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Autore: _justabibliophile_    24/09/2020    1 recensioni
E poi, alla fine, cos'è che davvero importava in quella nuova vita che aveva appena spalancato le porte a quei due ragazzi già completamente catapultati nel mondo degli adulti? A chi importava, in fondo, della comodità di un letto vero e proprio, quando la bellezza stava proprio nel ritrovarsi stupidamente innamorati nel corridoio buio di una casa appena comprata?
Non di certo a James e Lily, che della vita non sapevano tutto, ma che sicuramente una cosa l'avevano capita: non era necessario amarsi nell'accezione più canonica e rigorosa del termine, quando quello che contava realmente era la certezza che, ancora una volta, le dita di una avessero trovato le braccia del ragazzo come unico e più stabile appiglio a cui aggrapparsi in quella confusione che li circondava.
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans | Coppie: James/Lily
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Lumos

I want your sleepy confused look when you wake up

Non bastava niente.

Non bastava serrare le palpebre con tutta la forza che aveva in corpo, autoimporsi di addormentarsi di nuovo alla velocità della luce, né tantomeno affondare il viso in quell'ammasso rosso fuoco che gli solleticava la spalla destra. Non era sufficiente regolarizzare il respiro e sperare che bastasse semplicemente quello - la consapevolezza di essere nel suo posto nel mondo - per farlo immergere nuovamente nel tanto agognato sonno profondo.

Non bastava assolutamente niente di tutto questo, perché quel dannato raggio di Sole si era appena insinuato con ferocia nella stanza e, neanche a dirlo, aveva colpito il volto di James Potter come il più preciso dei fendenti. Così descritto poteva apparire come il classico risveglio poetico e tutto il resto, certamente, ma viverlo era tutta un'altra cosa: non c'era assolutamente niente di suggestivo nell'essere brutalmente riportato con i piedi per terra dalla luce del giorno filtrata dalla finestra. E poi, a dirla tutta, era stato lui stesso a dimenticarsi il giorno prima di tirare le tende, dunque la colpa di quel risveglio così brusco non poteva che essere attribuita proprio a lui.

A pensarci bene, comunque, forse non era nemmeno normale che la Stanza delle Necessità avesse delle finestre. Insomma, il nome di quel luogo ne esplicitava già la funzione e quello che era per davvero necessario l'aveva scelto lui stesso la sera precedente, non appena ne aveva varcato la soglia: un camino scoppiettante - al diavolo il timido Sole di febbraio, là fuori si gelava per davvero - una luce soffusa, qualche coperta rigorosamente scarlatta e, per concludere in bellezza, quel letto morbidissimo, che era stato poi il fulcro della loro improvvisa ritirata dagli amici rimasti in Sala Comune.

Questo era sostanzialmente ciò a cui James aveva pensato e che, una volta spalancata la porta principale che dava sulla stanza, si era profilato davanti ai loro occhi. Ma Lily aveva fatto capolino proprio accanto a lui, sulle labbra un sorriso dalle mille sfaccettature che James, ormai avvezzo a coglierle tutte, le aveva distinte una ad una nel dettaglio, ed ecco che insieme a lei avevano fatto la loro comparsa anche due gigantesche finestre, che troneggiavano proprio sulla parete di fronte al baldacchino.

«Non mi piace l'idea di una stanza senza finestre.» aveva detto risolutamente a mo' di spiegazione, scrollando appena le spalle come a voler minimizzare la questione. «Mi fa sentire di essere insieme a te in un modo...poco concreto, sì. Se vedo il cielo e la luna là fuori, ad esempio, capisco che è tutto reale. Che sono qui con te mentre il mondo al di là del vetro continua a essere al suo posto.»

La frase pronunciata da Lily aveva in sé qualcosa di inafferrabile ed estremamente dolce che lui, abituato ad analizzare con cura ogni parola da lei pronunciata per scorgervi tutti i significati impliciti in essa celati, colse alla perfezione. Così, nell'esatto istante in cui le loro labbra si erano incontrate con un'urgenza che era ormai piuttosto frequente in quel periodo di continua paura e tensione - perché poi alla fine era proprio lì, con le labbra di uno su quelle dell'altra, che il mondo pareva finire - James Potter seppe al cento per cento che Lily Evans aveva avuto ragione.

Sfiorare la sua pelle candida, affondare le mani in quelle ciocche rosso fuoco sciolte sulle spalle, assaporare quella bocca che ormai sembrava combaciare alla perfezione con la sua e sentire quanto anche lei fosse impaziente di sentirlo vicino, di dare finalmente un senso a quella giornata monotona in cui i rispettivi impegni li avevano costretti a una lontananza forzata, era certamente un insieme di sensazioni meravigliose e ancora spiazzanti, nonostante fossero ormai parecchie settimane che tra loro due era nata quella cosa - qualunque cosa essa fosse, non aveva poi così importanza etichettarla con un nome banalissimo e riduttivo.

Ma ciò che rendeva il tutto tanto intenso da fare male, che trasmetteva una sensazione di totalità davvero inaudita, era la consapevolezza che il mondo continuasse a esistere intorno a loro. Certo, era estremamente appagante estraniarsi da tutto il resto e rinchiudersi in quello spazio che apparteneva solo a loro, in quella bolla di tranquillità in cui si bastavano l'un l'altra, ma era mille volte meglio la certezza di essere parte integrante di un universo pieno zeppo di meraviglie, alle quali si aggiungeva quella portentosa magia a cui sapevano dare vita nel solo istante in cui si sfioravano.

Quell'insieme di emozioni era sensazionale, non c'era davvero niente da aggiungere, se non fosse che in quel momento ogni sua minuscola parte del corpo era focalizzata su quei capelli rosso vermiglio che - ancora una volta - nella confusione della notte gli erano finiti in bocca.

James sospirò, arrendendosi all'evidenza di doversi svegliare una volta per tutte e muovendosi lentamente per cambiare posizione. Lily, che seguitava a restare nel suo mondo di sogni e tranquillità, prese quell'impercettibile movimento del ragazzo come un invito a sistemarsi meglio sul suo petto e non pensò minimamente di districarsi da quel groviglio di braccia e gambe che, era doveroso ammetterlo, da qualche settimana a quella parte rappresentava per lei la più perfetta comodità.

Il nostro eroe dal braccio atrofizzato sorrise, cercando di ignorare il fatto che, per colpa di quella posizione, da lì a un'ora avrebbe potuto perdere definitivamente l'uso della mano destra e addio sogni di acciuffare il Boccino nella partita del giorno dopo, limitandosi invece a giocherellare distrattamente con una delle ciocche incandescenti sparse sulla sua spalla. Non avrebbe potuto allontanarsi da lei nemmeno volendo, comunque, e non importava neanche se ormai tutto il suo corpo si era spostato sulla modalità Sveglio e di riaddormentarsi non se ne parlava affatto.

Lily era semplicemente fatta così e James prese coscienza per l'ennesima volta di quell'illuminante constatazione. In lei coesistevano quel lato preponderante che la faceva apparire agli occhi di tutti determinata e sicura di sé, quel lato da eroina indipendente sempre pronta ad andare per la sua strada, nonostante tutto quello che le accadeva intorno. 
E poi eccola, perfettamente e diametralmente opposta, quella porzione del suo carattere che la rendeva restia al gettarsi a braccia aperte in qualcosa percepito come nettamente più grande di lei, per la sola paura di non essere in grado gestirlo, di controllarlo.

Il rapporto con James, neanche a dirlo, era stato esattamente così: un continuo altalenarsi di passi avanti e passi indietro, parole pregne di rabbia urlate senza troppi scrupoli e altre taciute perché, in fondo, di scrupoli ce n'erano eccome, quella tacita tregua concordata simultaneamente, culminata poi nella decisione e nella necessità di fidarsi ciecamente di lui, di accettare quella mano che da troppo tempo, ormai, lui sembrava averle teso, per inoltrarsi entrambi in quel percorso così spaventoso e apparentemente labirintico.

E comunque, la via d'uscita da quel labirinto l'avevano trovata insieme.

James sorrise di nuovo, incapace di staccare lo sguardo da Lily e pensando a come persino il suo modo di dormire rispecchiasse in tutto e per tutto l'evolversi della loro relazione. Le prime volte in cui si era ritrovato a passare la notte accanto a lei, per l'appunto, il ragazzo aveva dovuto sopportare una certa diffidenza concretizzatasi in una dose non indifferente di calci involontari, spinte più o meno forti date nel sonno, una Lily quasi distante che spesso dormiva soltanto sfiorandogli appena la mano e, naturalmente, quei capelli che in un modo o nell'altro trovavano sempre il modo per infilarsi nella sua bocca.

A lui era sembrato fin da subito tutto perfetto anche così, comunque: sapeva bene che è proprio nel sonno che le persone sono al massimo della loro vulnerabilità, al culmine della loro delicatezza, e sapeva altrettanto bene quanto, per Lily, l'essere vista così attaccabile e indifesa fosse da considerarsi un vero e proprio oltraggio. Dunque James, che aveva avuto il privilegio di vederla con i suoi stessi occhi all'apice della sua fragilità, non aveva potuto fare a meno di considerarsi, fin dal primo istante, il ragazzo più fortunato del mondo.

Ma poi le cose erano cambiate velocemente, lei poco alla volta aveva preso ad affidarsi in tutto e per tutto a James e adesso eccola lì, in una notte di inizio febbraio, a dormire nella Stanza delle Necessità con la testa appoggiata sul suo petto, la mano aperta sulla sua clavicola e la sensazione di integrità, di completezza, di non riuscire a immaginare neanche per sbaglio un modo migliore di quello per far crollare ogni resistenza e, semplicemente, dormire.

Stava bene, James, in quella posizione. Stava bene perché riusciva nonostante tutto a guardarla, perché senza contorcersi era in grado di avere una visuale perfetta delle sue guance costellate di lentiggini, di quella pelle bianchissima che aveva il vantaggio di poter sfiorare quando voleva e quanto voleva, di quelle labbra piene e persino delle sue palpebre chiare, che al momento erano chiuse ma che, come ben sapeva, celavano quelle meraviglie dal colore dello smeraldo che erano sufficienti a farlo andare fuori di testa.

