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Autore: Airborne    20/09/2020    2 recensioni
Il sapore della sigaretta è disgustoso in bocca, il fumo qualcosa di pericolosamente invasivo fino a quando lo butta fuori, ed è tutto quello che vuole in quel momento. Stare male, perché non conosce altro modo di trattenere Asuma accanto a sé.
***
Semplicemente la mia visione dello stato d'animo di Shikamaru dopo la morte di Asuma, e di come Temari dà una mano a Shikaku a salvare il figlio dal suo dolore.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Shikamaru Nara, Temari | Coppie: Shikamaru/Temari
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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Nicotina
 
 



 
Cross my heart and hope to die
Burn my lungs and curse my eyes
I’ve lost control and I don’t want it back
I’m going numb, I’ve been hijacked
It’s a fucking drag
 
 
Le chiome degli alberi filtrano la luce del sole, ma i raggi sono lo stesso caldi sulla sua pelle. Non vede le nuvole, da lì; solo le volute del fumo che lui stesso espira, la brutta, scialba imitazione di ciò che scorre sopra il bosco, oltre il tetto di foglie sulla sua testa. Non le vuole vedere, le nuvole. Non vuole vedere niente. Non le nuvole, non casa sua, non i suoi genitori, non i suoi amici, niente. Vuole dimenticarsi di tutto. Vorrebbe dimenticarsi di tutto. Ma la sua mente e il suo cuore urlano di dolore, gli occhi bruciano per tutte le lacrime che ha e non ha versato, i muscoli sono intorpiditi per le ore di sonno perse, la testa gli gira per il cibo che non è riuscito a toccare. Il sapore della sigaretta è disgustoso in bocca, il fumo qualcosa di pericolosamente invasivo fino a quando lo butta fuori, ed è tutto quello che vuole in quel momento. Stare male, perché non conosce altro modo di trattenere Asuma accanto a sé.

Asuma.

Tira una boccata troppo forte e sente il fumo riempirgli i polmoni. Scoppia a tossire, cercando di sputarlo fuori. No, dovendo sputarlo fuori. Tratterrebbe volentieri quel dolore soffocante se servisse a riportare indietro Asuma. Ma niente lo riporterà indietro. Non gli rimane niente di lui. Solo quelle sigarette, il loro sapore disgustoso, il fumo che si insinua nei polmoni, il bisogno che ne ha per non lasciarlo scomparire da davanti gli occhi. Non è rimasto niente di lui, salvo il ricordo, un figlio che non conoscerà mai il padre, e una promessa da mantenere.

«Nara».

Alza lo sguardo verso il limitare della radura. Capisce che è Temari ancora prima di mettere a fuoco la sua figura oltre gli occhi che lacrimano per il fumo e la tosse. Solo lei lo chiama Nara in quel modo. «Che ci fai qui?» sbotta con astio. Non gli importa che sia venuta da Suna apposta per lui. Non gli importa che sia lì. Non vuole vedere niente, non vuole parlare con nessuno.

Ma ovviamente a lei non importa nulla di tutto ciò. «I tuoi mi hanno chiesto di venire a parlarti» rivela senza giri di parole avanzando verso di lui, «e anche Akimichi e la Yamanaka».

«Vadano a farsi fottere» dice a denti stretti. È così difficile capire che vuole stare da solo, cazzo? Neanche quel genio di suo padre ci è arrivato dopo che gli ha urlato addosso? «Bè? Hai intenzione di stare lì a guardarmi tutto il giorno?» dice a Temari, ferma in piedi davanti a lui con le mani sui fianchi.

«Ti vorrei abbracciare, se proprio lo vuoi sapere, ma temo per la mia vita».

Tira un’ultima boccata e spegne il mozzicone sulla suola della scarpa. Una settimana prima avrebbe dato qualsiasi cosa perché Temari fosse a Konoha e per sentirla pronunciare una frase del genere. In quel momento preferirebbe saperla a Suna, perché significherebbe che Asuma è ancora vivo.

Asuma.

«Posso almeno sedermi accanto a te, o mi stacchi la testa a morsi?»

Si sposta di qualche centimetro per farle posto. Il tronco dell’albero gli graffia la schiena. Sfila una sigaretta dal pacchetto.

«Ne hai appena spenta una».

