Tradizioni
di famiglia
La stanza era immersa nella luce soffusa e
quasi sospesa del mattino, quando Richard aprì l’occhio buono. Quanto gli
piaceva restare in quel modo, al caldo sotto la coperta ruvida, beandosi della
tranquillità e del tepore del sole! Il fuoco scoppiettava nel caminetto, e l’unica
finestra della casetta che abitava con la madre era chiusa. La luce ne metteva
in evidenza le macchie, simili a nuvole dipinte con il fango.
Il ragazzo si alzò a sedere controvoglia,
grattandosi il capo sovrappensiero. Sua madre non c’era. Non era strano: alla
donna piaceva uscire all’alba per raccogliere fiori, funghi ed erbe. Era la
guaritrice del villaggio, lavoro che svolgeva con piacere e dedizione, seppure
a distanza: evitava le persone come un topo evita un gatto. Richard, dal canto
suo, era affascinato dalla gente del villaggio, anche se veniva trattato con
diffidenza e sospetto dai più. D’altronde, con un occhio solo e senza un padre,
cosa poteva aspettarsi?
Allontanò quei pensieri alzandosi e
stiracchiandosi per bene. Indossò gli stivali di cuoio malandati e uscì,
facendosi investire dall’aria cristallina e portatrice d’inverno. Poco lontano
dalla casupola c’era un ruscello; il giovane vi si diresse e si lavò
velocemente, trattenendo i brividi. Quando tornò verso la casa la porta era
aperta; sua madre era tornata, come annunciava l’odore pungente che si stava
spargendo per la radura.
«’Giorno ma’» disse il ragazzo, entrando in
casa e trattenendo un colpo di tosse.
Jane Finnigan era una donna di media
statura, che appena una decina di anni addietro era stata bellissima; il tempo
e il dolore l’avevano però appassita, intristendo irrimediabilmente la sua
figura. Richard questo non lo sapeva però; ai suoi occhi sua madre era un meraviglioso
fiore, tanto delicato quanto tenace; impossibile sradicarlo.
… e impossibile anche da intossicare: la donna
agitava con gesti lenti e misurati un mazzetto di salvia fumante, mormorando
con gli occhi socchiusi parole troppo rapide per poter essere comprese.
Non era la prima volta che Richard assisteva
ad uno spettacolo del genere: almeno una volta all’anno trovava la madre intenta
in quelle pratiche, che servivano soltanto a proteggerli dalle influenze
maligne. A vivere tranquilli. O almeno era quello che puntualmente la donna gli
ripeteva quando notava uno sguardo interrogativo o curioso da parte sua.
Era una sorta di tradizione, che si ripeteva
all’inizio dell’inverno. Ed era un segreto che era meglio tenere per sé. “Gli
altri non capirebbero” diceva a volte la donna. “La gente vuole la cura, ma non
vuole sapere come la cura si ottiene”.
Quell’anno, invece, Richard non le rivolse
nessuno sguardo strano o interdetto. Semplicemente, si sedette al ruvido tavolo
di legno, aspettando il tè.
Era confortevole, inspirare l’odore intenso della salvia, dopotutto: riempiva il vuoto che il ragazzo si portava dentro dalla nascita. E sicuramente – ma quello era solo un suo pensiero – serviva a tappare di un poco anche i vari buchi che l’anima della madre albergava, riscaldando loro il cuore, come faceva la coperta ruvida al risveglio, in una stanzetta illuminata dalla luce del mattino.
Angolo dell'autrice:
buonasera a tutt*! Sono nuova in questa sezione, e mi presento con
questa one-shot non molto magica, in realtà (anche se dovrebbe
essere sottintesa la natura di Jane). Sto partecipando al #writober2020 indetto da fanwriter.it
e il prompt di oggi è "salvia". Inevitabilmente, la prima cosa a
cui ho associato questa parola è stata la magia. E così
è nato questo racconto, che vede prendere vita però a due
miei OC che ho creato già da un paio di annetti. Ne ho
approfittato quindi per metterli alla prova e vedere cosa ne usciva
fuori. Spero che abbiate gradito anche voi.
In ogni caso, vi ringrazio per aver letto.
Alla prossima!
Frix