Ci fu a malapena un sospiro sommesso, poi Lily si rigirò tra le coperte e qualcosa la indusse a svegliarsi - forse la chiara sensazione che qualcuno la stesse guardando mentre riposava - cominciando a sbattere piano le palpebre per mettere a fuoco il mondo intorno a lei e poi, proprio sul più bello, spalancandole di scatto e permettendo a quel verde così intenso di venire allo scoperto una volta per tutte.

Aveva un broncio confuso stampato in faccia, la fronte aggrottata di chi ancora non ricorda dove si trova - non che importasse molto, comunque: dopo aver distinto la sagoma di James nella tenue luce mattutina, non era poi così indispensabile ricordarsi di quale fosse, fisicamente parlando, il suo posto nel mondo - e lo fissava in silenzio, beandosi della vitalità racchiusa in quel sorriso già aperto sulle labbra del ragazzo e che, come aveva potuto imparare dalle sue stesse esperienze, era il classico modo in cui lui era solito svegliarla.

«È tardi?»

Non diceva mai "buongiorno" come prima parola, lei. Sapeva di essere abbastanza scontrosa al mattino e sosteneva che non fosse corretto salutare James quando ancora era in quelle condizioni, perché avrebbe rischiato di rovinare il risveglio di entrambi e, onestamente parlando, persino lei sapeva quanto quel momento fosse delicato. Aprire gli occhi e trovarlo lì accanto a sé, sapere che quella giornata doveva ancora cominciare e che dunque qualunque cosa sarebbe potuta succedere, ma stringere comunque tra le dita quel punto fermo rappresentato dalla presenza di James a pochi millimetri da lei, talmente vicino da non saper distinguere con certezza quale fosse la netta linea di confine che separava i loro corpi.

Quello, ecco, quello era sufficiente a farle pensare che il mondo, dopotutto, fosse un gran bel posto per viverci.

«No.» rispose laconicamente il ragazzo, osservandola mentre si tirava su a sedere con gli occhi fissi su di lui e su quel mezzo ghigno che ancora gli aleggiava sulla bocca.

«Perché sei già sveglio?»

«Ti stavo guardando.»

Ammettere la verità, con Lily, era sempre stato più facile del previsto. Nel bene e nel male, s'intende: aveva perso il conto di tutti quei litigi cominciati perché parole velate di rabbia straripavano dalle labbra di entrambi come un fiume in piena, obbligandoli a urlarsi contro quelle frasi che, come infine avevano compreso, racchiudevano cattiverie che nessuno dei due realmente pensava.
Ma c'erano anche quei momenti, come il suddetto mattino di inizio febbraio, in cui la sincerità che prendeva il sopravvento sulle sue facoltà si trascinava con sé quelle ammissioni che, persino per un tipo schietto e spavaldo come James Potter, non era poi così semplice decantare a voce alta.

Forse il ragazzo, tra i due, era paradossalmente quello che nella comunicazione ci sapeva fare un po' di più: a lui le parole piacevano eccome, sapeva usarle nel modo e nel momento giusto e non aveva paura di plasmarle a suo piacimento, di farle sue e di lasciare che straripassero all'esterno, palesando così tutto quello che aveva dentro. Che era comunque qualcosa di grande, talmente grande che un semplice "ti stavo guardando" buttato lì, in maniera apparentemente casuale, non era sufficiente a darne un senso.

Ma era comunque un buon inizio.

«Hai bisogno di qualcosa già di prima mattina, Potter? È per questo che mi fissi come se temessi un agguato da parte mia da un momento all'altro?»

Lily e la sua velata acidità, Lily che preferiva lasciare che fossero i suoi gesti a parlare per lei, Lily che non usava le parole perché quello che stava cominciando a provare spaventava lei stessa per prima, dunque figuriamoci se avrebbe mai osato darne un senso con delle frasi vacue e certamente incasinate. Lily, semplicemente, che aveva parlato con un sopracciglio inarcato con aria di sfida e con quell'espressione beffarda stampata sul volto, satura di quel sarcasmo che James primo fra tutti aveva cominciato ad adorare più di ogni altra cosa.

«Perché devi sempre pensare che io sia un opportunista?» domandò, lasciando comunque che la sua risata divertita riempisse quelle quattro pareti e attirandola di nuovo a sé, per fare in modo che tornasse ad appoggiare la testa sul suo petto.

«Preferisci che lo interpreti come un comportamento da maniaco?» chiese sarcasticamente Lily, cominciando a tracciare dei cerchi immaginari sulla pelle di James e lasciando che il ritmo dettato dal suo respiro e dal suo cuore che batteva facessero da sottofondo alla sua voce ancora impastata dal sonno. «Perché questo è precisamente quello che fanno i serial killer. Sai, appostarsi di fronte alla finestra della vittima prescelta e guardarla dormire.»

«Oppure, potresti interpretarlo come un comportamento da persona normale che guarda la sua bellissima ragazza prima che si svegli.» rispose lui candidamente, sorridendo appena per camuffare quanto le parole da lui pronunciate lo stessero facendo quasi tremare. «Solo perché la suddetta ragazza è particolarmente calma, sia chiaro. Ed è una rarità non vederla sbraitare come al solito.»

Finì di parlare e Lily si tirò di nuovo su a sedere, gli occhi ora bene aperti e fissi su di lui, quasi fossero concentrati su un dettaglio inafferrabile allo sguardo di qualunque altro essere umano. Guardava James e questo sembrava bastarle, mentre nella sua testa si ripeteva a intermittenza la frase da lui appena pronunciata.

C'era qualcosa di estremamente delicato e innocente nelle parole di James, una naturalezza spaventosa di cui si era servito per chiamarla "la sua ragazza" per la prima volta da quando tra loro due si era creato quel legame tanto forte da far paura, tanto intenso da far tremare le pareti. L'aveva detto così, sussurrando con la sua solita voce bassa e sempre velata di ironia, ben sapendo che la portata di quelle tre parole fosse molto più grande di ciò che davano a vedere. Ma la sua frase non voleva essere una catena, una costrizione, tantomeno una futile etichetta: loro, d'altronde, non ne avevano mai avuto il bisogno.

Erano solo tre parole scivolate innocentemente via dalle sue labbra, in un modo schietto e disinvolto che di artificioso non aveva assolutamente nulla. Le stava porgendo una mano, questo era quanto: le stava porgendo una mano per fare definitivamente insieme quel grande salto, per compiere quel passo decisivo che portava tutto su un altro livello, con le conseguenze e le complicazioni del caso che si trascinava con sé. Ma non è come se Lily si fosse sentita minimamente sotto pressione o, per l'appunto, braccata nell'udire quella frase.

Perché lei, quella mano, l'aveva già afferrata senza esitazione molto tempo prima.

«La tua ragazza.» ripeté infatti, ostentando una certa tranquillità che nemmeno credeva di possedere e fissandolo con la sua espressione più sfacciata.

James accolse quel sorriso lieve a braccia aperte, ben sapendo che, a differenza delle altre volte, di ironico non aveva assolutamente nulla. Era il suo modo per alleggerire la tensione, era il suo modo per dirgli che andava bene anche così.

«Ho detto anche bellissima, se non te ne fossi accorta.» precisò, incrociando le braccia dietro la testa e osservandola alzare gli occhi al cielo. «Non ti piace come suona?»

Lily sorrise, lanciandogli uno sguardo di sottecchi e sentendosi invadere da una tenerezza inaudita nel constatare quanto quella domanda apparentemente banale celasse, in verità, un'insicurezza che James era sempre stato piuttosto restio a mostrare. Ma ero questo che lei doveva fare, no? Accorgersi dei suoi punti deboli, prenderli in mano e plasmarli, fino a farli diventare i suoi più grandi punti di forza.

«Lily Evans, la ragazza di James Potter.»

«La ragazza di James il Cercatore migliore di Hogwarts Potter. »

«Di James il Cercatore migliore di Hogwarts nonché egocentrico Potter.»

Il ragazzo rise di fronte a quell'evidente provocazione e ancora una volta la trascinò verso di sé, lasciando che quelle ciocche rosse gli ricadessero sul petto e limitandosi a tenerla lì, stretta tra le sue braccia, là dove tutto sembrava essere giusto. Là dove tutto sembrava andare bene.

Chiuse gli occhi per un istante, riuscendo a percepire il cuore di Lily battere talmente forte da trasmettere quella lieve vibrazione persino sulla sua pelle. E lei poteva per davvero essere una frana con le parole, non essere quel tipo di persona particolarmente incline alle smancerie e, anzi, desiderare costantemente di mantenere quell'aria impavida e audace di cui tanto andava fiera.

Ma il modo in cui il suo corpo rispondeva al suo tocco quando loro due erano vicini, ecco, quella rimaneva una cosa che nemmeno Lily poteva dirsi capace di controllare.

«Sì.» cedette infine lei, dopo un silenzio prolungato riempito solo dal suono dei loro respiri che quasi arrivavano a sincronizzarsi, quando erano insieme. «Mi piace moltissimo come suona.»

A me piace come suona il tuo cuore quando sei sorpresa e non vuoi darlo a vedere, mi piace come suona il tuo respiro quando ti si blocca in gola perché dico qualcosa che non ti aspetti, ma forse ancora di più mi piace svegliarmi e ringraziare queste dannate finestre, perché è merito loro e della luce che lasciano filtrare se le prime cose che vedo, non appena apro gli occhi, sono il tuo broncio assonnato e i tuoi occhi verdissimi ancora confusi dal sonno. Ed è automatico, naturale, è un'equazione spontanea pensare che sarebbe esattamente questo il modo in cui, in futuro, vorrei svegliarmi: con le tue battute pungenti, i tuoi capelli sparsi un po' ovunque e l'incapacità di rintracciare quel limite che separi la tua pelle dalla mia.

