pozioni. Ora Lumacorno ti vuole come suo assistente! È il primo
passo per avverarlo».
«No, io… voglio venire con te. L’avevamo deciso».
Luna scosse la testa. «La magizoologia è la mia
strada. Tu mi vuoi bene, ma non saresti felice, alla fine. No, la tua vita
è qui».
La guardò, scioccato. «Io ti amo, Luna».
Lei gli sorrise – il sorriso triste che ormai
conosceva bene. «È per questo che non posso permetterti di dimenticare i
tuoi sogni».
Non seppe come rispondere.
«Non dev’essere un addio. Non sarà facile, ma
potremo comunque vederci, a volte. Basterà organizzarsi. E potremo sentirci via
gufo».
Sapeva che era vero. Ma sapeva anche che non
sarebbe mai stato lo stesso.
«È più giusto così. Potrai restare vicino a tua
madre…»
«Ma non vicino a te».
Luna sostenne il suo sguardo. «Nessuno di noi due
sa cosa ci aspetta in futuro. Ma so che se non seguiamo i nostri sogni ora, non
saremo mai davvero felici».
«Ci ritroveremo?»
«Forse». La sua espressione si addolcì. Si
avvicinò e gli sfiorò una guancia. «Mi mancherai, Draco. Ma è giusto così».
Chinò il capo. In fondo lo sapeva: Lumacorno gli
aveva offerto l’occasione di una vita, e se non l’avesse accettata ora forse
l’avrebbe rimpianto per sempre. Prima di incontrare Luna non avrebbe esitato un
secondo.
Il resto del pomeriggio trascorse per lo più in
silenzio. Draco era immerso nei propri pensieri, e supponeva che così fosse
Luna.
Draco pensò alla sua vita. Pensò al professor
Piton e a sua madre, che si erano impegnati molto per lui, per dargli una
simile opportunità. Pensò al fatto che, nonostante tutto, Hogwarts era stata una casa in modi in cui la Villa non avrebbe mai potuto esserlo, e che gli
sarebbe piaciuto tornarci per riscattarsi. Non andava fiero di fin troppe
sue azioni di cui il castello era stato teatro. Pensò a Luna e al suo amore per
le creature fantastiche; pensò al fatto che, sebbene fosse riuscita a
trasmettergli un po’ di simpatia per loro, a lui non erano mai davvero
interessate se non come fonti d’ingredienti per pozioni.
Infine pensò a sé stesso.
Dopo la guerra si era sentito smarrito,
aggrappandosi disperatamente allo studio, in apparenza l’unica fonte di
stabilità nella sua nuova vita. Questo finché, dopo quasi un anno, non aveva
trovato Luna sulla sua strada. Luna aveva riempito il suo mondo grigio di
colori e calore, negli ultimi due anni, ma adesso Draco si chiedeva se non fosse
stata come il crepuscolo: una luce incerta destinata a sparire avvolta nel
buio.
Voleva accettare l’offerta di Lumacorno, lo
voleva davvero. Ma aveva paura di lasciar andare Luna: se così fosse
risprofondato nel grigiore di una vita senza allegria? Se nonostante tutto
Hogwarts si fosse dimostrata la scelta sbagliata e non ci si fosse trovato
bene?
Illustrò alcune di queste preoccupazioni ad alta voce,
quasi senza farlo apposta.
Luna rise, sentendosi paragonare al crepuscolo.
«Oh, Draco» disse. «Il crepuscolo ha anche un
altro significato, più raro: è la luminosità incerta che precede il sole».
Poi gli si accostò e gli tese la mano, un invito
che lui esitò un solo attimo ad accogliere. Si guardarono negli occhi.
«Sono certa che ci sia molta luce di fronte a te,
Draco. Devi solo avere il coraggio di trovarla».
Lui annuì. Le sorrise: se doveva essere un addio
– forse non doveva, ma era certo che lo fosse – voleva dimostrarsi
grato, non triste o arrabbiato.
«Ti amerò per sempre» mormorò.
«Che buffo» commentò Luna. «Da piccola chiedevo
spesso a mamma “quanto tempo è per sempre”».
Lui si incuriosì, per un attimo. «Lei cosa
rispondeva?»
Luna gli sorrise con dolcezza. «Non ha
importanza» rispose. «Anch’io ti amerò per sempre».
«A volte, solo un secondo».
~
«Papà!»
Ad accoglierlo in sala da pranzo è lo sguardo
accigliato di Scorpius.
«La zuppa è fredda ora! Perché ci hai messo
tanto?»
«Lascialo stare, Scorpius. Stai bene?» interviene
Astoria, rivolgendosi a lui.
Il turbamento provocato dai ricordi dev’essere
più visibile di quanto pensasse. «Tutto bene» replica, sorridendo a sua
moglie. Vuole bene ad Astoria: hanno avuto una storia più convenzionale
dell’avventura tra lui e Luna, ma in un certo senso l’ha salvato anche lei. Ha
imparato ad amarla, col tempo. Si è rifatto una vita, riempiendola di nuova
luce. Una meno luminosa, forse, ma più stabile.
Eppure, a volte non riesce a evitare di chiedersi
cosa sarebbe successo se avesse scelto una strada diversa.
«Cosa c’è, papà? Hai affrontato un nemico, è per
questo che hai fatto tardi e sei stanco?»
Draco ride. Un nemico – a volte pensa che
il passato lo sia, in effetti. «Nessun nemico» risponde al figlio, tirando
fuori la bacchetta per scaldargli la zuppa. «Solo una vecchia amica» mormora,
un sorriso sulle labbra.
NdA
Ehilà!
Grazie per aver letto.
Ho un po’ di cose da
dire; prima di tutto, l’immagine di Luna che offre un bicchier d’acqua a
Draco in Sala Grande dopo la battaglia di Hogwarts mi è stata suggerita –
anche se non c’è esattamente questa scena – da una meravigliosa flash di Rosmary,
Sintonie di assurdo.
Poi, questa storia
partecipa a ben due contest a pacchetti. Uno, “Tre incantesimi – contest fiume”,
prevedeva la coppia crack Draco/Luna (che, ops, è la mia OTP) e l’utilizzo del
prompt “Quanto tempo è per sempre?” “A volte, solo un secondo” (da Alice in
wonderland).
L’altro, “Wish upon a star
contest”, mi chiedeva di utilizzare la stagione Inverno, il genere
Introspettivo e la parola Crepuscolo (più in senso metaforico che concreto).
Dovevo inoltre scegliere una citazione, e la mia scelta è ricaduta su Sarebbe
da stupidi, non credi? Passare una vita intera a desiderare qualcosa senza mai
agire. (tratta dal film “Blow”).
Forse l’avete notato o
forse no, ma inoltre per la stesura di questa OS mi sono ispirata a La La Land,
musical che amo (e che mi ha spezzato il cuore). [Più avanti ci sarà una sorta
di spoiler sul film, quindi in caso smettete di leggere qui!] Draco aspira a
diventare un pozionista e perché no, a insegnare a Hogwarts, anche se nel
momento critico gli manca il coraggio di crederci (un po’ come Mia). Luna ha
ben presente il suo sogno e sa cosa deve fare per realizzarlo (un po’ come
Sebastian). E un po’ come in La La Land, sono proprio i sogni a separarli,
facendoli andare ognuno per la sua strada. Luna parte, Draco resta.
Bene, non voglio
annoiarvi oltre!
Se avete apprezzato l’OS,
un cenno sarebbe molto apprezzato; anche critiche costruttive sono ben accette,
ovviamente.
Sparisco!
Un bacio,
Mari