Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh
Ricorda la storia  |      
Autore: Lila May    15/09/2020    2 recensioni
{Mizushipping}
❝-No- rispose quella. Il castano l’aveva scelta personalmente dal suo esercito di fidi soldati, perché vegliasse su di lei con la stessa devozione che si riserba al faraone, senza mai stancarsi e senza mai lasciarla sola un singolo istante. Ci teneva a saperla al sicuro. Kisara era diventata la sua debolezza più grande.
-Ma mi sono assicurato di dissetarla, anche mentre era incosciente. Il suo respiro è regolare e tranquillo. Non pare turbata.
-Fammi entrar- prima di poter finire la frase si morse il labbro fino a lasciarvi su impresso il segno dei canini. Quando il guardiano cercò di aprire la cella, Seth gli adagiò minaccioso la barra del millennio contro il petto, invitandolo a non fare un solo movimento di più se non se la voleva trovare trapiantata dentro il cuore. Stava combattendo contro sé stesso. Era così spaccato tra quei due mondi da sentire di star perdendo la ragione.
-Ma signore…
-No, ho cambiato idea. Sei obbligato a riferirmi qualsiasi cosa riguardo questa ragazza. E se dovesse mai destarsi, sei autorizzato a chiamarmi. Non importa dove io sia. Cercami. Mi farò trovare.❞
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aknadin, Kisara, Seth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Next to the Dragon girl
{Mizushipping}
{Priest Seth/Seto x Kisara}
 
 
 
 
Affacciato alla finestra delle sue stanze, Seth osservava la liscia e lontana superficie del Nilo risplendere dei bagliori perlacei della luna. Tuttavia, nonostante l’aria contemplativa, difficile a dirsi se altrettanto elevata fosse anche l’attenzione riposta al paesaggio. Lo sguardo blu, intenso e duro, pareva essersi teletrasportato in un’altra dimensione. Nemmeno il vento notturno che si era sollevato poco dopo il tramonto pareva essere in grado di mitigare l’assorta espressione di quei suoi lineamenti di ferro. Eppure, nella sua testa, ogni cosa sembrava vivida e papabile, come se da un momento all’altro tutto ciò a cui stava pensando avesse potuto prendere vita davanti a lui.
 
Da quando la sua truppa di soldati aveva trovato la ragazza dai capelli bianchi esanime a terra, il suo cervello aveva come subìto un blocco. Il suo cuore si era fermato, il sangue gli si era freddato nelle vene grandi che gli percorrevano gli avambracci coperti di cerchi d’oro. Non era più riuscito a pensare a nient’altro e a nessun altro che non fosse lei, la sua pelle di alabastro, la sua lunga chioma senza colore – aveva cominciato a chiedersi dove l’avesse vista, dove l’avesse già incontrata.
Poi, toccandole fugace il viso, si era ricordato. E il cuore in un attimo lo aveva trascinato indietro nel tempo, a quel giorno mesto che Seth non era mai riuscito a lavare via dalla memoria: il giorno in cui si erano conosciuti. Da allora una parte di lui, la più nascosta, la più istintiva, si era resa tragicamente conto di non aver mai smesso di sperare nella possibilità di poterla, un dì, rivedere.
 
Il fato gliel’aveva riportata. Il suo desiderio era stato ascoltato.
 
Coricarsi e provare a dormire non era servito a spegnere il fuoco che sentiva bruciargli l’anima; una parte di lui avrebbe tanto voluto lasciarsi andare al riposo. L’altra, la più forte, la più prepotente, desiderava ancora vederla. Vedere lei.
Toccarla ancora.
Gli sarebbe bastato poco per raggiungere le segrete del palazzo. Lì l’aveva fatta rinchiudere, lì l’avrebbe trovata.
Ma non poteva.
 
Non doveva provare tutto quello.
