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Autore: valehina    19/08/2009    5 recensioni
Cadde un silenzio tombale. I due genin si fissarono a lungo negli occhi, cercando la risposta uno negli occhi dell’altra. Il bianco dentro il nero, il nero dentro il bianco.
Il ragazzo, quasi involontariamente, sollevò la mano libera e carezzò il nome di suo nonno, sulla roccia.
Sarutobi Hiruzen.
In quel momento entrambi capirono.
[KonoHana, lievissimo accenno NaruHina]["Nei giardini che nessuno sa", Laura Pausini]
Prima classificata e vincitrice del Premio Originalità al contest "SongFic...Naruto e la Pausini!" indetto da Krikke
Genere: Triste, Malinconico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Konohamaru
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A good deed 01

-  Nick Autore: ValeHina
-  Titolo: A good deed
-  Titolo canzone scelta: “Nei giardini che nessuno sa”, Laura Pausini
-  Personaggi: Sarutobi Konohamaru, Sarutobi Hiruzen, Hyuga Hanabi, Altri 
-  Genere: Malinconico, Triste, SongFic
-  Rating: Verde
-  Avvertimenti: Nessuno
-  NdA (facoltative): in fondo all’ultimo capitolo.

 

 

A good deed

 

 

 

Capitolo 1. A Bag and a Caress

 

 

 

Senti quella pelle ruvida,
un gran freddo dentro l'anima,
fa fatica anche una
lacrima a scendere giù.
Troppe attese dietro l'angolo,
gioie che non ti appartengono.
Questo tempo inconciliabile gioca contro di te.


 “Uffa, nemmeno stavolta ci sei cascato!”
Un bimbo di 6 anni gonfiò le guance, incrociò le braccia e si sedette a terra, deluso e irritato.
Sopra di lui, un vecchio uomo rise.
In quella risata non c’era cattiveria o presunzione.
Quella risata sapeva di affetto, di carezze e di dolci.
“Quando lo capirai che io non cadrò mai nelle tue trappole, Konohamaru?”
Il bambino in risposta gonfiò ancora di più le guance e sollevò il naso in aria, stizzito.
“Su, vieni qui…non dicevi sempre di voler provare il mio cappello?”
A quelle parole il piccolo Konohamaru sgranò gli occhioni, mentre le sue labbra si tesero a un sorriso estatico.
“…dici sul serio, nonno? Cioè…mi fa provare davverissimo il tuo cappello?”
Il vecchio si sedette su una poltrona scura, davanti a una scrivania ricolma di ogni sorta di documenti. Poggiò sul ripiano in legno la vecchia pipa e sbuffò, spargendo nell’aria viziata della stanza qualche traccia di tabacco.
“Konohamaru, dovresti saperlo che non si dice davverissimo. Cosa diavolo ti insegna Ebisu?”
Il bambino si tirò su da terra, togliendosi l’assurdo copricapo che teneva in testa e che gli sparava in aria i capelli scuri.
“Nonno, quello là è un incapace. Non mi insegna niente di utile! Proprio ieri voleva insegnarmi la…la fotocellula…no, la sintetismica…la cloroformica…”
“Intendi la fotosintesi clorofilliana?”, intervenne il nonno, le labbra rugose tirate in un sorriso.
“Ecco! Sì, proprio quello! La clorosintesi fotofilliana! Come se servisse per diventare un ninja!”, sbottò Konohamaru, scattando in avanti.
Il bimbo tuttavia non si accorse del tappeto arrotolato a terra, e scivolò. Cadendo, la sua testolina finì dritta contro lo spigolo della scrivania.
Nello studio si sentì un tonfo e un “Ahiaaaa!” a squarciagola.
L’uomo, preoccupato, si alzò dalla poltrona, per controllare lo stato del suo nipotino.
Si tranquillizzò nel vedere la mancanza di sangue: quel bambino aveva la testa dura…come tutti i Sarutobi, del resto!
Tuttavia, la botta aveva fatto male, e i primi lacrimoni stavano spuntando dagli occhi del bambino.
“Oh, Konohamaru…sei un disastro.”, mormorò l’uomo, avvicinandosi al nipotino che ormai piangeva come una fontana. Lo prese in braccio –nonostante avesse sei anni, non pesava affatto- e se lo portò sulla poltrona.
Infine il vecchio, afferrato il buffo cappello che portava di solito, e che in quel momento era poggiato sopra carte e documenti, lo poggiò in testa al bimbo, che smise di singhiozzare.
Enormi lacrime si facevano però largo sulle guance paffute del bimbo che, dopo qualche attimo di incertezza, parlò.
“Nonno…”, incominciò, la voce rotta dal pianto. “…senti nonno, posso chiederti una cosa?”
L’uomo si stupì per quella richiesta: di solito quel bambino non si faceva problemi a chiedere ogni tipo di cosa, anche la più imbarazzante.
“Certo. Dimmi pure.”
“Perché la mamma e il papà non sono ancora tornati dalla missione?”
Fu come se qualcuno avesse dato al vecchio un calcio sullo stomaco. In quel momento, sentì sulle sue spalle gli anni della vecchiaia, tutti gli acciacchi, le debolezze, i dolori nascosti. Tutti insieme.
Intanto Konohamaru attendeva, dondolando le gambe grassoccie che si scontravano con quelle magre e rugose del nonno, sotto di lui. Sulla testa, quel cappello piatto e quadrangolare aveva bloccato il dolore, come se contenesse un rimedio magico contro le ferite.
Il bimbo rivolse lo sguardo al nonno, stupendosi dei suoi occhi, annebbiati e confusi.
“Nonno…?”, mormorò a fior di labbra. Quello sguardo non gli piaceva.
Non gli piaceva per niente.