Fa scattare l’accendino.

«Di’, vuoi farti venire il cancro?»

«Tanto morirò prima». Come Asuma. Gli dicevano sempre tutti che sarebbe morto soffocato dalle schifezze nei suoi stessi polmoni, e invece è stato ucciso in missione da un bastardo dell’Akatsuki. «E poi adesso che sei arrivata tu ho bisogno di un antistress». Sa che Temari sta inarcando un sopracciglio, ma non gli importa. Espira e il fumo sale verso le chiome degli alberi. «Cosa ti hanno detto di dirmi?»

«Niente. Solo di venire a parlarti».

Il sole è caldo sulla sua pelle. Il sapore della sigaretta disgustoso, il fumo una presenza letale dentro ai polmoni. Una scialba imitazione delle nuvole, con Asuma che ci fluttua dentro.

Asuma.

Pensare il suo nome gli annoda la gola e gli fa pizzicare gli occhi. Un’altra volta, anche dopo tutte le lacrime che ha già versato, dopo essere rimasto senza voce a forza di urlare. Non è servito a niente e non servirà a niente neanche in quel momento. Solo ad accrescere il dolore e la rabbia dentro di lui.

«Tuo padre mi ha detto che non dormi da giorni».

«Ti ha detto bene».

«E che a malapena mangi».

«Vero anche questo».

«E che non sei andato al funerale».

«Già».

Temari tace di nuovo. Con la coda dell’occhio la vede agitare la mano per mandare via il fumo che le arriva addosso. Non se ne cura. Asuma non se ne è mai curato. Fino a una settimana prima aveva creduto che avrebbe dovuto sopportarlo tutta la vita, senza mai pensare una sola volta che quelle coltri di fumo gli sarebbero mancate. Espira.

«Vuoi parlarne?»

«Secondo te?»

«Te lo chiedo perché non ti ho mai visto così e non so cosa ti farebbe stare meglio» dice Temari. Non ha smesso un attimo di fissarlo, anche se lui non dà segno di volerla guardare. Si è trattenuta per non rispondergli male, lo sa, perché qualcosa nella sua voce ha tradito la sua irritazione. Non gli importa. «Non chiuderti in te stesso, Shikamaru. Devi reagire. Non puoi rintanarti in que…»

«Se sei qui per farmi la predica risparmiatela pure, me l’hanno già fatta» sbotta, sperando di essere riuscito a celare il bisogno di piangere. Di nuovo e invano.

«Io sono qui per te». Si sente il suo sguardo addosso. Espira ancora, guarda alle cime degli alberi per spingere le lacrime in fondo agli occhi, stringe l’accendino fino a farsi diventare bianche le nocche. «Non voglio vederti così, Shikamaru. So che non vuoi sentirtelo dire…»

«E allora non dirlo!»

«… ma Asuma era un ninja. So che fa male, lo so, ma è… inevitabile».

«LO SO! Lo so, cazzo, non…» Ma non continua la frase. Non ha modo di farle capire cosa Asuma significhi per lui. Nemmeno Choji e Ino lo capiscono. È solo, solo di fronte al dolore e alla rabbia e al vuoto che Asuma ha lasciato dietro di sé. Il vuoto di Asuma che fuma in una stanza senza finestre, che gli offre la cena, che gioca a shogi con lui perdendo volta dopo volta. Il vuoto di un uomo fatto e finito che arrossisce come un ragazzino quando lo incontra con Kurenai, che sorride, che regala al Team 10 tre paia di orecchini uguali, che li cresce, che prende i colpi al posto loro, che sorride, sorride, sorride. Che cade in ginocchio, il corpo devastato dalle piaghe di un’ustione che un bastardo dell’Akatsuki gli ha rivoltato contro, che lo fissa sapendo cosa succederà, che crolla faccia a terra mentre il sangue inzuppa la sua divisa dall’interno, senza che lui possa farci niente. Asuma che bisbiglia le sue ultime parole stringendo una sigaretta tra le labbra, Asuma che esala il suo ultimo respiro davanti ai suoi occhi.

Asuma. Asuma. Asuma.

La voce di Temari è lontana oltre i suoi pensieri, oltre il volto di Asuma e il sapore della sigaretta e il nodo alla gola quasi più insopportabile del fumo nei polmoni. «È morto combattendo per ciò in cui credeva».