 
Lui era un ministro del faraone. Era un mago. Era un possessore di uno dei sette oggetti del millennio, aveva altri obbiettivi, altre priorità. Non si sapeva dove fosse Atem, la minaccia di Bakura pareva crescere ad ogni luna e lo Stato stava passando momenti molto buii. Spettava a lui, Seth, figlio di Akhenaden, cugino del faraone, tenere sottocontrollo la situazione nel frattanto che Atem ritrovava la strada per tornare a Palazzo.
L’esercito di creature in grado di fermare l’entità di Bakura era ancora in costruzione, servivano tante anime malvagie per potersi definire “completo” – secondo Akhenaden, poi, adesso anche la ragazza dai capelli bianchi possedeva, dentro di sé, un’anima.
Un’anima che Seth ricordava molto bene di aver visto, e che Akhenaden desiderava portarle via per consegnargliela e renderlo faraone d’Egitto al posto di Atem.
L’anima di un drago bianco. Lo stesso drago bianco che lo aveva salvato dalla distruzione del villaggio, e che la ragazza inconsapevolmente aveva risvegliato per salvare entrambi all’arena dei combattimenti.
Poteva, lui, dimenticare tutto questo? Poteva lui trovare la forza per staccarsi da quei ricordi e concentrarsi su questioni più importanti e ben più urgenti?
Non gli sarebbe dovuto importare nulla di quella ragazza. Estrarre il drago bianco dal suo animo, usarlo per proteggere l’Egitto… non poteva ignorare una possibilità del genere, esattamente come non riusciva ad ignorarla suo padre. Seth era avvezzo a questo tipo di procedure. Lo aveva fatto e continuava a farlo con tante altre persone, uomini, donne, non faceva differenza; affidandosi alla barra del millennio per estrarre dai loro corpi le ombre, liberava loro dalla malizia e riforniva il suo esercito di mostri.
Ad estrarre il drago dalla ragazza, tuttavia, lei sarebbe morta.
… era ciò che Akhenaden voleva per lui, la soluzione a tutti i loro problemi.
Era stata persino di Seth l’idea di fare un esercito del genere.
Si stava comportando da incoerente, e per nessuna valida ragione. Era giusto si prendesse le sue responsabilità, e che in attesa del ritorno di Atem – perché Seth era convintissimo fosse vivo, a differenza di Akhenaden – pensasse lui all’Egitto.
Se questo significava sacrificare la vita della ragazza, in nome del Paese Seth lo avrebbe fatto.
Così gli piaceva pensare.
E intanto però, il desiderio demente di andarla a trovare continuava a divorargli d’angoscia il petto più di qualsiasi altra sciocca priorità reale.
Si allontanò dalla finestra per raggiungere il letto. Lo squadrò, come se sul materasso vi si fosse adagiata un’entità strana.
Doveva dormire.
Doveva smetterla di pensare a lei.
E invece continuò a farlo per un’altra, intensa ora di finto sonno. Seth capì che non avrebbe risolto nulla cercando di sedare il nervosismo febbrile di andare a farle una visita. Doveva quantomeno assicurarsi stesse bene. Che dormisse in pace, quella povera anima tormentata.
Così, dopo aver calzato una tunica blu oceano, riluttante uscì dalla stanza.
Lungo il cammino incrociò di getto il passo con suo padre.
Akhenaden, col viso coperto da un cappuccio, lo guardò avvicinarsi piano tra le ombre nere della notte egizia, quel suo vigoroso figlio abbandonato quindici anni prima; se lo immaginò padrone dell’Egitto, tiranno e potente, e sorrise. -Mio faraone.- scherzò poi, inchinando il capo.
Seth ne ignorò le lungimiranti vedute. Finché Atem sarebbe vissuto, disperso o meno che fosse, nessuno avrebbe preso il suo posto. -Cosa ci fai sveglio a quest’ora, padre.
-Potrei chiedere la stessa cosa a te, Seth.
Seth gli prese i polsi anziani con affetto. -Ti accompagno alle stanze.