Ma questo, naturalmente, James non lo disse ad alta voce. Era qualcosa di troppo profondo, di troppo intenso, qualcosa di talmente tanto troppo da indurlo a tacere e non andare oltre. Allora le pensò e basta, tutte quelle cose, ma per il momento scelse di tenerle per sé.

***

I want to be the sheets your fingers crave at night

Alla fine quelle dannate parole era riuscito a pronunciarle a voce alta e forse fu proprio quell'ammissione così sfacciata, quel coraggio che aveva sfoderato un'ennesima volta, a indurlo a proporre definitivamente a Lily quell'idea così folle e apparentemente avventata. Folle lo era stata anche lei, comunque, considerando che aveva scandito un perfetto "sì" persino prima di accorgersene, prima ancora di soppesare razionalmente ipotetiche difficoltà, eventuali problemi, ostacoli che certamente da quel momento in poi avrebbero dovuto affrontare.

«Vieni a vivere con me.»

Era bastata una frase, una sola, a mandare il cervello di Lily in palla e a convincerla ad accettare quella proposta pazza come loro, come quei due diciottenni troppo spregiudicati e innamorati della vita per precludersi un'avventura come quella.

Tanto lo sapevano benissimo tutti e due che Hogwarts non sarebbe mai stata la fine, quanto piuttosto il punto di partenza per costruire qualcosa di più profondo, qualcosa di talmente grande da far impallidire le poche persone che ancora non credevano nel loro sciocco amore adolescenziale, in quel sentimento che veniva erroneamente tacciato come una stupida infatuazione ma che, al contrario, celava qualcosa di così intenso che non tutti, a un primo sguardo, potevano afferrare.

Sarebbe stato comunque ridicolo pretendere che il resto del mondo li comprendesse, quei due ragazzi dalle idee spaventosamente chiare e precise, che avevano remato contro ogni giudizio errato e che, alla fine, una casa a Godric's Hollow avevano sul serio deciso di condividerla.

C'era la guerra là fuori e questo, in quanto membri ormai effettivi dell'Ordine della Fenice, lo sapevano meglio di chiunque altro. Avevano lasciato la scuola da nemmeno un mese ed ecco che le loro vite erano già scandite da turni di ronde notturne e diurne di fronte alle sontuose ville dei papabili Mangiamorte, da allenamenti intensivi per affinare la tecnica di combattimento, da schemi e strategie da studiare con attenzione, da riunioni a cui partecipare per sentirsi dire, ancora una volta, quanto Lord Voldemort stesse diventando sempre più inarrestabile.

Era questa, ormai, la loro quotidianità: una vita fatta di paura nascosta sotto spessi strati di determinazione, di sangue freddo, di accettazione di una battaglia in cui, ormai, erano già dentro fino al collo. Ed era stato proprio questo, il timore che una fine a quei tormenti non sarebbe giunta tanto presto, a indurli a sfidare il tempo e la logica e ad accettare, una volta per tutte, di includersi vicendevolmente nella suddetta, terrificante quotidianità.

Un appiglio: questo era ciò di cui tutti, in quella guerra maledetta, andavano in cerca.

Quello splendido villaggio inglese era lo stesso luogo in cui James era nato e cresciuto, dunque anche Lily - che aveva già avuto la fortuna di visitarlo quando lei e il ragazzo non erano altro che semplici compagni di scuola - se n'era perdutamente innamorata a prima vista.
Perché c'era sempre stato qualcosa di sorprendentemente familiare nella schiera di case in pietra chiara, nei cancelli dipinti di rosso all'apparenza tutti uguali, ma che tuttavia - superata la sfilza di incantesimi anti-Babbani applicati per non destare sospetti nei pochi abitanti privi di poteri magici là presenti - celavano quei giardini immensi popolati da gnomi, fiori sgargianti che sbocciavano a velocità raddoppiate e ogni qualsivoglia genere di fontana danzante.

Si respirava pura magia in ogni angolo della cittadina ed era sempre stata quella, la vita che Lily Evans sognava per sé.

La vita che sognava per loro due.

Quella bollente sera di agosto, i loro amici di una vita avevano deciso di andare a trovarli per inaugurare una volta per tutte la nuova casa ed era stato quasi inevitabile il fatto che tutti, nessuno escluso, si prendessero una sbronza con i fiocchi. Dopotutto non erano ancora nemmeno ventenni ed era questo, a detta di Sirius Black, il copione a cui tutti i loro coetanei erano obbligati ad attenersi: scolare intere bottiglie di Firewhisky senza pensare minimamente alle conseguenze delle loro azioni.

Conseguenze che, come non aveva mancato di far notare Remus Lupin, si sarebbero palesate inevitabilmente il mattino successivo, quando tutti loro si sarebbero presentati alla riunione dell'Ordine con delle occhiaie spaventosamente profonde, delle espressioni mortalmente assonnate e un inusuale, impellente bisogno di bere intere bottiglie d'acqua. Ma alla fine persino Remus aveva ceduto e, neanche a dirlo, la resa definitiva del solo lume della ragione aveva rappresentato per tutti il via libera definitivo: ciascuno era autorizzato legittimamente a ubriacarsi. E tante grazie.

Vivere in una casa tutta loro, come avevano potuto constatare Lily e James, significava però anche rendersi conto di tutte quelle responsabilità che, inesorabilmente, erano piombate sulle spalle di entrambi. Se, infatti, in occasione delle feste nella Sala Comune di Grifondoro erano tutti tenuti a dare una mano nel rimettere a posto il disastro lasciato in giro, adesso i loro carinissimi ospiti non avevano esitato a sostenere che riordinare il salotto ancora sottosopra fosse un compito che spettava solo e solamente ai padroni di casa.

È inutile specificare che il piano di sotto appariva in quell'istante come un ammasso confusionario di cartoni di pizza, bottiglie di Burrobirra aperte e poche altre ancora chiuse, cuscini reduci da una lotta feroce sparsi per terra e persino la giacca di Sirius, ancora una volta dimenticata in bilico sul tavolino da caffè al centro della stanza. Ma non è come se ai due ragazzi importasse particolarmente di risistemare quel dannato disordine, al momento.

L'unica loro preoccupazione era stata infatti quella di aspettare che Frank bussasse alla porta una seconda volta - sostenendo di aver dimenticato la bacchetta e ritrovandola poi nella tasca posteriore dei suoi jeans - di attendere che Peter lo seguisse a ruota trovando il pretesto per sgraffignare una minuscola fetta di torta ancora abbandonata sul tavolo e di fulminare Sirius con un'occhiataccia esemplare, quando qualche minuto dopo si era materializzato nel bel mezzo del salotto con - a sua detta - tutta l'intenzione del mondo di sorprenderli a fare cose sconce non appena ne avessero avuto l'occasione.

James l'aveva buttato fuori di casa praticamente a calci e aveva borbottato qualcosa sulla necessità di intensificare gli incantesimi di protezione che non includessero il suo migliore amico come un visitatore ben accetto, poi Lily era scoppiata a ridere di fronte al suo tono indignato e infine si erano semplicemente guardati negli occhi. Era bastato quel contatto visivo e tutto era successo in fretta, talmente in fretta che nessuno dei due si era capacitato di come quel filo che li univa, quel desiderio bruciante di sfiorarsi e toccarsi e sentirsi vicini, si fosse infiammato tanto velocemente da impedire loro di accorgersene.

E adesso tutto si riduceva a quello, ai più piccoli e insulsi dettagli. Tutto si riduceva a quelle mani che si stringevano con delicatezza e allo stesso tempo con forza, come per impedirsi di scappare via - chi dei due, comunque, avrebbe mai potuto desiderare di essere in un posto che non fosse quello? - alle dita che scorrevano con impazienza su ogni centimetro libero di pelle, incendiandola e lasciando dietro di sé una scia di brividi che si rincorrevano famelici sulla colonna vertebrale. Tutto si riduceva a quei baci lenti e umidi che si facevano sempre più precipitosi, alle labbra morse con quella vera e propria insofferenza derivata dal volere di più, dal volerlo subito.

Per poco Lily non scoppiò a ridere nel rendersi conto che non avevano nemmeno fatto in tempo a raggiungere il piano di sopra, che quell'urgenza di aversi stava diventando talmente insostenibile da averli costretti a fermarsi lì, proprio in mezzo alle scale, con le sue gambe avvolte intorno al bacino di James per la chiara necessità di sentirsi più vicini di quanto fosse umanamente concesso. Non c'era tempo per perdersi dietro a sciocche precisazioni, comunque, perché la scomodità di quel momento si annullava del tutto di fronte alla foga di quei baci insaziabili e di quel continuo sfiorarsi, come per sincerarsi che quello non fosse solo il più bello dei sogni, bensì la più pura realtà.

C'era il petto del ragazzo premuto esattamente contro il suo e lei nemmeno volendo avrebbe potuto ignorare il fatto che, ancora prima di sfilargli la maglietta e di buttarla per terra senza troppe cerimonie, il rumore rapido e incessante del suo cuore che batteva fosse già perfettamente udibile, persino sotto strati e strati di vestiti. Era un suono martellante e ripetitivo, sempre più veloce, che sembrava scuoterlo tutto e irradiarsi fino a lei, fino a Lily, che in quel momento altro non era che un prolungamento del suo stesso corpo.

«Ti sta esplodendo il cuore.» riuscì appena a mormorare la ragazza, un sussurro quasi inudibile in mezzo a quella confusione di mani e labbra e capelli stretti tra le dita.

James si scostò di qualche millimetro da lei, giusto in tempo per vedere quel minuscolo sorriso divertito comparire tra le labbra della sua ragazza e domandarsi perché loro due, in momenti come quello, sembrassero invertire completamente le loro personalità. In altre situazioni era lui quello a saperci fare con le parole e Lily quella che nascondeva i suoi veri sentimenti per paura di dare loro un nome, mentre adesso James aveva il cervello connesso su un altro pianeta, incapace di articolare qualunque parola di senso compiuto, ed ecco che invece lei se ne usciva con quelle constatazioni quasi imbarazzanti, da quanto erano vere.

