Prologo
«Cosa, Scorpius?»
«Quella
storia, che solo tu conosci»
«Tua
madre non vuole»
Silenzio.
«Sussurramela, allora»
Era
una serata
particolarmente piacevole; la brezza marina, dopo giorni e giorni di
insopportabile afa, sembrava finalmente aver deciso di fare il suo
ingresso in
scena, donando agli abitanti di Padstow qualche ora di clima fresco.
Questo
modesto paesino inglese godeva della fama di luogo tranquillo, ed era
per
questo che era stato scelto da Draco e Astoria come posto in cui
abitare.
I due genitori, una
volta nato il loro primogenito, il piccolo Scorpius, avevano deciso che
l’aria
aristocratica e pesante di Londra non sarebbe stato il luogo adatto in
cui
crescere il bambino; così, entrambi amanti della
tranquillità, si erano
trasferiti in Cornovaglia.
Scorpius Malfoy
sedeva davanti al davanzale della propria camera da letto; i gomiti
appoggiati
sul marmo bianco e freddo, si godeva il panorama visibile attorno alla
Villa.
In quelle sere di frescura niente lo aggradava di più che
stare in quella
posizione, con la sua gattina bianca stancamente accovacciata sulle
proprie
gambe. I biondissimi capelli, ereditati dal padre, si muovevano appena
in
risposta al venticello che avvolgeva il giovane.
D’un tratto, con due
semplici ma decisi colpi, qualcuno bussò alla porta.
«Avanti» disse
solamente il bambino dopo pochi secondi, mentre la gatta alzava la
testa svegliata
dall’accaduto.
La porta venne
aperta lentamente, e rivelò la figura di un giovane uomo;
anch’egli
biondissimo, avanzò con espressione benevola verso il figlio.
«Scorpius» esordì
Draco, guardando il bambino, sereno «Non credi sia ora di
andare a letto?»
La sua voce pacata
poteva anche esser definita “gentilmente
autoritaria”.
Il viso del bambino
si contorse in un’espressione di disappunto, mentre scuoteva
la testa, con fare
quasi furbetto.
«Ancora cinque
minuti»
«Ogni sera, chiedi
cinque minuti» gli fece notare Malfoy Sr, sempre con tono
tranquillo.
«Allora raccontami
una storia»
Quella frase, che
poteva sembrare un’infantile richiesta di ascoltare una fiaba
prima di
addormentarsi, era in realtà qualcosa di più
profondo. Draco, seppur contrario,
acconsentì e sedette accanto a suo figlio.
«Quale vuoi
sentire? Immagino sempre la solita…»
Il bambino annuì,
serio.
«Quella delle Zie.
Ogni sera aggiungi un particolare in più che il giorno prima
avevi dimenticato»
«Già» commentò
pensieroso il padre «Non è una storia per bambini
della tua età. Perché ti
piace tanto?» domandò poi con tono gentile,
osservando le reazioni del figlio.
«Perché io non sono
un bambino» rispose serio Scorpius. Sembrava quasi offeso da
quello che il
padre gli aveva detto, forse perché anche se aveva solamente
undici anni, era
di un’intelligenza straordinaria, e lui stesso se ne rendeva
conto. La risposta
del padre arrivò subito.
«Scusa» disse
fissandolo.
Nella stanza calò
il silenzio per qualche secondo, la bianca gattina del giovane Malfoy
si agitò
sulle sue gambe incrociate, ma alla minima carezza rassicurante di
Scorpius, si
riposizionò e tornò tranquilla. Il padre prese
fiato e incominciò a parlare.
«C’era una volta…»
«Stop» lo ammonì
subito il figlio, mantenendo però sempre un tono pacato e
rispettoso «Ti ho
detto che non sono un bambino, non c’è bisogno che
usi quell’espressione da
babbanofilo»
«Che caratterino…»
commentò sorridendo il padre.
Il bambino rimase
un attimo serio, ma poi scoppiò a ridere di gusto.
«..è che mi sembra
un’espressione stupida!» spiegò con un
sorriso Scorpius. Draco lo guardò,
pensando che era proprio suo figlio: intelligente, concreto, rispettoso.