 

 

Ecco come si finisce poi,
inchiodati a una finestra noi,
spettatori malinconici,
di felicità impossibili...
Tanti viaggi rimandati e già,
valigie vuote da un'eternità...
Quel dolore che non sai cos'è,
solo lui non ti abbandonerà mai…oh, mai…

 

Quasi sei anni dopo, un ragazzo si svegliò nella sua stanza.
Era stanco, nonostante avesse dormito per almeno sette ore. I suoi muscoli erano indolenziti, i legamenti scrocchiavano e non c’era un solo osso che non urlasse pietà.
Ebisu la doveva piantare. Quegli allenamenti sarebbero stati massacranti anche per Naruto.
A quel pensiero il ragazzo sorrise, pentendosi subito del gesto compiuto: anche i lineamenti del viso erano a pezzi…
Si stiracchiò, tra gemiti di dolore impressionanti, e si passò una mano tra i folti capelli castani, dritti in aria.
Tutti a Konoha si chiedevano come diavolo facessero a starsene su, alla faccia della legge di gravità.
Lo sguardo assonnato e annebbiato del ragazzo si posò su uno scaffale, dove uno stranissimo copricapo spiccava subito agli occhi. Era quello che aveva portato fino all’età dei sei anni, prima di indossare gli occhialoni da pilota in onore di Naruto e, in seguito, il luccicante coprifronte del Villaggio della Foglia.
Ecco. Forse era a causa di quello, se i suoi capelli non avrebbero mai assunto una posizione normale.
Konohamaru poggiò i piedi sul pavimento gelato, e rabbrividendo si diresse in cucina, dove lo aspettava una bella colazione.
O meglio, l’avrebbe aspettato se ci fosse stato qualcuno a preparargliela.
Invece la cucina era deserta e fredda come sempre.
Il ragazzo si sedette, in mano la solita confezione di latte –sperava- non ancora scaduto.
Senza nemmeno prendere una ciotola, se lo versò in bocca, troppo tramortito e a terra per rendersi conto di essersi completamente inzuppato la casacca del pigiama di latte.
Appoggiandola sul tavolino, lanciò un’occhiata tramortita al calendario, dove troneggiava una bellissima donna coperta solo da due ombrelli.
Ignorando lo sguardo provocante che Miss Novembre gli rivolgeva, si concentrò sulla data di quel giorno.
Nel quadratino bianco, c’era una sola parola.
Cinque lettere che riempirono il cuore di Konohamaru di un dolore antico e tuttavia nuovo.
Ogni anno si sarebbe rinnovato. E lui lo sapeva.
Solo che…ogni anno lui era sempre meno pronto.
Si alzò di scatto, ignorando il latte che gocciolava sul pavimento e sui pantaloni, e corse in camera, temendo quasi che quelle cinque lettere potessero rimproverarlo di non far tardi.
Non sarebbe tardato, no.
Entrando in stanza, si sfilò il pigiama per indossare gli indumenti di sempre. Mentre apriva l’armadio, il suo sguardo cadde su una borsa.
Una borsa logora e vecchia, consumata dagli anni e dai tarli.
Che però Konohamaru aveva sempre ignorato.

 