-Vuoi andare da lei, vero?
Alle parole di Akhenaden si fermò.  
-Te lo leggo negli occhi, figlio mio. Non cadere nella trappola della passione.
-Non è come pensi tu, padre.
-Ricorda… lei possiede un potere che ti spetta per diritto. Non è nient’altro che un vaso. Nient’altro che un corpo vuoto e privo di valore–
-Vado ad assicurarmi stia bene. Dopo l’incidente nell’arena non si è più destata, salvo che per pochi istanti.- lo interruppe Seth, alzando di un poco la voce profonda per imporsi sulle parole tediose del padre. Odiava quando lui e gli altri uomini di corte parlavano così male di Kisara. Abusavano di quelle cattive dicerie come se lei non valesse niente, come se non avesse dignità, o non possedesse una vita degna di essere vissuta. Non era vista come un essere umano, ma come un oggetto di cui sbarazzarsi una volta carpita la sua utilità. E dire che ce l’aveva messa lui, un po’ inconsapevolmente, un po’ trascinato dalle parole del padre, in questa discutibile situazione.
Si sentiva in colpa come un degenerato. La vergogna che provava, la riluttanza, quell’impotenza improvvisa nel prendere una decisione ferrea sul destino dell’intero Egitto… erano tutti motivi che lo facevano sentire frustrato e mediocre.
-Seth, figlio, ti preoccupi troppo. Dovresti pensare al drago bianco.
-E tu dovresti andare a dormire.- lo congedò.
Poi, rapido, raggiunse i sotterranei del palazzo, cercando di non farsi trascinare troppo dall’emozione sempre più concreta di vederla. Qualche prigioniero mezzo addormentato cercò di carpirgli la caviglia, implorando il giovane ministro di liberarlo, ma lui fu molto bravo ad ignorare quelle suppliche. Erano rinchiusi solo temporaneamente. Gli servivano per le ombre. Una volta prelevate, aveva giurato sulla sua lealtà assoluta al faraone Atem che sarebbero stati liberati tutti quanti, e reintrodotti in società come se nulla fosse accaduto.
Ma adesso Seth non aveva tempo per loro. Andò dritto spedito da Kisara.
Quando trovò la sua cella, si aggrappò alle sbarre con entrambe le mani. -Kisara…- mormorò.
Dormiva ancora.
I capelli, meravigliosi e bianchissimi, carezzavano terra con le punte secche di sole e sabbia, e la tunica ancora sporca le riposava sul corpo magro, coccolandole il costato sporgente e i seni. -Si è svegliata, oggi?- domandò Seth. Lo fece piano, per non disturbarla, ma abbastanza forte da poter essere udito dalla guardia.
-No- rispose quella. Il castano l’aveva scelta personalmente dal suo esercito di fidi soldati, perché vegliasse su di lei con la stessa devozione che si riserba al faraone, senza mai stancarsi e senza mai lasciarla sola un singolo istante. Ci teneva a saperla al sicuro. Kisara era diventata la sua debolezza più grande.
-Ma mi sono assicurato di dissetarla, anche mentre era incosciente. Il suo respiro è regolare e tranquillo. Non pare turbata.
-Fammi entrar- prima di poter finire la frase si morse il labbro fino a lasciarvi su impresso il segno dei canini. Quando il guardiano cercò di aprire la cella, Seth gli adagiò minaccioso la barra del millennio contro il petto, invitandolo a non fare un solo movimento di più se non se la voleva trovare trapiantata dentro il cuore. Stava combattendo contro sé stesso. Era così spaccato tra quei due mondi da sentire di star perdendo la ragione.
-Ma signore…
-No, ho cambiato idea. Sei obbligato a riferirmi qualsiasi cosa riguardo questa ragazza. E se dovesse mai destarsi, sei autorizzato a chiamarmi. Non importa dove io sia. Cercami. Mi farò trovare.
