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Autore: xatterbox    24/08/2020    1 recensioni
Racconta di me, di Hoseok, dei momenti brutti. Perché alla fine siamo solo una fotografia.
Bruciata, dai bordi piegati ed annegata in un mare di lacrime.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Jung Hoseok/ J-Hope, Min Yoongi/ Suga
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Glitch

Un ritratto di umanità agrodolce.
 

 

La mia vita è sempre stata attorniata da un alone opaco da fotografia, da polaroid scordata in un cassetto impolverato, la data sbiadita sul retro e il viso sorridente raffiguratovi sopra ormai dimenticato dagli occhi distratti del suo fotografo.

 

Sono un ragazzo degli anni '80 nato nel millennio sbagliato, un glitch in una fotografia,  una scheggia di luce sfocata sulla carta lucida che è scrigno di ricordi. Io sono solo il baco dentro di essa, l'errore che si crea quando la tecnologia non è aggiornata.

 

Non aggiornato, sono proprio questo io, non aggiornato. Bloccato nel futuro credendo di appartenere ad un passato che personalmente non conosco, e di cui sono in realtà completamente estraneo come lo sono per me le persone che circondano le mie giornate da studente universitario.

 

Sono un ragazzo banale che cerca di diversificarsi facendo il difficile, eppure, sono molto di più. 

 

Guardo da occhi esterni quello che accade attorno a me, come se la mia stessa entità fosse costantemente staccata dalle mie membra. 

Non sono uno scrittore e non voglio esserlo,  tendo solo a raccontare e raccogliere i pensieri che come frecce trapassano la mia mente annebbiata, facendola sanguinare di dispiaceri, amori perduti di cui si nutrono i poeti e sogni fuligginosi per cui gli artisti vivono raffigurandoli su tele giallognole in stanze disordinate. Tu ti nutrivi di ciò, eri tu l'artista, risucchiavi da me la depressione avvolgente come le spire di un serpente che fin da giovane età mi aveva attanagliato e la ripiegavi come fosse un origami di carta velina, soffiandovi sopra delicatamente e facendogli spiccare il volo verso viaggi infiniti e posti dove, anche volendo, potevi arrivare solo tu.

 

Ho cercato di dischiudere le palpebre, rendere il mio sguardo acuto e analizzare i tuoi movimenti, specchiarmi nelle tue orbite calde, ma non sono mai riuscito a vedere come vedevi tu il mondo. Eri d'altri tempi e guardando le cose che ti circondavano vedevi i templi ellenici dell'arte e gli appartamenti bohemien dei poeti maledetti, osservavi come gli spettri delle persone ormai trapassate rimanessero incatenate alle loro opere, trovavi dell'arte in ogni cosa guardassi. 

 

Solo una volta ho intravisto nel tuo sguardo il riflesso di quello che realmente vedevi e non è stato bello, piacevole o magnifico come me lo aspettavo. Sono caduto, precipitato nel tuo sguardo come tuffandomi in un lago ghiacciato, avvolto dall'oscurità che vi si trovava dentro e sentito soffocare dagli aghi di ghiaccio che trapassavano continuamente la mia carne calda.

 

Ho scoperto, quel giorno, che vedere le cose come le vedevi tu non era bello, era un incubo, incastrato in un limbo temporale creato dalla tua stessa mente, bloccato su un'altalena che continuava ad alternare nella tua realtà momenti di versanti opposti.

 

Potevi spiccare il volo con la forza di un drago, il sangue che ti scorreva del corpo bruciante come del fuoco liquido, pervaso completamente da idee nuove e voglia di vivere che quasi facevo fatica a star dietro al tuo entusiasmo. Il mio carattere cercava in tutti i modi di aggrapparsi alla tua infinita vitalità, rubandone un po' per me, per nutrirmi della tua vita e starti dietro con un sorriso sulle labbra che normalmente faceva fatica a saltar fuori.

 

Ma a volte, quando il tuo sguardo si abbassava ed evitava quello delle persone attorno a te, quando ti rifugiavi nei tuoi libri che raccontavano le avventure di pittori del passato qualcosa si rompeva. 

Sparivi, completamente.

 

Non uscivi di casa per giorni, chiudendoti al sicuro della luce artificiale dei muri di casa dei tuoi genitori, evitando di vedere me come di vedere chiunque altro. Ma quando finalmente sono riuscito a sfiorare il tuo cuore con una mano fredda, facendo rabbrividire entrambi senza dire nulla avendo paura di esporsi troppo a vicenda, ho scoperto che non sparivi solo dalla vita dei compagni di classe o dai tuoi amici; sparivi sopratutto da te stesso.

 

Cambiavi completamente, il tuo spirito mutava, perdeva colore e si avvicinava in modo estremamente macabro alla visione che avevo io, rimanevamo entrambi immersi in una polaroid dove eravamo entrambi dei glitch sullo sfondo, nessuno si curava di noi.

 

In quei momenti scappavi dagli altri ma soprattutto da te stesso, con la paura immensa di non riuscire più a tornare alla tua arte allo stesso modo, di rimanere immerso in quel cupo abisso nero per sempre, lo sguardo rivolto verso l'alto dove la luce brillava ma non riusciva ugualmente a rischiarare l'oscurità che ti avvolgeva, i piedi poggiati sulla sabbia fredda del fondale marino e le parole di chi, per sua fortuna era fuori, che ti raggiungevano distanti, lontani ed invincibili. 