Nasconde la testa tra le braccia. La sigaretta cade per terra. Le lacrime, tante, inarrestabili, gli bagnano le ginocchia. Sente Temari farsi più vicina, passargli un braccio attorno alle spalle, prendergli una mano. Se ne accorge a malapena, squassato dai singhiozzi. La sua mente e il suo cuore urlano di dolore.

«Butta fuori tutto».

E lui lo fa.

Il sole è caldo sulla sua pelle. Temari accanto a lui, un sollievo. Le sigarette al suo fianco un bisogno fisico, ormai, più che una tentazione. Non ha mai creduto veramente, prima di iniziare a fumare, che dessero così tanta dipendenza, e adesso se ne sente schiavo. Ne prende una, se la porta alle labbra e l’accende. Le lacrime sul suo volto non si sono ancora asciugate. Il fumo gli riempie la bocca e il naso, soffocandolo. «È stato tutto come l'altra volta».

«L'altra volta?»

«Con Sasuke».

Temari non dice niente. Aspetta che continui il discorso.

«Non sono riuscito a salvarlo. Non sono stato abbastanza».

«Non è colpa tua, Shikamaru».

«Non riesco a proteggerli. Mai». Stringe nuovamente l'accendino, digrigna i denti dalla rabbia. «E va sempre a finire che ci rimettono quelli a cui tengo di più».

«Ascoltami bene, Shikamaru». Temari gli prende il volto tra le mani, costringendolo a guardarla negli occhi. Lui trova lo stesso il modo di distogliere lo sguardo. «Non è colpa tua se Asuma è morto. È colpa di quegli stronzi contro cui stiamo combattendo tutti quanti senza riuscire a sconfiggerli. E tu sei abbastanza. Tu sei una persona straordinaria, ti taglieresti un piede da solo con un kunai smussato se servisse a proteggere i tuoi compagni, e grazie al cielo non serve perché hai una testa che è molto più efficace allo scopo. Non devo neanche chiederti cos'è successo per sapere che hai fatto tutto quello che potevi fare e anche di più, perché so che è così, Shikamaru. Quindi non martoriarti per essere vivo e non attribuirti colpe che non hai. Sfogati, piangi quanto ti serve e poi torna al fianco dei tuoi compagni. Sii l'uomo che Asuma ti ha reso e lavora per ciò in cui entrambi credete. Lui continuerà a vivere in te».

Per quanto stia male, per quanto nella sua mente non ci sia spazio che per Asuma, Shikamaru sente nel suo cuore che non l'ha mai amata più di così. E si sente improvvisamente meglio, si sente male ma meglio di prima, perché Temari gli ha sbattuto in faccia la verità e per una volta è una verità bella. È vero, si rende conto, che Asuma lo ha reso l'uomo straordinario che Temari vede in lui. È vero che gli ha insegnato a proteggere i suoi compagni, a combattere per loro e per le cose in cui credono. Il Re, Konoha. E per quante volte Asuma gli abbia fumato in faccia, continuare a essere l'uomo che lui ha formato e lavorare per ciò in cui entrambi credono gli sembra il modo migliore per reagire alla sua morte.

Però c'è qualcos'altro che deve fare, prima.

Prende un altro tiro dalla sigaretta. Lungo, intenso e solo apparentemente distratto, come quelli di Asuma.

«È senza fondo, quel pacchetto?»

«No, è quasi finito. Vuoi?» chiede porgendole la confezione.

«Per carità».

«Meglio».

Temari appoggia la testa sulla sua spalla. Lui vorrebbe guardarla negli occhi un'altra volta. Gli farebbero dimenticare il resto del mondo. Quasi tutto, e non Asuma. Ma è bello che lo abbia fatto di sua spontanea volontà, per una volta, che gli stia ancora tenendo la mano, che sia lì con lui dopo tutto quel tempo, senza preavviso, che sia lì per lui. «Quanto ti fermi?»

«Tre giorni. Ho preso una matrimoniale, se non vuoi stare a casa tua».

Un’offerta allettante. «Non vorrei rovinarti l’umore».

«Non farmi ridere, Nara. Staremo comunque insieme tutto il tempo, non mi cambia niente dormire insieme». Gli dà un bacio sulla guancia. «Non m’importa quanto starai male, sono venuta apposta per te. E poi tu l’umore me lo rovini sempre».