-Va bene, mio signore.
Fece per andarsene, imbarazzato di essere lì e aver ceduto in maniera tanto sciocca alla tentazione. Tuttavia, proprio mentre stava per mettere i piedi sul primo gradino delle scale, un’improvvisa voce di bambina si erse dal buio e il silenzio sinistro delle carceri.
Seth” pronunciò, piano, come timorosa che dire quel nome avrebbe provocato una mortale inondazione.
Era Kisara.
Seth tornò indietro e schiantò nuovamente le mani contro le sbarre che lo dividevano di qualche metro da lei, sconvolto. Scovarla con gli occhi aperti e rivolti in sua direzione lo fece fremere fin nelle viscere. In risposta ai suoi stessi contrastanti sentimenti, le dita si avvilupparono con ancora più stoica energia intorno alle sbarre calde dei suoi palmi. Le strizzò come se volesse disintegrarle. Come se volesse piegarle, distruggerle, ridurle in polvere.
Annientare tutto ciò che lo divideva in maniera così atroce e struggente da lei.
-Si è… si è svegliata signor Seth!
-Lo vedo anche io, idiota. Adesso sparisci dalla mia vista. Via!- gridò funesto alla guardia, e senza nemmeno dargli il tempo di obbiettare, la cacciò lontano con un gesto frenetico della mano coperta di anelli.
Una volta soli, Seth tornò a riporre la sua concentrazione su Kisara.
La trovò intenta a massaggiarsi le caviglie con le piccole mani. Doveva essere intorpidita, e chi non si sentirebbe tale dopo tutto quel dormire e dormire. Doveva essere così stanca e provata, poverina. Rinchiusa come un animale qua sotto, solo per un dannato spirito di drago.
-Hai fame?- le domandò, irrequieto.
Quando lei scosse il capo, i suoi lunghi capelli bianchi le sobbalzarono sulla testa, infondendo nell’aria umida delle segrete un dolce profumo di donna. Lo sguardo di Seth si fece più apprensivo ed indulgente.
-Posso fare qualcosa per te?
-Seth…- Kisara esitò dopo averlo chiamato ancora per nome, gardandolo indecisa nei profondi occhi blu. Le piaceva come suonava sulla sua lingua, sibilante e sensuale. -io… volevo ringraziarti per l’aiuto che mi hai offerto nell’arena.
-Non ringraziarmi.- brontolò Seth. Non voleva più sentirla parlare un solo istante ancora. Sembrava costarle un’enorme fatica costruire frasi di senso compiuto. -Sei stata tu a salvare entrambi. Tu e il tuo drago bianco.
Kisara sorrise e chiuse gli occhi, immaginandosi una scena che purtroppo, a causa del suo immenso potere, ella stessa non poteva né sapeva ricordare.
Per un po’, entrambi rimasero in silenzio a studiarsi.
Lui le guardò i capelli, le clavicole a falce di luna, le labbra, stringendo le mani frementi di desiderio misto a rimorso intorno alla barra del millennio. Lei, invece, stordita dal sonno e dalle ombre della notte, si perse a percorrere con aria rapita il fitto kohl di galena che anneriva di morbide linee l’intorno bronzeo degli occhi di Seth.
-Mh… posso…
-Sì…?
-Posso… farti una richiesta un po’ strana…?
Il castano sgranò le iridi quando la vide alzarsi per raggiungerlo.
Osservarsi così da vicino rese instabili i cuori di entrambi.
-Puoi… dirmi che tempo fa all’esterno?
-Uh…
-E’ una bella notte…?
-Sì.- Seth sorrise appena e ripensò al Nilo, il lungo fiume argento che si intravedeva dalla sua finestra. Era solito osservare quel paesaggio prima di coricarsi, perché lo amava alla follia. Gli metteva tranquillità, anche se ultimamente il suo effetto terapeutico sembrava non avere più effetto. -Una bellissima notte. Il cielo è pieno di stelle.