 
“Nonno, mi ci porti?”
L’uomo sbuffò spazientito. “Konohamaru, ho troppe cose da fare. Per favore, vai da Ebisu.”
“Ma nonno! Me l’avevi promesso! Me lo ripeti sempre anche tu!”
Il bimbo si fece serio, ingrossando la voce e imitando il nonno.
“I veri ninja non rimangiano la parola data. Mai.”
Il vecchio fissò assorto il nipotino, poi ridacchiò. Infine si abbassò, per frugare sotto la scrivania del suo ufficio.
Konohamaru, incuriosito, cercò di spiare issandosi con le braccia sul ripiano del tavolo, troppo alto per lui.
Si ritrovò davanti al naso un borsone.
“…che è?!” esclamò, afferrando quell’affare di stoffa e portandolo alla sua altezza.
“Konohamaru, non pensavo fossi così miope.”, sorrise il nonno.
“Quella è una borsa, non la vedi? Serve per mettere dentro oggetti, vestiti, libri…”
“Lo so cos’è una borsa, nonno.”, replicò Konohamaru, stizzito. Soppesò l’oggetto in cuoio, sorpreso. Era bella, capiente e maneggevole. Gli piaceva. Ma perché ce l’aveva in mano?
“…nonno, perché…?”, cominciò, prima di venire interrotto dall’uomo.
“Un secondo fa non mi dicevi di voler partire per Suna? Bene, con quella borsa potrai arrivarci.”
Il nonno, soddisfatto, si rituffò nelle sue carte. Konohamaru restò di sasso.
In quel momento, quella borsa gli parve la più brutta cosa che avesse mai visto.
Era un regalo, però. Non poteva rifiutarlo.
Il vecchio, notando che Konohamaru era ancora nella stanza, lo fissò.
“Che c’è ancora?”, borbottò, piccato.
Gli occhi del bambino iniziarono a bruciare.
“Nonno…”, iniziò, la voce falsata. “…io a Suna però…volevo andarci con te…”
L’uomo lo fissò di sottecchi, come se avesse detto che l’acqua era bagnata.
Poi scoppiò a ridere di gusto.
Il bimbo si sentì profondamente offeso. Stava per posare a terra quella stramaledetta borsa, prenderla a calci e poi correre fuori dall’ufficio del nonno frignando.
Si fermò quando vide un’ombra davanti a sé.
E si calmò quando qualcosa di ruvido e delicato gli sfiorò la guancia.
“Che sciocchino, Konohamaru”, bisbigliò il nonno, a pochi centimetri dal suo viso. “Ovvio che io vengo con te. Non lascerei mai che un moccioso di sei anni vada in giro da solo per il deserto.”
In un altro momento Konohamaru se la sarebbe di sicuro presa. Avrebbe trattenuto il fiato, gonfiato le guance e incrociato le braccia, come suo solito.
Invece in quell’occasione il bimbo si sentì felice come non mai.
Appena il nonno ebbe ritratto la mano dalla guancia del nipotino, questi gli si gettò al collo, quasi gettandolo a terra.
“Ahi! Konohamaru, non sono più giovane come un tempo!”, tossì il vecchio, divertito.
“Oh nonno, nonnino adorato! Ti voglio tantissimo bene, lo sai?”
Nonostante avesse il volto affondato nelle deboli –almeno per lui- spalle del vecchio, poté sentire un sorriso increspargli le labbra, e immaginò le rughe attorno ai suoi occhi neri accentuarsi.
“Lo so, Konohamaru…anche io te ne voglio.”

 
 

Fissando quel cimelio, Konohamaru venne colpito da una dolorosa certezza.
Non aveva mai usato quella borsa. Mai.
Lui e il nonno avrebbero dovuto partire dopo l’esame dei Chunin.
Altra fitta dolorosa allo stomaco.
Peccato che il nonnino, dopo l’esame, fosse già partito…
Scacciò via quel pensiero e le lacrime che iniziavano ad affiorare sugli occhi neri, identici a quelli del nonno.
Afferrò una maglia, un paio di pantaloni e, dopo qualche attimo di incertezza, anche quella borsa logora.
Se doveva farlo, allora avrebbe dovuto farlo bene.




NdA


1° Classificata:ValeHina con A good Deed
- Correttezza grammaticale:10/10 punti.
- Completezza della storia: 10/10 punti.
- Originalità: max 10/10 punti.
- Giudizio personale: 8/10 punti.
Totale:38

IO TI ODIO!
Mi sono innamorata della tua fic,mi hai fatto convertire quasi alla KonoHana...io sono una KibaHana iper convinta,comunque ho capito che anche questa coppia non mi dispiace.
Non ho trovato un errore ne di distriazione,ne di digitazione.La storia è completa spiegata e ricca nei minimi particolari,mi è piaciuto molto il ruolo di contorno che hai dato a Hinata.
Ti ho dato dieci punti all'originalità,perchè a differenza delle tue compagne hai usato personaggi di contorno,a cui vengono lasciati principalmente ruoli insignificanti.La Canzone "Nei giardini che nessuno sa" non la cooscevo,ma mentre leggevo la tua fic,l'ascoltavo e così me ne sono innamorata,rispecchia in modo veritiero,senza Spoiler,il rapporto Nonno-Nipote.
Devo dire che ero indecisa sulla classifica,le preferite erano la tua e "Tu Esisti"di °Nana°,ma alla fine la tua ha trionfato per l'originalità.
Congratulazioni.Sei la vincitrice di "Song-fic...Naruto e la Pausini".

Dire che non ci credo è poco. Pochissimo.
Io prima in un contest. Sembra una barzelletta, no?
E invece è così.

Io sono estremamente felice. Non posso aggiungere altro, perchè è così.
Sinceramente non so nemmeno cosa scrivere...
Non sto capendo più nulla, eh eh... @__@

In origine questa storia doveva trattare soltanto di Konohamaru e del vecchio Sandaime...e invece è spuntata una KonoHana con un accenno lievissimo, quasi impercettibile, di NaruHina.
Hanabi comparirà nel prossimo capitolo.

Bene, non posso fare altro che dedicare questo capitolo a Krikke, la giudicessa, e a tutte quante le partecipanti al contest. Grazie mille ancora.

Questo è il primo di quattro capitoli. Spero siano di vostro gradimento.
Ah, posto anche il bannerino. Grazie, Krikke.

A presto.
Vale


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