Perché il cuore gli stava esplodendo per davvero e lui se n'era accorto eccome, ma non è come se potesse minimamente pensare di calmarsi e regolarizzarne il battito. E Lily continuava a sorridere, le labbra arcuate con una dolcezza disarmante e gli occhi ancora fissi nei suoi come a dirgli che andava bene, che se si avvicinava di nuovo poteva sentirlo anche lui il suo, di cuore, battere in maniera altrettanto veloce e perfettamente sincrona.

Così James fece l'unica cosa che riteneva possibile: non rispose, limitandosi ad avventarsi su quello che ormai sapeva essere il punto debole della ragazza - quella porzione di pelle del collo, subito dietro l'orecchio - mordendola e lasciandovi sopra una scia umida con le sue labbra. Gli bastò sfiorare il braccio di Lily e sentirlo invaso di brividi, percependo in lontananza il suono attutito del suo respiro trattenuto, per rendersi conto di aver fatto centro anche quella volta.

La ragazza cercò di concentrarsi di nuovo su quella mossa scorretta da parte del suo ragazzo e sentì le labbra di lui aprirsi sul suo collo, segno inequivocabile del fatto che James la conosceva così bene da accorgersi di quanto quel gesto la mandasse fuori di testa e che, di conseguenza, stava ghignando divertito.

Non poté dire molto, comunque, perché in fondo lo sapevano entrambi che in amore e in guerra tutto è lecito. Così riprese a far scorrere le dita sottili sul torace del ragazzo, proprio quando le loro labbra tornarono a incontrarsi, e poi le passò su quella schiena ben tornita che aveva già involontariamente cominciato a graffiare.

E poi, alla fine, cos'è che davvero importava in quella nuova vita che aveva appena spalancato le porte a quei due ragazzi già completamente catapultati nel mondo degli adulti? A chi importava, in fondo della comodità di un letto vero e proprio, quando la bellezza stava proprio nel ritrovarsi stupidamente innamorati nel corridoio buio di una casa appena comprata?

Non di certo a James e Lily, che della vita non sapevano tutto, ma che sicuramente una cosa l'avevano capita: non era necessario amarsi nell'accezione più canonica e rigorosa del termine, quando quello che contava realmente era la certezza che, ancora una volta, le dita di una avessero trovato le braccia del ragazzo come unico e più stabile appiglio a cui aggrapparsi in quella confusione che li circondava.

***

I want to drink tea with you, share some records we find

«Quando ho aperto la porta, la casa era deserta. Nessun mobile, nessuna fotografia, nessun quadro...niente che potesse riportarmi indietro nel tempo, a quando vivevamo tutti e quattro sotto lo stesso tetto.»

Lily era rientrata in casa da poco, lo sguardo stanco di chi per davvero sente che il peso della vita gli è crollato inesorabilmente sulle spalle tutto all'improvviso e addosso un maglione di lana in cui sembrava praticamente scomparire. Furono questi i primi dettagli che James registrò con coscienza, salvo poi focalizzarsi su quegli occhi verdissimi che, tuttavia, da un po' di tempo a quella parte sembravano aver perso la loro proverbiale luminosità.

«Tua sorella...» cominciò con la solita cautela che usava per trattare quell'argomento così scabroso, avvicinandosi alla sua ragazza già sprofondata tra i cuscini del divano e porgendole una tazza di té bollente.

«Petunia non era in casa. Me l'aspettavo, comunque: in fondo, me l'aveva detto lei stessa di aver concluso l'affare subito dopo...lo sai.» concluse in un sussurro, avvicinando le labbra al bordo della tazza e prendendone un lungo sorso.

Il fumo che ne usciva si disperse verso l'alto sotto forma di lente volute, mentre James si sedeva sul tavolino di fronte a lei in modo da avere una perfetta visuale di quegli occhi momentaneamente sfuggevoli e annebbiati da uno strato di lacrime.
Lily non pronunciava mai la parola "morte" e questo era un particolare che lui aveva notato fin da subito - fin da quando tutti loro avevano cominciato fare i conti con l'eventualità sempre più dilagante di ritrovarsi a fronteggiare la perdita delle persone più care.

«Avrebbe potuto ascoltare anche la tua opinione, invece di vendere la casa dei vostri genitori senza nemmeno consultarti.»

L'amarezza nel tono di voce di James era palpabile, concreta, mista a quello sguardo che non la smetteva di vagare sul volto della ragazza per cercare i suoi occhi, per provare a trasmetterle tutta quella serenità che meritava di provare, per farle capire che lui restava lì, che non avrebbe avuto alcun problema a sobbarcarsi il dolore di Lily e a portarlo lui stesso sulle sue spalle.

Perché amare significava esattamente questo e lui l'aveva capito bene, forse meglio di chiunque altro. 

Le labbra di Lily si arcuarono in un mezzo sorriso che di ilare non aveva assolutamente nulla, ma che trasmetteva anzi una malinconia davvero inaudita e che, neanche a dirlo, fece stringere il cuore del ragazzo seduto di fronte a lei. 
Era stata brava ad affrontare la perdita di suo padre, molto più di quanto ci si sarebbe mai aspettato da una persona che, per colpa di quei dannati scontri con i seguaci di Lord Voldemort che si facevano sempre più frequenti e sempre più serrati, rischiava ogni giorno di non rivedere mai più i suoi amici, i suoi cari, quelle persone che l'avevano accompagnata in quel salto nel vuoto che era stato il suo ingresso nel Mondo Magico.

Persino con il rischio di non rivedere mai più l'amore della sua vita.

«Sarebbe rimasta comunque vuota, James. Preferisco...preferisco che qualcun altro possa riempirla di tutte le sue cose, piuttosto che vederla così spoglia e irriconoscibile.» replicò con un'impercettibile scrollata di spalle, incrociando la gambe fasciate dai jeans scuri e lasciando che il ragazzo vi appoggiasse sopra le sue mani.

«Mi dispiace.» Deglutì, prima di sospirare sonoramente e attirare così sul suo viso lo sguardo della ragazza. «È assurdo dirtelo, perché "mi dispiace" è una delle espressioni più stupide e sopravvalutate della storia, ma è così per davvero. Tuo padre...è stata una delle persone migliori che io abbia mai conosciuto, Lily. Sul serio. E non parlo solo del fatto che abbia accolto a braccia aperte un idiota colossale come il sottoscritto e mi abbia permesso oltretutto di stare con sua figlia, ma mi riferisco a...a tutto il resto, a come ha reagito sapendoti invischiata in questa guerra.» Gli occhi di Lily erano adesso talmente brillanti da risplendere quasi nella penombra di quella stanza, e lui avrebbe dato qualunque cosa per cambiare il corso delle loro vite e fare in modo che quella luce nel suo sguardo fosse dovuta alla gioia, non al pianto. «Ti ha sempre lasciato libera di scegliere, Lily. Non ha mai provato a metterti i bastoni tra le ruote, a dirti di stare nascosta e al sicuro, ma ha sempre appoggiato in tutto e per tutto il tuo impegno in questa causa. E questa...questa è una cosa che gli fa onore.»

Una lacrima solitaria cominciò a scendere sulla guancia bianca della ragazza, che per la prima volta da quando quel dolore sordo le attanagliava il petto aveva deciso di concedersi il lusso di essere fragile. Davanti a James poteva permetterselo, questo lo sapeva bene. Davanti a James poteva abbassare tutte le sue difese e restare così, spogliata di tutte le sue sicurezze, certa che lui avrebbe preso le sue debolezze per plasmarle in punti di forza e farla tornare la Lily determinata che era sempre stata.

Certo, la morte di un genitore è qualcosa a cui non si può mai essere razionalmente preparati e questo lei l'aveva già sperimentato sulla sua stessa pelle, quando appena due anni prima sua madre era stata una delle centotredici vittime del terribile attacco al mercato generale di Cokeworth. Era stata una delle prime occasioni in cui il Marchio Nero era apparso nel cielo, imponente e tenebroso come tutti ormai erano abituati a vederlo, ed era stata di conseguenza una delle prime volte in cui i seguaci di Lord Voldemort avevano rivendicato uno dei loro - ormai numerosissimi - violenti massacri.

Lily aveva solo sedici anni e una vita intera davanti a sé, ma quello fu precisamente uno dei momenti in cui la paura di non riuscire ad andare avanti si era insinuata anche nel suo cervello. Aveva costretto Petunia e suo padre alla fuga in Irlanda, là dove sarebbero riusciti a vivere forse più al sicuro insieme al resto della famiglia Evans, ma poco dopo aveva dovuto fare i conti con l'altra metà di se stessa: quella babbana, quella fatta di ospedali e malattie diagnosticate così, all'improvviso, come quella che fu trovata a Robert Evans durante una normalissima visita di controllo.

La stessa malattia che, appena un anno dopo, se l'era portato via in un battito di ciglia.

«Quando se n'è andato era tranquillo, tutto sommato.» riuscì a sillabare Lily, mentre le mani del ragazzo andavano a posarsi sulle sue guance per costringerla a restare in quella posizione, con gli occhi fissi nei suoi. «Avrebbe voluto che tra me e Petunia ci fosse un altro tipo di rapporto, ma sapeva bene che certe ferite non si possono sanare. Però era tranquillo, perché sapeva che...che ci saresti stato tu con me.»

James si concesse un minuscolo sorriso, seguendo con un dito le lentiggini sparse sulla pelle di Lily e sentendosi riempire di orgoglio. Il signor Evans non aveva mai sbagliato nel giudicarlo in maniera positiva fin dal primo momento in cui l'aveva conosciuto - in realtà anche da prima, come non mancava mai di far notare la ragazza, considerando che suo padre si era sempre divertito un sacco ad ascoltare i racconti di come quel dannato Potter faceva andare sua figlia fuori di testa con i suoi scherzi - e poteva essere certo del fatto che James si sarebbe preso cura di lei fino alla fine dei suoi giorni.

