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Autore: Akainatsuki    05/09/2020    0 recensioni
Aki Ross è una giovane kitsune e vive come fattorina e tuttofare del Tampopo, il ristorantino di udon che richiama i tanti mutaforma che gironzolano nella città di Hillside. Una vita tranquilla e quotidiana per gli standard di una kitsune adolescente, fino a quando qualcuno dal suo passato non decide di ritornare al piccolo locale.
***
Di mezzi asiatici con i capelli colorati ce ne erano a bizzeffe in giro, ma quello che ora sedeva accanto a lei, osservandola sottecchi, era tra i più ricorrenti nomi delle chiacchiere in aula.
“Kozaki” borbottò, toccandosi il cerotto che aveva sulla fronte. “Buon pomeriggio anche a te.”
Si erano incrociati spesso dal suo ingresso alla Hillside High School, ora davanti allo studio del preside per l’ennesima ramanzina, ora a farsi sistemare il naso in infermeria. Non si erano mai davvero parlati, qualche occhiata derisoria o sbuffo di stizza esclusi, dato che non avevano mai nemmeno avuto nulla da dirsi. Inoltre, parlare con un ragazzo significava che c’era qualcosa sotto, e Aki voleva evitare di avere altri problemi oltre ai suoi casini quotidiani.
Genere: Azione, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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"Togliti quell'espressione del cazzo e ragiona, Kisaragi. Le spiegazioni a dopo."

Yōko strinse il volante di pelle sdrucita sotto le dita, continuando a fissare la strada davanti a lei, borbottando a bassa voce e riuscendo al tempo stesso a notare come Ada non avesse smesso di guardarla come se fosse un fantasma.

"Ti credevo contenta che fossi viva, però non stai facendo salti di gioia. Ma preferisco che tu non ti metta effettivamente a saltare qui dentro, ti faresti un bernoccolo e mi servi lucida, pensante e soprattutto piantala - se apri ancora un po' di più gli occhi te li faccio schizzare fuori dalle orbite con un dito e me li mangio, intese?!" esclamò stizzita, tornando con l'attenzione alle figure mascherate che sfrecciavano ai loro lati, naso e sensi all'erta.

La donna accanto a lei deglutì rumorosamente, mordendosi le labbra sottili e sforzandosi di far arrivare le parole alla lingua: "Non riuscite a trovarla? Nemmeno con i loro soliti trucchetti?" azzardò flebilmente. "Non ho idea di dove sia, abbiamo avuto poche occasioni per parlare-"

"Quella bambina di mia figlia è un pollo idiota, non fartene una colpa" la interruppe, cambiando la marcia. "Mio fratello l'ha tirata su di merda, in poco tempo non posso certo pretendere che fossi in grado di entrare in quel cervello bacato e farla addirittura ragionare: ha preso tutto dal padre, credimi. Io di certo non mi sarei gettata tra le braccia del primo stronzo che viene a raccontarmi la storiella delle kitsune magiche-"

"L'hai fatto" commentò piatta, causando all'altra una smorfia di disappunto che la costrinse a ingollare la sequela di insulti che avrebbe voluto liberare nello stretto spazio dell'abitacolo.

"Non mi sono gettata tra le braccia di una volpe con il fine ultimo di farmi lavare il cervello con un lurido rituale da corrotto e poi lasciarmi morire agonizzante alla prima occasione" ribattè sbuffando dalle narici. "Era da qualche tempo che gli altri ci stavano indagando sopra a questa fortuna dei Kozaki di far gran purosangue al primo colpo e a qualcuno si è accesa una lampadina."

Ada spostò gli occhi sulla strada, reggendosi al finestrino all'ennesima curva presa alla massima velocità consentita per non finire schiantate: "Osoi yo. Troppo tardi."

"Non portarmi sfiga, Kisaragi. Ne ho avuta abbastanza in questi anni e gradirei un po' di culo, per una volta."

In quel momento qualcosa si intrufolò all'interno del food truck scassato su cui stavano viaggiando tra le strade svuotate della città, sotto la pioggia battente. La maschera bianca dell'Okame si frappose tra loro, il faccione sorridente riflesso nel vetro.

"Sempre dritto, segui la metropolitana. L'abbiamo trovata, nonostante gli spiriti pareva avessero altro da fare che dirci dove si trova la nostra ojousan" bofonchiò indicando oltre il parabrezza. "Hanno anche aggiunto come sia ancora viva e in sè, se può servire."

Le mani di Yōko afferrarono con forza cambio e volante, facendo stridere le ruote contro l'asfalto sdruccioloso, seguendo la guida della volpe incastrata tra lei e Ada, fino ad arrivare alle spalle dell'edificio che qualche spiritello in vena di chiacchiere aveva indicato. Dietro di loro, il gruppo degli Urusai Yatsura si era radunato, enormi kitsune mascherate armate di denti, artigli e armamenti esotici con tanta voglia di spaccare tutto e fare un casino, come era il loro marchio di fabbrica.

