Disclaimer
E
niente, sono caduta nel baratro
del Writober, l’evento durante il quale si scrivono 31 storie
in 31 giorni! Si
dovrebbe pubblicare una storia al giorno, rispettando
l’ordine dei prompt
assegnati, ma pubblicherò appena posso perché la
vita reale fa schifo e posso
scrivere soprattutto durante il fine settimana. Cercherò
tuttavia di non far
passare troppi giorni tra una pubblicazione e l’altra,
promesso!
Per
questa nuova serie di one-shot
legati al fandom La Calaca de Azucar (non lo conosci? FILA A LEGGERLO
CHE É
BELLISSIMO!) mi sono basata sui prompt di una lista creata per il
Goretober e trovata su
questa pagina tumblr:
https://drawkill.tumblr.com/post/178061910802/whos-ready-for-some-goretober-i-have-here-a
risale
al 2018 e riguarda fanart,
ma i prompt mi sono piaciuti!
OVVIAMENTE
i prompt sono horror
ma le mie storie no perché sono capra.
FORMICOLIO
Tutto,
il giorno successivo
all’arrivo ad Esqueleto, stava cospirando contro Felipe per irritarlo più di quanto
già non fosse. Non solo era irritato
all’idea che il fratellino si
fosse dimenticato
di tutti i conti che aveva in sospeso con lui, Tezcatlipoca, al secolo
Felipe,
ma era pure irritato
dal fatto che si fosse dimenticato pure di lui!
Il
centro di tutte le sue più
recenti irritazioni, ovviamente,
era
Santos. Aveva dimenticato il suo zaino nell’albergo in cui
avevano alloggiato
prima di arrivare alla città maledetta da Emanuel, e
ciò era un bel problema.
Recuperarlo era fuori discussione per ovvi motivi, più di
tipo magico che
logistico. Già la distrazione del compagno (di
viaggio) per le sue
proprietà era irritante, ma pure il fatto che
toccava a Felipe correre
ai ripari lo era.
Anche
il pensiero di non conoscere
la città dove si sarebbe dovuto muovere lo irritava. Attendere la divina apparizione di
Alejandro (in senso puramente sarcastico: la sua apparizione non era
divina,
era un miracolo – ma non aveva degli orari fissi di
reperibilità sul posto di lavoro!?)
nella reception del motel era irritante!
La necessità di dover chiedere informazioni ad Alejandro
stesso era irritante. E quando lo
stupido colibrì
ebbe illustrato al moro la mappa della città, Felipe si irritò ancora di
più.
“Un
disco pub, un parrucchiere,
una gioielleria, un negozio di fiori, uno di musica e NEMMENO UNA
FARMACIA?”
chiese con tono davvero irritato.
“É
tutta una questione di domanda
e offerta, se non c’è richiesta non
c’è mercato e, quindi, nemmeno il
negozio”
replicò Alejandro, il cui finto candore contribuiva ad
aumentare l’irritazione
del moro.
“Mi
stai dicendo che la gente che abita qui
non ha bisogno di farmaci in casa?” chiese Felipe.
“Mi
stai dicendo che non vedi un
grosso ospedale disegnato sulla parte destra della mappa?”
replicò lo stupido colibrì.
Lo
avevo già scritto che
Alejandro era irritante?
“L’ospedale
non è un negozio” ribattè piccato il
moro.
“Ad
Esqueleto è anche un
negozio. Sai com’è, manca la
farmacia…” il sorrisino irriverente della
divinità della guerra aggiunse un’ulteriore tacca
al
termometro dell’irritazione
di
Felipe che, senza porgere alcun saluto, girò i tacchi e
uscì dal motel.
Felipe
non era affatto sicuro di
trovare ciò che cercava. Era un prodotto piuttosto specifico
dato che trattava
una complicanza piuttosto rara tra gli umani. Persino acquistarlo in
grandi
città, più abitate e trafficate, aveva richiesto
la prenotazione. Dopotutto,
non si trattava di un farmaco salvavita.
L’incertezza
circa l’esito della
sua spedizione lo irritava molto.
Odiava le incertezze. Non essere padrone della situazione lo irritava enormemente.
I
timori di Felipe si rivelarono,
non senza sorpresa da parte di quest’ultimo, infondati.
L’ospedale non solo era
ottimamente fornito di quel prodotto ma, fece presente
l’infermiere che lo
aveva consegnato a Felipe, sembrava essere stato ordinato mesi prima
proprio in
previsione di un eventuale acquirente non ancora arrivato a Esqueleto,
non
essendoci stato alcun abitante con la sintomatologia in questione.
