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Autore: fantaysytrash    07/09/2020    0 recensioni
[RinHaru | Introspettivo/Fluff | What If…? | Canon Divergence | Pre-Canon] [Questa storia partecipa alla challenge “La challenge delle quattro stagioni” indetta da rhys89 sul forum di EFP]
Quando Rin si imbatte per caso in un negozio di fiori sulla via per l’aeroporto, realizza che c’è ancora qualcosa di importante che deve portare a termine.
Dal testo:
“L’unico negozio che donava un po’ di colore al paesaggio altrimenti grigio era un piccolo negozio di fiori, che pareva quasi incastrato tra una biglietteria e la parte iniziale di un grande parcheggio all’aperto. Rin lo aveva notato solo di sfuggita prima di allora – solitamente troppo di fretta per farvi visita – ma ricordava alla perfezione l’anziana proprietaria che accoglieva tutti con un gran sorriso, invitandoli con fiori brillanti di ogni forma e misura.”
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Rin Matsuoka
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note dell’Autrice

Eccomi finalmente con una nuova storia su questo fandom a me caro ma su cui ho sempre poca ispirazione *sigh* La fic di oggi è nata grazie all’imput offerto dal contest “Butterfly Effect” indetto da _Vintage_ sul forum di EFP, anche se è giunta a compimento solo recentemente anche grazie alla challenge di rhys89.

Si tratta di una canon divergence in cui, grazie a un piccolissimo particolare, Rin si ritroverà a tornare indietro sui propri passi e affronterà la questione Haruka come si deve, senza lasciare la loro amicizia in sospeso per anni.

È una storia di poche pretese, ma spero ugualmente che possa piacere!

Buona lettura,

Federica ♛

 

 

Disclaimer: Tutti i personaggi di questa storia non appartengono a me, bensì alla Kyoto Animation. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro, ma solo per puro divertimento.

 

 


 

 FLOWERS & CHOICES


Rin non si era mai considerato un codardo. Eppure, mentre salutava sua madre e Gou sull’uscio di casa per poi dirigersi verso la stazione, non poté fare a meno di pensare a come stesse scappando dai suoi problemi.

Sarebbe bastato così poco, giusto qualche fermata in più, per ritrovarsi direttamente dove il suo cuore e la sua mente si erano soffermati quasi ininterrottamente nelle settimane precedenti.

E, razionalmente, Rin sapeva di essere irragionevole; non c’era un reale motivo valido per non andare a visitare il suo più grande amico, colui che nonostante il tempo passato considerava ancora come l’anima più affine e complementare alla sua.

Eppure ogni volta che si soffermava a immaginare a un probabile incontro, il cuore iniziava a scalpitargli nel petto e una leggera nausea lo pervadeva quasi immediatamente. L’ultima volta che si erano visti si era conclusa in lacrime e parole d’astio, promesse spezzate e decisioni avventate.

Rin si era pentito delle sue parole un attimo dopo averle pronunciate, ma aveva ugualmente anticipato il rientro in Australia e per i due anni successivi si era limitato a visite brevi e concentrate esclusivamente sulla sua famiglia.

Mentre la stazione entrava nel suo campo visivo, Rin decise che anche quella volta non avrebbe avuto un finale diverso. Cercò di ignorare la sensazione di disappunto che per qualche motivo si era fatta largo in lui, e si mise a correre gli ultimi metri in modo da distogliere i suoi pensieri da occhi blu oceano e riuscendo a fermare l’autobus che era in procinto di partire.

Sistemandosi in fondo al veicolo, si appoggiò contro il finestrino e chiuse gli occhi, deciso a riposare durante il viaggio verso l’aeroporto.

L’autobus si mise in moto… e si fermò con uno tonfo e un rumore assordante di ingranaggi cigolanti. Rin alzò lo sguardo per vedere che cose stesse succedendo e notò un alone di fumo farsi largo all’esterno del pullman, mentre gli altri passeggeri rendevano noto il proprio disappunto con una serie di smorfie e grugniti

“Pare ci sia un guasto,” annunciò l’autista, grattandosi il capo con aria imbarazzata. “Mi dispiace molto, ma dovete scendere. Mi scuso per il disagio.”