«È una promessa che ho fatto a te e di conseguenza anche a lui. E ti giuro che proveremo a riavvicinarci a Petunia, esattamente come avrebbe voluto vostro padre.» asserì con una convinzione disarmante, sicuro e determinato come soltanto lui sapeva essere. «Perché sei sua sorella, Lily, e non esiste che vi allontaniate ancora di più quando non dovreste fare altro che supportarvi e contare l'una sull'altra. Soprattutto in un periodo delicato come questo.»

La ragazza sorrise ancora e scosse impercettibilmente la testa a quelle parole, pensando che, nonostante facesse davvero il possibile per riuscirci, James non avrebbe mai compreso fino in fondo quanto quella situazione fosse diversa dalla fratellanza che univa lui e Sirius. Petunia era un caso a parte e la loro complicità era semplicemente scemata nel tempo, surclassata dalle ostilità e da quelle nette differenze che la più grande delle sorelle Evans, con parole nemmeno troppo gentili, aveva sempre voluto rimarcare come meglio poteva.

Perché una sorella che aveva frequentato una scuola di squilibrati come lei, che viveva la sua quotidianità tra zampe di rana, pupille di anguilla, fantasmi che si aggiravano per i corridoi della scuola e sventolii di bacchette magiche non poteva certo conciliarsi con quella porzione di normalità che Petunia si era ritagliata a fatica, in mezzo a quel mondo che minacciava di diventare sempre più scombussolato e pericoloso. Perché il rapporto tra lei e Lily non aveva nulla a che vedere con il legame di Sirius e James, due ragazzi che non condividevano nemmeno lo stesso sangue e che non potevano essere forse più diversi di così, ma che in tutti quegli anni avevano comunque condiviso così tanto da diventare una cosa sola, intessendo un filo che sarebbe per sempre andato al di là del tempo e dello spazio.

Persino al di là della logica.

«Oggi non è venuta a recuperare gli ultimi scatoloni dalla nostra vecchia casa, perché dice di essere sommersa dagli impegni. Pare che a maggio si sposi.» scandì Lily con finta noncuranza, indossando quella maschera che le impediva di mostrare quanto effettivamente quella situazione la ferisse. James, che invece di maschere non ne aveva affatto, non esitò ad accigliarsi a tempo zero. «Non fare questa faccia, lo sapevamo entrambi che non saremmo stati sulla lista degli invitati.»

«Sei sua sorella, per Godric!»

«Lei è mia sorella, James, ma io per lei non sono più di un'estrenea e questo non ha mai smesso di ripetermelo negli ultimi anni. L'ha ribadito anche il giorno del funerale, se non te lo ricordassi.» Il tono di Lily era basso seppur spaventosamente fermo, la classica voce di chi non ammette repliche e si arrende anzi di fronte agli eventi, di fronte a un passato estremamente doloroso e a un futuro che non si prospetta essere più roseo. «Non credo comunque di avere la forza per tornare su questo argomento, adesso.»

Il ragazzo tornò a sporgersi verso di lei, accarezzandole quella pelle bianca ancora bagnata di lacrime e pensando che, nonostante di missioni l'Ordine gliene avesse affidate a bizzeffe, quella principale per lui sarebbe stata sicuramente riportare indietro la sua Lily.

Lily dalla risata facile e dal sorriso contagioso, Lily ottimista e sempre pronta a tirare su il morale di chiunque. Lily che parlava con gli occhi, che trasmetteva sicurezza con quel suo modo buffo di stringergli la mano. Lily che prima di ogni singolo turno di ronda prendeva cinque minuti del suo tempo per trascinarlo da parte, fissarlo in silenzio e comunicargli così tutta la sua paura, tutta la sua preoccupazione per quella situazione così surreale da fare male.

E lui, ne era certo, in un modo o nell'altro quella Lily sarebbe tornata.

«Questi cosa sono?» domandò James all'improvviso, non stupendola nemmeno troppo con quel drastico cambio di argomento. In fondo, il ragazzo la conosceva talmente bene da sapere perfettamente quanto necessitasse, in quelle situazioni, di chiudere con gli argomenti tristi e parlare invece di tutt'altro.

«Quelli?» chiese lei di rimando, indicando una pila di oggetti ordinati all'interno della scatola che poco prima aveva sistemato sul divano accanto a sé. «Sono dei dischi in vinile. Ti ricordi, no, quegli aggeggi babbani che regalo spesso a Sirius per Natale e che...»

«...permettono di ascoltare la musica se inseriti nel giradischi. Sono solo 45 o anche 33 giri?» Lily parve piuttosto spiazzata dalla sconcertante e profonda conoscenza dell'argomento da parte del suo ragazzo e non mancò di farglielo notare con uno sguardo stralunato, al quale James rispose con un ghigno divertito e una mezza scrollata di spalle. «Avevo Eccezionale in Babbanologia, Lily, che ti aspettavi?»

La ragazza ritrovò il sorriso istantaneamente, pensando che la sua nuova vita con lui era  cominciata da appena qualche mese, eppure James Potter era capace di rivelare lati di se stesso nuovi e inaspettati praticamente ogni singolo giorno. Ed era proprio questo, forse, uno dei motivi per cui era finita inevitabilmente con l'innamorarsi di lui: il fatto che sapesse essere una sorpresa continua, un vaso pieno zeppo di doni e qualità che lui scoperchiava lentamente, lasciando che Lily prendesse coscienza di ognuno di essi poco alla volta, senza alcuna fretta.

«È sempre strano vederti familiarizzare in questo modo con l'altra metà del mio mondo.» commentò la rossa a mezza voce, perdendosi in un sorriso nostalgico e lasciando che James le accarezzasse piano una guancia. «Comunque, ci sono davvero dischi di tutti i tipi. Su questa scatola c'era il mio nome, papà deve averli lasciati espressamente a me perché sapeva quanto mi piacesse la musica. Era...era una passione che univa me e lui, sai.»

Il ragazzo annuì piano, tenendo gli occhi fissi nei suoi e provando quasi a perdersi nei ricordi di Lily, nella memoria di quella ragazza che appena qualche anno prima altro non era che una bambina a cavallo tra due mondi, quello della sua famiglia e quello in cui era stata catapultata all'improvviso, senza nemmeno averlo chiesto, in totale solitudine.

«Ma questa è la band che ti piace un sacco, quella per cui tu e Padfoot litigate almeno una volta a settimana!» esclamò ad un tratto James, fissando la copertina del disco tirato fuori da Lily e facendola irrimediabilmente scoppiare a ridere.

«I Beatles, James, sono i Beatles. E Sirius è un vero idiota a preferire i Rolling Stones, ma non voglio entrare nel dettaglio perché sai che poi non smetto più di parlare.» chiuse il discorso con un mezzo sorriso, pensando che non fosse precisamente quello il momento in cui cominciare a elencare i Mille e Uno Motivi per cui la band di Liverpool non avesse assolutamente niente da invidiare al gruppo rock che tanto piaceva a Sirius Black. «È stato papà a trasmettermi tutta la passione per le loro canzoni. Ricordo che la domenica sera la trascorrevano sempre così, seduti sul divano in salotto, io con la testa sulle sue gambe e questi dischi in sottofondo. Sembra essere passata una vita intera da quei momenti, ma io non riesco ancora a dimenticare quanto mi sentissi in pace con il mondo intero soltanto restando lì, sola con lui, tra quattro mura.»

Un sospiro quasi rassegnato seguì quelle parole e Lily si affrettò a spostare lo sguardo, puntandolo sulle sue mani ancora intente a stringere un disco che era stato probabilmente ascoltato fino allo sfinimento, a giudicare dalla copertina rovinata e sbiadita. James seguitava a guardarla, il desiderio sempre più cocente di prendersi tutto il suo evidente dolore, quando all'improvviso giunse l'illuminazione.

Perché forse lui aveva davvero mille difetti e tutto il resto, ma se c'era una cosa che la vita gli aveva insegnato era quella di fare il possibile per attenuare le sofferenze degli altri. L'aveva sempre fatto con i suoi migliori amici e con Lily gli era sempre venuto altrettanto naturale, come se non sopportasse nemmeno l'idea che un briciolo di malessere potesse entrare in quel cuore così grande, così puro.

«Mettiamone uno.» stabilì con tono fermo, alzandosi in piedi e indicando il vecchio giradischi suo fondo della scatola di cartone. «Voglio sentire qualcosa, mettiamone uno qualunque. Anzi, non uno qualunque: voglio sentire la tua canzone preferita.»

Lily sorrise nella maniera più genuina possibile, le labbra aperte che lasciavano intravedere sulla sua guancia destra una piccola fossetta. I suoi occhi brillavano di nuovo, mentre annuiva in direzione del suo ragazzo e tirava fuori il giradischi in questione. Il vinile da lei prescelto si rivelò essere esattamente quello che già stringeva tra le mani, con quattro file di volti sulla copertina blu e l'inconfondibile scritta "A Hard's Day Night". Impiegò appena qualche secondo ad armeggiare con il giradischi, mentre lo sguardo di James era fisso su di lei e il suo cervello lavorava frenetico, alla ricerca di qualcosa - qualunque cosa - per aiutarla.

Sapeva che quel vinile rappresentava un filo che ancora univa Lily e suo padre e così sarebbe sempre stato, al di là del tempo e dello spazio. Sapeva che ascoltare quella precisa canzone avrebbe fatto riaffiorare migliaia di ricordi nella mente della ragazza, piccole finestre aperte sulla sua vita e sulla sua infanzia, ed era pronto a rivivere tutto da capo insieme a lei.

Perché era questo, in fondo, che bisognava fare di fronte al dolore: non fuggire da esso, bensì affrontarlo di petto, prenderlo in mano, modellarlo e ammorbidirne gli spigoli taglienti per trasformarli in bellissimi ricordi. Solo così, ne era sicuro, avrebbero potuto superare insieme una sofferenza tanto grande.