Questo poteva sembrare un inspiegabile colpo di fortuna, ma si trattava
di Esqueleto. In quella città, pensò irritato Felipe,
nulla avviene per caso.
Felipe
non si prese nemmeno la
briga di annunciare il suo arrivo, entrando nella stanza di Santos con
la
stessa naturalezza di chi entra nella propria stanza e si diresse con
passo
sicuro verso il bagno privato, aprendo con altrettanta sicurezza la
porta.
“FE-FELIPE”
annaspò Santos, colto
di sorpresa, in ammollo nella vasca da bagno – da dove non si
era più mosso
dopo esserci stato scaraventato dentro da un Felipe molto irritato prima di uscire per la sua
commissione.
“Asciugati
e mettiti la crema,
prima di finire con l’assomigliare ad
un’aragosta” esclamò Felipe mettendo
diverse confezioni di crema specifica per gli eczemi sul mobiletto
accanto allo
spazzolino di Santos.
Il
ragazzo uscì dalla vasca
lanciandosi letteralmente sulle creme, quasi in lacrime.
“Tu
mi salvi!” esclamò aprendo la
prima confezione. Non perse tempo a coprirsi con
l’asciugamano, anzi, l’acqua
rimasta sul corpo lo avrebbe aiutato a stendere meglio la crema, molto
compatta
al tatto. La mancanza di pudore di Santos avrebbe potuto irritare il moro, ma
Felipe sapeva quanto fastidiose fossero le irritazioni cutanee del
giovane e, magnanimamente,
non ci fece caso.
“E
tu dopo mi rimborsi. Quelle
creme costano un occhio della testa, lo sai”. Avere dei
crediti in sospeso lo irritava
tanto quanto avere dei debiti.
Ma
Santos stava già bellamente
spalmando la crema sulle gambe arrossate. Felipe stava per lasciare il
bagno
quando venne richiamato.
“Ti
prego ti prego, me ne metti
un po’ sulla schiena? Sai che non ci arrivo!”
Sapevano
entrambi che Felipe non
avrebbe detto di no e infatti, con un pesante sospiro fatto apposta per
sottolineare la sua irritazione, il
moro prese la crema e
iniziò a spalmarla sulle zone che sapeva essere
effettivamente irraggiungibili
dalle braccia di Santos. Gliel’aveva detto un sacco di volte
di fare esercizi di
stretching per sciogliere la muscolatura, ma il biondo rispondeva
sempre di sì
ma poi ignorava il consiglio, con conseguente irritazione
di Felipe, chiamato fin
troppo spesso a massaggiare la schiena al compagno (di
viaggio).
Santos
era Xipe-Totec, il dio azteco
che aveva scelto di levarsi la pelle di dosso per nutrire gli uomini.
Tezcatlipoca gli aveva già dato abbondantemente
dell’imbecille all’epoca ma Felipe,
malgrado i numerosi secoli passati da allora, si irritava
ancora al pensiero. Ora che era umano, in un certo senso, Santos stava
pagando
il conto di quella scelta. Se non avesse avuto le pomate a tenere sotto
controllo la sua dermatite, sorprendentemente grave rispetto alla
media, gli
eczemi che sarebbero comparsi lo avrebbe mangiato vivo. Quei farmaci
erano nati
in epoca davvero recente. In una
vita
precedente, Felipe aveva visto Santos piangere come un bambino al
progressivo
seccarsi della pelle, mentre si lamentava dei continui bruciore e
prurito. Il formicolio
era talmente penoso che quasi non si muoveva più dalla vasca
da bagno, riempita
d’acqua con disciolti i più disparati emollienti.
Uscito dalla vasca però, ecco
che gli eczemi tornavano a tormentarlo con i mille insetti che gli
camminavano
sottopelle, senza tregua. Solo nelle ultime generazioni, Santos
sembrava davvero rinato.
Fino
alla perdita del suo zaino.
Mentre
Felipe spalmava la crema
sulla schiena di Santos, rifletteva su quanto la perdita di quello
zaino lo
avesse davvero irritato.
No, non per l'incombenza che si era ritrovato ad assolvere. Il motivo,
ad essere onesti, era un altro.
Semplicemente,
se c’era una cosa che più
di tutto aveva il potere di
irritare Felipe, era veder soffrire
Santos e non poter farci niente.