"Lasciamoli giocare ai Super Sentai Power Rangers" abbaiò la donna, scostando una ciocca che le era caduta sul volto tirato, estraendo poi la pistola e togliendo la sicura. "La nostra priorità è la bambina-"

Si interruppe al frastuono che rimbombò dal piano superiore, facendo scattare le volpi in quella direzione, arrampicandosi sui muri con la stessa agilità di un ragno. Sfondarono le finestre con un calcio e si infilarono all'interno in una pioggia di vetri rotti.

Le due umane si gettarono sulle scalette esterne, traballanti e scivolose, fino alla porta che Yōko non ebbe remore a sfondare a potenti calci per poi rotolare sulla schiena, schivando appena in tempo un fulmine che si infranse in un crepitare di scintille. Alzò la testa di scatto, inghiottendo gli improperi, mentre davanti a lei si rivelava il campo di battaglia che quel pollo di sua figlia aveva scatenato.

Le dava le spalle, il respiro pesante, la trasformazione incompleta e quasi grottesca di una ragazzina infilata in una pelliccia di volpe troppo grande per lei. Vide il sangue che lordava quell'accozzaglia di pelo animale e pelle umana, gli artigli sfoderati e le zanne che rilucevano nella penombra dell'enorme stanzone.

Attorno a loro, le quattro maschere degli Urusai Yatsura giacevano a terra, in un silenzio innaturale, ma la zaffata di argento che le arrivò alle narici rispose alla sua domanda muta.

"Avresti avuto ancora qualche tempo per godertela ancora, Yōcchan. Mottainai ne, che spreco."

La voce di Nida le arrivò fastidiosa alle orecchie, facendola rizzare in piedi con un colpo di talloni, la pistola puntata davanti a sè: "Fatti vedere, bastardo schifoso."

Aki indietreggiò verso la donna che aveva appena parlato alle sue spalle, forse temendo meno i suoi proiettili d'argento di trovarsi a faccia a faccia con quello che in una manciata di secondi aveva di nuovo ribaltato il suo mondo.

"Al cantiere lo avevano atterrato con un paio di fulmini, invece stavolta-" sussurrò appena, affiancandosi a lei.

"Stavolta lo stronzo ha tutta la voglia di fotterti a sangue, signorinella mia."

Yōko si portò spalla a spalla con lei, coprendosi a vicenda, il grilletto pronto ad affondare, guardandosi nervosamente attorno nella semioscurità: conosceva quel dono che rendeva le volpi in grado di annullare la loro presenza alla vista. Schioccò la lingua, stizzita da quell'attesa che non faceva che aumentare il vantaggio di quell'essere nascosto nell'ombra.

"DOKE!" esclamò all'improvviso, abbassandosi sulle ginocchia imitata da quel pupazzo peloso che l'affiancava, mentre la figura sinuosa di Nida scattava contro di loro, pronto a colpire, la lama sguainata e le tre code danzanti.

Cadde con un tonfo a poca distanza, inseguito da Aki, che si staccò incurante delle ferite che bruciavano a ogni movimento: Yōko vide le due ombre scattare e rotolare da una parte all'altra dello stanzone, gli strilli rabbiosi dell'una contro le risate isteriche dell'altro.

Stava per reagire a sua volta, quando venne scaraventata sul pavimento di legno: il peso che le fece perdere l'equilibrio avrebbe potuto spezzarle qualche costola se non si fosse trattata della forma semi umana di sua figlia, coda spelacchiata e orecchie strappate comprese. Non riusciva a reggere la trasformazione, il che significava solo una cosa: erano nei guai.

"Ecco, quello dovrebbe essere il vostro posto" cantilenò nuovamente Nida, comparendo per un attimo in una pozza di rara luce e rivolgendole un ghigno beffardo dall'alto. Si avvicinò a loro con passo molle, i segni di bruciatura e le ferite aperte dagli artigli che lo rendevano ancora più spaventoso nella penombra.

Si abbassò su Aki, afferrandola per la collottola come un animaletto, il sangue che colava in rivoli sulla pelle gonfia e ammaccata. Cercò di resistere, divincolandosi e scalciando con le forze rimaste, ma un colpo all'addome la annullò, facendole crollare la testa sul collo con uno spasmo.

"Ops. Dopo dovrò starci attento" ridacchiò sommessamente, sporgendosi verso Yōko e stringendo il polso che teneva la pistola tra le mani artigliate, strappandole un grido di dolore mentre lo sentiva spezzarsi con uno scricchiolare sinistro e l'arma veniva allontanata da lei con un calcio. "Hai una pessima mira, metti che colpissi me invece che tua figlia."

"Lasciala andare, porco" ringhiò bassa, cercando di rimettersi in piedi e venendo di nuovo gettata a terra da un suo gesto, facendola gemere contro le assi.