-Mi… mi porteresti a vederle, Seth…?
Quella richiesta gli paralizzò la spina dorsale.
Non sapeva se poteva accontentarla – né cosa avrebbe comportato per sé stesso acconsentire alla sua domanda. Nonostante Seth non l’avesse mai considerata una prigioniera, sapeva che la sua ospite era considerata tale agli occhi degli altri, e che la sua era una visione molto distorta, e per questo, altrettanto inaffidabile. Kisara era la sua prigioniera…? O no…? Il fatto che si stesse dolcemente innamorando di lei stava compromettendo tutto quanto c’era di coscienzioso nel suo ego calcolatore e serioso.
Per quanto lo desiderasse, portarla fuori era del tutto escluso. Sarebbe potuta scappare. Sarebbe potuta andare via dal palazzo, rubare uno stallone dalle scuderie e fuggire lontano dove nessuno l’avrebbe più trovata.
Akhenaden non glielo avrebbe mai perdonato.
Lui, non se lo sarebbe mai perdonato.
-Seth…?
La guardò, riluttante. Doverle dire di no lo stava uccidendo.
-Dunque?
Osservò i segni del buio e del dolore incisi sulle sue gote scarne, il labbro pallido attendere incantato una sua risposta. Provò il terrore puro di doverla ferire ancora.
-Io…- esitò, sospirando.
-Non importa se non puoi.- replicò Kisara. -E’ che io… vorrei tanto vederle…
A Seth luccicarono gli occhi. -Ti piacciono così tanto le stelle, ragazza drago?
-Amo le stelle. Tu no?
Sì. Anche a lui piacevano le stelle.
-Ricordi quanto era bello il cielo la notte in cui mi salvasti dai ladri…? Non la dimenticherò mai… erano meravigliose le stelle allora… te lo ricordi, Seth?
Come avrebbe potuto dimenticarla, quella notte. Viveva in lui come una terribile maledizione. Era il motivo per cui si sentiva così.
Così in conflitto tra l’amarla e il rassegnarsi a perderla.
Acciuffò le chiavi della porta e le infilò nella serratura. Poi la aprì, rabbioso, e le porse la mano per aiutarla ad uscire da quella topaia.  
Kisara si aggrappò con fedeltà cieca e assoluta alle dita del ragazzo.
-Ti porterò a vedere le stelle, ragazza drago.
 
 
 
 
Si diressero insieme verso le scuderie.
Kisara riuscì a stargli dietro a fatica. Indebolita dal potere del drago bianco, rischiò di incespicare non poche volte. Ma Seth non le lasciò mai andare la mano. Gliela tenne con una forza, una grinta amorosa così potente da fornirle da sola il necessario vigore per fare il giro del palazzo e raggiungere i cavalli senza mai cadere a terra.
Arrivarono, e il guardiano aprì loro le porte; nel vedere la prigioniera coi capelli bianchi in compagnia del figlio di Akhnaden, comunque, non gli sorse nella testa nessuna particolare domanda in merito alla loro presenza lì. Tutti i sudditi e i servi si fidavano ciecamente di Seth e le sue azioni, da quelle magnanime a quelle un po’ più sporche, perché ogni cosa veniva fatta tenendo in conto l’interesse e la prosperità della popolazione. Era il più laborioso e perspicace dei sette sacerdoti e la sua fama di persona colta – persino più di suo padre – era sulle labbra di ciascun egizio, dai ceti abbienti a quelli meno fortunati. Tutti lo conoscevano e rispettavano.
Era venerato come un autentico Dio.
-Forza, Kisara…- Seth prese la ragazza per i fianchi e la aiutò a montare sul suo purosangue dal pelo fulvo. Poi fu il suo turno di salire sulla bestia, ed afferrate che ebbe le redini, con un calcio brusco contro i fianchi lo fece partire al galoppo fuori dalle scuderie, verso l’ingresso della città. Intendeva raggiungere il Nilo. Dalla riva del fiume, la vista sul cielo era spettacolare. Kisara l’avrebbe amata.