Invidiavi i corpi che riuscivano a pronunciare quelle parole, invidiavi il fatto che loro non provassero quello che provavi tu e lottavi con tutto te stesso per nascondere a loro la tua parte che definivi malata, così scappando nella solitudine che annebbiava e riempiva il tuo corpo. 

Loro invidiavano te invece, invidiavano le tue capacità artistiche che tu, nel tuo silenzio, disprezzavi e riempivi di insulti per averti condannato a tutto quello. 

Ad un'altalena infinita di morte e vita.

 Poi, silenziosamente come era iniziato tutto, cessava, lasciandoti frastornato e confuso. Immerso nell'acqua ormai fredda di una vasca da bagno in cui non ti ricordavi di essere mai entrato e ne uscivi, minimizzavi quando qualcuno provava a farti delle domande e di nuovo ricominciavi a brillare come facevi prima. In quel momento non avevi più paura, eri invincibile e, forse, inventando scuse con gli altri avevi convinto anche te stesso di essere forte, di essere incredibile.

 

Dal basso della mia polaroid non potevo far altro che osservarti, il coraggio di provare ad affondare nell'oscurità con te ce l'avevo ma mi impedivi di avvicinarti quando succedeva, avevi paura non avrei capito, paura di non poter essere compreso neanche da me.

Ma davvero Hoseok, io quell'oscurità l'ho vissuta per tutta la vita, senza mai però avere attimi di pace. 

 

Eravamo due stupidi che avrebbero potuto aiutarsi ma che, forse per codardia, hanno evitato di provarci.

 

Eravamo solamente due glitch, o meglio, io ero solamente un glitch, tu eri il protagonista dal sorriso senza tempo della polaroid su cui io mi ero trovato a vivere. 

Risplendevi con più luce del sole e non venivi minimamente oscurato dalla mia figura nascosta. A volte avrei voluto oscurarti, non per rubarti la scena, ma perché così saresti stato costretto a guardarmi, a posare i tuoi occhi caldi su di me.

 

Dei giorni volevo davvero solamente che tu mi guardassi, anche solo per un momento, che tenessi lo sguardo puntato sulla mia pelle pallida come guardavi i tuoi tanti ragazzi, bramandoli in silenzio ed attendendo il momento giusto, ma con la mente già che pregustava il gusto di una sigaretta dopo un orgasmo. 

 

Quanto avrei voluto essere anche solo per una sera uno di quei ragazzi, avere l'onore di averti per un paio d'ore solo ed unicamente per me. 

 

Ti avrei trattato in modo diverso, saresti stato mio ma non come quei tanti ragazzi ti avevano avuto prima di me, avventure di una sola notte. Io avrei venerato e vissuto appieno quei momenti con tutto me stesso, cosparso di baci il tuo corpo come fossi di inestimabile valore. Perché è così. 

Avrei condiviso quei secondi con la mia opera d'arte preferita.

Te.

 

Ti sei accorto troppo tardi di quanto io fossi lì per te, di quanto tutti quegli struggimenti e nottate insonni fossero stati vani perché avresti semplicemente potuto rifugiarti tra le mie braccia e io sarei stato la chiave che avrebbe sganciato le catene che chiudevano le tue ali.

 

Vorrei tanto in realtà che fosse andata diversamente, avrei preferito di gran lunga tu fossi morto, sono così pieno di gelosia e di egoismo. 

Vorrei tu fossi ormai irraggiungibile alle mie braccia, fossi così lontano da me che mi dimenticherei inevitabilmente del tuo profumo, scorderei il suono che aveva il mio nome pronunciato dalle tue labbra dolci. Invece me ne sono andato io, improvvisamente, mentre vedevo le cose sfuggire al mio controllo ed il sangue invadermi la vista. 

L'ultimo pensiero, come sempre prima di addormentarmi, andò a te. 

Ai tuoi capelli rossi, i tuoi lineamenti perfetti e scolpiti, le tue mani sempre sporche di acrilici. I tuoi occhi, oh, quanto amavo i tuoi occhi. 

Vorrei immergermi in loro di nuovo.

 

Avrei voluto fossi stato tu ad abbandonarmi, avrei voluto rimanere a struggermi per te e non dover sopportare il contrario. 

 

In questo modo invece continuerò a desiderarti per sempre.


 

Fine

 


 

Grazie se avete letto ed apprezzato questa storia, in realtà non è la sua prima pubblicazione ma è una new entry su questa piattaforma in cui sono appena arrivata. 

Era da tanto che non pensavo più a scrivere qualcosa e a pubblicarlo però mi son detta: perché non riprovare? Perciò eccomi qua, spero possa andare bene.

Una yoonseok un po' così, da prendere come viene.
È stata abbandonata per lungo tempo e l'ho riscoperta solo per caso alla Vigilia dello scorso Natale. 

Tante tante lacrime sono colate per scriverla e l'odio che riservai all'epoca verso di lei mi convinse ad abbandonarla. 

Me ne dimenticai, lasciandola invecchiare durante le lunghe stagioni calde, per riemergerete come i bucaneve tra la fredda aria invernale.

Alla prossima, Greta. 

 

   
 
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