«E va bene» disse
solamente, prima di riniziare il suo racconto.
«Avevo dei nonni.
Non erano la classica figura di persona anziana gentile e caritatevole;
tutt’altro. Erano persone severe e austere, ma
d’altronde, erano altri tempi;
mi rivolgevo a loro con il Voi, come d’altronde facevano
tutti.»
«E’ stato molto
tempo fa?» domandò subito Scorpius, come se fosse
la prima volta che ascoltava
quella specie di storia. Non aveva tuttavia la solita voce da bambino
sciocco e
sognatore; era sempre composto e pacato nel parlare.
«Pensa che parlo
dei tuoi bis-nonni, Scorpius»
Questa risposta
bastò a soddisfare il ragazzino, che con un cenno del capo
fece capire al padre
che poteva continuare.
I Capitolo
Once Upon a Time
«Mio
nonno, Cygnus
Black, era un uomo d’affari. Ricopriva
un’importante carica al Ministero, ma non
perché questo lo appagasse; semplicemente, il suo desiderio
primario era
arricchirsi, arricchirsi tanto da far acquistare maggior prestigio alla
“Nobile
e Antichissima Casata dei Black”. E, di certo, ci riusciva
benissimo. Talmente
bene da riuscir tranquillamente a mantenere i suoi tre manieri, le
proprietà
terriere e quant’altro possedeva, ma soprattutto riusciva a
mantenere mia
nonna: Druella Rosier, dall’età di diciannove anni
“in Black”.
Mia nonna era fatta
per mio nonno. E bada bene che non intendo dire che i due si amassero,
perché
il loro era stato indubbiamente un matrimonio di interesse; ma
nell’unire le
due famiglie, si era capito che i novelli sposi avevano esattamente lo
stesso
carattere: autoritario, serio, calcolatore.
Dopo pochi anni di
matrimonio, la dote delle
donne Rosier di essere particolarmente fertili venne subito a
galla con Druella. Difatti, il primo figlio della promettente coppia
era
sanissimo, oltre che una bellissima creatura dai capelli corvini;
c’era solo un
piccolo inconveniente, nel lieto evento: il bambino era in
realtà una bambina.
Ma i due avevano appena ventidue anni, e la cosa non suscitò
molto clamore:
come diceva Cygnus alla moglie, “siamo sani e giovani, e il
figlio maschio
verrà”. Per usare un pizzico di ironia, si
potrebbe commentare la frase con un
“le ultime parole famose”.
Infatti, solamente due anni dopo ci fu un’altra nascita in
casa Black, e
anche un’altra delusione: era di nuovo una bambina a riempire
quella culla.
Cygnus iniziava a spazientirsi e a non nutrire più la
fiducia che una volta
provava; sebbene sapesse che la moglie non era la reale colpevole di
quella che
si poteva definire una disgrazia, sembrava fare di tutto per
incolparla.
Druella, dal canto suo, era dispiaciuta e intimorita
all’inverosimile di non
poter dare al marito e alla sua casata il tanto atteso erede maschio.
Ma non c’è due senza tre, e ad illudere nuovamente
i due sposi arrivò una
nuova gravidanza… nemmeno a dirlo, un’altra
bambina. La signora Black cadde in
depressione vedendo il marito tanto adirato con lei, e si
rifiutò per giorni
persino di allattare la propria figlia, quasi a volerla morta
perché colpevole.
Gli anni passavano e le bambine crescevano; Druella non sembrava
più
riuscir a rimanere incinta, e Cygnus era sempre più
rassegnato. Il suo
carattere calcolatore, tuttavia, venne presto a galla; infatti le
bambine
crescevano sane e belle come non mai, e il signor Black capì
subito che l’unica
cosa da fare era cercare delle vantaggiose unioni. Così, sin
da quando le
figlie erano piccole, iniziò a scrutarle attentamente, a
capire i loro pregi e
difetti; tuttavia, manteneva sempre le distanze dalle tre, e non solo
fisicamente, quasi a considerarle inferiori perché femmine.