«Era la nostra canzone preferita.» mormorò ad un tratto Lily, finendo di sistemare l'oggetto e lanciando a James un'occhiata di sfuggita. «L'ascoltavamo per davvero fino alla nausea. Petunia sbraiatava ogni volta che sentiva le prime note e la mamma si fermava sempre sulla soglia della cucina, perché quando ero piccola papà aveva l'abitudine di ballarla insieme a me ed eravamo uno spettacolo divertentissimo. Merlino, era così scoordinato.»

I give her all my love
That's all I do
And if you saw my love
You'd love her, too
I love her

La canzone cominciò a risuonare nella stanza così, quasi timidamente e in punta di piedi, mentre Lily restava rannicchiata di fronte al giradischi poggiato sul tavolino. Aveva lo sguardo fisso di fronte a sé, perso in qualcosa di apparentemente inafferrabile, e James non perse tempo a tenderle una mano per aiutarla ad alzarsi.

«Vieni qui.» la invitò a mezza voce, sorridendole in maniera sorprendentemente rassicurante, in una tacita richiesta di ballare con lui.

La ragazza spostò gli occhi nella sua direzione e James non poté fare a meno di notare quanto fossero pieni di lacrime trattenute con ostinazione. Perché lei era quella forte e doveva esserlo sempre, anche in momenti tanto delicati come quello, sebbene il ragazzo si fosse posto come obiettivo quello di farle capire che, con lui, poteva concedersi senza problemi di mostrare le sue debolezze.

Lily non se lo fece ripetere due volte e afferrò la sua mano, alzandosi in piedi e restando immobile davanti a lui. Fu un attimo e subito James posò le mani sulla sua vita, lasciando che lei le intrecciasse dietro il suo collo e che appoggiasse la fronte lì, nell'incavo, quel posto in cui il tempo pareva fermarsi sul serio una volta per tutte.

She gives my everything
And tenderly
The kiss my lover brings
She brings to me
And I love her

La canzone continuava in sottofondo e loro restavano lì, in piedi al centro della stanza, perfettamente immobili e stretti in un abbraccio che non necessitava precisazioni, parole vuote e prive di significato, inutili orpelli. Bastava quello, bastava una stretta in cui sembravano essere racchiuse tutte quelle cose non dette e che, paradossalmente, sembravano filtrare meglio dalla pelle di uno a quella dell'altra.

«Passerà anche questa, non è vero?»

La voce di Lily era un sussurro lieve, carezzevole, che sparse sulla colonna vertebrale del ragazzo una scia di brividi tanto intensi da fare male.

«Non deve passare.» replicò James, le parole intrise di una sincerità disarmante e di una convinzione spaventosa. «Non deve e non può. Il dolore che stai provando adesso è legato a tutto l'amore che tuo padre ti ha trasmesso in questi anni, lo sai. E allora prendilo, impara a conviverci e tienitelo stretto. Non deve passare, questa sofferenza, deve entrare dentro di te per ricordarti una volta per tutte quanto sia necessario lottare per ciò in cui si crede, per rendere la tua vita degna di essere vissuta. A prescindere da...da quando finirà.»

La ragazza si staccò piano da lui, sollevando il mento per puntare gli occhi direttamente nei suoi. James aveva quel superpotere di trovare sempre le parole perfette in ogni situazione ed era questo, esattamente, ciò a cui Lily si aggrappava per farsi forza. Se non ci fosse stato lui al suo fianco, era piuttosto certa che sarebbe impazzita.

A love like ours
Could never die
As long as I
Have you near me

C'era quel preciso pezzo della canzone che entrava nel cuore di Lily e lo scombussolava tutto, facendolo palpitare con foga ad una velocità raddoppiata. Era lo stesso pezzo che era solita cantare a squarciagola con suo padre, mentre lui la prendeva in braccio e tutto intorno c'era semplicemente l'eco delle loro risate mescolate, causate dall'evidente stonatura di entrambi.

Fu durante quella stessa strofa che James la strinse un po' più forte a sé, quasi volesse fare in modo che tutti quei piccoli pezzi in cui Lily si era disintegrata tornassero di nuovo a incollarsi, di nuovo a combaciare come era giusto che fosse.

«Sai, stavo pensando ad una cosa.» esordì all'improvviso, il cuore che rombava nella sua cassa toracica e gli occhi di Lily ostinatamente fissi sul suo volto. «Anche Petunia e Vernon non devono aspettarsi di essere sulla nostra lista degli invitati.»

La ragazza si concesse un sorriso un po' più ampio, per poi scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo.

«Lista degli invitati a cosa, esattamente?»

«Al nostro matrimonio, no?»

James aveva parlato con un tono di voce così fermo e sicuro che lei non aveva potuto fare a meno di sollevare lo sguardo, puntarlo su di lui e rimanere spiazzata un'ennesima volta dalla determinazione che traspariva da quegli occhi nocciola. Per un momento si bloccò, la bocca dischiusa e le palpebre ben aperte, come se la frase pronunciata dal ragazzo le avesse spalancato un mondo in cui la felicità era lì, tangibile e a portata di mano.

Ma poi qualcosa riportò Lily con i piedi per terra, facendola incupire istantaneamente e obbligandola a mettere al primo posto, ancora una volta, la sua solita razionalità.

«Magari tra qualche anno questa ipotetica lista ci sarà.» buttò lì casualmente, quasi in un sussurro. «Adesso mi sembra impossibile pensare a cose come sposarsi e...e tutto il resto.»

«L'hai usata spesso la parola "impossibile" in tutti questi anni. Non credo tu voglia che ti ricordi nel dettaglio quante volte si è rivelata azzeccata.» replicò James ironicamente, sorridendo e spostandole una ciocca dalla fronte. «Ascolta Lily, ascoltami bene un attimo. Non riesco mai ad avere tatto con nessuno, questo sicuramente lo sai anche tu, ma quando si tratta di te...io non lo so cosa mi succeda, ma sento come se il mio lato più delicato crescesse tutto all'improvviso. Non riesco a capire se si tratti solo di una mia impressione o se sia così per davvero, ma ci sono delle volte in cui il bisogno di proteggerti diventa così forte da farmi diventare paranoico.»

Bright are the stars that shine
Dark is the sky
I know this love of mine
Will never die
And I love her

«James, non...»

«Ma contro questa guerra, contro questo dolore, io non so cosa fare. Sento di non poterti proteggere come vorrei ed è una cosa che mi manda in bestia, perché vivere giorno dopo giorno con la paura che ti succeda qualcosa - qualunque cosa - è quanto di più straziante esista al mondo.» Deglutì, fermandosi improvvisamente ma senza staccare le mani dai suoi fianchi, quasi volesse stringerla per assicurarsi che fosse ancora lì, che non svanisse nel nulla come, al contrario, tutto ciò che lo circondava sembrava essere sul punto di fare. «E forse sto solo farneticando, o forse no, ma il punto è che il tuo dolore me lo voglio prendere sulle spalle qui e ora.»

Lily sorrise lievemente, mentre quel groviglio indefinito le pizzicava la gola e la obbligava a fare sfoggio di tutto il suo autocontrollo, pur di non crollare ancora una volta.

«Lo stai già facendo.»

«Non l'ho ancora giurato davanti a tutti, però.» Lily era pressoché pietrificata, mentre lui si passava una mano tra i capelli in quel modo così buffo e impacciato che aveva conservato per tutto quel tempo, nonostante il ragazzino egocentrico e borioso che era una volta fosse stato accantonato in un anfratto remoto della sua persona. «Non sto dicendo...non ti sto chiedendo di sposarmi, Lils. E non perché non lo voglia - è la cosa che più vorrei al mondo, sia chiaro - ma semplicemente perché bisogna fare le cose per bene e io non ho nemmeno uno straccio di anello nella tasca. Sto solo, sto...promettendo che lo farò. Prima di quanto immagini. E puoi scommettere che organizzeremo il matrimonio più bello della storia dei matrimoni, ammesso che ne esista una, e inviteremo tutti quelli dell'Ordine, i nostri amici, i vecchi compagni di Hogwarts e...e nella nostra lista non ci saranno Petunia e Vernon, che si perderanno la festa più bella mai organizzata prima. Ma quello sarà comunque il giorno più bello della nostra vita e noi saremo stupidamente felici, Lils. Credimi.»

Lei voleva dirglielo una volta per tutte, che forse stava delirando e che quella canzone, evidentemente, non faceva poi così bene alla sua sanità mentale. Ma non riuscì ad articolare nemmeno un minuscolo suono, troppo presa com'era a sorridere come una perfetta idiota e a prendere coscienza delle lacrime che continuavano a sgorgarle copiose sulle guance. Era un straccio, per Morgana, ma qualcosa aveva cominciato a bruciarle nello stomaco e la rendeva così piena di gioia e scioccamente innamorata da farla impazzire. Sì, probabilmente era quella la felicità: un filo teso e sottile che prendeva vita dal suo stesso petto e arrivava lì, più o meno all'altezza del cuore di James, là dove il suo mondo terminava.

Perché sì, ormai era lampante: la vita sembrava divertirsi un sacco a metterli alla prova nonostante la loro giovanissima età, buttando in mezzo al cammino della loro esistenza un ostacolo dietro l'altro, ma non riuscendo mai comunque ad averla vinta. Perché Lily e James si aggrappavano con le unghie e con i denti a lei, a quella vita che amavano troppo anche solo per pensare che fosse finita.

C'era sempre qualcosa per cui essere stupidamente felici, infatti: tenere stretta tra le dita una promessa come quella fatta da James poteva essere un ottimo punto di partenza.

Bright are the stars that shine
Dark is the sky
I know this love of mine
Will never die
And I love her

***

I want to discuss with you, to be stubborn and quick-witted with you

«Non mi parla da stamattina.»

La constatazione di James fu breve, chiara, precisa. Nessuno avrebbe potuto fraintenderla, nessuno avrebbe potuto dubitare di aver compreso male o di averla, per qualche oscuro motivo, travisata.