-Reggiti forte.
La ragazza lo fece.
Il paesaggio cambiò radicalmente volto nel momento in cui superarono la spessa cinta muraria che tracciava il confine. I tetti delle case, le palme, i giardini e le statue del faraone, ogni elemento simbolo di civiltà e movimento umano parve semplicemente sparire. Come se non fosse mai esistito.
A parte i bagliori di qualche lontano villaggio rurale, il resto si aprì dinanzi ai loro occhi come un mare di sabbia fredda e animali invisibili. Un immenso deserto di dune e colline che, alla luce della luna, pareva essersi intinto dello stesso colore dei capelli di Kisara.
Seth non smise mai di far galoppare il cavallo.
Lo spronava con un’urgenza violenta, arrabbiato, e così dava sfogo alla sua totale frustrazione. Avevano preso lo stallone ed erano scappati, quella era la verità. Stavano fuggendo. Non dal palazzo, ma dai loro dèmoni.
Soprattutto Seth.
Quel piccolo viaggio custodiva tante più motivazioni quante erano le stelle visibili in cielo, e lo sapevano entrambi. Ma nessuno dei due lo disse all’altro, imparando a godere del silenzio desertico che li circondava e dell’unione temporanea che la posizione sul cavallo aveva richiesto ai loro corpi.
Solo quando arrivarono a destinazione, allo stallone fu concesso di iniziare a rallentare. Dopo un po’ di metri al trotto, Seth lo fece fermare dolcemente davanti alla riva, sibilando per invitarlo a tranquillizzarsi. Smontò, agile, gli lasciò una carezza distratta sul fianco e porse le sue braccia forti a Kisara. -Siamo arrivati.
Lei scivolò su di lui e lo abbracciò piano, restando aggrappata al suo corpo finchè i piedi non tastarono la sabbia.
-Ti senti bene…?
-Sì… grazie, Seth.
Seth le riacciuffò la mano prima di andare insieme in direzione dell’acqua.
Il Nilo era mansueto come il dorso di un animale dormiente. Serpeggiava per chilometri e chilometri, tanto da sembrare un nastro nero infinito, e sulla riva opposta alla loro stavano ormeggiate alcune imbarcazioni mercantili, il cui cigolio rispondeva ai ciocchi delle piccole increspature che si schiantavano di tanto in tanto contro le stive piene di merci.
Di mattina era sempre così affollato, il fiume. Invece adesso, di notte, persino le correnti marine più caotiche parevano accordate ritmicamente alla calma mistica del deserto.
Era il momento in cui l’acqua si fondeva col cielo e viceversa, e nessuno sapeva più distinguere dove finisse il fiume e dove invece iniziasse l’infinito spazio nero.
Seth si lasciò cadere con un sospiro, finendo seduto a due passi dalla riva. Kisara lo imitò.
Poi entrambi sollevarono la testa in alto, verso le stelle.
-Ti ringrazio di avermi portata qui.- dichiarò la ragazza dopo qualche istante di pura contemplazione degli astri. -Da questa angolazione… tutto pare diverso. Eppure così familiare…
-Sono felice di aver esaudito il tuo desiderio.
-E grazie di essere con me, Seth.
Seth schiuse le labbra quando Kisara gli prese la mano tra le sue.
-Se non fosse per la tua presenza, io…
-Guarda le stelle, ragazza drago.- la interruppe, brusco, e ritirò le dita dal suo palmo candido. Non voleva essere ringraziato da lei. Per quale motivo? Per i piani di sfruttamento che Akhenaden le teneva in serbo? Per la sua indecisione di figlio nell’eseguirli? Non c’era nulla di cui Seth dovesse essere ringraziato. Non voleva sentire più una cosa del genere uscire dalle labbra di Kisara. Mai più.