Quando le bambine raggiunsero i sette anni di età, Cygnus
aveva benissimo
in mente il loro carattere, i loro pregi, i loro punti deboli.
Bellatrix, la maggiore, era un personaggio… particolare.
Sembrava avere,
già dalla tenera età, una particolare attrazione
per qualunque cosa fosse oscura e misteriosa; spesso, magari in occasione
di qualche litigata, si
chiudeva a chiave in camera sua e spegneva tutte le luci, rimanendo per
lunghe
ore al buio a riflettere. Il suo carattere rispecchiava questa sua
“passione”
per l’oscuro: non si poteva definire cattiva o malefica una
bambina di sette
anni, ma aveva una certa propensione alle
risposte brusche e talvolta quasi scortesi, al silenzio solitario, alle
frasi
falsamente innocenti, ai ghigni. Quando crebbe, si rivelò di
una straordinaria
ma particolare bellezza; non era una ragazzina innocente con gli occhi
azzurri,
era maliziosa, affascinante, talvolta quasi ambigua nel suo essere
così
falsamente amichevole o innocente. Di sicuro, non assomigliava alle sue
sorelle; lei lo sapeva e spesso lo ricordava loro, quasi a volersi
vantare.
Infatti, la secondogenita era completamente il contrario
di Bellatrix. Si chiamava Andromeda, aveva i capelli
bruni e gli occhi marroni.
Non era particolarmente bella,
non era particolarmente affascinante,
non era particolarmente desiderabile.
Non era nulla, come spesso le ricordava Bellatrix.
A vederla, non la si sarebbe certo scambiata per una Black, anche
perchè era
di carattere buono e giusto, cordiale perfino con gli sconosciuti.
Aveva una
caratteristica, però: subiva, sempre e comunque. Subiva le
cattiverie di Bella,
i suoi giochetti malefici, subiva gli sguardi di disgusto da parte
della
terzogenita, le battutine sui suoi capelli mossi e indefiniti; e tutto
quello
che subiva, lo immagazzinava dentro di sé. Per questo non
reagire, la primogenita
la chiamava codarda e la sfotteva.
“Non so quando si svuoterà di tutto quello che
tiene dentro, non sarà mica
una santa!” commentava così.
E poi c’era Narcissa, orgoglio di Druella; biondissima, a
dispetto dei
capelli dei genitori, probabilmente come i genitori di Cygnus. Era una
ragazza
estremamente educata e conoscitrice dell’etichetta
più rigida, ma altre sue
caratteristiche erano la freddezza e la diffidenza; spesso prendeva in
giro la
sorella Andromeda per il suo scarso interesse al fisico, per il fatto
che non
si truccasse o curasse. Invece la bionda indossava sempre abiti
eleganti, un
velo di trucco era sempre presente sul suo viso, a coronare quei
lineamenti
così perfetti e ad esaltare quegli occhi così
straordinari. Bella pensava che
Cissy fosse dannatamente perfetta, ma non lo pensava con invidia,
tutt’altro;
la riteneva quasi una “figlia di papà”,
ma la preferiva di certo ad Andromeda.
Così il Signor Black teneva d’occhio le sue
figlie, progettava il loro
futuro con estrema accuratezza, e nel frattempo per le tre si era fatto
tempo
di Hogwarts. E prima che Cygnus e Druella se ne potessero accorgere, le
tre si
erano fatte grandi ed avevano abbandonato quella scuola in cui avevano
fatto
conoscenze davvero importanti per il loro avvenire e si erano buttate a
capofitto nella vita reale.
Note
di fine capitolo:
Ho deciso
di fare una cosa un po’ diversa, di
far narrare questa complicata storia a Draco, anche se non credo che ci
saranno
interventi durante il racconto da parte sua o di Scorpius.
Già a partire dal
secondo capitolo abbandoneremo la stanza in cui Malfoy narra tutto e ci
immergeremo nella vera trama di questa FF, anche se il narratore
rimarrà sempre
lui.
Questo
è solo un assaggio, un’introduzione
alla storia; tutto deve ancora accadere.
Grazie
a chi ha letto e a chi vorrà
recensire.