Nida la fissava senza espressione, rinsaldando la presa artigliata sulla ragazzina che giaceva incosciente al suo fianco: "Sai, ero stufo di farmi l'ennesima cugina di quinto grado" sospirò con un fischio annoiato. "E voi mi avete messo la bambina su un piatto d'argento - pessima battuta, perdonami. È proprio carina: di solito non complimento voialtri umani, ma devo ammettere che avete fatto un bel lavoro tu e Akira."

Scosse la testa, cercando di ignorare il dolore ma invano, un nuovo colpo la lanciò contro la parete facendole sputare lo stramaledetto sangue che quello stava trascinandosi dietro di sè lungo il pavimento. Non riusciva a muoversi, solo guardarlo impotente allontanarsi.

Tuttavia, quella forma semiumana fece solo pochi passi in avanti prima di piegarsi improvvisamente e lanciare un urlo rabbioso che squarciò il silenzio pesante della notte, mentre il peso di Aki cadeva con un tonfo sordo a terra.

Nida si voltò verso Yōko, sfoderando l'arma che brillò nella semioscurità e si lanciò nella sua direzione con un grido disumano, costringendola ad abbassarsi tenendosi il capo tra le mani senza riuscire a capire cosa stesse succedendo, finché non sentì un frusciare muoversi e pararsi davanti alla sua figura inginocchiata.

"Ho tutto l'argento che vuoi, volpe."

Ada lo fronteggiava, i coltelli sguainati e puntati contro la sagoma che si avvicinava. Quando Nida riemerse alla luce Yōko vide la lama che lo aveva colpito alla spalla, mentre il volto era una maschera di odio e ira schiumante.

"E noi siamo gli Urusai Yatsura!" sbraitarono in coro le quattro volpi emerse a loro volta dall'oscurità dei quattro angoli della stanza. "E siamo qui per punirti nel nome delli mortacci tua!"

Scattarono all'unisono, accapigliandosi su di lui come un'unica furia, la rabbia che sosteneva ogni colpo e magia senza risparmio di forze, gli ululati di battaglia che rimbombavano nelle orecchie delle due donne immobili davanti allo scontro che infuriava.

Fu Ada a muoversi per prima, le lame in mano, verso il corpo esanime di Aki che Nida aveva lasciato sul pavimento come un giocattolo rotto.

"NON TOCCARLA, DANNATA PUT-" strillò, le vene del collo pulsanti. Un pugno ben assestato alla mascella lo scaraventò al muro, facendogli inghiottire le parole in un rantolo di sangue e bile.

C'erano molte cose di cui Ada Kisaragi non aveva parlato con la piccola kitsune scomposta a terra, tra cui l'omissione di alcuni minuscoli particolari relativi al suo uso dei coltelli anche al di fuori della cucina del Tampopo. Le tramandavano di generazione in generazione quelle lame d'argento pronte a saettare in aria e affondare con un colpo deciso del polso in qualunque essere avesse potuto rivelarsi un pericolo anche per loro, Kin da centinaia di anni.

Si inginocchiò accanto a lei, tormentandosi le dita sottili. Era da molto tempo che non si trovava sul campo di battaglia, mentre gli incantesimi e i colpi si susseguivano sopra la sua testa: cercò di ignorare le grida rabbiose che le arrivavano alle orecchie, raccogliendo le energie ma il terrore di trovarsi quegli artigli piantati nella schiena le rendeva le cose difficili.

"Non si avvicina a te, Kisaragi" borbottò la voce di Yōko, la pistola fatta scattare dalle mani tremanti. "Gli ficco così tanto argento addosso che nella prossima vita farà il centrotavola."

"Dobbiamo portarla via di qui, non lo faccio da troppi anni" mormorò a fior di labbra.

"Non deve crepare, mi basta questo" la incalzò, senza perdere di vista lo scontro che infuriava. "Senza un po' dei tuoi trucchetti, non esce di qui viva. E avete un sacco da dirvi."

Annuì appena, sondando con lo sguardo le ferite che si aprivano sulla ragazzina distesa: "Lo stesso vale per te."

Ada strinse le labbra allo sbuffo sordo che si levò dalla donna accanto a lei, concentrandosi oltre lo schizzare del sangue e dell'intonaco tutto attorno. Non era in grado di fare miracoli, ma poteva provare a uscire da quella notte orribile viva - e assieme a lei, la sua migliore amica e la sua piccola volpina.
 


*** Small Talk ***

Grazie per aver letto fin qui!

In pratica gli Urusai Yatsura non sono che il classico sentai da serie tv giapponese per ragazzini. Solo che non hanno le tutine, ma un sacco di mosse fighissime e coreografate sì (e probabilmente pure il motivetto alla Power Rangers meet Sailor Moon meet Mutant Ninja Turtles).

 Solo che non hanno le tutine, ma un sacco di mosse fighissime e coreografate sì (e probabilmente pure il motivetto alla Power Rangers meet Sailor Moon meet Mutant Ninja Turtles)

Alla prossima! - Aka

   
 
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