«Fammi indovinare...ha smesso di parlarti giusto dopo che hai distribuito i fogli con lo schema delle ronde settimanali, non è così?»

La domanda di Remus, accompagnata da quel mezzo sorriso irriverente che si portava dietro fin dai primissimi, piccoli battibecchi tra James e Lily, fu subito seguita dal rapido movimento dall'alto verso il basso della testa del giovane Potter.

«Se non lo stessi vivendo in prima persona forse non ci crederei, ma posso giurare che è davvero così: abitiamo sotto lo stesso tetto e lei riesce comunque a evitarmi, se lo vuole.» borbottò piano, abbassando il tono della voce per evitare che la rossa in questione - a pochi passi da loro, in piedi accanto alla McGranitt mentre sistemava gli archivi degli ultimi verbali - potesse sentirli.

«L'ha fatto per circa sei anni, Prongs.» commentò sarcasticamente Sirius, stiracchiandosi con naturalezza e restando poi con le braccia incrociate dietro la testa e un sorriso divertito sulle labbra. «Figurati quanto le viene facile farlo adesso che sei suo marito.»

"Marito", che strana parola. Ogni volta che la sentiva, James non poteva fare a meno di arricciare le labbra in quel modo buffissimo che sembrava una pallida smorfia imbarazzata, la stessa di chi ancora non credeva alle sue orecchie e a stento si rendeva conto che loro due - proprio loro due - fossero ufficialmente marito e moglie da poco più di un mese.

«Idiota.» si limitò infatti a sillabare, dando una spallata al suo migliore amico e riuscendo comunque a tenere gli occhi fissi sul profilo rigido e severo di - appunto - sua moglie.

Non erano mai diminuite le discussioni, tra loro due, ma erano anzi semplicemente cambiate. "Salite di livello", avrebbe detto forse Sirius, ma il concetto restava comunque lo stesso: faceva male. Faceva male perché la prassi era sempre quella, fatta di silenzi orgogliosi e sostenuti in cui uno non si arrischiava a chiedere cosa non andasse e l'altra, invece, seguitava a lanciargli occhiate nervose nella speranza che James si decidesse a prendere in mano la situazione una volta per tutte.

Poi, semplicemente, la bomba scoppiava.

E là erano litigi plateali totalmente noncuranti del pubblico che li circondava, che per l'appunto assisteva con un certo interesse - e con dei sorrisi malamente trattenuti - a quelle discussioni con i fiocchi, spesso colorite da insulti originalissimi e sguardi ostili che avrebbero fatto impallidire chiunque. I loro amici spesso ridevano di quei battibecchi che la maggior parte delle volte nascevano dal nulla, ma James e Lily non ci trovavano assolutamente nulla di divertente in tutto quello.

Faceva male, al contrario. Faceva male perché due caratteri come i loro si incastravano davvero a meraviglia, ma spesso cozzavano e sprigionavano scintille piuttosto pericolose. Testardi, ostinati, permalosi e talvolta capricciosi: lo erano tutti e due, specie in quel periodo così delicato e carico di stress per chiunque, in cui le ronde per conto dell'Ordine si facevano sempre più frequenti e il rischio, di pari passo, aumentava a dismisura.

«Non sei stato molto equo in effetti, James.» si intromise ad un tratto Peter, fino ad allora rimasto in silenzio, con il suo foglio ancora stretto tra le mani. «Lily questa settimana ha un turno solo, mentre tu ne hai cinque. Come diamine...riesci a gestire tutto questo?»

«Sta studiando, Pete. Medimagia è un corso estremamente complesso e lei ha bisogno di riposo, mentre io posso prendermi i suoi turni senza troppa fatica.» spiegò, accompagnando il tutto con un gesto annoiato della mano. «In fondo, sono io che ho deciso di dedicarmi in tutto e per tutto all'Ordine. Non voglio che sacrifichi tutta la sua carriera per questo.»

«La tua incoscienza e l'indifferenza con cui guardi al tuo futuro lavorativo non sono una giustificazione valida, Prongs.» lo riprese Remus, tradendo nella voce quel pizzico di rimprovero che avevo sfoderato spesso in passato, quando James ne combinava una delle sue.

«No, ma lo sono se mirate ad aiutarla.»

«Lily vorrebbe rendersi utile a questa guerra quanto te, ma tu come al solito non lo capisci.»

«Oh, eccome se lo capisco. Ma ciò non toglie che...»

«La stai limitando.»

«La sto proteggendo, Moony. È diverso.»

«Ma non ti rendi conto che facendo così lei...»

«Io penso» esclamò ad un tratto Sirius, fino ad allora rimasto in silenzio, strisciando rumorosamente la sedia sul pavimento per interrompere quello scambio di frasi tra i suoi amici. «che adesso andrò a casa a farmi una doccia prima dell'ennesima ronda che il buon vecchio Prongs mi ha assegnato, mentre lui, nel frattempo, andrà a parlare con l'amore della sua vita per chiarire questa dannata situazione una volta per tutte.» stabilì con serietà, appoggiando i palmi delle mani sul lungo tavolo di legno e guardando James dritto negli occhi. «Sono davvero stufo di vedervi litigare con la forza del pensiero, senza contare che sono decisamente troppo giovane per diventare lo psicanalista di entrambi.»

Restò immobile qualche secondo a sondare il suo migliore amico con quegli occhi grigi che lo tenevano lì, fermo al suo posto, mentre la leggera risata di Peter faceva da sottofondo insieme ai borbottii indistinti di Remus. Certe cose non cambiano mai, questo James lo sapeva bene: soprattutto il modo rapidissimo in cui Sirius era in grado di farlo ragionare senza troppi giri di parole, senza incorrere in discussioni scomode e contorte.

Così eccolo lì, mentre si allontanava dal punto in cui i suoi amici stavano raccogliendo le loro cose e si dirigeva esattamente accanto all'enorme libreria di mogano, alle spalle di una Lily ancora intenta a sistemare svariate scartoffie. La sala adibita per le riunioni si era definitivamente svuotata, dopo due lunghissime ore in cui Silente e Moody avevano fatto il punto della situazione circa l'ennesimo attacco portato a termine da Lord Voldemort e in cui James e Sirius - che ormai avevano preso le redini dell'Ordine e ne gestivano insieme agli Auror veri e propri la parte organizzativa - avevano distribuito a tutti i membri i turni aggiornati per gli appostamenti davanti alle sontuose ville dai papabili Mangiamorte.

Era stato James a organizzarli, questo era evidente. Non si trattava di niente di speciale, sia chiaro, perché quello che dovevano fare era semplicemente trascorrere nottate intere seduti per terra, le bacchette ben strette in pugno e le orecchie tese, pronte a captare movimenti o qualunque tipo di informazione che si sarebbe potuta rivelare estremamente preziosa. Ma talvolta poteva risultare anche un'operazione pericolosa, come era accaduto appena due settimane prima, quando Gideon Prewett ed Emmeline Vance avevano rischiato di essere scoperti e il ragazzo era tornato alla base con una gamba ferita, colpita probabilmente da una maledizione estremamente potente.

Dunque come poteva essere biasimato se, per proteggere la sua Lily - nonché Nata Babbana - da quell'immenso rischio, aveva deliberatamente scelto di assegnarle un solo turno anziché i tre - almeno - previsti per tutti gli altri?

«Ciao.»

Era piombato silenziosamente alle sue spalle, un sorriso accennato sulle labbra e la mano che ancora, involontariamente, era corsa nei suoi capelli sempre spettinati. Lily non si era scomposta, cosa che aveva fatto presupporre a James che non avesse perso di vista nemmeno un suo singolo movimento, mentre le sue mani continuavano a stringere le pergamene per ordinarle con la sua solita, meticolosa attenzione.

«Ciao a te.» si limitò a scandire, lanciandogli appena un'occhiata veloce e inarcando automaticamente un sopracciglio nel vederlo così tentennante, così imbarazzato in un modo che a stento gli si addiceva. «Devi chiedermi di uscire, James?»

Quest'ultimo aggrottò la fronte e la fissò con uno sguardo confuso, piuttosto spiazzato da quella frase. Si aspettava davvero di tutto da Lily, in quel momento, ma quella che razza di domanda era?

«Cosa?» chiese infatti con un sussurro piuttosto flebile.

«La tua faccia. Hai la stessa espressione più o meno colpevole di quando mi invitavi a Hogsmeade.»

Lily si girò definitivamente e lo inchiodò con lo sguardo, mentre si mordeva il labbro inferiore e assisteva in silenzio alla reazione di James. Perché erano passati anni dalla prima volta in cui quest'ultimo aveva visto quegli occhi così spaventosamente belli, ma nonostante tutto continuavano a mandargli in palla il cervello come se non fosse ancora abituato ad averli, ormai, tutti per sé.

«No, ecco, questa volta non...senti, penso solo che dobbiamo parlare.»

Il ragazzo prese un respiro profondo, continuando a mantenere sulle labbra quel sorriso impercettibile e sperando che Lily non tirasse fuori tutta la sua proverbiale acidità pre-litigio.

«Parliamo, allora.»

Speranza vana.

«Lo so che sei arrabbiata. Per i turni, intendo. Sei arrabbiata perché pensi ancora una volta che io non ti consideri pronta abbastanza per...»

«Per cosa, James? Pronta per non vederti più tornare, un giorno, quando ti sarai fatto ammazzare nell'ennesima missione suicida, mentre io sarò chiusa in casa perché tu non riesci ad accettare il fatto che questa sia anche la mia guerra?»

I suoi occhi mandavano lampi, le braccia erano incrociate al petto ed erano una sorta di barriera che metteva tra lei e James una distanza sempre maggiore.

«Non mi farò ammazzare.» scandì quasi con rabbia, piazzandosi davanti a lei e guardandola come a volerle trasmettere tutta la determinazione che trasudavano le sue parole. «E non è vero che non ho capito che questa è anche la tua guerra. È solo che sai perfettamente anche tu che questi dannati appostamenti non sono così poco rischiosi come sembrano.»