Tira un'altra boccata dalla sigaretta, e poi la spegne.

«Hai deciso di rinunciare alla tua dose di nicotina di questi dieci minuti?»

«Ho qualcosa di meglio da fare» risponde, e la bacia sulle labbra.

«Vedi che l’abbiamo trovato, un modo ti tenerti lontano da quelle cose» dice lei, cingendogli il collo con le braccia. «Ma puzzi da far schifo».

«La nicotina sarà pure una droga, ma tu sei peggio». La spinge giù sull’erba, sotto di lui.

«Non so se sentirmi lusingata o offesa».

«Non riesco a fare a meno di te, nemmeno adesso che sto così male».

«Soprattutto adesso che stai così male» lo corregge, gli occhi verdi piantati nei suoi, limpidi, duri. «Quando ne hai bisogno io ci sono sempre, Shikamaru. Ricordatelo».

«Sì, soprattutto nei momenti in cui non ti voglio vedere».

«Come se ci fossero davvero, dei momenti in cui non mi vuoi vedere».

No, non ce ne sono pensa baciandola di nuovo e infilando una mano tra le pieghe del suo vestito.

Temari lo tiene stretto a sé come un bambino. Il sole non è più così caldo sulla pelle. La notte calerà presto nella foresta, prima di quanto vorrebbe, e allora sarà il momento di tornare a casa, alle cose che contano davvero.

«Toglimi una curiosità» dice Temari accarezzandogli la fronte. «Fumi come le guance della Hyuuga quando Uzumaki le rivolge la parola, ma non ti accendi una sigaretta dopo aver fatto sesso?»

«Non mi va», ed è vero. Tu sei molto meglio delle sigarette. «E non prenderti gioco delle pene d’amore degli altri».

«Dovresti smettere subito».

«Non ho intenzione di andare avanti a lungo». Odia il fumo, d’altra parte. È disgustoso, lo soffoca, gli brucia i polmoni da dentro. E la cosa peggiore è che ne vuole sempre di più.

Non lo dice a Temari, anche se capirebbe. È una questione tra lui e Asuma.

Asuma.

Stringe i pugni, digrigna i denti. «Ho bisogno del tuo aiuto».

«Per cosa?»

«Mi servono dei consigli su come formare il chakra del vento. Voglio imparare a usare i kunai di Asuma».

«Tu non hai quell’elemento. Non sarà facile».

«Lo so, e non mi interessa». Ucciderà Hidan. Lo farà, anche se quel bastardo è immortale.

Gli ingranaggi nel suo cervello stanno già girando.
 

 
‘Cause your love’s a fucking drag but I need it so bad
Yeah, you’re worse than nicotine
Panic! At The Disco - Nicotine
 
 
 


Note
La quarantena mi ha fatto parecchio male, sotto certi punti di vista. Mi ha fatto iniziare il rewatch di Naruto e riesumare il mondo delle fanfiction. Da marzo ho scritto tipo 50.000 parole di Shikatema, la stragrande maggioranza delle quali non usciranno mai dal mio computer. Ma questa no, perché ho appena finito la saga di Hidan e Kakuzu e dovevo pubblicarla.
All'inizio questa fic doveva essere una Shikatema di rating arancione/rosso (sì, come se ne fossi capace) sullo sfondo, appunto, di Nicotine dei Panic! At The Disco, che è stata palesemente ispirata da Shikamaru e nessuno può convincermi del contrario; ma visto che il trope per il quale il nostro ananas preferito continua a fumare dopo avere ucciso Hidan non mi piace, doveva per forza essere ambientata subito dopo la morte di Asuma. E vuoi non parlare anche (soprattutto) di lui? E ne è uscito questo. Non è una storia particolarmente significativa e là fuori di fanfiction simili ce ne sono a decine, ma ho voluto dare la (una) mia versione dei fatti. E poi non ho mai pubblicato una Shikatema scritta di mio pugno, mannaggia, e questa cosa doveva cambiare. Grazie per essere arrivati fino alla fine e aver contribuito a rendere felice una povera scema che farebbe meglio a lavorare sulla tesi invece di fare il rewatch di Naruto, apprezzo molto.
Airborne
  
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