Rin sospirò rumorosamente, prima di raccogliere i suoi averi e ritornare alla fredda aria di dicembre. Il tabellone degli orari segnava che non sarebbe passato un altro autobus per almeno venti minuti.

Diciamo pure trenta, pensò tra sé e sé il rosso, guardandosi intorno alla ricerca di attività con cui intrattenersi. Nonostante i numerosi viaggi che aveva intrapreso già alla sua giovane età, non si era mai davvero soffermato sull’ambiente della stazione, più una tappa ingombrante che un vero e proprio luogo da esplorare.

L’unico negozio che donava un po’ di colore al paesaggio altrimenti grigio era un piccolo negozio di fiori, che pareva quasi incastrato tra una biglietteria e la parte iniziale di un grande parcheggio all’aperto. Rin lo aveva notato solo di sfuggita prima di allora – solitamente troppo di fretta per farvi visita – ma ricordava alla perfezione l’anziana proprietaria che accoglieva tutti con un gran sorriso, invitandoli con fiori brillanti di ogni forma e misura.

All’interno venne immediatamente travolto da una moltitudine di colori e profumi che si univano in un armonioso accordo, e sembravano spingerlo in avanti, tra le file apparentemente infinite di fiori e piante dove poteva scorgere la più disparata delle collezioni: rose e gigli, violette e primule, perfino enormi girasoli e minuscoli bonsai, senza considerare la miriade di altri germogli di cui non conosceva il nome o la provenienza.

Il suo sguardo venne però rapito da un grande ammasso di fiori alla sua destra, alti quasi mezzo metro, con dense corolle color azzurro cielo che si piegavano verso l’esterno, quasi come a formare un…

No, pensò prepotentemente, assolutamente no. Si stava immaginando le cose… giusto?

Rin sbatté le palpebre diverse volte, prima di girarsi verso la fioraia a pochi passi da lui.

“Scusi, che tipo di fiori sono questi?” chiese, indicandoli con un cenno.

L’anziana signora sorrise. “Quelli sono fiori di Delfinio, caro. Simboleggiano un amore sincero, semplice, a cuore aperto, libero da sotterfugi e meschinità, incarnando un augurio di pace e di buon auspicio alla persona a cui vengono regalati. Tuttavia possono anche rappresentare la superbia e la e, a dispetto del bell’aspetto, è una pianta molto tossica.”

Rin la fissò senza rispondere, stordito da quella malvoluta informazione.

“Ci sono diverse leggende a riguardo ma pare che un uomo in difficoltà venne salvato da un delfino e, quando gli amici dell’uomo continuarono a dargli la caccia, Nettuno, per evitare che lo catturassero, trasformò il delfino in un bel fiore.”

Rin era ormai paralizzato.

Un amore sincero.

Libero da sotterfugi.

Superbia.

Molto tossica.

Un uomo in difficoltà venne salvato da un delfino.

“Dannazione, Haru!” imprecò a voce alta.

Intorno a lui, qualche altro cliente si girò per fissarlo di sbieco, facendolo arrossire pesantemente.

“Tutto bene?” chiese la proprietaria, posandogli una mano sul braccio per scuoterlo leggermente.

“Io… devo andare,” disse Rin prima di scattare verso l’uscita del negozio.

Fece di corsa l’intero tragitto dalla stazione alla casa di Haru, senza mai fermarsi per riprendere fiato, troppo preoccupato che, se ci avesse riflettuto, avrebbe finito per tirarsi indietro come tutte le volte precedenti.

Quando arrivò davanti a casa di Haru, combattendo contro l’improvviso desiderio che l’altro avesse cambiato indirizzo, bussò con forza, quasi pronto a irrompere nell’abitazione in caso ce ne fosse stato bisogno.

Rin fu oltre la soglia ancor prima che la porta venisse aperta del tutto.

“Rin?” sussultò leggermente Haru. “Che cosa fai qui?”

Prima di perdere il coraggio che miracolosamente era durato per tutto la corsa, e soffermandosi soltanto un momento per constatare quanto Haru fosse cresciuto dall’ultima volta in cui si erano visti, irruppe in una spiegazione frenetica.