«So combattere, James. E non mi pare di essere io quella imprudente, tra i due.» specificò con un tono gelido, fronteggiandolo nonostante i parecchi centimetri di altezza che li separavano. «Un turno settimanale, ma ti rendi conto? Ne avete tutti almeno tre e poi ci sono io, l'ultima ruota del carro! Mi fai passare per l'anello debole dell'Ordine, quando è maledettamente chiaro che non lo sono! Ma parlerò con Moody, oh sì che gli parlerò, e vedrai che mi assegnerà talmente tanti turni che...»

«Anello debole? Scherzi? Sappiamo tutti quanto vali, non serve che te lo ricord-»

«Un solo turno, James! Persino Elphias ne ha più di me!»

«Elphias ne ha due in tutto.»

«Ma ha novantotto anni e soffre d'asma, per Merlino!»

I toni si erano definitivamente alzati e l'atmosfera si era fatta nettamente più carica di tensione, questa fu una consapevolezza che colpì Sirius, Peter e Remus praticamente nello stesso istante. Se ne stavano tutti e tre lì, a debita distanza dai due piccioncini furiosi - come li aveva carinamente erichettati il giovane Black - a fissarli con dei sorrisi piuttosto consapevoli e a chiedersi quando, esattamente, le discussioni della loro coppia preferita avrebbero smesso di divertirli così tanto.

«Io ho paura.» confessò James in un sussurro, abbassando lo sguardo e sfoderando quell'arrendevolezza che usava sempre quando sapeva di essere, in qualche modo, nel torto. «Per te. Perché la posta in gioco in questa guerra è alta, troppo alta, e a me non importa se dovrò sorbirmi cinque turni settimanali e rischiare costantemente di essere ferito o...ucciso. Perché se saprò che tu sei al sicuro, farò tutto questo senza nessunissimo problema.»

Si era avvicinato, mentre le parlava. Si era avvicinato lentamente, lo sguardo fisso nel suo e il respiro bloccato in gola. Lily era in piedi a pochi centimetri da lui e lo guardava in silenzio, la mascella ancora contratta dalla rabbia ma negli occhi una dolcezza e una tenerezza disarmanti. Non è come se avesse mai dubitato del fatto che, effettivamente, James avesse fatto tutto quello per proteggerla, ma voleva solo che capisse che anche lei, così come lui, non si sarebbe mai tirata indietro se avesse avuto l'occasione di combattere.

«È estremamente egoista da parte tua.» mormorò infatti in risposta, le braccia ancora incrociate al petto ma visibilmente più morbide, rilassate. «Buttarti in mezzo alla guerra e obbligarmi a stare indietro, a starmene al sicuro...sei davvero così sciocco da pensare che ti ascolterò?»

«No, non lo sono. Perché ti conosco, Lily, e solo Godric sa quanto tu sia testarda e ostinata quando sei convinta di qualcosa.» James sorrise lievemente e Lily lo seguì a ruota, percependo il suo cuore quasi scoppiarle nel petto di fronte al modo così palese in cui lui stava cercando di farla ragionare. «Ma non scambiare quello che ho fatto per un tentativo di impedirti di renderti utile alla causa. L'amore è libertà, te l'ho sempre detto anche io, e sai perfettamente che sto facendo tutto questo perché ti amo.»

A qualche metro da loro, Sirius simulò un conato di vomito e Remus fu celere a tirargli uno scappellotto dietro la nuca e a trascinarlo fuori dalla stanza insieme a Peter, non senza che un sorriso estremamente soddisfatto gli arcuasse le labbra. Merlino, eccome se le litigate tra James e Lily erano cambiate nel corso degli anni.

«Lo so.» sussurrò lei in risposta, avvicinandosi ancora di un passo e sfiorando con le sue dita la mano di James. «E proprio perché lo so, vorrei che tu la smettessi di fare l'eroe a tutti i costi e che capissi che entrare a far parte dell'Ordine richiedeva una marea di compromessi, tra cui anche quello di convivere con la consapevolezza che i nostri cari potessero rischiare quotidianamente. Compromessi che abbiamo accettato tutti, se non te lo ricordassi.»

«Mettilo tu da parte, il sentimento, quando di mezzo ci sono le persone che più ami al mondo.»

«A me pare proprio che tutta questa paura tu la riservi solo per la sottoscritta.» commentò Lily, inarcando nuovamente un sopracciglio. «Prendi Sirius, ad esempio: non hai grossi problemi a mandarlo in missione ogni volta che ce n'è bisogno.»

«Sirius sa cavarsela.»

«Stai insinuando che io non ne sia capace?»

«Non ho detto questo!» James alzò di nuovo il tono di voce, passandosi una mano tra i capelli e denotando così tutta la sua evidente frustrazione. Merlino, discutere con Lily era sempre capace di fargli perdere completamente il lume della ragione. «Non riuscirò mai ad accettare l'eventualità di perderti, va bene? Lo sai anche tu che farò sempre ogni cosa sia in mio potere per proteggerti e accertarmi che tu sia al sicuro.»

«E lo comprendo, James, ma sai bene anche tu che non basta tagliarmi fuori da uno schema di ronde settimanali per impedirmi di uscire fuori di casa e andare ad appostarmi. Anche a costo di doverlo fare da sola.» Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, nella chiara posa di chi sapeva perfettamente che le parole di Lily non erano mai state più sincere di così. «Ma quello che voglio è che tu, una volta per tutte, lo accetti. Perché se ho deciso di combattere, l'ho fatto sapendo benissimo i rischi a cui andavo incontro. L'ho fatto perché ci credo sul serio e perché sapevo che tu avresti condiviso ogni mia scelta, James. E se davvero mi ami, se davvero vuoi che io mi senta libera, lascia che qualche volta sia io stessa a difendermi da sola.» Deglutì, facendo una pausa e riuscendo persino a sfoderare un minuscolo sorriso. «In caso contrario, sai altrettanto bene che farò comunque di testa mia.»

James ricambiò il sorriso, ma per un po' non rispose. Era vero, lo sapeva benissimo, e forse era proprio questa una delle cose di Lily che più lo avevano fatto innamorare: la sua testardaggine, la sua ostinazione, quell'impuntarsi quando credeva fermamente in qualcosa e il suo fare il possibile per ottenerla. 
L'amore è libertà, sì, ma era facile a dirsi. La stava praticamente lasciando libera di rischiare quotidianamente di essere catturata, torturata, seviziata, persino uccisa da quella setta di Purosangue contro cui, ormai, combattevano con tutti loro stessi.

Come sarebbe potuto andare avanti con un simile peso sulle spalle?

Poi sollevò lo sguardo fino ad allora rimasto basso, incrociando di nuovo quegli occhi così carichi di determinazione da farlo vacillare. Fu quello il momento preciso in cui seppe con certezza che , la paura di perderla per sempre lo avrebbe perseguitato certamente giorno e notte, ma la consapevolezza di aver cercato di ostacolarla nelle sue scelte sarebbe stato qualcosa di nettamente peggiore, qualcosa che lo avrebbe lasciato pieno di rimorsi fino all'ultimo giorno della sua vita.

La attirò a sé prima ancora di rendersene conto, avvolgendo le braccia intorno a quella schiena così minuta e domandandosi, inconsciamente, come fosse possibile che una giovane donna così apparentemente fragile potesse essere a tutti gli effetti una vera forza della natura.

«Cosa ne dici,» sussurrò dopo qualche secondo, percependo le mani di Lily ancora aggrappate alla sua maglietta. «ti va di infrangere una delle regole di Moody e concederci almeno un turno di ronda insieme, anche se siamo una coppia troppo legata emotivamente?»

Recitò l'ultima parte con un tono pomposo che la fece ridere, nonostante l'assurdità di quella situazione in generale.

«Ci ammazzerà, se dovesse scoprirlo.»

«Nessuno dice che lo farà.»

Di nuovo quel ghigno malandrino, rimasto appiccicato sulle labbra di James nonostante ormai il suo livello di maturità fosse per davvero schizzato alle stelle. Ma si sa, alcune cose non cambiano mai.

«Affare fatto, Potter.» replicò Lily con convinzione, senza staccare la testa dal petto di James ma limitandosi semplicemente a sollevare il mento per poterlo guardare negli occhi. «A patto che tu prometta di non distrarti.»

«Non lo farò, se non me ne darai motivo.» La risposta del ragazzo fu seguita dalla sua risata estremamente divertita, causata dallo sguardo di fuoco che la rossa gli aveva appena lanciato. Poi, ricomponendosi, tornò a stringerla a sé più forte di prima, mentre le accarezzava i capelli con tutta la dolcezza di cui era capace. «Sto scherzando, naturalmente. Lo sai meglio di me che, quando ci sei tu di mezzo, per me non esiste nulla che conti più della tua vita.»

Lily sorrise contro il suo petto, serrando di scatto le palpebre e rafforzando ancora di più la presa sulla maglia di James. Il suo cuore batteva all'impazzata, un ritmo rapido e incalzante dettato probabilmente dal terrore di dover affrontare qualcosa di troppo grande per loro, dalla gioia incontrollata, dall'impazienza che già aveva cominciato a provare, o forse ancora dal fatto che, nonostante tutto, lei non poteva fare a meno di vedere ancora se stessa e James come quei due adolescenti troppo impulsivi, troppo testardi, troppo innamorati della vita per voler giocare a fare gli adulti. Però continuava a sorridere, Lily, perché sapeva bene che presto avrebbe avuto il motivo per eccellenza per essere felice.

E chissà quanto lo sarebbe stato James, quando di lì a poco avrebbe saputo che Lily, dentro di sé, portava già quella piccola vita che sarebbe presto diventata, per lui, la più importante fra tutte.

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Piccola OS - che non interesserà a nessuno, ma non diciamolo a voce troppo alta - per ricordare che sono viva e che conto di tornare presto con qualche novità. Prestissimo. 
<3

Nox

 

   
 
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