-Guarda come brilla quella.  
-E’ meravigliosa. Ah, guarda quella Seth!
-Mhmh.
-E quella?! Oh…!
-Mh.
-Splende con così tanta forza… è bellissima!
-Le stelle non valgono nulla se comparate alla tua bellezza.
Glielo disse. Onesto e sincero. Poi la osservò, denso, come se volesse distenderla e amarla sulla sabbia usando solo la potenza dello sguardo. -Sei una meravigliosa creatura.
-Seth… ma io sono un… mostro…
-No, non dirlo. Non è vero.
"Sono io ad esserlo, Kisara. Sono io ad essere un mostro."
-Seth…
-Kisara…
-Io… non… non ti vedo più… dove sei…?
-Sono qui, Kisara...
Kisara d’un tratto iniziò spaventata a cercare la sua mano.
-Kisara… riesci a sentirmi? Sono qui.
Seth gliela strinse con vigore estremo. Sapeva che sarebbe successo; se l’era aspettata in qualsiasi momento una ricaduta simile, per questo quando Kisara perse d’improvviso i sensi, le sue mani di bronzo furono subito pronte a sorreggerla. -Oh, Kisara…
Seth se la lasciò scivolare sul petto, accompagnandone l’atterraggio con un abbraccio passionale e pieno d’amore devoto. Poi, assicuratosi respirasse, le prese dolcemente la testa piena di capelli perché non stesse a ciondolare sospesa nel nulla, e se la adagiò a ridosso del petto. -Sono qui. Sarò sempre qui per te, ragazza drago, te lo giuro- mormorò affondandole le mani nella chioma splendente.
Lei non poteva sentirlo, vero. Ma per lui, ripetere quella frase alla faccia delle stelle fu come prendere finalmente la decisione finale.
Vivere con e per Kisara, nient’altro. Era così che voleva esistere, Seth.
Accanto alla ragazza drago.




e niente, Seth e Kisara probabilmente mi perseguiteranno per ancora tantissimo tempo, ma ben venga: li amo troppo e non li lascerò andare con facilità, soprattutto per la mia crush pazzesca nei confronti di Seth, eheheh *-*
questa storia mi è venuta in mente osservando l’immagine che trovate sotto il titolo, disegnata da un artista (e qui tagliata per ovvie esigenze di spazio) che fa delle fanart di Seth/Seto e Kisara molto molto belle, si chiama @kugkuga, è davvero bravissima/o. Anche questa icon di Kisara e il draghetto bianco è sua!
La shot doveva in realtà avere un finale molto più legato all’ambientazione, dove Seth in sostanza rimaneva sveglio tutta la notte a guardarla e poi quando sorgeva il sole ammetteva a sé stesso che lei era la stella della sua vita, ma mi sono detta “LO SAPPIAMO GIA’ CHE LEI E’ LA STELLA DELLA SUA VITA GLIELO SI LEGGE IN FACCIA PORCA VACCA” e niente, l’ho cambiato/semplificato anche per attenermi all’indecisione iniziale che viene dipinta all’inizio del racconto.
L’ho scritta a singhiozzo tra un trasferimento da una città all’altra / vari giri / inizio università quindi potrebbe essere fatta piuttosto male, me ne rendo conto anche io, MA spero comunque di aver comunicato le sensazioni che desideravo comunicare, questo è l’obbiettivo.
Detto ciò, ho finito con l’angolino!
Alla prossima mizushipping che arriverà molto molto presto perché non so stare senza loro.
XOXO
Lila

Ps: Aknadin sarebbe Akhenaden, mi è venuto da usare il secondo nome rispetto al primo, pensavo che nell'anime si pronunciasse "Aknadin" ma fosse scritto Akhenaden, rip.

 
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Yu-gi-oh serie > Yu-gi-oh / Vai alla pagina dell'autore: Lila May