“È per via del delfino, o forse era delfinio? In ogni caso, siamo noi. Cioè, tu sei letteralmente come il delfino che ha salvato l’uomo e poi è stato comunque cacciato dall’idiota. Ma meriti molto di più che essere trasformato in un fiorellino qualunque.”

Haru passò lo sguardo sull’aspetto dell’amico, sui suoi capelli scompigliati, sulle sue guance arrossate, sulle sue mani che ancora gesticolavano con fervore.

“Rin, quello che hai detto non ha alcun senso.”

Rin inspirò profondamente, quasi costringendo l’aria a entrare nei suoi polmoni.

“Okay,” mormorò, passandosi le mani tra i folti capelli rossi e cercando di riorganizzare i pensieri. “Okay, lascia che ti spieghi.”

Haru non si mosse, aspettando che l’altro riprendesse a parlare.

“Sono tornato,” iniziò questi malamente. “Per Natale, intendo.”

“Okay…”

“Ho visitato la mia famiglia e… stavo per tornare in Australia senza passare da te.”

Probabilmente non si sarebbe dovuto stupire dell’espressione ancora vacua e priva di emozioni che era presente sul volto dell’amico, ma la tacita affermazione che la sua presenza fosse pressoché irrilevante lo rese ancora più nervoso.

“Cosa ti ha fatto cambiare idea?” domandò allora Haru, vedendo che Rin non accennava a proseguire.

“Un fiore,” rise Rin, scuotendo la testa per l’assurdità della sua situazione. “Be’, non è importante. Ciò che conta è che mi dispiace, sono stato uno sciocco. Volevo aspettare di diventare più forte, ma ho capito che ci sono cose ben più importanti. Studiare in Australia è il mio sogno, andare alle Olimpiadi ancora di più, ma… non ha alcun senso se tu non sei al mio fianco. Quello che sto cercando di dire è che io scelgo te, Haru. Senza di te, tutto il resto non conta.”

I secondi passarono inesorabili, e Rin era quasi tentato di fuggire un’altra volta dalla porta sul retro – aperta, secondo i gusti di Haru, per raffreddare l’ambiente – quando l’altro inclinò leggermente la testa, allontanando per un attimo lo sguardo.

“Sai, in realtà mi piace questo aspetto di te,” ammise infine. “La tua tenacia e la tua abilità di scegliere ciò che è meglio per te, senza farti trascinare indietro dagli altri. È… affascinante.”

La bocca di Haru si mosse in uno dei suoi rari sorrisi sinceri, e la sua mano scivolò in quella di Rin, risultando in un ulteriore arrossamento delle guance di quest’ultimo. “Ma sono felice di essere importante per te.”

Il modo in cui lo disse, come se fosse quasi una rivelazione inaudita, strinse in cuore di Rin, che in risposta aumentò la presa sulla mano del moro.

“Haru…”

“Non importa,” intercedette questi. “Ora possiamo nuotare.”

Passò solo un istante prima che Rin scoppiò in una fragorosa risata, gli spasmi che aumentarono quando notò la faccia perfettamente seria dell’altro.

“Oh, Haru… non cambiare mai,” disse con un tono addolcito. Le loro mani erano ancora intrecciate, e gli diede una piccola stretta, famigliare, amichevole, libera. Lo avvicinò a sé e gli fece passare l’altro braccio intorno alle spalle, affondando il naso nell’incavo del suo collo.

“Vieni con me,” proclamò all’improvviso.

“Come?”

“Vieni con me in Australia… per qualche settimana. Avviserò Russell e Lori, potrai vivere con noi.”

Haru esitò.

“Sai, in Australia c’è il mare. E diverse piscine pubbliche. Per non parlare di quella in cui si allenano i nuotatori olimpionici…” cantilenò Rin con un sorriso tutt’altro che innocente.

Haru non poté fare a meno di ricambiare il gesto.

“Non mi sembra così male,” asserì infine, lo sguardo affettuoso mentre poggiava la testa sulla spalla invitante dell’amico.

“Hanno anche lo sgombro?” chiese dopo poco.

Rin riprese a ridere, la mente ben lontana da un pullman che stava lasciando la stazione senza di lui.

   
 
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